Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Rou ~ Verlos

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K i t a *
view post Posted on 19/2/2015, 14:25




La discesa si rivelò abbastanza lunga; non potevano rischiare di lanciarsi incontro al vuoto, specie vista l’oscurità che li attorniava. Quando toccarono la roccia sottostante ci misero diversi secondi per sistemare l’attrezzatura e riprendere il controllo di quanto li circondava. L’ambiente non era molto differente dal piano superiore, ciò che cambiava era l’aria, che si era fatta più umida e calda. Probabilmente sarebbe andata a peggiorare più fossero scesi nelle profondità della montagna.
Il goblin fu tra gli ultimi a raggiungere il nuovo corridoio, e non appena si staccò dalla corda cominciò ad agitarsi per proseguire oltre il prima possibile. Per evitare che si lanciasse in una delle sue ennesime lagne, i beduin si apprestarono a raccogliere l’equipaggiamento esortando il gruppo a muoversi.
Fecero in tempo a compiere pochi passi prima di fermarsi ancora; avevano davanti agli occhi il resto della corda che era stata recisa e, a pochi metri di distanza, il probabile colpevole. L’esile corpo di un orchetto sedeva con la schiena poggiata sulla parete rocciosa, il capo chino come se stesse riposando. Il colorito della sua pelle, invece, non lasciava dubbi: era morto. In una mano stringeva un lungo coltello, intrappolato in quella stretta eterna. Era chiaro a ognuno di loro che doveva essere stato lui a tagliare la corda, ma questo portava un interrogativo più importante, più pressante: lo aveva fatto per impedire loro di scendere o a qualcosa di risalire? Si era sacrificato, scegliendo la morte a ormai un passo dall'uscita, per quale motivo?
Sapp si avvicinò al compagno morto osservandolo con estrema compassione. Mormorò qualche parola in aardens, senza che nessuno riuscisse però a comprenderle. Alla fine fu Jhadar a interrompere il silenzio, schiarendosi rumorosamente la gola; avevano un compito da affrontare, non potevano perdere tempo a compatire creature simili. Il goblin si voltò, scrutandolo di sottecchi, un’occhiata velenosa che probabilmente avrebbe incusso più timore se non fosse stata rivolta a un energumeno quasi più grosso che alto. Era difficile spaventare Jhadar.
Alla fine il goblin si allontanò dal corpo esanime, raggiungendo i beduin. «Coraggio, tempo di andare.» esortò il resto del gruppo, riprendendo ad avanzare come se nulla fosse.

Camminavano da diversi minuti, avvolti dal silenzio. La loquacità di Sapp si era improvvisamente spenta, e forse era proprio quella la cosa più inquietante successa finora. Sembrava immerso nei suoi pensieri, la fronte aggrottata che gli conferiva un’espressione arcigna. Solo l’eco dei loro passi li accompagnava, insieme al gocciolare dell’umidità raccolta nella roccia. Poi, in seguito all'ennesimo passo, la loro vista si oscurò all'improvviso. Quel poco che riuscivano a distinguere grazie all'ausilio delle torce scomparve, nonostante potessero sentire distintamente il peso dell’oggetto e il calore emanato dalla fiamma a poca distanza dalla loro mano. Tutti loro poterono avvertire un rabbioso ruggito risuonare nella loro mente, seguito da un basso sibilo; durò quasi un minuto, ma non appena riacquistarono la vista sentirono un forte disorientamento. Presero a guardarsi attorno, sconcertati da quell'insolita interruzione. Il primo a riprendersi fu Sapp, cui l’avvenimento sembrava aver dato nuova carica; infatti, scoppiò a ridere, sempre con quel suono fastidioso e nasale, sinceramente divertito. «Demone dava noi benvenuto, dunque!» affermò con certezza. «Non è cortese lasciare aspettare nostro ospite!» fece notare, per poi procedere baldanzoso verso l’oscurità. Il resto del gruppo si guardò tra loro, meno entusiasta del pelleverde. Chi sembrava esserne rimasto particolarmente scosso era Jhadar; era impallidito visibilmente, e si guardava intorno freneticamente, come se controllasse che dai muri non uscissero dei mostri.
Da una decina di metri di distanza giunse la voce di Sapp: «Ah!». Idir e Ata si spostarono immediatamente verso di lui; lo trovarono davanti ad una parete di roccia, creata dall’accumularsi di detriti in seguito a una frana, esattamente al centro del passaggio che dovevano percorrere. Ata sospirò: «Questo complica le cose…» disse, scuotendo la testa. Sapp si voltò verso di lui, per poi guardare il resto del gruppo che li aveva raggiunti: «Non è saggio attardarci, dobbiamo essere più svelti. Il demone sa che lo stiamo cercando… e non si lascerà raggiungere con facilità».



CITAZIONE

QM Point ~

Nel secondo livello della miniera le cose si complicano ulteriormente: il demone fa intuire la sua presenza a tutti i membri del gruppo. Dal suo “attacco”, che in realtà non vi causa nessun danno, intuite che la creatura ha dei poteri psionici che può adoperare a larga distanza e che non esiterà a riversare su di voi. Da questo momento avrete a che fare con l’influenza psionica del demone: più tempo trascorrerete su ciascun piano, più la sua offensiva psionica sarà incisiva; più vi avvicinerete a lui, più i suoi attacchi risulteranno potenti. Ecco perché Sapp vi esorta alla velocità!
Ulteriore dettaglio: vi trovate davanti all’ennesimo ostacolo fisico, una frana che blocca il passaggio. Come per la corda tagliata non potete sapere cosa l’abbia provocata, se delle scosse o se qualcuno abbia cercato di bloccarlo a posta. Ciò che è certo è che per proseguire dovete liberarvi dei detriti; attenzione però al modo, perché se adoperate una forza eccessiva rischierete di provocare più danni che altro, e se le vostre azioni risulteranno troppo lente, subirete l’influenza psionica del demone. Decidete come volete agire e comunicatelo in confronto, andrete avanti con Dra fino al suo stop. Da quel momento, avrete cinque giorni per postare. Nel mio prossimo QM point vi dirò gli eventuali danni psionici subiti.
Buon lavoro!

 
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view post Posted on 27/2/2015, 13:21

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Rou ~ Verlos: Capitolo III ~Fino in fondo alle proprie paure ...

Il vecchio era considerevolmente turbato. Le rughe fitte sulla sua pelle facevano sembrare l’incarnato cinereo ancor più grigiastro; la rada barba bianca che cresceva a ciuffi, il fisico macilento e l’espressione addolorata gli davano tutto l’aspetto di uno speictrim, uno spettro, vale a dire un antenato defunto il cui spirito non trovava pace.
«Mio nipote.» – mugolava reggendo uno straccio insanguinato, agitandolo di tanto in tanto dinnazi gli occhi del Vecchio Sciamano e del suo giovane apprendista - «E’ sceso nel Pozzo delle Anime e … e… »
Il Maestro scosse la testa disgustato e fece cenno ad uno degli uomini al suo fianco di accompagnare il povero vecchio questuante nella tenda della Mor Mná , la Grande Donna, colei che preparava i defunti per il passaggio da questo Mondo a quello degli Spiriti. La Tradizione voleva che in assenza di un corpo anche un oggetto personale potesse andar bene per il bealach, la Strada degli Spiriti, l’equivalente di un funerale nel civilizzato Dortan.
Era la quarta volta in un mese che un membro del Popolo degli Spiriti scendeva nel Pozzo delle Anime e ne usciva cadavere. Le prime tre volte a morire erano stati gli Uomini Cenere, minatori addetti alla miniera d’argento che il Popolo degli Spiriti chiamava Pozzo delle Anime. Sulle prime si era pensato ad una delle molte oscure belve che abitano i budelli stretti e oscuri del ventre della terra ma poi la verità era saltata all’occhio come una trota che sguazza nel latte. Non era una talpa delle caverne, ne un masticatore delle fosse, e nemmeno un artiglio o un tasso sbavante delle rocce. L’assassino era un demone, una Leech, più comunemente nota come Sanguisuga. Le corrispondenze con l’animale di cui prendeva il nome riguardavano solo le abitudini alimentari, nient’altro. Una sanguisuga è viscida e repellente mentre una Leech ha la pelle delicata di una donna e il fascino perverso di una predatrice.
«Dobbiamo intervenire. Devi intervenire.» – disse il Maestro una volta che furono soli - «Un morto significa che dobbiamo fare attenzione, due morti che dobbiamo affilare le armi, tre morti ci obbliga a dire alla nostra gente che la loro casa non è più sicura, quattro….»
Quattro morti volevano dire guerra. Malzhar lo sapeva bene. Il giovane sciamano annuì. Negli occhi danzava la paura ma anche l’orgoglio derivante dalla responsabilità che gravava sulle sue spalle e che lo faceva sentire un uomo.
«Portami la pelle della Leech e prometto che ti inizierò ai Misteri della Roccia e del Tuono.»
Il sorriso sfolgorò sul volto imberbe dell’apprendista. Apprendere i Misteri era per un giovane sciamano l’equivalente di indossare un armatura e impugnare una spada per uno scudiero che ambisse a ricoprire la carica di cavaliere. «Non sorridere. La nostra gente muore e non dovresti essere lieto di ciò. Non è giusto. Non è umano!» – la reprimenda sortì il suo scopo, il sorriso avvizzì sulle labbra del ragazzo e le sue gote si tinsero di un porpora intenso. «Ora va! Prendi con te Karin, Loren e Looatheb le loro doti di cacciatori ti aiuteranno ad individuare la preda. Ma che sia chiaro dovrai essere tu a uccidere la Leech. Non voglio altri grani da aggiungere alla mia collana! »
Malzhar posò gli occhi sul monile che il Maestro indossava. La collana era un tripudio di piccole sfere di vetro colorato. Ognuna di esse rappresentava un membro del Popolo degli Spiriti che aveva raggiunto gli antenati. La collana era larga, pesante e arrivava a sfiorare le ginocchia. Era un simbolo importante che molti Sciamani preferivano lasciare nella Casa degli Spiriti, dove nessuno poteva rubarla o romperla.
Ma il Maestro aveva sempre detto che quel peso gli ricordava che ogni vita che si spegneva era una colpa in più che gravava sulle sue vecchie ossa.
Sconvolto, con l’animo appesantito dalla responsabilità e con ogni sogno di gloria ormai cancellato dalla consapevolezza della gravità della situazione il giovane sciamano era partito. Il viaggio verso il Pozzo delle Anime era stato lungo, tetro e silenzioso. I cacciatori seguivano malvolentieri lo sciamano ma il rispetto nei confronti della Tradizione li spingeva a comportarsi nei suoi riguardi con la massima reverenza. Ogni volta che una lepre veniva cucinata il primo boccone toccava a lui, il primo sorso di vino era suo, l’ultima coperta calda era destinata alle sue membra. Quei piccoli gesti di reverenza lo gratificavano abbastanza da consentirgli di proseguire senza scoppiare in lacrime urlando di voler tornare indietro.
Giunsero al Pozzo quattro giorni dopo. L’area della miniera era piena di un puzzo di marcescenza che rivoltava lo stomaco e dal terreno affioravano resti di animali che avevano costituito il pasto sgradito della Leech. Il mostro si era dovuto adeguare alla mancanza di uomini, visto che lo Sciamano Anziano aveva ordinato che chiunque si fosse avvicinato alla zona senza il suo consenso sarebbe stato bandito dal Popolo degli Spiriti. I cacciatori iniziarono a muoversi con più lentezza, ad ignorare gli ordini e ad ostacolare il lavoro. Quell’atteggiamento parlava chiaro: non avevano alcuna intenzione di scendere giù, questo era quanto. Malzhar dovette far ricorso a tutto il suo autocontrollo per non schiaffeggiarli quando sabotarono la corda rischiando di farlo precipitare giù nel Pozzo.
Alla fine si calarono tutti era stato necessario ricorrere alle minacce, ma ci erano riusciti.
Avevano brancolato nel buio per ore e alla fine, seguendo l’odore dei cadaveri di uomini e animali, erano giunti nella tana della Leech. Lì era successo l’imprevedibile….
Il demone sapeva che mai sarebbe scampato al destino che l’attendeva. Quattro cacciatori e uno sciamano erano una sentenza di morte per qualunque genere di mostro e così fece una scelta coerente con la sua natura demoniaca: morire portandoseli nel Baathos.
La miniera, tremò. Polvere e pietre piovvero addosso al gruppo inviato in quella funerea missione di morte.
Poi buio.
Malzhar si risvegliò quattro giorni dopo. Le costole rotte, il fisico ridotto a pelle ed ossa e la faccia preoccupata del suo Maestro a vegliarlo. Non aveva mai più voluto scendere sotto terra se non fosse assolutamente necessario. Da qual momento in poi le miniere non gli erano più scese giù…

