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| Un uomo come quello non avrebbe dovuto mettere piede nell'Edraleo. Era un mendicante, vestito con stracci umidi. Il suo mantello sgualcito strisciava pietosamente tra le lastre di marmo e le bende attorno ai suoi piedi sembravano volersi disfare ad ogni passo. Lunghi capelli color paglia scendevano disordinatamente sul suo viso, nascondendo la disperazione dei suoi occhi. Le labbra screpolate e spaccate erano schiuse, boccheggianti tra un sussurro e l'altro, una preghiera, una supplica. Stretto tra le mani sporche di terriccio, un fodero di cuoio nero e dentro di esso una lama pregiata, dall'elsa finemente adornata. Lui era l'uomo che sarebbe dovuto essere morto, che stringeva una spada che non poteva essere sua, che camminava in un luogo in cui non sarebbe mai potuto entrare. Medoro appoggiò stancamente la mano sull'anta di legno che lo aspettava alla fine di quel corridoio e la spinse lentamente, rivelando una grande stanza luminosa. Il sole di mezzogiorno lo accecò attraverso le ampie finestre che si affacciavano su tutta Ladeca, la più grande città del Dortan. « Sei davvero tu. » La voce severa di un uomo lo accolse in quel prestigioso studio. Medoro dapprima riuscì solamente a vedere la sua sagoma, nera come pece in contrasto con la luce del giorno. Alto e imponente, studiava la città dando le spalle all'intruso. Lentamente Medoro riuscì a distinguerne i dettagli: indossava una veste nera tipica dell'aristocrazia di Ladeca, i suoi capelli erano tinti col grigiore della vecchiaia e il suo capo era circondato da una benda che gli copriva l'occhio sinistro. L'uomo si voltò, rivelando un terrificante sguardo ceruleo che trapassò Medoro, lasciandolo quasi senza fiato. Si sarebbe voluto prostrare in ginocchio, scoppiando in lacrime e supplicando aiuto, ma fece appello a tutto ciò che rimaneva della sua vergogna per rimanere in piedi. Eppure non riuscì a parlare, a dire alcunché. La sua gola era strozzata da disperazione e paura. Quante volte aveva dato voce a quelle parole nelle strade di Ladeca da quando la Divinità gli aveva portato il suo messaggio? Quante volte aveva supplicato i passanti di ascoltarlo, di dare peso alle sue profezie? Quante volte aveva visto altri come lui, la cui follia era stata risvegliata improvvisamente, strillare tra le strade e quante volte aveva pensato di non essere diverso da loro?
L'Avvertimento. Avevano iniziato a chiamarlo così, quel canto minaccioso e terribile che aveva bruscamente toccato le menti di tutte le genti di Theras. Immediatamente il panico si era scatenato tra le strade, contenuto solo dopo giorni. Alcuni tra i nobili più ricchi avevano deciso di abbandonare temporaneamente il Dortan, cercando riparo nella ben più sicura e protetta Qashra. I fedeli si erano radunati attorno ai Corvi, che tentarono di spiegare il fenomeno come un messaggio del Sovrano. I politici avevano discusso nell'Edraleo e infine deciso di fortificare la città in vista di un prossimo attacco. In tutto questo trambusto, Medoro era rimasto tra le strade, urlando richiami alla prossima apocalisse come un comune pazzoide, le sue parole ignorate. Infine aveva deciso di fare l'unica cosa che avrebbe potuto concretamente fare. In ginocchio nel terriccio del cimitero di Ladeca, fissando la sua stessa lapide con il cuore in gola, affondò le mani nella tomba e iniziò a scavare. Nascosto dall'oscurità della notte nessuno lo aveva notato. Le sue unghie si erano spezzate, i rami e le pietre lo avevano graffiato e ricoperto le sue mani di sangue, ma nonostante tutto Medoro aveva continuato a scavare fino a raggiungere la sua bara, vuota. Dalla caduta di Basiledra si pensava che il suo corpo fosse andato perduto, specie dopo lo scempio che Mathias Lorch aveva fatto della sua (finta) testa. Eppure Medoro era lì, il suo cuore ancora batteva e il suo sangue era ancora rosso. C'era solo una cosa in quella bara, un tesoro che gli era stato sottratto -Angelica. Molti dei soldati di Ladeca conoscevano quella lama, specie tra i più anziani. Anche se non avrebbero riconosciuto il suo volto o creduto alle sue parole, la luce di Angelica avrebbe mostrato loro la via. E per la prima volta da quando Haym gli aveva portato il suo messaggio, una scintilla di speranza animò gli occhi di