| Ashel |
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{Dorhamat; Una qualche locanda del porto} PoV: Rufus
Tirò una lunga boccata dalla sigaretta, poi rimase a braccia conserte, appoggiato alla parete. Il suo capo era davvero incazzato, ma non poteva certo biasimarlo. Tutta quella storia gli stava costando un patrimonio e minacciava di mettere in discussione la loro autorità prima che potessero trovare un modo per fermarle. Il governatore, poi, si stava comportando da vero ingrato. Non era grazie a lui se sedeva su quello scranno? Non erano forse stati loro a mantenere l'ordine in città al suo posto? Un tempo, prima che sistemassero le cose, Dorhamat era diversa. "La Discarica", la chiamavano. Un posto davvero merdoso in cui nascere. Lui lo sapeva, perché ci era cresciuto. Lo avevano raccolto dalla strada, gli avevano dato uno scopo. Gli avevano insegnato a difendersi e a far rispettare le regole. Le loro regole; che era sempre meglio di niente.
- La musica deve cambiare. - fece l'uomo in nero, portando il boccale alla bocca. - La situazione ci è decisamente sfuggita di mano.
Eppure, in poco tempo si sarebbe tutto sistemato. Il loro impero sarebbe cresciuto ancora e ancora, implacabile e insaziabile come la depravazione di quella città. Più Dorhamat diventava malvagia, più gli Onesti accrescevano la loro forza. Più cercava di sfuggire al loro controllo, più la morsa si faceva stretta. Era una loro creatura: normale che andasse così.
- La gente si fida di noi, non di loro. - riprese Markus, in un angolo. - Nessuno le vuole. Hanno tutti paura. Quando il popolo si solleverà per cacciarle dalla città nemmeno il Governatore potrà forzare le cose.
- Come pensate di risolvere il problema?.
Tutti lo fissarono, in attesa. L'atmosfera era davvero pesante. La stanza era avvolta dall'oscurità, cosicché la luce soffusa della lampada ad olio sul tavolo ne illuminava solo il volto. Un bell'uomo, se si fingeva di non vedere la cicatrice che gli divideva il sopracciglio sinistro a metà. Nessuno aveva il coraggio di parlare nel timore di contraddirlo o, peggio, di dire qualcosa di stupido. Una volta Rufus l'aveva visto prendersi degli insulti da una testa calda, giù al bordello, e lui si era affrettato a tagliargliela senza troppe cerimonie. Ma la sua non era solo pura e irrazionale violenza. Era più astuto, più infido, più svelto degli altri bruti. Chiunque al suo servizio non avesse lo stomaco di obbedire, chiunque avesse espresso un dubbio o esitato a un suo ordine veniva presto eliminato dalla squadra. Quello era un uomo senz'anima. Un uomo il cui volto era una deformato dalla crudeltà con cui trattava i suoi simili. Eppure Rufus si fidava di lui: l'aveva accolto nella Trenta Canaglie anche se non era furbo e spietato come gli altri. Era solo un animale allevato dalla strada. Un semplice picchiatore. Uno come tanti. Però era come un cane fedele; questo gli era bastato a entrare nella sua squadra.
- La gente amava Aymar, capo. - fece Markus. - Metteva le cose a posto quando tutto andava a puttane. Nessuno creava problemi quando c'era lui a dare gli ordini: gli affari andavano bene e ognuno aveva una scodella sotto il muso a fine giornata. Da quando il governo ha destinato i finanziamenti a quella cazzo di nave è cambiato tutto. Punteremo su questo per far leva sul risentimento dei cittadini.
- Sì, è vero. - lo interruppe Rufus, senza togliersi la sigaretta dalla bocca. - Ma l'hai detto tu stesso: tutti conoscono le leggende su quelle troie. Diamole in pasto alla gente, la paura farà il resto.
L'uomo in nero si appoggiò allo schienale della sedia, considerando in silenzio le opzioni che avevano.
- Comunque andranno le cose... - riprese dopo qualche secondo, rivolgendo a Rufus uno sguardo a dir poco raggelante. - ... ti occuperai tu di quell'altra faccenda. Dobbiamo essere certi che i lavori non vengano portati a termine.
- Fidatevi di me, capo.
Non che Rufus lo considerasse un buon lavoro. O un lavoro redditizio. Era solo un lavoro come un altro. Perciò le avrebbe sistemate lui, quelle baldracche.