«No! Non la faremo saltare in aria! Nessuno qui ci tiene ad unirsi alla vostra compagnia di morti fastidiosi e turbolenti!» – lo spirito del goblin che avevano trovato morto poco prima aveva preso a seguirlo, sommergendolo di domande e suggerimenti folli. L’ultimo era stato quello di far saltare in aria la frana che occludeva il percorso del gruppo. Sebbene lo stato psicologico dello Sciamano non fosse dei migliori Malzhar non aveva la minima intenzione di rimanere intrappolato in una miniera una terza volta. Meno che mai in una miniera infestata da un Demone.
«Allora trovare modo di muovere pietre. Demone sapere voi qui. Demone arrivare e mangiare occhi se non fare veloce.»
Quella frase gli suggerì un’idea. Di certo non potevano passare oltre la frana rimuovendo una pietra dopo l’altra, ma un modo alternativo c’era… Sorrise furbescamente. Si voltò verso i suoi compagni di viaggio che aveva ignorato fino ad allora.
«Qualcuno qui dentro mi ha proposto di far saltare in aria tutto. La miniera resisterà dice. E' qui da secoli dice, non crollerà oggi. » -
«Miniera non crollare se tu usare bombe di magia. Miniera essere vecchia. Ma se voi non muovere Demone venire e mangiare occhi!!!»
«Zitto tu!» – sibilò all’indirizzo dello spirito- «Io dico che provare a smuovere quelle pietre una ad una ci farà invecchiare qui dentro. Ma nemmeno usare una fiamma viva è prudente. Le miniere sono piene di gas ... mi dicono. Se volete posso provare ad usare la telecinesi. Niente calore, poco attrito e ottime possibilità di riuscita se ci aiutiamo a vicenda.» – Poi, come folgorato da un lampo di consapevolezza, si rese conto che probabilmente agli occhi del gruppo doveva apparire come un pazzo- «Spiriti! Da quel giorno a Basiledra non mi lasciano in pace. Ora oltre che un tradiore diranno anche che sono pazzo ...Roba da matti!» – disse rivolgendosi a Montu sperando di ottenere un po’ di solidale conforto.
Nonostante l’eccentrica scenata di poco prima Montu, lo Spadaccino Rosso e Al Patchuli sembrarono concordare con Malzhar. Si disposero ordinatamente ognuno con un compito diverso. Unendo le forze avrebbero potuto agire chirurgicamente così da rimuovere la frana senza turbare troppo l’ambiente circostante. «Non voglio crolli. Non voglio rimanere qui dentro. Non mi piacciono le miniere. » – sussurrò lo sciamano più a se stesso che agli altri poco prima di concentrarsi sull’incantesimo che stava per lanciare. Lo stratagemma ebbe parzialmente successo. La raffica di energia telecinetica aveva aperto un varco e non aveva danneggiato il resto della miniera ma … Lo spazio che erano riusciti a ricavare era appena sufficiente a far passare Sapp. Dovevano provare qualcos’altro.
Mentre lo spirito inquieto del pelleverde non accennava a tacere, sommergendo lo Sciamano di chiacchiere inutili Montu decide di ricorrere alla bruta forza del suo braccio. Il varco era stato aperto ma erano ben lontani dal poter gridare al successo. Come se la presenza demoniaca, le frane, gli intoppi di ogni genere fino ad allora trovati non bastassero si ritrovarono assediati dagli spiacevoli abitanti della miniera.
Talpe. Non comuni, innocue, bestioline cieche ma veri e propri mostri, pronti ad affondare i lunghi denti da roditori nelle loro carni fino a dilaniarle.
Esasperato, assediato da spiacevoli ricordi, reso psicologicamente instabile dalla paura il Sussurro abbandonò ogni cautela. Una vampata di fiamme investì il gruppo di malefici roditori inondando lo stretto spazio chiuso in cui si trovavano con l’odore di pelliccia bruciacchiata. Ma la cosa non sembrò bastare.
Folle di spavento Malzhar estrasse Diplomazia, la sua pistola e iniziò a sparare alla cieca su ogni essere dotato di pelliccia, zanne e artigli che gli capitasse a tiro. Uno dei proiettili si conficcò nella roccia facendone scaturire schegge sottilissime che si librarono nell’aria leggere come piume. Il secondo colpo e il terzo andarono a segno riducendo la talpa, che stava per avventarsi al polpaccio dell’Oracolo, ad un ammasso di pelliccia sanguinante e ossa frantumate.
«Brutte bestiacce. Schifose, orripilanti, disgustose, caparbie. Ma sempre meglio di una Leech … »
_____________________________________________________________________________________________


CS: 3 | Intelligenza 2 Volontà1
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5<p align="justify">Stato Fisico: Illeso.
Stato Psicologico:Incapace di agire razionalmente.
Energia: 100% - 10% -10= 80%


Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Riconoscimento delle illusioni
° 2CS in Intelligenza quando l'avversario usa tecniche magiche,
° Capacità di percepire i segreti, comprendere quali tra questi siano più importanti di altri.
°Capacità di comprendere se una persona mente o dice la verità.
°La Prigione di Cera vale come arma che provoca danni da ustione magici e tornerà sempre nelle mani del suo padrone.
° Tecniche offensive ad area hanno cagionano un danno pari al consumo.
° Capacità di percepire la natura delle intenzioni altrui
° La voce di Malzhar è sempre udibile al di sopra di ogni voce o rumore.


Riassunto Post: La prima parte del post spiega l'origine della fobia di Malzhar per miniere e simila. La seconda parte del post parte invece dal momento in cui Malzhar propone di superare la frana utilizzando la sua tecnica "raffica telecinetica". Seguono le azioni concordate in confronto.
Attive:

CITAZIONE


«La mia fede è forte, smuove le montagne e come scudo si erge contro l'aggressore »

Uno Sciamano è un sacerdote, un'autorità morale prima ancora che politica.
La sua fede nella Tradizione deve essere salda oltre ogni dubbio, tanto grande e forte da bastargli come arma e scudo insieme. La concretizzazione di ciò è un sortilegio che gli Sciamani da sempre si tramandano e che permette di condensare in energia telecinetica il potere che li anima e li guida.
Ma la volontà di uno Sciamano deve essere ancora più forte, capace di spazzare via ogni nemico. Le leggende narrano che alcuni mistici abbiano un così perfetto controllo della propria volontà da riuscire ad incanalarla nelle viscere della terra fino a dominare le potenze telluriche e piegarle al proprio servizio. Tali esseri hanno ormai travalicato i limiti dell'umano, potendo comandare i terremoti lo Sciamano è ormai in grado di seminare distruzione senza fine ai suoi nemici.
[Conumo Medio, pergamena Raffica Telecinetica + Terremoto consumo alto]

«Come bufera mi abbatterò su coloro che infrangono la Tradizione, come fuoco emenderò le loro colpe»
Il rispetto della Tradizione è molto sentito presso le popolazioni guidate da uno Sciamano. Spesso i nostri guidano comunità nomadi o seminomadi in cui lo spirito di gruppo è una risorsa preziosa come l'acqua o il cibo. Persino il Popolo degli Spiriti, che era entrato a far parte delle genti civilizzate con le sue costruzioni in pietra e i suoi centri abitati degni delle città dei vari potentati di Theras, non ha dimenticato quando fosse importante il rispetto delle regole. Per questo chi viola la Tradizione va punito in maniera esemplare ed estremamente scenografica.
Le due massime pene previste dalla nostra cultura erano l'esilio e il rogo, secondo una sorta di contrappasso.
Chi viola le Tradizione si distacca idealmente dalla sua comunità ed è per questo scacciato anche materialmente per il tempo necessario ad emendare la sua colpa. Io stesso, andando contro il mio maestro ne sono stato colpito.
Il rituale vuole che lo Sciamano invochi i venti e ordini loro di sferzare il reo fino a che non è uscito dal confine sacro della comunità.
Il rogo è invece la soluzione estrema, la pena che viene adottata nei confronti di chi è talmente contaminato che il solo allontanamento non sarebbe sufficiente a purificare l'intero gruppo sociale dalle sue colpe. Per questo il suo corpo viene dato alle fiamme, l'elemento che purifica per eccellenza, in modo da eliminare la minaccia di contaminazione per tutta la comunità.
La Tradizione narra per in alcuni, gravissimi peccati ad essere utilizzato non è il comune fuoco magico ma il tremendo ed inestinguibile Fuoco del Castigo. A nutrire queste fiamme, che non conoscono limitazioni nemmeno dalle comune leggi fisiche, si dice sia la stessa collera degli Dei, personaggi questi mai invocati nella cultura sciamanica se non in remotissimi casi e solo come extrema ratio. Quel fuoco terribile non solo brucia in qualsiasi condizione ambientale o fisica ma ha anche la capacità di perdurare e continuare per un tempo superiore a quello comune.
[ Vento Violento (alto) + Accolito degli elementi (medio) + Inferno senza fine (critico); ]
CITAZIONE
Note:Nessuna nota di rilievo.




 
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view post Posted on 28/2/2015, 22:10
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Rou - Verlos

Miniera.
Secondo Livello
.

Io posso aiutare a spostare quei detriti.
Shimmen indicò al Corvo la sommità del cumulo di pietre che ostruiva il percorso dove pareva che la volta avesse meglio retto, conservandosi con una certa integrità.
Se possiedi il potere di fare meglio e più velocemente di quanto si possa fare a muscoli ti darò volentieri una mano: prima usciamo da questo posto meglio sarà per noi tutti. Non tutto è come appare.
Annuì enfaticamente per sottolineare le sue parole: c’era qualcosa che non andava e non era “semplicemente” un demone in agguato, qualcosa che si poteva sconfiggere con la mera forza delle armi e delle magie, quello che li aspettava laggiù. Secondo quello che aveva ricostruito dalle tracce il minatore goblin era salito in cima al montacarichi e tagliato la corda, verosimilmente ad un passo dalla libertà e sicuro che dal profondo nulla potesse più risalire facilmente. E poi era tornato giù, probabilmente arrampicandosi faticosamente in discesa lungo le pareti del pozzo visto che non vedevano segni di ferite sul corpo, fermo restando che la sfortunata e folle creatura era, senza alcun dubbio, morta. Cosa era successo dunque? Si chiese mentre toglieva il pugnale dalle mani irrigidite, sarebbe potuto essere utile in futuro. Era morta letteralmente di paura o di fame? E soprattutto, era qualcosa che poteva ripetersi?
Lo spadaccino lanciò uno sguardo dubbioso e preoccupato a Sapp. Il piccoletto diceva meno di quel che sapeva e, come nell’altra missione che avevano svolto assieme, stava probabilmente tenendo nascosta una parte della verità. Voleva conoscerla quella verità, lo voleva intensamente, eppure in qualche modo doveva fidarsi di lui. Anche se l’esperienza degli ultimi quattro anni gli gridava a gran voce la stoltezza di potersi fidare di qualcuno che non fosse lui stesso, o uno dei suoi pochissimi veri amici.
Si spostò in posizione e cominciò a far forza per spostare un masso proprio in cima al passaggio, sospirando di sollievo quando grazie all’aiuto della telecinesi di Malzhar riuscì a scalzarlo e a farlo rotolare giù dal mucchio in una pioggia di polvere e schegge di roccia. Ultimamente stava cominciando a sentire il peso della sua vita errabonda e solitaria, priva di sicurezze e di forti legami. Lo avvertiva come una spossatezza nell’animo, un velo di caligine sui colori che prima erano scintillanti e splendenti di novità e di avventura. Desiderava tornare a casa. Sui monti della sua infanzia, con la sua famiglia. Desiderava scusarsi con tutti per quanto li aveva fatti soffrire, con la sua fuga in un momento difficile dopo l’attacco al Casato da parte di una setta di assassini. Espiare per il suo crimine che finora aveva portato come un fardello nell’animo. Scosse la testa, agitando furiosamente i lunghi capelli color del fuoco. Meglio tornare al presente e pensare poi al futuro!
Seguendo le indicazioni di Montu ed Al Patchouli furono poi rimosse altre pietre ma il varco era ancora troppo stretto, e Sapp troppo impaziente di far notare con quanta lentezza stavano procedendo i lavori ... tanto che per un istante nella testa di Shimmen balenò, irata, un’imprecazione. Poteva capire la fretta ma li c’era la possibilità che crollasse tutto e non era una piacevole prospettiva quella di finire la propria vita sotto una montagna di roccia! Poi però si trattenne: non sarebbe stato di alcuna utilità con la testardaggine del piccolo goblin e del resto nemmeno lui si sentiva del tutto tranquillo a sapere che il demone poteva essere in agguato ovunque, mentre ostacolava loro la strada. L’apprensione per l’ignoto stava cominciando ad erodere la tranquillità di tutti, sempre di più mano a mano che si inoltravano nelle profondità della terra.
Alla fine il passaggio fu reso abbastanza ampio da un’azione decisa di Montu, ed il gruppo poté proseguire nei tunnel fino a raggiungere il montacarichi per il livello inferiore.
Qui però li aspettava un altro ostacolo, un ostacolo mobile e preceduto da lievi versi ringhianti.
Talpe del sottosuolo, li informò Misdra che non era alle sue prime armi con tali creature. Piccoli esseri aggressivi dalle dimensioni, e dal comportamento, di un cane. Facili da trovare sulle montagne circostanti ad una minore profondità.
Il gruppetto fu attaccato da ogni direzione tra colpi di pistola e ringhi ma lo scontro non fu una cosa lunga, eccettuata la sorpresa iniziale: una finta carica contro, seguita da un ampio fendente orizzontale, fu sufficiente ad arrestarne lo slancio di un paio di quelle creature; poi Shimmen scambiò volentieri il morso dell’animale che si era ripreso per primo con un forte colpo verso il basso che inchiodò la bestia al suolo, danzando poi immediatamente all'indietro per evitare l’attacco della sua compagna rallentata dall'aria fredda che sembrava persistere attorno allo Spadaccino. Era fin troppo facile, sorrise sarcastico. Grazie alla magia delle anime era nettamente più veloce e non ebbe problemi a mantenere le distanze, schivando e schivando i denti e gli artigli fino a che non sorprese la creatura, lanciandole il
coltello del goblin, e la colpì due volte alla testa con la spada mentre tentava di spostarsi.
E' stato facile questa volta, no?
Chiese ai suoi compagni mentre beveva una piccola fiala di liquido rinvigorente.

Villaggio Touja. Monti Doregreen.
Nello stesso istante.


I tre uomini ed i due ragazzi intenti a piantare il riso nel basso bacino che costituiva la parte migliore della risaia si guardarono tra loro per un istante, scambiandosi occhiate preoccupate prima di raccogliersi intorno al più anziano, in ginocchio nell’acqua e con le mani strette attorno alla pancia. Un gemito sommesso gli uscì dalle labbra e le labbra tremanti mormorarono una supplica al Kami, che li stava maledicendo tutti con quella misteriosa malattia.
[color=purple]Daizen-sama! Ancora quella cosa?
Chiese il ragazzo più magro, gli occhi spalancati per la preoccupazione mentre aiutava l’uomo che si prendeva cura di lui fin da quando poteva ricordare a raggiungere il basso argine che costituiva il margine della risaia. Non poteva vederlo in quello stato, con tutto il bene che gli voleva. Quelle crisi, una volta rare, si stavano facendo sempre più frequenti e sempre più acute e non solo per suo padre ma proprio per tutto il villaggio.
E’ una maledizione che si stà aggravando.
Borbottarono cupamente gli uomini mentre mormoravano a loro volta delle preghiere e si passavano delle collane di perle di legno sulla fronte, a mò di scongiuro. Come ogni volta però, non potevano fare altro che scuotere la testa ed offrire il loro conforto: nessuna medicina, nessun rito sembrava placare la rabbia degli spiriti ed il dolore dei corpi. Con un’ultima occhiata al loro compaesano ed una pacca sulla spalla al ragazzo che se ne prendeva cura ritornarono al loro lavoro, distribuendosi in modo da compensare la mancanza del vecchio amico.
Tranquillo ... ragazzo mio ... tranquillo. Adesso passa. La voce dell’uomo era roca e profonda, una voce solitamente pacata di un uomo onesto e laborioso, da cuore gentile. Si stava riprendendo e presto fu in grado di rialzarsi in piedi. E’ come quando prendi un pugno, no? Fa male ma non dura.
Solo che in questo caso è come se ti strappassero qualcosa dentro.