Medoro: le guardie dell'Edraleo, confuse da quella rivelazione, lo avevano lasciato passare. Forse non si erano ancora capacitati di ciò che comportava il fatto che lui fosse vivo. Forse non comprendevano davvero il suo ruolo nella caduta dei Quattro Regni, forse avevano saputo di lui solo dai racconti del Leviatano e dei suoi imbattibili guerrieri. Ma quell'uomo certamente non sarebbe incappato in queste incertezze, poiché la sua mente era affilata e micidiale come una spada, il suo unico occhio era sempre attento e vigile e la sua memoria certamente non avrebbe vacillato. Il suo nome era Alexander Terghe. Un nome nuovo per molti dei cittadini di Ladeca, ma non per Medoro. Egli sapeva infatti che Alexander aveva servito i quattro regni in qualità di comandante semplice, un ruolo che di fatto lo aveva reso suo sottoposto anni fa. Un veterano delle conquiste di Rainier, della Guerra del Crepuscolo e infine della Battaglia per Basiledra, Alexander era poi rimasto in disparte durante i giochi di potere di Caino, ma ora si trovava lì, sulla cima dell'Edraleo, in qualità di suo Presidente, Primo Cittadino di Ladeca e dei suoi territori. Dalle strade della città Medoro aveva assistito alla sua rapida ascesa: era un uomo giusto e severo, un soldato prima di essere un politico, uno che aveva combattuto per il bene dei cittadini più e più volte durante la sua vita. Dopo tutto il trambusto scatenato da Caino e la guerra intestina tra i Corvi era così improbabile che un uomo come lui riuscisse a raggiungere quella posizione? I cittadini di Ladeca erano stanchi delle diatribe politiche e delle guerre, volevano solo la pace e la prosperità promesse sin dalla fondazione della nuova capitale e finalmente tutti i vecchi grandi nomi del passato sembravano essersi ritirati nell'oscurità. Ladeca era diventata una città-stato indipendente, tra le più rilevanti grazie alla sua posizione vantaggiosa nel Dortan che la rendeva un crocevia di tratte commerciali. Alexander era un nome nuovo, il cui unico interesse era il bene della città. I suoi discorsi nelle piazze erano coinvolgenti e avevano catturato lo spirito dei cittadini con promesse allettanti, prime tra tutte la difesa dei confini e l'allontanamento di tutti gli indesiderabili, di tutti i nostalgici del Leviatano e di Caino, che ancora cercavano di strappare il potere dalle mani del popolo per restituirlo ad un potere superiore e illuminato. Che strana e aliena cosa era la democrazia, aveva pensato Medoro. Quel mondo era così diverso da quello in cui era cresciuto e in cui era stato addestrato, era sparito lo sfarzo dei Re e le leggende dei loro grandi nomi, ora rimanevano solo i capricci del popolo e la matassa di fili invisibili usati per controllarli, un groviglio che neppure il più preparato degli studiosi sarebbe riuscito a districare. Alexander aveva quindi deciso di tagliarlo via del tutto. In questo senso, Medoro lo rispettava, pur essendo lui frutto di un sistema che era ormai incompatibile con il fu-cavaliere.
Finalmente Alexander parlò, scuotendo Medoro da quell'incantesimo che lo teneva immobilizzato sul ciglio della sua porta. « Qualsiasi cosa tu abbia da dire, dilla in fretta. » sentenziò. Medorò fece pochi incerti passi all'interno della stanza, gettando occhiate distratte e incerte alle pile di pergamene e volumi che ne costellavano gli scaffali. Poi il suo sguardo si fissò dritto contro quello di Alexander. Prese un grosso respiro. « Ho ricevuto una chiamata. Una richiesta, da un Dio -Haym. Per favore Alexander, ascolta quello che ti devo dire. » « No. » quella singola parola schiacciò completamente lo spirito di Medoro, o di ciò che ne restava. « Sei un traditore. Ti sei nascosto tra le strade come un comune mendicante mentre la gente che hai giurato di proteggere soffriva. Sparisci dalla mia vista. Non sono interessato ai tuoi vaneggiamenti -l'alcol ti avrà dato alla testa, o la solitudine. » « Ti prego, Alexander! » Medoro finalmente si gettò a terra in ginocchio. Poggiò la fronte sul tappeto, cercando di trattenere i singhiozzi. « Questa è la mia ultima speranza. Ladeca... è in grave pericolo. » Alexander sospirò, quindi si mise a sedere sulla poltrona imbottita della sua scrivania. Piantò i gomiti sul tavolo, intrecciò le mani e fece un singolo impietoso cenno di consenso a