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{Dorhamat; Cantieri} PoV: Farooq al Tahriq
Finalmente tutto procedeva secondo i piani, anche se non erano i suoi, quelli che aveva studiato con così tanta convinzione negli ultimi mesi. Gli operai lavoravano giorno e notte per recuperare il tempo perduto e il Governatore si diceva soddisfatto. Il cantiere dell'Arca era chiuso agli estranei e debitamente sorvegliato da guardie armate ad ogni ingresso; gli uomini andavano e venivano in continuazione e tutto quel settore del porto era come un gigantesco laboratorio sempre in movimento. Stando a stretto contatto con Telesia, il capoingegnere, aveva appreso molte nozioni che all'accademia di Qashra erano semplicemente fantascienza. I rinforzi in quella speciale lega metallica avevano reso la struttura più leggera e più stabile, conferendole al contempo una maggior resistenza e velocità. L'unica cosa che non lo convinceva del tutto era il motore, un complesso macchinario progettato per la combustione del bitume del quale non comprendeva il corretto funzionamento. Erano molte le cose che non lo convincevano; in particolar modo non capiva perché la nave avesse bisogno di una sala macchine così grande.
- Mastro Farooq. - esclamò la sirena, che nel frattempo lo aveva raggiunto, interrompendo il flusso dei sui pensieri. - Bisognerà accelerare ancora: i tempi si fanno sempre più stretti e il Governatore vuole vedere dei risultati concreti già alla fine della prossima settimana.
Era bella, ma lui preferiva le donne più focose e accoglienti di Dorhamat. Sempre posata, sempre impeccabile, sempre al suo posto. Una tranquillità a dir poco spaventosa.
- Gli uomini lavorano già fino a tardi. Aumentargli le ore di lavoro li renderà solo più stanchi e malcontenti. - replicò.
Si pentì subito di quella risposta. Telesia gli rivolse un'occhiata che avrebbe dovuto trafiggerlo, dopodiché il suo viso, ridotto a una maschera fredda e impersonale, si illuminò in seguito a un tiepido sorriso di circostanza.
- Purtroppo non ci sono alternative.
- Sì... - le disse, confuso. - Sì, avete ragione. Avviserò il capomastro.
Perché ogni volta che si trovava con una di quelle donne i suoi pensieri si facevano più confusi e ingarbugliati?
- Sono lieta di vedere che finalmente stiamo riuscendo ad andare d'accordo. - riprese lei, giuliva. - Non voglio che vi sia... della rivalità, tra noi.
Lo scrutò a lungo e lui credette, per un istante, di poterne individuare i pensieri dietro quell'aspetto amichevole e quei toni fin troppo affettati per i suoi gusti. Ma fu solo un attimo.
- In fin dei conti giochiamo per la stessa squadra. Cercate di non dimenticarvelo.
Si allontanò lasciandolo nuovamente solo. Circondato da asce, seghetti e martelli finì inevitabilmente per sentirsi un inetto.
Altro giro altra corsa. I lavori sono ripartiti, anche se con qualche ritardo, e ora il team di ingegneri sta costruendo un nuovo modello di nave secondo le indicazioni del capoingegnere di Oltremare. Gli Onesti hanno però deciso che questa storia della super nave da guerra rischia di compromettere, di fatto, la loro influenza sulla gestione politica e amministrativa di Dorhamat. Il Governo vorrebbe infatti rendersi indipendente dall'influenza dei corsari, ma non ha fatto i conti con gli attuali padroni della città, che al momento devono decidere in che modo sabotare la reputazione delle sirene. Su questo verte la vostra prossima scelta; gli Onesti, secondo voi, dovrebbero: a) tentare di aizzare l'opinione pubblica contro le sirene attribuendo loro le colpe per i disastri navali e per le sparizioni lungo le coste occorsi negli ultimi anni, dipingendole come dei mostri spietati ed estranei agli equilibri di Theras; b) puntare sulla sparizione della spedizione di Aymar per accusarle di aver deliberatamente ucciso il capitano e la sua ciurma e facendole apparire pericolose e inaffidabili. Per chi magari non lo sapesse, o non lo ricordasse, Aymar è un PNG apparso in Sotto un nuovo sole; Splendore degli Abissi, un corsaro piuttosto influente e amico degli Onesti che ha perso la vita durante la spedizione presso una colonia di sirene. |
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