Mormorò tra sé e sé.



[SPOILER]

۩ SHIMMEN• KASUMAKI۩
Aki no Kenshi - lo Spadaccino Rosso


Sinossi : Attraente, capelli rossi, lineamenti aristocartici.
Avventato, opportunista, riservato.
Razza : Orco Umano
Classe : Cacciatore
CS: 1 Destrezza, 1 Forza, 4 Velocità (x2 turni)
Talento : Assassino
Stato Fisico : 1/16
Stato Psicologico : 0/16
Energia : 95/100
Equip : spada impugnata, armatura naturale.
- Erba Ricostituente x2 (+5% energie ciascuna, 1/2 usata)
- Gemma della Trasformazione
- spada lunga
- arco + 15 frecce
- Pelle resistente come un'armatura di acciaio (arma naturale)
- Biglia Assordante
- Pugnale del Goblin del pozzo

Passive
Chaos Instinct: Auspex passivo basato sull'ostilità di chi lo circonda.
War Spirit: Possibilità di combattere anche con un corpo gravemente danneggiato, prossimo al Mortale. Sotto l'effetto di un qualsiasi power-up Shimmen prende 2 CS bonus.
Essence of Silence: Shimmen non produce rumori, odori o qualsiasi cambiamento nell'ambiente circostante.
Mantello dell'Esploratore (oggetto incantato):
- Eroe del Nord: [Passiva] attorno a Shimmen l'aria sembrerà di qualche grado più fredda, come se lo spadaccino portasse con sè il gelo del Nord. Chiunque gli si avvicini vedrà i propri movimenti rallentare a causa del freddo; Attiva, tecnica magica, consumo Basso: Shimmen sceglierà un nemico, e le gambe del bersaglio verranno ricoperte di una solida patina di ghiaccio che gli impedirà di usare gli arti inferiori per un turno. Non causa alcun danno, e il ghiaccio si scioglierà alla fine del turno. È possibile difendersi con una difesa di potenza Bassa o spezzando il gelo con un'offensiva di livello Basso.]
- Araldo del Sud: [Attiva], tecnica Magica, consumo Medio: fuoco si sprigionerà dal mantello e avvolgerà il nemico, distruggendo un pezzo del suo equipaggiamento a scelta di Shimmen e togliendogli una CS. Non causa altri danni.

Attive:
- Fratello del vento: il cacciatore assume una posa caratteristica, guadagnando una rapidità incredibile e superando i limiti del proprio corpo per qualche tempo.
La tecnica è un power up di natura fisica. All'attivazione potranno essere associate personalizzazioni come una posa caratteristica o leggere mutazioni nell'aspetto, ma mai trasformazioni complete: il caster dovrà restare riconoscibile come tale. L'utilizzatore guadagnerà 2 CS ad una singola caratteristica per una durata totale di due turni al fine di potenziare la velocità del caster; questo potrà decidere di sciogliere la tecnica prima del termine, nel caso lo desiderasse. La singola capacità potenziata può essere potenziata liberamente, ma dovrà essere specificata al momento dell'acquisto prima di inserirla in scheda.
Consumo di energia: Medio
Note: Come da Confronto aiuto la telecinesi con le mie CS fisiche per aprire un varco. Poi affronto ed uccido 2 talpe con attacchi fisici da 6 cs ciascuno, subendo il danno Basso della tecnica che loro utilizzano (quella postata in Confronto) e schivando il loro attacco fisico con i miei CS aumentati.
Uso una delle due Erbe Rigeneranti per recuperare il 5% di energie.
Ah, recupero il coltello del goblin che abbiamo trovato morto. Magari ci può essere utile se i suoi compagni lo riconoscono.


 
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view post Posted on 2/3/2015, 22:56
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Dopo che tutti ebbero superato il pozzo che sarebbe dovuto essere profondo circa quindici metri, ma che sembrarono molti di più, il gruppo riprese la marcia.
Le lanterne intaccavano appena l'oscurità in cui si erano immersi, e l'aria più densa, calda e al tempo stesso umida, rendeva ancor più difficile il loro cammino verso l'ignoto, consapevoli che scendendo di livello in livello la situazione sarebbe andata peggiorando.
Non avevano percorso che pochi passi quando, appoggiato come addormentato sulla parete di roccia videro un Pelleverde, sicuramente uno dei lavoratori rimasti intrappolati.
Accanto a lui, che stringeva in mano un corto pugnale, giaceva inquietante il resto della corda recisa, che il gruppo aveva prontamente sostituito.
Quell'essere... aveva condannato sè stesso e moltissimi altri suoi fratelli pur di impedire al demone di risalire, o forse per evitare ad altri di scendere, sacrificandosi per far sì che nessun altro cadesse preda del mostro.
Un bene superiore che Montu comprendeva, nel suo piccolo quel Pelleverde aveva agito come un perfetto Sussurro, e il Demone si rese conto che l'altruismo che rinforzava il credo della Mano era una dote quasi innata in quasi tutte le creature di Theras, perlomeno in quelle la cui scomparsa poteva effettivamente considerarsi una perdita.
Mentre Sapp pronunciava alcune parole incomprensibili, in un Aardens fin troppo stretto, Montu scrutò il corpo del Pelleverde morto, in cerca di qualche segno sulla terra, di un messaggio anche parziale che poteva aver lasciato. Nulla, se non il volto sereno, e il corpo assolutamente intatto.
Se era morto a causa del demone, quell'essere aveva poteri mentali in grado di uccidere a grande distanza, e l'Eterno sentì il peso del pericolo incombere sulle loro spalle.
Forse non erano al sicuro nemmeno lì, nemmeno ora, seppur non vedevano e nemmeno immaginavano dove fosse il loro nemico.
Sapp esortò il gruppo a continuare, e Montu fu dissolto da quei pensieri, frutto forse del suo timore, consapevole che la sua mente era tanto potente quanto vulnerabile, e uno scontro su quel piano senza la possibilità che lui reagisse l'avrebbe potuto mettere in seria difficoltà.
Il silenzio accompagnò i passi di tutti, ognuno immerso nei propri pensieri.
Almeno fin quando non fu il demone a farsi sentire, dando quello che sembrava solo un assaggio dei suoi poteri. Le paure di Montu si stavano avverando.
L'oscurità li avvolse, le lanterne pesavano e le fiamme emanavano calore, ma la luce era scomparsa, e nella loro mente rimbombava un ruggito che sembrava provenire dalle profondità del Baathos, seguito da un fischio sordo.
Quando si ripresero Sapp sembrava ancora più motivato, mentre il Demone era quasi paralizzato dal terrore, e forse peggio di lui stava solo lo Sciamano, pallido e con la fronte imperlata di sudore.

Percorsero ancora qualche metro, e la miniera si rivelò definitivamente per quello che era: un immenso e profondo percorso pieno di ostacoli.
Una frana bloccava loro il passaggio, e mentre tutti scrutavano la parete di roccia Malzhar iniziò a parlare, e alcune frasi non sembravano rivolte a loro ma a qualche suo compagno invisibile.
Propose di usare la telecinesi, e Montu si sorprese ancora scoprendo quanto il suo amico era poliedrico. Poi lo Sciamano si rivolse direttamente a lui, e abbassando la voce disse:
-Spiriti! Da quel giorno a Basiledra non mi lasciano in pace. Ora oltre che un tradiore diranno anche che sono pazzo ...Roba da matti!-
Spiriti... Era quella la sua maledizione? Da quando a Basiledra, durante l'assedio della Guardia Insonne, aveva stretto il patto con Yu Kermis? Un prezzo alto, visto che quel breve momento di onnipotenza non era bastato a salvare la città.
L'Eterno sorrise al suo compagno, e cercò di confortarlo.
-L'importante è ciò che dicono gli altri, quelli che sanno veramente chi sei.-
E il Demone, nonostante tutto, forse anche grazie agli errori che aveva commesso, sapeva chi era veramente Malzhar Rahl.
Dopo aver dato un'occhiata più attenta alla miniera Montu si rivolse ancora al Sussurro:
-Mal, credo che se agissi su quel punto potremmo avere più possibilità di uscirne indenni. Non sono un esperto per quanto riguarda le miniere, ma lì la volta sembrerebbe aver retto meglio i danni della frana.-
Tutti erano sembrati d'accordo e il silenzio di Misdra, forse l'unico che in quel frangente poteva dare una mano ma che non aveva aperto bocca, convinse definitivamente Malzhar ad usare le sue capacità.
Le pietre si mossero, ma l'apertura creata non era sufficiente a far passare tutti.
Subito il gruppo si avvicinò al cumulo di macerie per provare ad allargare il passaggio, ma Sapp sbottò prima che potessero toccare un solo masso:
-Troppo tempo così. Bisogna usare ingegno o brutta fine ci capita.-
Le loro vite erano appese ad un filo, e i poteri del demone potevano tagliarlo da un momento all'altro.
Il Pelleverde mimava qualcosa, forse suggeriva di usare una qualche leva per abbattere la parete. Peccato che una leva era proprio quel qualcosa che avevano dimenticato di portarsi sotto terra.
Poi l'Eterno vide un frammento di trave, probabilmente spezzatosi durante il crollo, abbastanza grande da poter servire allo scopo, ma non così pesante da dover essere sollevato in più d'una persona.
Lo afferrò, come fosse un'ariete.
-Scansatevi!-
Disse buttando fuori la poca aria rimasta nei polmoni per lo sforzo, poi caricò la parete di roccia e lasciò che il legno si abbattesse sull'apertura, spingendolo con quanta forza aveva, per poi allontanarsi in fretta.
Alcuni massi rotolarono giù dalla parete, ma quando la polvere si posò tutti poterono constatare che la volta aveva retto bene, e che il passaggio ora era abbastanza largo da permettere a tutti di attraversare l'ostacolo.

Poi, poco prima di arrivare al secondo pozzo, sperando che non fosse stato sabotato anche quello, sei creature assalirono il gruppo.
Prima che potessero attaccare Misdra spiegò loro che quelle talpe, grosse e aggressive quanto un cane, erano creature comuni sulle montagne, e che non di rado infestavano le miniere, solitamente più in superficie rispetto alla loro attuale posizione.
Irrilevante quanto fossero fuori luogo, sarebbero dovute morire comunque.
Fu fin troppo facile: le talpe attaccarono, con l'organizzazione che ci si poteva aspettare da quelle creature cieche e con un'intelligenza piuttosto scarsa.
Furono stordite dai poteri di qualcuno, forse dalla stessa influenza che il demone aveva fatto sentire agli uomini che gli stavano dando la caccia, e poi Malzhar emanò un turbinio di fiamme che incendiò gli animali ed iniziò a sparare quasi senza mirare.
Una fiamma libera lì sotto, dopo aver voluto evitare di usarla sulla parete di roccia. Quegli spiriti, la miniera, stavano debilitando la razionalità del Sussurro.
Una talpa aveva aggredito la bambola che ancora seguiva Montu, infilò il suo spillo nelle fauci dell'animale, e il suo padrone la aiutò trapassando il cranio dell'animale con la katana.
Quando la raccolse aveva perso la magia che la permeava, e l'Eterno infilò la bambola di stoffa priva di vita di nuovo in tasca.
Guardò Misdra:
-Dobbiamo aspettarci qualche altra sorpresa?! Quali bestie potrebbero infestare questa miniera oltre al nostro caro demone?-
-Un attimo, chiedo al mio scout invisibile.
Secondo te, lo posso sapere? Non ero a conoscenza del crepaccio, ignoravo la manomissione del montacarichi e scopro ora che c'è stata una frana e i cunicoli sono invasi da talpe.-

Dopo un lungo respiro riprese.
-No, non credo che ci siano altre infestazioni. O almeno lo spero, di solito ci preoccupiamo di trovare un sito che non sia occupato da colonie di talpe e simili.-
Il Demone era tentato di ricordare a Misdra che senza il loro intervento la sua miniera sarebbe rimasta in balia del mostro, e che seppur l'incarico partiva da lui era Sapp a pagare i guerrieri che si era portato, quindi l'uomo avrebbe fatto meglio a tenersi buoni gli amici.
Ma Sapp si schiarì la voce, come ad intuire i pensieri di Montu, che mordendosi la lingua pur di non ribattere tornò in testa al gruppo.