Medoro, che lo guardò con riconoscenza e si rimise in piedi. « Haym mi ha detto che "il tempo del mondo sta per scadere" e che sarà necessario un grande esercito per contrastare il male che sta per arrivare. E... » Ma Medoro non riuscì a proseguire. Come poteva? Ladeca era ormai l'emblema della democrazia, forse l'unica su tutta Theras, e Alexander era il suo rappresentante. Come avrebbe potuto reagire se gli avesse detto che Rainier sarebbe tornato? Il Re che non perde mai -il suo Re, il suo unico padrone, era anche l'indiretto fautore del disastroso stato del Dortan. Medoro si morse le labbra. Finalmente era così vicino alla redenzione, finalmente il suo onore sarebbe stato ristabilito, finalmente avrebbe visto il suo Re -eppure non poteva negare quella verità, non poteva nascondere che Rainier aveva causato il Crepuscolo. Se solo fosse rimasto in vita...! « Ci stiamo già adoperando per radunare un'imponente armata. » Alexander interruppe i suoi pensieri. « Provavo rispetto per te, Medoro. Sarò franco. I nostri agenti, i Sussurri, si sono già sparsi per i maggiori castelli e città del Dortan e stanno instillando la nostra versione del racconto su cosa significhi l'Avvertimento. » Medoro aggrottò le sopracciglia. « Cosa intendi...? » « L'Avvertimento è un segno del Sovrano. Egli vuole che raduniamo il più grande esercito per fronteggiare il Kishin, il Penultimo Errore di Rainier. Lo stiamo chiamando così. Il profeta del Sovrano, in preparazione al Crepuscolo, creò questo essere e ora la sua ira sta per riversarsi sul Dortan -dobbiamo fare fronte comune e distruggerlo. I Cavendish ci hanno già dato il loro appoggio, così come molti altri piccoli regni che non potrebbero mai sperare di difendersi da soli. Grazie al fatto che i Corvi non sono più sorretti da un'organizzazione centrale, anche loro stanno propagando il nostro messaggio. » Medoro rimase interdetto. Perché Haym lo aveva scelto? Lui, che era solo un mendicante, una sagoma sbiadita di ciò che era un tempo. Lui che non aveva alcun potere sul popolo del Dortan, poiché era stato lui ad abbandonarli e a nascondersi. Non sarebbe mai riuscito, invece, a nascondere quella verità. Anche se fosse tornato ad essere il cavaliere splendente che era a Basiledra, nessuno lo avrebbe ascoltato. Mentre Alexander aveva già agito e con i suoi sotterfugi aveva già ottenuto in poche settimane più di quanto Medoro sarebbe riuscito a fare in anni. « Ma ci sono problemi. » Alexander continuò, e stavolta Medoro vide nel suo sguardo qualcosa di diverso. Non c'era solo dura condanna, ma anche fiducia, speranza. Perché?
Perché volete contare su di me?
« Non riceviamo risposte dal Nord. Pare che gli Holstein -uno dei rimasugli dei Quattro Regni- siano riusciti in qualche modo a raccogliere il potere disperso dai Lancaster. I messaggeri che abbiamo mandato da lì, però, non sono mai tornati e noi non abbiamo tempo di indagare. Ma non è finita qui. A est Bara-Katal ha istituito il suo regno di orchi scacciando la popolazione locale. Se questi mostri dovessero allearsi col Kishin sarebbe un grave problema. L'esercito di mercenari di Medeo sta ancora girovagando per il Dortan, spargendo le loro insane idee. E al sud, vicino al deserto dei See... ci sono arrivate voci che mostri di metallo stanno emergendo dalle sabbie. Pare che il mondo stia impazzendo. » Alexander chiuse gli occhi e pronunciò solennemente quelle prossime parole. Medoro poté solo rimanere in silenzio, interdetto e confuso come un bambino incapace di riassemblare i pezzi di un puzzle. Poté solo stringere Angelica con tutta la forza che gli rimaneva nelle mani. Ma in fondo il suo cuore ancora tremava, debole e fragile, sconquassato e ferito. « Se non credessi che tu sia impazzito, ti chiederei di rimetterti in sesto e aiutarmi. Nonostante tutto. » Alexander si alzò, per rispetto verso il suo vecchio capitano. Le sue parole erano chiare, ma i suoi occhi dicevano altro. Era una silenziosa richiesta, da un uomo incapace di chiedere alcunché. Erano così diversi, loro due. L'abisso che li separava non sarebbe mai stato colmato. E Medoro capì in quel momento che se tutto ciò che Haym gli aveva detto era vero, se Rainier fosse davvero tornato, allora Alexander sarebbe stato il suo ultimo nemico -l'ultimo ostacolo al grande piano del Dio. Deglutì.