Arrivati al pozzo si resero conto che il montacarichi era perfettamente funzionante. Mentre si preparavano ad una facile discesa Montu si avvicinò a Malzhar, e toccandogli il braccio gli sussurrò:
-Andrà tutto bene amico mio, vedrai.-



Energia: 140 -10 =130%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: Illeso
CS Forma Umana: +3 Astuzia

Armi:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta (5/5 colpi)

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
[Amuleto del Potere]

Abilità Usate:
La bambola è dentro di te. Dal diario di Kugg (primogenito): Ormai ho imparato tutto ciò che c'è da sapere sull'arte Voodoo. Papà è stato un maestro davvero bravo, ha saputo insegnarmi anche i più infidi dei segreti. Sono sicuro che diventerò molto bravo, con il tempo. L'altro giorno l'ho vista, la bambola. Si era animata, ne sono certo; mi ha guardato negli occhi per qualche secondo, poi si è alzata ed è andata a prendere un bottone da mettersi sull'occhio mancante. Forse le lezioni di papà mi stanno facendo impazzire, o forse ho scoperto una cosa che nemmeno lui sa: una volta create, sanno agire da sole. Ho iniziato a controllare la cantina, prima di andare a dormire.
{Tecnica di natura Magica, Medio. Evocazione di una piccola bambola voodoo dotata di due CS per la durata di due turni. La bambola sparisce incassato un danno totale pari a Medio o alla fine dei due turni. La tecnica necessita di uno spillo}

Colpo Duro. Consumo: Medio (10%)
il guerriero esegue un attacco più potente del normale, in grado di ferire gravemente l'avversario.
La tecnica ha natura fisica. Consente al guerriero di eseguire una singola azione offensiva più pericolosa della norma. L'azione in questione potrà essere personalizzata con differenti stili o modalità di esecuzione, ma in ogni caso consisterà in uno ed un solo attacco - sia esso a mani nude o portato con un'arma bianca. La tecnica dura infatti solo il tempo necessario a portare a termine il colpo successivo al momento in cui è stata attivata. Andrà considerata come tecnica fisica di potenza Media e fronteggiata in quanto tale.

Note: Nulla da segnalare.
 
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view post Posted on 3/3/2015, 19:35
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Aper army
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Վեժի ~ Rou ~ ՃԳեր

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Verlos

Atto IV

(Vahram [pensato, lingua aramana], Malzhar, Montu, Shimmen, Sapp, Idir, Misdra, Jhadar, Akym.)


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Discesero giù per la corda, lemme lemme nell’oscurità. Non appena Vahram scorse l’apertura scavata nella parete della voragine e suolo agibile su cui poggiare i piedi, si calò fino al livello del tunnel inferiore e arrancando con cautela abbarbicandosi alle protuberanze rocciose che trovava lo raggiunse in sicurezza. Si slacciò la lanterna accesa che teneva attaccata al cinturone e la pose per terra, in modo da segnalare ai suoi compagni dove si trovasse il punto di arrivo. Non lasciò andare la corda – la quale scendeva fin poco sotto il ciglio del condotto –, al fine di non permetterle di oscillare in direzioni sbagliate o eventualmente pericolose.
La calura del deserto roccioso soprastante era ben lungi dal tangere le profondità della miniera, la quale al contrario era umida, terribilmente fredda, e pregna di un odore gonfio e opprimente, alieno alle narici e ai nervi di quegli arditi abitanti della superficie. Sembrava di avventurarsi in un altro mondo.
Non appena uno ad uno i membri della brigata raggiunsero in nuovo tunnel, si sistemarono il loro equipaggiamento sulle spalle e celeri si rimisero in cammino, sollecitati dallo sguardo smanioso e dal sorriso impaziente quanto irritante di Sapp, il quale pareva avere in corpo una tale e incomprensibile fretta di arrivare in capo – o meglio in fondo – a quella questione, da disprezzare persino le più banali norme della cautela.
La sensazione che quel luogo dava non piaceva per nulla a Vahram, sebbene al pari di ogni mamūluk egli non fosse più capace di provare timore. Trasse un lungo respiro, rinvigorendo di calma e lucidità il proprio spirito. Sotto il velo di cenere che gli copriva la bocca come un friabile e granuloso foulard grigio, il suo volto era granitico e inespressivo. Rimuginava, scacciando le preoccupazioni e riempiendo la mente con altri pensieri maggiormente costruttivi. Shimmen, lo spadaccino dai capelli rossi, osservando al corda recisa aveva congetturato l’ipotesi che si celasse un qualche complotto dietro a quella vicenda; un complotto ordito da umani e non da demoni. Lo sguardo dell’aramano studiò sottecchi le facce degli uomini che lo accompagnavano, come se rovistasse sospettoso indizi nascosti in ogni minima loro espressione di nervosismo o cenno d’insofferenza. Scandagliò mentre camminava le ipotesi che gli balenavano nel cervello ad una ad una, ma le possibilità erano troppe, e gli elementi da comporre troppo pochi e sparuti. Tuttavia soluzione di quel primo enigma che gli si era parato loro davanti comparve di fronte al gruppo prima di quanto si aspettasse.
L’altra sezione della corda recisa fu scorta pochi passi più avanti, serpeggiava sul suolo bagnato della galleria per metri e metri. All’altro capo scoprirono l’evidente responsabile di quel sabotaggio. Una figura minuta e dai tratti sgraziati sedeva immobile a ridosso della parete, gli occhi socchiusi, la bocca contratta in un ghigno rigido e sinistro, un coltellaccio ancora serrato nel pugno. La pelle cerea. Il cadavere di un goblin. Non sembravano esserci dubbi: era stato lui a tagliare il cordame dell’argano, ma perché? Per impedire a qualcosa di salire il pozzo? Lo aveva fatto ingannato dal panico nel disperato tentativo di salvare la propria vita? Oppure i suoi occhi avevano visto un terrore tale da spingerlo a voler dissuadere chiunque avesse avuto la sventurata idea di raggiungere la profondità della miniera?
Il volto di Sapp improvvisamente si colmò di pietà per quel membro della sua stessa razza. Si appressò chinò su di lui e gli sussurrò alcune parole nella sua strana lingua. Per un attimo interminabile parve che la sua iniziale foga e baldanza fosse di colpo svanita, come se un tragico sospetto fosse calato improvvisamente su di lui, facendogli presagire la reale drammaticità di quanto fosse accaduto nelle viscere quell’abisso di pietra e oscurità. Il goblin indugiò sconsolato su quel corpo senza vita, apparentemente dimenticando persino l’urgenza che lui stesso aveva instillato nel gruppo fino a poco prima.
Fu Jhadar a riportarlo al dovere, schiarendosi sonoramente la voce, visibilmente insofferente ai sentimenti di Sapp. A quell’atteggiamento irrispettoso, il pelleverde si voltò redarguendo il colosso con uno sguardo acido, ma non disse nulla. Si alzò e tornò ai suoi mercenenari.

«Coraggio, tempo di andare.»
Disse, e tornò sui suoi passi, seguito dagli altri.


Vahram era rimasto in disparte per tutto il tempo. Non provava né ribrezzo, né pietà nei confronti del pelleverde morto; la situazione pareva quasi non toccarlo. Ma prima di proseguire non mancò di recuperare la corda che giaceva a pochi passi dal cadavere. Era un pezzo molto lungo, poteva sempre tornare utile. Con dimestichezza la avvolse passandosela intono al palmo e al gomito formando un anello, fissò la matassa con un nodo e se la mise a tracolla. Dunque raccolse la lanterna da terra e raggiunse il gruppo.


Accadde inaspettatamente, mentre camminavano. Inizialmente Vahram ebbe uno strano e inquietante sentore, poi la sua vista si obnubilò all'improvviso gettandolo nell’oscurità più assoluta, come se ogni luce fosse stata risucchiata di fronte alle sue pupille. Gli parve doppiamente strano, giacché sentiva ancora il tepore del lume a olio che teneva in mano scaldargli il polso. I gemiti di sorpresa e le imprecazioni di chi gli stava vicino gli fecero intendere che quello strano fenomeno non aveva colpito solo lui, ma tutto il gruppo.

E allora lo sentì.
Quel muggito orrendo.


Un ruggito abissale, immondo, innaturale. Irruppe come un boato dritto nella sua testa e proseguì per un angoscioso periodo che parve interminabile, intervallato da ringhi e sibili minaccevoli. Era lui, il mostro. Era come se cercasse di parlargli, di intimar loro di arrestarsi e tornare da dove erano venuti. E di ammonirli che la sua ira sarebbe stata terribile.

E d’improvviso la voce, come apparve, svanì nel nulla.


Vahram si ritrovò nel mezzo della galleria a guardare nelle palle degli occhi i propri compagni, sorpresi dall’avvenimento quanto lui, ma non scoraggiati. Sapp scoppiò nella sua caratteristica risata, ormai nota al resto del gruppo.

«Demone dava noi benvenuto, dunque!»
Li esortò con spirito, riguadagnando un’insolita carica.
«Non è cortese lasciare aspettare nostro ospite!»
Aggiunse, e si fiondò avanti più intrigato mai
nell’oscurità nel cunicolo di fronte a loro.

Il gruppo di avventurieri lo seguì,
non più allegri di lui,
ma certo non meno determinati.

Le uniche cose certe erano che l'essere li aveva scoperti,
e che i suoi poteri erano tanto estesi e nefasti su quel luogo quanto Vahram si aspettava.

Il cavaliere grigio accelerò il passo.
Dovevano sbrigarsi se non volevano restar vittime delle suggestioni del demone.

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Ancora una volta erano bloccati. E giudicando da tutta la malasorte che li aveva accompagnati da quando avevano messo piede in quella dannata miniera, non avevano ragione di stupirsi ancora, né tantomeno di demordere. Stavolta il problema era una sezione di galleria crollata che ostruiva il passaggio.

«No! Non la faremo saltare in aria! Nessuno qui ci tiene ad unirsi alla vostra compagnia di morti fastidiosi e turbolenti!» Sbraitò Malzhar a un punto vuoto a pochi passi da lui, poi di colpo parve riprendersi.

La sanità mentale del compare preoccupava assai l’aramano, giacché da quando erano entrati nella cava sembrava peggiorare di minuto in minuto. Era come se terribili allucinazioni lo tormentassero e lo portassero sempre più alla follia a mano a mano che scendevano.

Lo stregone annuì, e si rivolse ai suoi – reali – compagni con un sorriso astuto stampato in faccia.
«Qualcuno qui dentro mi ha proposto di far saltare in aria tutto. La miniera resisterà, dice. È qui da secoli dice, non crollerà oggi. Zitto tu!» Tornò a gridare all’aria, interrompendo il suo discorso. «Io dico che provare a smuovere quelle pietre una ad una ci farà invecchiare qui dentro. Ma nemmeno usare una fiamma viva è prudente. Le miniere sono piene di gas... mi dicono. Se volete posso provare ad usare la telecinesi. Niente calore, poco attrito e ottime possibilità di riuscita se ci aiutiamo a vicenda.»

Fortuna che lo stregone Malzhar riteneva di conoscere un incantesimo eccellente per sbrogliarsi dalla situazione: gli sarebbe bastato un moderato sforzo per ritagliare un varco tra i detriti con efficienza e precisione.

«Spiriti! Da quel giorno a Basiledra non mi lasciano in pace. Ora oltre che un traditore diranno anche che sono pazzo... Roba da matti!» Aggiunse infine, rivolgendosi sottovoce a Montu.

«L'importante è ciò che dicono gli altri, quelli che sanno veramente chi sei.» Gli rispose l’imponente guerriero con un sorriso.

«E se davvero ci fosse gas quaggiù, aper, saremmo già belli che morti.» Aggiunse Vahram bonario, gettando un'occhiata eloquente alle lanterne accese in possesso di tutti.

Montu studiò la situazione. «Mal, credo che se agissi su quel punto potremmo avere più possibilità di uscirne indenni. Non sono un esperto per quanto riguarda le miniere, ma lì la volta sembrerebbe aver retto meglio i danni della frana.»

«Io posso aiutare a spostare parte di quei detriti. Se possiedi il potere di fare meglio e più velocemente di quanto si possa fare a muscoli ti darò volentieri una mano: prima usciamo da questo posto meglio sarà per noi tutti. Non tutto è come appare.» Shimmen sì offrì di aiutare, e lo stesso fece Vahram, il quale insieme agli altri si arrabattava a trovare un modo per superare l’ostacolo.

Malzhar si portò di fronte agli altri, i quali restarono pronti a intervenire tempestivamente nel caso ce ne fosse bisogno. Sapp, Misdra, Jhadar e i due beduin restarono invece indietro a guardare, lasciando tutto il lavoro agli uomini che avevano pagato. Lo stregone eseguì con destrezza il suo rituale senza errori, le pietre e i calcinacci si smossero, aprendo sulla sommità del cumulo un'apertura, in un punto sicuro selezionato in precedenza dalla squadra, per quanto le conoscenze che aveva a disposizione in merito di crolli e miniere non fossero di prima scelta. Gli altri tre guerrieri subito si arrampicarono su per il cumulo, unendo le forze per pulire e allargare il buco creatosi, ma una via per il lato opposto tardava a comparire, e Sapp cominciava a spazientirsi. Allora il nerboruto Montu estrasse una trave di legno dalle macerie e imbracciandola come un ariete scagliò un colpo poderoso sul fondo dello scavo. Si aperse finalmente una strada per oltrepassare l'ostacolo. Molti detriti crollarono facendo temere il peggio per qualche istante, ma la volta fortunatamente resse.
La miniera ancora una volta non era riuscita a fermarli.

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Andarono avanti spediti seguendo le indicazioni della mappa, finché ad un certo punto giunsero in vista del montacarichi che conduceva al piano inferiore. Il gruppo ebbe un temporaneo sollievo misto a emozione, ma durò poco, giacché senza alcun preavviso svariati punti delle pareti intorno a loro esplosero e ne proruppero bestie luride e muschiate che seminarono il caos nella compagnia. Erano esseri ciechi e pelosi, simili a talpe, ma grosse quanto un ghiottone. Possedevano artigli lunghi una spanna, teste prive di occhi e bocche coronate da orribili propaggini carnose al cui centro spiccavano bianchi denti aguzzi. Talpe montane, sei in tutto. A differenza delle loro cugine di campagna più piccole e docili, queste si muovevano agilmente grazie a poderose zampe, compiendo balzi ben più alti di quanto ci si potesse aspettare da creature di così piccola stazza. Erano predatori, e di quelli aggressivi. Si avventarono in branco su tutti i membri del gruppo, assaltandoli con furia da ogni parte emettendo rochi squittii e ringhi sibilanti.
Una talpa prese alla sprovvista Vahram, lanciandosi su di lui dal soffitto. I suoi robusti e affilati artigli da scavatore graffiarono la guancia destra dell'aramano, ma egli non se ne curò, non emise un gemito, né si lasciò vincere dalla sorpresa. In un riflesso quasi automatico, strinse con entrambe le mani Yen Kaytsak e si approntò a schiacciare quelle bestiacce fastidiose. Nello stesso istante il peso di un altro corpo si avventò improvvisamente sulla sua schiena, percepì unghie arpionare la maglia di ferro della brigantina e zanne minute ma acuminate tormentare le piastre di acciaio cucite nel tessuto, ma senza riuscire a penetrare l'armatura. Il talpide che lo aveva ferito, non appena toccò terra, celere si voltò e tornò alla carica. Balzò puntando alla gola del cavaliere, ma se pensava di trovarlo impreparato un'altra volta, s'illudeva di grosso. Vahram infatti fu pronto a respingere l'animale con l'asta della lancia e impalarlo tosto non appena cadde al suolo. Ringhiò furioso, volgendo in aria il volto madido di sangue, e la mantella di cenere rispose alla sua ira: improvvisamente avvampò di un rosso ardente e sfrigolando si animò di vita propria. Grinfie di brace rovente spuntarono dalla cappa e in men che non si dica avvilupparono la sventurata che aveva avuto l'audacia di saltargli addosso, consumando la sua pelliccia nel fuoco. La bestia, già ustionata dalle fiamme dell'incantesimo di Malzhar, si staccò dalla schiena dell'aramano e iniziò a contorcersi per terra emettendo acuti stridii di agonia e terrore. La sua sofferenza però non impietosì Vahram, com'era ovvio: egli non conosceva pietà per gli uomini, figurarsi per una misera talpa. Restò a guardarla finché le sue grida non scemarono e di suoi arti non si accartocciarono disseccati e carbonizzati. Odorò a pieni polmoni l'olezzo di carne bruciata.

Era buono.
E invitante.


La talpa respirava ancora. Vahram gli si inginocchiò vicino, afferrò con una mano la nuca del mammifero e con l'altra trattenne fermo il corpo a terra, dunque con un gesto pratico gli torse la testa spezzandogli di netto il collo e troncando i suoi gemiti. Trasse allora dalla bisaccia due lacci di pelle e legò le zampe della talpa bruciata, poi fece lo stesso con l'altra.

«Sehres.»
Richiamò l'attenzione degli altri con un bieco sorriso soddisfatto, alzando in alto le due talpe in modo che tutti le vedessero.
«Abbiamo il pranzo.».



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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Rossa
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tempra


Basso 5% | Medio 9% | Alto 18% | Critico 36%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Basso):
Graffio sulla guancia (Basso).

Mente (Illesa):
Illesa.

Energie: 91-5= 86%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano.
Spada: Infoderata.
Arco (15): Infoderato.
Pistola (5): Infoderata.

Armature: Brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.

Ricordo di cenere
[Malus Passivo] Vahram avrà nei suoi ricordi la mente di una bambina a lui sconosciuta che brucia tra le fiamme; non conta come un'influenza passiva, ma come un semplice spunto narrativo. Il guerriero ricorda anche il nome della bambina: Giselle

[Passiva Psionica (Obnublia i sensi dei nemici in prossimità)] Assecondando quella memoria, quel lutto mai affrontato e superato, Vahram saprà rievocare parte del dolore e della pena a cui non ha potuto opporsi. Appena sarà sua intenzione farlo, la cappa comincerà a perdere cenere dalle bruciature senza che alcuna fiamma la arda. La sottile polvere grigia si solleverà come nebbia offuscando i sensi di chi sarà abbastanza vicino al portatore pur potendovi scorgere attraverso. La sintomatologia della cenere avrà valenza di malia psionica passiva e difendibile in quanto tale.

[Passiva (La cenere può essere usata per portare attacchi fisici)] Ma la cenere potrà essere anche adoperata per altri fini, per infliggere un bruciante dolore, lo stesso che la piccola Giselle dovette sopportare nel suo piccolo inferno in terra, poiché nessun demonio – o quasi – raggiunge la malvagità insita nell'uomo. Vahram sarà infatti in grado di utilizzare la cenere posatasi sul terreno e quella ancora per aria come fosse un'arma, manipolandola a suo totale piacimento. Ustionanti al contatto, gli attacchi non avranno valenza di tecnica ma solo di attacco fisico, la loro potenza sarà direttamente proporzionale alle Capacità Straordinarie in suo possesso e potranno avere origine solo nelle sue strette vicinanze.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


[1/10] “È tutta questione di metodo” ~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
[(Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Basso]
Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster. In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Perdonate il grande ritardo, ma come ho scritto nel topic delle assenze, in queste due settimane sono immerso in un casino senza fine. Scuse a parte, andiamo al post.
Agisco come ho anticipato in confronto, ossia quando incontro il cadavere del goblin raccolgo la restante corda tagliata e di fronte alla frana aiuto a scavare insieme agli altri.
Contro le talpe, subisco l'attacco ad area che ho descritto in confronto e che qui riporto. I nemici sono stati considerati, facendo i calcoli, pericolosità G tutti e 6 insieme, dotati di un Medio circa di vita ciascuno.
CITAZIONE
Agguato: le talpe montane sono creature predatrici estremamente territoriali. Scavano le loro tane in profondità nelle radici delle montagne e talvolta, se i loro scavi intersecano gallerie artificiali come acquedotti o miniere, vi si insediano divenendo vere e proprie piaghe anche per gli umani, data la mole di questi animali e i morbi che si portano appresso. Sono un pericolo da non sottovalutare, soprattutto quando le si incontra nel loro ambiente naturale.
Non è raro vederle cacciare in branco. La loro strategia favorita consiste nell'attirare le proprie prede nelle profondità dei loro cunicoli, circondarle e assalirle all'improvviso balzando fuori da cunicoli laterali, attaccando furiosamente da ogni direzione. Mordono preferibilmente alla giugulare, se gli è possibile, altrimenti mirano alle gambe e alle caviglie per azzoppare la preda e impedirgli di scappare.
Si considera una tecnica di natura fisica che influenza una o un gruppo di creature in una piccola zona. È una tecnica ad area e in quanto tale provoca danno di un livello inferiore rispetto al consumo (quindi Basso).
Consumo: Medio

Essendo un Medio ad area, subisco un Basso. Contemporaneamente una delle talpe mi salta alle spalle, ma in virtù delle mie CS superiori e della mia armatura non riesce ad arrecarmi danno.
Dunque una delle talpe (quella che prima mi aveva graffiato, torna alla carica e mi attacca con la seguente tecnica.
CITAZIONE
Morso della talpa montana: si tratta di una tecnica di natura Fisica. La talpa balza cercando di mordere alla gola una singola preda nel tentativo di lederle arterie di vitale importanza o di trattenerla fino a soffocarla. Se subita, questa tecnica causa un danno Basso immediato al corpo della vittima, in più rende impossibile staccarsi di dosso la talpa per l'intero turno, se non utilizzando tecniche appropriate.
Consumo: Basso.

Io mi difendo da essa utilizzando "È tutta questione di metodo" a consumo Basso, respingendo la talpa con la lancia, e poi con la stessa contrattacco e la trafiggo a morte con un attacco fisico, forte delle mie CS superiori.
La seconda talpa sulla mia schiena la uccido utilizzando la Passiva dell'artefatto Ricordo di Cenere, che mi permette di utilizzare la cenere rovente per portare attacchi fisici.
I miei attacchi si svolgono in seguito all'esplosione di fuoco castata da Malzhar, per giustificare la minore resistenza delle talpe.
Infine raccatto le mie due talpe, con un laccio le lego per le gambe e me le porto dietro – il laccio l'ho utilizzato solo per questioni sceniche, e un po' pratiche per trasportarle. Com'è ovvio, non ne farò altro uso se non per trasportare in giro le talpe sulla spalla.

PS: ringrazio Dra per l'immagine della psicotalpa.

 
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K i t a *
view post Posted on 3/3/2015, 19:51




Il viaggio attraverso la cava si faceva sempre più difficoltoso. Lo scontro con quegli animali gli aveva fatto capire che non era solo il demone a rappresentare un pericolo; la natura stava rivendicando quel luogo di cui gli uomini si erano impadroniti con ferocia e avidità, violandolo sino al suo cuore. Era stata la cupidigia umana a condurre la montagna in quello stato; le loro mani avevano scavato la roccia più in là di quanto dovessero osare, risvegliando una minaccia che non potevano contrastare.
Quel giorno motivazioni molto diverse li avevano condotti alla cava; gli stessi lavoratori erano mossi da mire differenti. Ciò che risultava incomprensibile era la posizione di Sapp; raramente i pelleverde si mettevano a servizio di un umano di propria volontà. Solo la disperazione li costringeva a diventare schiavi, la sopravvivenza era l’unica in grado di sopprimere l’orgoglio di questa razza. Il goblin però sembrava in salute, per quanto minuto non era denutrito; di certo non aveva bisogno di vendersi a qualcuno. Dunque perché rischiare la propria vita per aiutare degli uomini a riprendere un’esistenza di soprusi e violenza?

Non sembrava per nulla preoccupato dell’incontro con le bestiole. Era chiaro a tutti che il nemico che cercavano di raggiungere aveva più risorse di quanto avessero preventivato; lo si poteva osservare sui loro visi e le occhiate inquiete che si scambiavano, o con cui scrutavano il buio attorno, dove ogni ombra assumeva le fattezze di un mostro orrendo pronto a saltargli al collo. Sapp invece trasformava l’inquietudine in linfa per la sua determinazione; avanzava nel buio, lo sguardo fisso davanti a sé reso più duro e ostile dalla fronte aggrottata. L’unico segno di cambiamento lo dava il suo silenzio, fin troppo insolito per il piccolo goblin.
Il terzo livello della cava si rivelò miracolosamente sgombro; dopo diversi minuti di marcia poterono distinguere una crepa che conduceva al piano inferiore. Prima che potessero esultare per la visione, Jhadar prese a urlare. Si voltarono tutti, temendo che fosse stato attaccato da qualche insolita bestia, ma non videro niente; solo l’uomo gridare disperato, indietreggiare coprendosi il viso con le grosse mani, proprio come un bambino spaventato. Ata e Idir gli andarono immediatamente incontro, pronti a trattenerlo, ma anche loro si fermarono all’improvviso. Poi ognuno di loro comprese.
I contorni rocciosi del corridoio scomparvero dalla loro vista e tutto si fece più luminoso. Non era ben chiaro dove si trovassero, ma tutto passava in secondo piano osservando ciò che avevano davanti. Un terrore viscerale s’impadronì dei loro corpi, annichilendoli per qualche istante. Le urla cominciarono a riempire il silenzio della montagna.



CITAZIONE

QM Point ~

Bene ragazzi, siete passati al piano successivo con solo un danno basso psionico, che si traduce con un lieve senso d’inquietudine: in termini pratici avete la sensazione che ci sia qualcosa nelle vicinanze di non meglio identificato, interpretate la cosa a vostro piacere.
Attraversate il terzo livello della cava; prima che possiate proseguire al prossimo piano, vi bloccate: questa volta il vostro ostacolo non è fisico, ma mentale. Si palesa di fronte ai vostri occhi l’incubo più terrificante dei vostri personaggi; la sua descrizione è ovviamente a vostra totale discrezione. Dopo un attimo di smarrimento, dovrete sconfiggere la visione per riuscire a liberarvi. In pratica si tratta di un autoconclusivo con una vostra proiezione, che potete gestire come preferite. Stupitemi! :8D:
Questo turno non vedrà azioni in confronto, avete 7 giorni di tempo per postare, perciò fino a Martedì 10/03 alle 23:59. Buon lavoro!

 
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view post Posted on 9/3/2015, 15:08

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Rou ~ Verlos: Capitolo IV ~Affrontare i propri demoni

Buio. Denso. Impenetrabile.
Dove mi trovo? Cos’è successo? Forse la miniera è crollata come l’ultima volta e quella prima ancora. O forse è solo l’ennesima visione. Provo a muovermi. Niente. Provo ad invocare una fiamma. Ancora niente.
Poi…Luce. Sole. Aria. Rumori. Folla. E’ Basiledra … Ma è strana una Basiledra diversa dal solito. Sembra più tetra, sembra più oscura. La folla si muove, confluisce verso il Cuore di Marmo. Qualcosa sta per accadere ma cosa?
«Hai sentito Jhon? Dicono che hanno catturato il Traditore. L’hanno trovato in una caverna qui vicino…. Il ceppo è già pronto lo decapiteranno a mezzogiorno!»
«Ben gli sta! Peccato che non possa andare. Tra dieci minuti inizia il turno di guardia…»
Traditore? Caverna? Mi suona familiare. Vorrei chiedere qualcosa, ma ho timore che mi riconoscano. Ma chi può ricordarsi di me? In fondo non sono famoso.
«Chiedo scusa..» – gli uomini si voltano, leggo terrore nei loro occhi.
«E-eccellenza!» – fa l’uomo che ha parlato per primo - «I-io, n- noi non v-volevamo… »
Che cosa gli prende? Che sta blaterando? Porto una mano verso il mio volto in un gesto disperato e non tocco pelle ma la fredda superficie di una maschera. Sono un corvo, loro vedono la maschera e tremano.
Eppure è strano, di questi tempi nessuno dei preti in nero è ben visto. Mathias ci tollera appena e la gente non ha dimenticato la fuga di Caino. Eppure questi due per poco non se la fanno addosso. Ma perché mi preoccupo? Ridotti a quello stato di gelatine tremule non mi rifiuteranno una risposta.
«…mi piacerebbe sapere di cosa state discutendo. »
I due si scambiano uno sguardo perplesso. Probabilmente pensano che sia una trappola. Un pretesto per metterli nei guai. Insisto. «Allora? »
Gli occhi si spalancano. Il colorito svanisce.
«M-mio signore, n-noi p-parlavamo solo d-dell’esecuzione del traditore. O-ovviamente s-siamo lieti di ciò. Io s-stavo solo dolendomi di non potervi assistere.»
«E chi sarebbe questo traditore di grazia? »
I due erano allo stremo. La paura li stava consumando. Piegarono la testa. Iniziarono a muoversi a disagio sul posto guardandosi le punte dei piedi.
«Eccellenza cosa abbiamo fatto?! N-noi non volevamo offendere nessuno. Vi supplico lasciateci andare. »
Niente. Hanno troppa paura, ma non ho ancora capito il perché. Non mi rimane che muovermi e vedere di persona chi sta per perdere la testa. La piazza dove avverrà l’esecuzione è stracolma ma la maschera mi permette di fendere la folla e giungere fin sotto il patibolo. Guardo in alto, il sole è quasi giunto allo zenit.
Squilli di tromba, urla inferocite e il rumore delle ruote di un carro sul selciato.
Guardo l’uomo incatenato, smagrito, quasi irriconoscibile e la mascella per poco non precipita a terra.
Come può essere, come possono averlo catturato? Come possono aver preso Kuro?
No, non può essere è solo uno dei suoi trucchi! E se così non fosse? E se l’avessero davvero catturato?
Non faccio in tempo nemmeno a pensare oltre. Qualcosa, qualcosa di grosso sta per succedere.
La folla esulta di nuovo. Acclama il Re. Dice che sta per affacciarsi dalla balaustra del Cuore di Marmo.
Nuovi squilli di tromba. Nuove acclamazioni ed appare. Sento il sangue raggelarsi. Sento le ginocchia farsi di burro. E’ tutto folle. E’ tutto sbagliato!
Un uomo alto, capelli neri addobbato nello stile dei Re. Occhi di fumo. Una faccia nota. La mia.
Che diavolo sta accadendo? Al suo fianco ( o al mio fianco dovrei dire?) la più improbabile delle compagnie: Caino da un lato e Mathias Lorch dall’altro. Poi una voce. La riconosco. E’ la mia.