« Io... » « Addio, Medoro. »
Quella sera una tempesta attraversò Ladeca. Medoro si era riparato in una delle chiese del Sovrano. Rimase a contemplare il ticchettio delle gocce di pioggia sui vetri colorati. Come lui altri mendicati si erano rifugiati nel tempio, e tutti loro ora rimanevano nel silenzio più totale, appoggiati alle colonne o nascosti negli angoli, accovacciati nei loro rifugi di fortuna o nei loro sudici mantelli. Medoro guardava anche loro, sentendosi impotente. Un Dio gli aveva dato una missione. Il suo Re stava per tornare. Un grande pericolo gettava la sua sinistra ombra su Theras. Eppure Medoro non poteva fare alcunché. Era debole e stanco. Il suo corpo non era più quello di una volta, era avvizzito, la sua magia si era spenta e la sua bravura con la spada certamente si era arrugginita. Stringeva ancora Angelica a sé, adesso avvolta in un panno così che nessuno potesse riconoscerla o sospettare che l'avesse rubata. Se un tempo il contatto con l'arma lo rincuorava e gli ricordava la giovane fanciulla di cui si era innamorato, ora sembrava solo ferirlo. Era il peso di una responsabilità più grande di lui. Più grande di qualsiasi uomo mortale. Solo Rainier, che possedeva un potere ultraterreno e incomprensibile, era riuscito a raccogliere il popolo del Dortan. Come poteva lui, un mero mendicante, sperare di replicare quello stesso gesto?
Era impossibile.
Medoro si trascinò fino all'altare, stanco e sconfitto. Il Corvo che si prendeva cura di quel luogo era ancora indaffarato nonostante l'ora ormai tarda. Sembrava un giovane ragazzo, da quello che Medoro poteva intuire dalla sua corporatura. Come tutti i Corvi prima di lui vestiva con una lunga e larga tunica nera, un cappuccio gli celava il capo e sul viso portava una maschera. La sua rappresentava il volto severo di un angelo. Il giovane Corvo notò la curiosità di Medoro e si avvicinò a lui. « Di cosa hai bisogno? » gli chiese. I Corvi erano cambiati dalla sparizione di Caino e Zeno. Ormai non esisteva più un potere centrale che li controllasse, finalmente permettendogli di diventare i missionari del bene che sarebbero sempre dovuti essere. Le loro maschere non celavano più gli intrighi di potere del Palazzo, solo il volto di normali esseri umani desiderosi di aiutare il prossimo. Ovviamente il loro ordine non era più esteso come una volta, tuttavia gli abitanti del Dortan ancora avevano bisogno della guida del Sovrano e certamente i corvi erano gli unici adatti a spargere la sua Parola. Medoro pensò distrattamente che dopo tutto quel trambusto, se il mondo avesse vissuto un altro giorno, il loro ruolo sarebbe diventato nuovamente centrale, forse più che mai. « Fede. » Gli rispose Medoro. Il Corvo annuì. E rispose semplicemente. « Allora, prega. » Qualcosa in quella risposta colpì Medoro. Il Corvo tornò alle sue faccende, certamente senza pensare troppo a quello che aveva detto, eppure Medoro rimase per alcuni istanti a meditare sul suo significato. Ma non trovò alcuna risposta alle domande, non trovò alcuna via d'uscita. Quindi, semplicemente, incrociò le dita e iniziò a pregare.
Un tintinnio. Lo udì distintamente. Un tintinnio nella pioggia. No, uno scampanellio, come se tanti gioielli si stessero muovendo in sconcerto. Medoro si guardò attorno, ma nessun altro sembrava udire quel suono. Poi vide, lontano nell'oscurità della notte, oltre l'entrata spalancata della chiesa, una minuta sagoma avanzare. Si rialzò dall'inginocchiatoio sul quale si era prostrato, quasi incantato da quella visione misteriosa, e si avvicinò alla soglia. Le gocce di pioggia schizzavano sulle sue caviglie nude e il vento freddo sembrava penetrare nelle sue ossa, ma non gli importava. Vide una giovane donna avvicinarsi a lui. Era una ragazzina completamente bardata di nero, se non per la presenza di innumerevoli campanelli e gingilli argentei che pendevano dalle sue lunghe vesti. Anche il suo capo era coperto, lasciandogli vedere solamente il suo viso, dolce e delicato, adornato, impreziosito da due grandi occhi castani. Poi Medoro si rese conto di qualcosa di ancora più strano: la giovane donna non era bagnata, neppure stando sotto a quella tempesta. Le gocce di pioggia attraversavano il suo corpo e le sue vesti come se non esistessero, come se lei fosse soltanto una proiezione, un'illusione. I due rimasero a fissarsi a lungo, entrambi colmi di sorpresa, incertezza, trepidazione. Entrambi umani. Entrambi scelti per qualcosa di più grande di loro. Entrambi vittime di tragedie. « Sei tu, dunque, l'uomo che può sentirmi. » La voce della ragazza arrivò rarefatta alle orecchie di Medoro, come se fosse filtrata da un ostacolo. Medoro non capiva, quindi si limitò semplicemente ad annuire. « Posso... sentirti. » disse. « Chi sei? »
Sei la risposta alle mie preghiere?