«Mio amato popolo. Oggi sarà fatta giustizia. Il Traditore è stato catturato e presto il suo sangue laverà l’onta dei suoi crimini. In nome del Leviatano, in nome del Consiglio della Guardia Insonne, per volontà del Sovrano, io Malzhar Rahl, Re dei Quattro Regni lo condanno a morte. Possa la sua anima bruciare in eterno tra i tormenti del Baathos. »
La folla esplose in urlo feroce. Il terrore mi inchioda. Non riesco a muovermi, non riesco a respirare.
Cerco di togliermi la maschera ma è come incollata. Soffoco, non respiro, muoio.
Sento la testa girare, sempre più vorticosamente, sempre più veloce. Mi trovo a terra urlante.
L’ultima visione è la testa del Sussurro che rotola sul selciato. Un fiotto di sangue mi investe, mi acceca…tutto scompare.
Calore. Dolore. Fuoco. Il posto è familiare. La Terra degli Spiriti. Un albero mastodontico, una quercia millenaria arde. Il terreno è disseminato di cadaveri. Li riconosco tutti. Mia madre, mio padre, il mio maestro, i miei amici. I loro spiriti danzano ululanti nelle fiamme sempre più vicine, sempre più calde.
Cerco di muovermi ma ovunque mi volti il fuoco mi sbarra il cammino. La cenere svolazza in nubi dense, bollenti, riempie i polmoni, mi impedisce di respirare, mi squassa il petto con accessi di tosse.
Quella cenere inizia a vorticarmi intorno. Mi scotta la pelle, mi acceca, mi soffoca.
Poi assume forma umana. Quel viso, quel viso tremendo distorto dalla malvagità che si annida nel suo cuore...è il mio! Ride, follia e crudeltà danzano in quella risata scellerata. Mi indica. La pelle è grigiastra, cadaverica, coperta di ustioni.
«Tu. Tu hai fatto tutto questo. E’ colpa tua! »
Vorrei urlare che non è vero. Vorrei potermi difendere da quella accusa assurda. Ma non riesco a parlare.
Ogni respiro è fuoco che riarde gola, polmoni e lingua. Ogni movimento è sofferenza, tormento, dolore.
Le fiamme vorticano più velocemente. Sempre più vicine, sempre più crudelmente aggressive.
Questa non è Basiledra, questa non è la Terra degli Spiriti. Questo è il Baathos.
«Benvenuto a casa Malzhar Rahl! Si a casa…Questa sarà casa tua per sempre. »
«Perché? Perché mi tormenti? Cosa ho fatto? »
La voce ride e le fiamme si innalzano. Tutto è ombra e fuoco insieme. Oscurità e tormento.
«Sei un traditore, un codardo, un assassino. Questa è la fine che fanno quelli come te!
Sei fuggito due volte abbandonando il tuo popolo. Hai ucciso in nome di un ideale che non hai esitato un attimo a tradire. Sei un mostro Malzhar Rahl, un mostro! »

Sto per cedere. Il dolore è troppo intenso. La paura mi divora più voracemente delle fiamme.
«NON ASCOLTARLO! MENTE! CONOSCONO I TRUCCHETTI DEI DEMONI. COMBATTI REAGISCI! NON FARTI INGANNARE! »
Erein! Si è la sua voce!
«Non sei nulla di ciò che lui ti accusa di essere! Tu sei un Sussurro che agisce per il bene del Regno! Uno sciamano che protegge l’Equilibrio. Un Araldo di Giustizia! Combatti, reagisci! »
Si ha ragione! Non posso cedere! Non posso! Devo combattere!
Mi concentro. Cerco di ignorare il bacio ardente delle fiamme. Cerco di isolare la mia mente dai sussurri malefici del demone. Non posso cedere, non posso! Basiledra mi aspetta. La Mano mi aspetta. Da qualche parte i miei compagni di viaggio mi aspettano! Montu, lo Spadaccino Rosso, Al Patchuli, Sapp e la sua scorta. Dobbiamo proseguire, dobbiamo sconfiggere il demone e liberare la gente di Sapp dalla schiavitù.
Eccola. E’ flebile ma è li. Luccica appena ma posso farla tornare a splendere. Basta crederci, basta volerlo.
Ricordati chi sei Malzhar Rahl. Ricordati per cosa combatti.
Un grido. Il demone con le mie fattezze si stringe un braccio. Diplomazia aveva appena eruttato fuoco e pallottole. Proiettili troppo rapidi, troppo inaspettati per essere schivati. Sangue denso e scuro come pece stilla dalle numerose ferite aperte. Con un ringhio ferale mi è addosso. La linfa vitale cade in larghe gocce che bruciano la mia pelle come acido. Stringe il mio collo, mi sbatte la testa al suolo ottundendo i miei sensi.
«Non arrenderti, non adesso! »
Lascio che la mia energia si condensi in unico punto, che si accumuli. La lascio andare, lo spinge indietro, lo manda al suolo. Mi rialzo incombo su di lui.
«E’ il momento di pagare per i tuoi peccati! »
Il mio indice accusatore è rivolto verso il suo viso. Più minaccioso di una lama alla gola.
La sua mente dovrebbe riempirsi di sofferenza, il tormento del senso di colpa dovrebbe pesare sulla sua anima come un macigno. Dovrebbe essere agonizzante, sconvolto, annichilito. E invece …Ride.
«Cosa credi di fare sciocco? Io non ho un anima! » – si rialza mi colpisce il volto, poi sferra un destro nel mio stomaco. Il suo pugno sinistro cala sulla mia testa e mi costringe alle ginocchia.
Un calcio in faccia diretto, spietato.
« Noi non abbiamo più un anima! L’hai venduta al Mercante di Sogni e prima ancora al Priore, Sua Eccellenza Caino …per cosa poi?»
Mi cammina intorno mentre pontifica. «Ammettilo su, avanti non ci ascolta nessuno! Gloria? Potere? Visibilità? Tutte queste cose insieme? Il Grande Eroe! Malzhar il Salvatore di Basiledra! Malzhar di Basiledra!» – ride e la sua risata ferisce più dei suoi colpi. «Non sei nessuno. Sei un miserabile. Sei solo sterco sotto le scarpe dei tuoi padroni. Si padroni! Kuro, la Mano, Caino, il Re. Credi di avere qualche importanza per loro? No, non esiterebbero ad ucciderti, non esiterebbero a sacrificarti … E tu non esiteresti a sacrificare loro se servisse a dare alla tua inutile, patetica esistenza un vago senso!»
«ZITTO! STAI ZITTO! » – urlo. Mi rialzo. Il sangue cola da una ferita alla fronte, facendo della mia faccia una maschera mostruosa. Tra le mie mani ulula una palla di fuoco.
Non è fuoco comune è il divorante fuoco dell’Oneiron aizzato dalla mia rabbia, dal mio rancore, dal mio senso di colpa. «Tu non sai niente, tu non capisci niente, tu non sei me! »
Le fiamme abbandonano i miei palmi. In spire si intrecciano intorno alla figura la consumano, la fanno urlare di dolore. «Io sono il Sussurro, io sono un servitore del Regno! Non cerco la gloria, non più! Ho capito, ho compreso! Da soli cadiamo, uniti resistiamo. »
Un’ultima stilettata. Il morso del serpente a cui è rimasta un ultima boccata di veleno.
« Citi la sciocca elfa? Non la odiavi un tempo? Non volevi vederla umiliata?»
La sua voce è distorta dal dolore eppure posso leggervi un sottile piacere. E’ quasi come se infliggermi dolore lo appagasse.
«Che crepi l’elfa! Ma le sue idee, le sue parole sono giuste. Le ho capite quando ho lottato fianco a fianco a Shaoran, Montu, Kirin e Aaron! Insieme abbiamo dato una speranza al Regno. Insieme combatteremo e salveremo Basiledra. E se necessario … »
Un attimo di silenzio.
«e se è necessario sacrificarsi e morire, lo farò! »
Buio. Polvere. Pace. Luce. Pura, incontaminata. Fende la tenebra, estingue il fuoco che divora la mia ragione. Respiro. L’aria puzza di umido e sporco. E’ buio. Un buio rassicurante perché reale.
La faccia di Sap troneggia su di me. Sono un bagno di sudore.
«Non pagare te per dormire! Sveglia! Pigrone! Dormiglione! Sveglia ho detto! Vuoi che demone mangiare occhi? No ? E allora muovere culo! Veloce!»
Sottolinea ogni singola parola con un calcio di quei suoi minuscoli, detestabili piedini verdi coperti da quegli stramaledetti stivali con punta rinforzata in ferro. Eppure vorrei abbracciarlo, baciargli la testa rugosa e bitorzoluta. Era tutto un sogno. Era solo brutto incubo.
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CS: 3 | Intelligenza 2 Volontà1
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5<p align="justify">Stato Fisico: Illeso.
Stato Psicologico:Incapace di agire razionalmente.
Energia: 80% - 10% -20% -10= 40%


Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Riconoscimento delle illusioni
° 2CS in Intelligenza quando l'avversario usa tecniche magiche,
° Capacità di percepire i segreti, comprendere quali tra questi siano più importanti di altri.
°Capacità di comprendere se una persona mente o dice la verità.
°La Prigione di Cera vale come arma che provoca danni da ustione magici e tornerà sempre nelle mani del suo padrone.
° Tecniche offensive ad area hanno cagionano un danno pari al consumo.
° Capacità di percepire la natura delle intenzioni altrui
° La voce di Malzhar è sempre udibile al di sopra di ogni voce o rumore.


Attive:

CITAZIONE


«La mia fede è forte, smuove le montagne e come scudo si erge contro l'aggressore »

Uno Sciamano è un sacerdote, un'autorità morale prima ancora che politica.
La sua fede nella Tradizione deve essere salda oltre ogni dubbio, tanto grande e forte da bastargli come arma e scudo insieme. La concretizzazione di ciò è un sortilegio che gli Sciamani da sempre si tramandano e che permette di condensare in energia telecinetica il potere che li anima e li guida.
Ma la volontà di uno Sciamano deve essere ancora più forte, capace di spazzare via ogni nemico. Le leggende narrano che alcuni mistici abbiano un così perfetto controllo della propria volontà da riuscire ad incanalarla nelle viscere della terra fino a dominare le potenze telluriche e piegarle al proprio servizio. Tali esseri hanno ormai travalicato i limiti dell'umano, potendo comandare i terremoti lo Sciamano è ormai in grado di seminare distruzione senza fine ai suoi nemici.
[Conumo Medio, pergamena Raffica Telecinetica ]

«Justice Herald»
Qualora volesse indebolire l’anima bieca di coloro che gli si oppongono, gli sarà sufficiente spendere un consumo Medio perché, agli occhi del bersaglio, la destra e la sinistra risultino invertite [Tecnica di natura psionica].
Se ancora egli si trovasse in dubbio circa la decisione da prendere, Zoikar gli donerà il potere di sondare fino in fondo l’animo di colui che dovrà condannare: con un consumo Alto potrà rievocare nella mente di costui il momento in cui si è sentito maggiormente colpevole e vederlo egli stesso. Quale mezzo migliore, per il braccio della giustizia, che poter indagare direttamente nell’animo altrui? [Tecnica psionica a consumo Alto, infligge un danno Alto alla mente].