Medoro allungò la mano verso di lei. Era un gesto che aveva fatto mille volte in gioventù, verso le giovani fanciulle della vecchia capitale, tutte estasiate e innamorate. In qualche modo si sentì di nuovo come allora, ma stavolta sapeva che c'era qualcosa di più, di misterioso e ineffabile, che lo stava spingendo. Non badò a pensare se fosse Haym o il Sovrano, o chissà quale altro Dio. Non pensò a nulla, se non ad accogliere quella ragazza sperduta nella pioggia. Lei protese la mano per accettare quel gesto, ma esitò, incerta. I suoi occhi tradivano una profonda insicurezza e la sua voce, si rese conto Medoro, era in verità tremolante. Poi lei afferrò la sua mano, e lo tirò con forza verso di sé, sotto la pioggia. La ragazza non poté trattenere una piccola risata. Il suo volto era così dolce e sereno, ricolmo di un sentimento nuovo, una gioia mai provata prima. Continuò a stringergli la mano, sembrava che non volesse mai lasciare la presa, e Medoro non l'avrebbe certamente mai allontanata. « Io... mi chiamano Ombra. » Medoro piegò il ginocchio, abbassandosi per guardarla dritta negli occhi, cercando di capire. « Vieni con me, o prode cavaliere. » Sentendosi appellare in quel modo, Medoro non poté che fare un sospiro di sorpresa. Di gratitudine.
« Un lungo viaggio ci aspetta. Per salvare questa terra. »
Eccomi! Allora, innanzitutto mi scuso per aver postato all'ultimo. Non pensavo che ce l'avrei fatta. Ho cercato a lungo di mettere insieme i pezzi della trama del Dortan, è stato abbastanza difficile nonostante il riassunto. Ho comunque deciso di introdurre dei nuovi personaggi nella mia storia, perché credo che non abbia senso affidarsi eccessivamente a creazioni altrui che non conosco altrettanto bene per tessere un racconto efficace. Nonostante questo ho cercato di inserirli in un contesto appropriato e spiegato il più possibile, così che risultino credibili. Nel mio racconto i poteri del Dortan dopo la chiamata psionica proveniente dall'Edhel (ribattezzato "l'Avvertimento") si stanno già mettendo d'accordo per creare un fronte comune contro il pericolo sconosciuto che sta per giungere alle porte. Il nuovo Presidente dell'Edraleo (finalmente Ladeca è diventata una vera e propria democrazia) è Alexander Terghe, un veterano di guerra, un uomo d'azione che si vuole distaccare dal doloroso passato dei Quattro Regni, di Caino e dei vari altri conflitti, portando Ladeca ad una nuova era di pace e di libertà dagli intrighi. Grazie al suo approccio viene eletto ed ora gestisce le redini della vasta rete di alleanze che si sta espandendo in tutto il territorio. Utilizzando i Sussurri (non ho voluto menzionarli troppo per non calpestare i piedi, eventualmente) Alexander e in generale il governo di Ladeca ha sparso per il Dortan la credenza che l'Avvertimento sia un messaggio del Sovrano che li urge ad unirsi per fronteggiare una creazione fallita di Ray, il suo Penultimo Errore (l'ultimo era sfidare gli dei durante il Crepuscolo). Alexander crede che manipolare la paura dell'uomo sia l'unico modo per controllarlo, e dunque riunire il Dortan. Medoro è il personaggio principale del racconto. Dopo aver tentato di portare l'avvertimento di Haym all'Edraleo, il fu-cavaliere non può fare altro che rifugiarsi e aspettare che la tempesta passi -lui è solo un uomo, un traditore per giunta, debole e impotente- come potrebbe replicare il gesto di Rainier e radunare un'intera nazione? Ma è qui che si presenta a lui una figura enigmatica, una ragazzina che solo lui può sentire ed aiutare. To be continued Edit: corretti alcuni errori e ripetizioni. Edited by Verel - 14/11/2019, 16:49
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