«Come bufera mi abbatterò su coloro che infrangono la Tradizione, come fuoco emenderò le loro colpe»
Il rispetto della Tradizione è molto sentito presso le popolazioni guidate da uno Sciamano. Spesso i nostri guidano comunità nomadi o seminomadi in cui lo spirito di gruppo è una risorsa preziosa come l'acqua o il cibo. Persino il Popolo degli Spiriti, che era entrato a far parte delle genti civilizzate con le sue costruzioni in pietra e i suoi centri abitati degni delle città dei vari potentati di Theras, non ha dimenticato quando fosse importante il rispetto delle regole. Per questo chi viola la Tradizione va punito in maniera esemplare ed estremamente scenografica.
Le due massime pene previste dalla nostra cultura erano l'esilio e il rogo, secondo una sorta di contrappasso.
Chi viola le Tradizione si distacca idealmente dalla sua comunità ed è per questo scacciato anche materialmente per il tempo necessario ad emendare la sua colpa. Io stesso, andando contro il mio maestro ne sono stato colpito.
Il rituale vuole che lo Sciamano invochi i venti e ordini loro di sferzare il reo fino a che non è uscito dal confine sacro della comunità.
Il rogo è invece la soluzione estrema, la pena che viene adottata nei confronti di chi è talmente contaminato che il solo allontanamento non sarebbe sufficiente a purificare l'intero gruppo sociale dalle sue colpe. Per questo il suo corpo viene dato alle fiamme, l'elemento che purifica per eccellenza, in modo da eliminare la minaccia di contaminazione per tutta la comunità.
La Tradizione narra per in alcuni, gravissimi peccati ad essere utilizzato non è il comune fuoco magico ma il tremendo ed inestinguibile Fuoco del Castigo. A nutrire queste fiamme, che non conoscono limitazioni nemmeno dalle comune leggi fisiche, si dice sia la stessa collera degli Dei, personaggi questi mai invocati nella cultura sciamanica se non in remotissimi casi e solo come extrema ratio. Quel fuoco terribile non solo brucia in qualsiasi condizione ambientale o fisica ma ha anche la capacità di perdurare e continuare per un tempo superiore a quello comune.
[ Vento Violento (alto) + Accolito degli elementi (medio) + Inferno senza fine (critico); ]
CITAZIONE
Note/Riassunto:Malzhar vede concretizzarsi tutte le sue peggiori paure: la caduta di Basiledra in un regime tirannico, la morte di Kuro ( che rappresenta la Mano e gli ideali per cui Malz combatte) e il massacro del Popolo degli Spiriti. Cosa peggiore è lui stesso ad essersi macchiato di quei delitti. Malzhar in realtà teme se stesso, si colpevolizza per i suoi fallimenti e trema al pensiero che il suo desiderio di realizzazione lo porti ad essere un mostro. I recenti avvenimenti l'hanno profondamente mutato, non si sente più solo, ha degli amici e crede in loro.
Non è più l'arrogante sciamano pronto a giurare qualunque cosa per ottenere visibilità e potere. E' un Sussurro fedele, un suddito leale e si dichiara pronto a morire per i suoi ideali. Forte di questa rinnovata coscienza di se, sconfigge il suo demone e ritorna alla realtà.
P.s. So che il post è confusionario, quasi psicotico è voluto. Volevo trasmettere la sensazione di confusione, oppressione, incongruenza tipica degli incubi. Spero di essere riuscito nel mio intento senza risultare banale, illegibile o spiacevole.
P.p.s Grazie Nick per il sottofondo musicale. Ispiratore!




 
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view post Posted on 10/3/2015, 19:45
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Rou - Verlos


Miniera.
Terzo Livello
.


Tra i profondi e freddi dirupi,
Dove l’ombre lasciano il segno,
Dove travi sognano cupe,
Il tempo in cui erano legno;
dove il carbon diventa diamante,
dove luce non cè, né pietà,
laggiù regna terrorizzante,
il demone delle ombre, Sua Maestà
.



Domande.


Le ombre del tunnel trasmettono una sensazione opprimente, un lieve sentore che qualcosa sia fuori posto, che qualcuno di non visto sia nelle vicinanze pronto a colpire. Eppure sono quasi arrivati. Manca pochissimo al passaggio per scendere ancora più a fondo nella miniera, verso quel demonio di cui inizia a dubitare. Se fosse soltanto qualcosa che inganna la mente? Che ottunde i sensi ed i ricordi, convincendo coloro che osano avventurarsi nelle profondità oscure della miniera abbandonata? Shimmen non può fare a meno di chiederselo, tormenta l'impugnatura della sua lama. Si guarda intorno.
Poi tutto si fa improvvisamente scuro e distorto ed un’anima oscura e potente si scaglia contro di lui aggirandolo per coglierlo alle spalle, la può sentire con l’istinto datogli dalla Foresta.

Istinto


Abbassarsi e roteare lontano, sferrare un colpo alla cieca dietro di sé. I capelli frustano il volto nella foga del movimento. Respiro. Riprendere l’equilibrio e sollevare la spada per parare un colpo diretto all’addome: niente finezze, niente eleganza. Solo sopravvivenza. La spada in arrivo rimbalza, respinta dalla forza maggiore del Kasumaki, e prova ancora a mordere il fianco opposto lasciato scoperto dalla parata. Stavolta è pronto però, e parandola con un movimento circolare dei fianchi ed un mezzo passo in avanti presenta a sua volta la punta al suo avversario invisibile, costretto a riparare all'indietro per evitare di farsi infilzare. Altro respiro. Si comincia a vedere, l'oscurità si dissolve. Sono entrambi in guardia: uno con la spada protesa di fronte a sé, impugnata a due mani e l'altro che la tiene nascosta dietro la schiena, sfrontato, invitando l’avversario a colpire.

.
E così ci incontriamo di nuovo, Shimmen-san. Stavolta con l’assicurazione che nessuno potrà interferire.
A parlare è un samurai dall’aspetto ingannevolmente fiero, barbuto e dai penetranti occhi di ghiaccio, attenti ed calcolatori. Indossa un’armatura incompleta, ammaccata e piena di graffi, senza piastre per proteggere collo e gambe libere per garantire la massima mobilità ma ben chiusa sul petto e sugli avambracci.
Li ho mandati via, illesi non preoccupatevi.
Prosegue imperturbato nonostante gli occhi spalancati dello spadaccino che l'ha riconosciuto, le labbra serrate e la mascella rigida di sorpresa e preoccupazione.
Non volevo incomodi di sorta per concludere quanto iniziammo quel giorno, quasi cinque anni addietro.
Un sorriso affilato, uno sguardo di finta pietà. Lo sguardo di un gatto che gioca con la piccola lucertola che ha appena catturato, consapevole della propria superiorità.
A Shimmen tremano le ginocchia, le mani sudate si rifiutano di essere salde sulla spada. Stà affrontando una leggenda della sua famiglia, un eretico che è andato contro tutte le tradizioni forzando ed imprigionando le anime dei suoi antenati per ottenere un potere di cui raramente si era visto l'uguale. Ianawi Kasumaki. La causa ultima per cui la sua Elebeth era morta, trafitta dalla stessa lama che ora l'eroe della Resistenza tiene con mano tremante.
Non credevo vi importasse di loro però.
Il tono è beffardo ma anche sinceramente deluso.
Eravate così vicino a scoprire la verità ... la natura del potere del caos che è vostro per diritto di nascita, del potere a cui la nostra gente ha diritto. Vi sarebbe bastato solo un passo in più, per non poter tornare indietro ed invece avete accettato di venire qui, in questo buco angusto e soffocante, solo per aiutare un miserabile goblin a salvare i suoi amichetti da un destino inevitabile per tutti i popoli di Theras. Una scena davvero patetica, se permettete, per uno della vostra levatura.
Ora morirete, giacchè non siete abbastanza forte per sopravvivere.

Acciaio ed anime


Respiro. La spada taglia là dove un istante prima vi era solida carne, ora fumo pulsante, ed il tonfo di un atterraggio la fa scattare subito all'indietro, in cerca del sangue fraterno. Inutilmente. Crack! E' un lampo di luce quello che balena in risposta, fiammeggiante dardo di fuoco diretta al volto del samurai che si è voltato nell'arco di un istante. Respiro. Il suono secco di una lama riposta nel fodero. Il rintocco dell'acciaio sulla roccia, mancato il bersaglio. Respiro.
E cala la nebbia nella galleria. Il suo umido sapore viene da un altro mondo, questo i Kasumaki lo sanno bene: abituati ad essa nel mondo delle anime la sanno sfruttare per confondere i propri avversari. Il fiero samurai vi si è nascosto, istintivamente cercando un rifugio dal dolore che gli arrossa le guance e le palpebre. Respiro. E la nebbia si popola di figure, di spettri di guerrieri morti da tempo che prestano ascolto al richiamo di coloro che sanno come parlare. Respiro. Ferito e sorpreso dall'istintiva reazione del giovane che credeva di sopraffare, ed irritato dall'essersi fatto ingannare con tanta facilità Ianawi attende ed osserva quel combattimento alla cieca. Fiducioso che il suo nemico si stancherà, impossibilitato a vedere come quelle anime che sono i suoi strumenti. Sopraffatto dai suoi stessi timori, spendendo più energie per il solo fatto di credere di trovarsi di fronte ad una battaglia impari quando in realtà affronta soltanto ombre senza importanza lo Spadaccino Rosso cadrà. Respiro.

Incredulità.


La spada affilata taglia la testa e sangue familiare schizza, macchiando pietra e tessuto con la sua porpora appiccicosa. Non ci crede che questa volta l’ha sconfitto, vendicando l’onore della famiglia sul traditore che complottò con vili assassini e casati rivali per abbattere la potenza dei Kasumaki.
Il corpo di Ianawi cade a terra. Tonfo strano di quello che pochi istanti prima era un turbine di ferocia e movimento, ridotto dalla morte ad un fantoccio inerte e scomposto, privo di quella dignità che pure in vita aveva fieramente mantenuto.
Dovrebbe sentirsi esaltato? Ha sconfitto uno dei più abili spadaccini della famiglia, un uomo i cui crimini non potevano essere perdonati se non con il mandare il suo spirito nel mondo da cui proveniva.
Per il momento non sente niente, eccetto il fiato ansimante ed il dolore delle ferite che si fa strada attraverso la carica della battaglia.
Più tardi, forse.


scheda da inserire dopo


Edited by vulcano1 - 12/3/2015, 15:13
 
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Tutto iniziò con un urlo. Jhadar.
Montu nemmeno riuscì a muovere un passo verso l'uomo, inginocchiato con le mani a nascondergli il volto.
Le pareti di roccia parvero liquefarsi, e il nero divenne il colore predominante.
La lanterna ormai nemmeno pesava, e non pesava nemmeno il Demone. Sentiva il suo corpo leggero, come se fluttuasse in quell'immensa oscurità. Cercò di guardare il suo corpo ma non lo trovò, anzi quando una luce sembrò intaccare quel mare nero si rese conto di poter vedere in ogni direzione. Vedeva il cielo plumbeo, i verdi alberi, mura imponenti, un solido terreno. Ma tutto era confuso, e sembrava non avere più logica o razionalità. Non esisteva sopra e non esisteva sotto, non esisteva sinistra e non esisteva destra, non esisteva Montu e non esisteva Theras.
Poi fu luce pura, bianco come l'Eterno non credeva esistesse. Più bianco della neve del Nord, più del latte della campagna, più del marmo di Basiledra.
E il Demone riprese forma, i suoi piedi sembravano poter calpestare quel bianco, senza corromperlo. Un mondo ancora senza forma, ancora primordiale, pura idea di quel che sarebbe stato, ma in cui Montu poteva già esistere.
Sentiva il vuoto intorno a lui ruotare, muoversi e scorrere seguendo il suo stesso pensiero; le gambe non muovevano un passo, ma lui sapeva che stava viaggiando per chilometri, superando mari che non esistevano, montagne che dovevano ancora formarsi, città che dovevano sorgere.
Poi sentì un alito freddo, sapeva di cosa si trattava, l'aveva scoperto nella palude di Moeras anni prima.
La figura nera gli si affiancò, e gli afferrò il braccio, senza che Montu potesse voltarsi a guardarla negli occhi, o anche solo provare a divincolarsi. Lei era lì, e non se ne sarebbe andata un'altra volta.

-Vecchio mio, te l'avevo detto che ci saremmo rivisti.-
La sua voce non era cambiata, non di uomo, tanto meno di donna, e sembrava provenire dall'etere stesso, da quel mondo bianco in cui quella figura stonava terribilmente.
-Te l'avevo detto che avresti trovato i miei campioni in ogni dove. Questa terra è mia.-
Cercò di sorridere senza mostrarsi debole.
-Ricordo. Hai fatto tutto questo solo per...-
-Oh, ma io non ho fatto niente!- Lo interruppe. -Tu, tu stai facendo questo! Dai la caccia ad un tuo simile; una creatura che amo, e che già ti ha dato prova dei suoi poteri.
Oh... ma tu non sei stupido. Tu hai capito cosa può fare, cosa può farti!-

-E tu dovresti sapere cosa è in grado di fare la mia mente, forse il tuo "campione" non è abbastanza forte nemmeno questa volta. Già a Moeras hai fallito.-
-Fallito?- La figura nera scoppiò in una fragorosa risata e strinse ancora più forte il braccio del Demone.
Il bianco che li circondava iniziò a vorticare, e sembrò crearsi un vortice di luce intorno ai due. Loro erano nel mezzo, se una metà poteva esistere in quell'ambiente privo di punti di riferimento.
-Io non ho fallito a Moeras. Tu -dovevi- essere qui oggi! E ci sei perchè io ti ho permesso di esserci!-
La sua voce sembrava perdersi nel vortice, e tornare a schiaffeggiarlo come se prendesse consistenza. Poi tutto si bloccò.
Montu si ritrovò in ginocchio, immerso nella neve fresca, la mano della creatura ora sulla sua spalla.
-Riscuoto il mio tributo quando voglio. Lo sai bene.-
Davanti a loro Yuuki giaceva inerme.
Il Demone urlò, le montagne tremarono e la neve cessò di cadere.
Sentiva anche lui il sangue della ragazza sgorgare dalla ferita, insieme al suo ultimo anelito di vita. Sentiva il fuoco sul suo fianco, i muscoli erano tesi e sembrava pronto ad esplodere.
-Sono io a liberare il Demone dentro di te, senza di me non sei nulla!-
L'urlo e le lacrime non si fermarono. Le parole, appena sussurrate, penetravano dolorose la mente di Montu. In ginocchio era il suo corpo, in ginocchio era la sua anima.
-Non hai potuto fare nulla per salvarla. Guardala.-
-IO NON POTEVO SAPERE!-
-Cosa? Cosa non potevi sapere? Che le famiglie erano in guerra? Pensavi fosse stata colpa tua? Oh si, frequentare un Demone non è visto di buon occhio, ma se ti credevi così importante non hai afferrato il nostro ultimo discorso, mio caro.-
-SO PERCHE' E' MORTA!-
Urlava alla notte, a sè stesso, al giglio accasciato per tentare di riportarla in vita.
-Ah beh!-
La mano gelida si staccò dalla spalla di Montu, che saltò in piedi e lasciò che le fiamme avvolgessero il suo corpo. Era pura luce, le fiamme si nutrivano dell'ombra che li circondava.
La sua katana era più grande del normale, interamente ricoperta di fiamme, sentiva il potere vibrare nella sua mano! Si scagliò sulla figura ammantata di nero, rigurgitando rabbia e lava dalle fauci corrotte in una smorfia di dolore.
L'ombra si frappose, e il fendente fu fermato.
Fu scaraventato all'indietro dal potere stesso dell'oscurità; la figura non si era nemmeno mossa.
Una risata scoppiò fragorosa, sembrava provenire dalla terra stessa, dai fiocchi di neve che si posavano innaturali sulle corna incandescenti del Demone.
Poi la mano tornò ad afferrare il braccio di Montu, che sentì il suo potere scivolargli via, e fu immediatamente stanco.

-Non è stato carino, hai tentato di uccidermi!-
-Mi prendi in giro?-
Le sue emozioni si erano appiattite, come non credeva fosse possibile, non erano solo le sue fiamme ad essersi spente, ma anche la sua rabbia, il suo amore.
La figura rise ancora.
-Oh no no, non me ne volere. Volevo solo giocare. In ogni caso mi auguro tu non cercherai di farlo ancora, non sei uno stupido.-
-Forse sono più stupido di quanto credi.-
La risata divenne più fragorosa mentre i due rientravano nel vortice.
-Come posso riscuoterti ora? Mi diverti! E io tendo a far vivere anche più a lungo del necessario chi mi diverte.-
-Arriva al punto.-
-Oh, ma lo capirai presto il punto.-
Questa volta il vortice non si bloccò, anzi aumentò la sua velocità finchè Montu non si sentì scaraventato fuori, espulso, con la mano saldamente stretta al suo avambraccio.
Immense mura presero forma davanti a lui, ma non era roccia quella che aveva davanti, e lui non riusciva a toccare terra ma fluttuava a circa quindici metri d'altezza.
Vedeva l'azzurro del ghiaccio riflettere un Sole morto, ghiaccio che non sembrava ricoprire solamente le mura, che anzi sembravano interamente costruite in quello strano modo.
-Mura di ghiaccio? La tua fortezza non è di certo inespugnabile.-
-No... no, guarda bene. Non la riconosci?-
Poi la vide, immensa come la prima volta che si era avvicinato alle pesanti porte di legno. La Cattedrale si stagliava all'orizzonte. Voltò la testa di scatto mentre, senza volontà, volava verso il centro della città, vide il Cuore di Marmo.
-Basiledra! Ma come...?-
-Come? Piuttosto... quando!-
Montu iniava ad odiare quella risata. Perchè erano a Basiledra?
I due erano sopra il centro esatto della Capitale, l'Eterno poteva ben vedere la lastra di marmo che sotto i suoi piedi indicava quel particolare punto.
Poi si rese conto che non erano solo le mura ad essere di ghiaccio, ma l'intera città. Ogni casa, ogni via, persino gli abitanti erano immobili, trasparenti, fragili statue di ghiaccio.
-Perchè è tutto ghiacciato?-
-Non è... Sarà.-
La terra tremò, e la città iniziò a crollare su sè stessa. Le mura collassarono, le case furono demolite dalla furia del terremoto, le statue si spezzarono.
L'ondata di dolore investì in pieno Montu, che alzò gli occhi vitrei al cielo, il volto ancora una volta contorto in una smorfia di sofferenza. Un urlo senza voce si perdeva nel vento mentre, senza vederli, riconosceva i volti di Kirin, di Malzhar, di Shaoran. Riconobbe Fanie, Kuro, Ludmilla. Riconobbe sè stesso.
Le lacrime rigavano il suo volto, il suo cuore sembrava avesse smesso di battere. Sarebbe voluto morire, morire insieme alla città.
Sentiva chiaramente la figura al suo fianco soffocare la risata, ma in tutto quel dolore non c'era posto per la rabbia. Si rassegnò.
Di nuovo immersi nel vortice trovò la forza di parlare.
-Perchè?-
-Non sta a me spiegarti il perchè. Forse lo capirai. Perchè non mi chiedi se quello che hai visto era reale?-
-Non voglio saperlo! Ma qualora fosse vero, potrò evitarlo?-
-No.-
Scoppiò nuovamente in un pianto sommesso. Ma nessuna risata arrivò dalla figura.

-Non è ancora tempo.-
-Cos'altro c'è?! Cos'altro vuoi?-
Sentiva il suo spirito in pezzi. Non avrebbe resistito un secondo di più.
-Guardati.-
Abbassò lo sguardò, credeva di essere inginocchiato ma vide Sapp camminare sotto di lui, e il gruppo assoldato dal Pelleverde lo seguiva nella miniera.
Li vide affrontare lo strapiombo e le talpe, sparirono alla vista di Montu per un istante.
-Dove sono... dove siamo finiti?-
-Lì, lì sotto. Avete raggiunto l'ultimo livello della miniera. La vostra mèta no?!-
-Perchè non riesco a vedere?-
-Oh ma... apri gli occhi stupido! Siete lì!-
-C'è il demone? L'abbiamo trovato?-
-Siete partiti per quello no?!- La risata fu quasi di scherno, non semplicemente sadica come le precedenti.
-L'abbiamo ucciso?-
-Ora basta! Guarda tu stesso!-
Il Demone sentì una fitta al cuore.
-Oh, è morto! Una morte eroica.- Di nuovo la risata, di nuovo il sadismo.
Morto? Chi? Non era riuscito a chiudere gli occhi per un solo istante fino a quel momento, e ora non riusciva a vedere! Voleva urlare, piangere. Non riusciva a fare nulla.
-A quanto pare, mio caro, non riesci a impedire nulla nemmeno in questa miniera. Evidentemente era destino che...-
-SILENZIO!-
Montu non aveva abbandonato la sua forma umana, ma gli occhi erano quelli del Demone: due bocche di vulcano si aprivano sul suo volto.
La mano ghiacciata stringeva forte sul braccio dell'Eterno, che si alzò e rivolse lo sguardo alla figura che l'aveva guidato.
Non riusciva a vederla chiaramente, percepiva come in contrasto solo un'immensa luce bianca che non riusciva ad illuminare l'oscurità che nuovamente li circondava.
-Ho capito perchè non sono riuscito a vedere. Questa volta ti sbagli. Io posso fare qualcosa. Non so cosa tu abbia visto, non voglio saperlo. So che tutto è nelle mie mani, so che il dolore di ciò che è stato può darmi la forza per guardare avanti.-
-C'è morte e distruzione davanti a te.-
-E allora a morte e distruzione andrò incontro a testa alta. Se non potrò fare nulla riscuoterai il tuo tributo. Ma non lascerò che i miei amici muoiano perchè io mi sono arreso. Non lascerò che qualcun altro combatta le mie battaglie.-
-Ci rivedremo?-
-Puoi contarci.-

Montu aprì gli occhi, e vide Sapp che scuoteva la testa poco distante da lui.
Sentiva nuovamente il proprio corpo. Poteva muovere e comandare i suoi muscoli.
Cercò di mettersi a sedere, lasciando che la schiena si appoggiasse alla parete irregolare della miniera. Guardò il braccio, e vide dei graffi dove la figura lo aveva stretto.
Forse non tutto era avvenuto nella sua testa. Forse non tutto era falso.
Quel demone andava ucciso il prima possibile.



Energia: 130 -5 =125%
Status Fisico: Graffi all'avambraccio (danno Basso)
Status Psicologico: Illeso
CS Forma Umana: +3 Astuzia

Armi:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta (5/5 colpi)

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
[Amuleto del Potere]

Abilità Usate:
>>Effetto attivo I: spendendo un consumo Basso di energie il possessore del talento sarà in grado di schermare la propria mente dalle offensive del nemico. Che lo faccia facendo leva sul proprio acume, sulla propria follia o sulla propria fede incrollabile, non ha importanza ed è totalmente personalizzabile. Questa tecnica ha il valore di una difesa di natura psionica di potenza Bassa.


Note:Mi sono cimentato in una modalità di scrittura che non avevo mai provato, e forse fare il primo tentativo in quest è stato un azzardo, ma spero risulti lo stesso piacevole alla lettura. Il riferimento a "A Christmas Carol" riguardo battaglie passate, presenti e future credo sia evidente, nonostante ovviamente la storia e tutto ciò che c'è dietro l'originale è stato stravolto.
Durante tutta la visione uso la prima attiva dello Stratega.
 
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view post Posted on 11/3/2015, 03:18
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Aper army
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Verlos

Atto V

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(Vahram [pensato, lingua aramana], Şehrazat.)



Fu in un abbaglio, in un fugace istante. Il corpo a Vahram parve d’un tratto come evanescente, inconsistente. I suoi pensieri austeri e ordinati furono trascinati da un incanto che difficilmente una mente umana poteva descrivere, in balia di venti torbidi e obliose immagini deformi, oscure, contorte. Sogni. Incubi. Ricordi.
Le nude pareti della miniera, umide e pregne di odori muschiosi, non esistevano più. Né Sapp, né Shimmen, Montu, Malzhar e tutta quella strana combriccola. Erano persone mai incontrate, eventi mai accaduti. Tutto era stato solo un vagheggiamento di un sonno tormentato. Stupidaggini.

Difatti Vahram si svegliò.


Un soave profumo d’incenso di fiori di mogra invadeva le sue narici, intorpidendogli i sensi e distendendo la sua mente. Gli pareva di aver dormito un secolo. Aprì gli occhi e si alzò seduto sul morbido talamo guarnito di splendidi cuscini variopinti e finemente ricamati, dunque si guardò intorno, cercando di riconoscere il luogo in cui si era distrattamente abbandonato al sonno. Era una sala splendida: pellicce di animali esotici e grandi tappeti adorni di arabeschi di ogni foggia erano distesi ovunque coprendo quasi per intero il pavimento ligneo. Tende di seta dai vari colori dividevano i vari ambienti. Un gran numero di tavolini di noce intarsiati in bronzo, argento e altri metalli di discreta pregiatezza costellavano la stanza, contornati da altrettanti divani e triclini e corredati di brocche d’ottone e calici ancora mezzi pieni di vino. Strumenti musicali di vari tipi e fatture erano appoggiati ordinatamente a ridosso del muro, in un cantone bene in vista, come se un’orchestrina li avesse appena riposti per concedersi una breve pausa. Il soffitto era alto, e ornato di vividi dipinti raffiguranti le più disparate scene di amplessi e saturnali, e al suo centro troneggiava un enorme ed elaborato lampadario in legno e avorio, le cui candele inondava l’ambiente di una morbida luce calda e soffusa. Una loggia decorata da soffici e cadenti drappi purpurei correva in alto per tutto il secondo piano abbracciando l’intero perimetro.
Non vi era anima viva, tutto era rimasto intoccato, come se gli avventori fossero svaniti improvvisamente nel nulla, come fantasmi. L’aria era immobile, non un singolo suono la muoveva.
Vahram si guardò le mani, e trovò la sua pelle segnata da marchiature e tatuaggi più liscia e vellutata di quanto ricordasse. Notò che indossava gli sgargianti vestiti che era solito portare quando era un mamūluk dei prestigiosi Lancieri Neri.

E allora comprese.
Tutti quegli anni non erano mai passati.


L’Impero dei suoi padroni, i Sulimani, non era mai stato cancellato da un’orda di demoni. Il suo buon padrone Yussuf non era mai morto. Non era mai fuggito: Portalorica, Taanach, Zaide, il mezzo-demone Kirin e tutte quelle bizzarre persone con cui aveva condiviso tutte quelle inverosimili avventure erano state frutto della sua fantasia. Di certo nemmeno quella cava infestata dal demone sperduta tra le montagne delle Hooglans nemmeno esisteva. Probabilmente anche la sua amata cavalla Shahira era ancora al caravanserraglio, dove l’aveva lasciata; non era mai morta di stenti in mezzo al deserto durante la fuga da El Kahir.
Si appoggiò il palmo sulla fronte e rise di sollievo, rendendosi conto di essersi appena svegliato da un incubo. Tentò di rimettere in ordine i propri pensieri: era lì per una missione, ma stranamente non ricordava quale fosse. Una mancanza madornale per una spia della levatura di Vahram Nenad Akrtchyan. Speva solamente di trovarsi in Turkmenia, nella casa di piacere di della città di Kadhur, dove aveva deciso di concedersi un po’ di svago dopo una dura giornata di indagini. Il fatto che non ci fosse nessuno in quel bordello che ricordava affollato di gente e bellissime donne lo insospettì, ma più di ogni altra cosa, un inquietante interrogativo lo tormentava.

Perché quel posto lo terrorizzava tanto?


Afferrò Yen Kaytsak appoggiata di fianco a lui, a portata di mano, e persuaso ad andarsene al più presto da quel luogo cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di un’uscita. Quando una voce di donna, profonda e suadente gli parlò.

«Continui a scorgermi nei tuoi sogni, aramano. Perché?
Davvero ti faccio tanta paura?
»


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Riconobbe quel tono, quell’inflessione esotica. Si voltò, e vide, seminascosta in un angolo oscuro, una figura che mai e poi mai era riuscita a estirpare dai suoi ricordi. La sua fobia più recondita. Una donna dalla pelle color ebano, abbigliata di veli succinti tanto sottili da stimolare vivamente le fantasie maschili riguardo le forme perfette che vi si celavano sotto. Un fazzoletto di seta le nascondeva la metà inferiore del volto, rendendo impossibile riconoscere i tratti del suo visto. Ma soprattutto, ostentava un tatuaggio a forma di cobra nero in mezzo al suo petto.
Şehrazat Saya Erdoğan. La conoscevano con questo nome, ma tutti sapevano che non si chiamava realmente così, anzi... non avevano dubbi: credereste davvero che una delle assassine più famose e spietate del Bekâr-şehir rendesse nota così facilmente la sua identità? Certo che no, si preferiva difatti riferirsi a lei con un altro pseudonimo, uno pseudonimo che veniva sussurrato con prudenza e viscerale timore.

Siyah Yılan.
Una parola che nel gergo dell’Akeran significa “cobra nero di Yil”.
Una parola che in turkmeno sugnifica Morte.


Fissava il mamūluk con occhi di tigre. La sua fama strisciava di bocca in bocca come se si trattasse di una favoleggiante leggenda. Era famosa per non avere volto. Chiunque la incontrava, non arrivava a incontrarla una seconda volta.
Ma allora perché a Vahram sembrava di conoscerla da tempo immemore?
Questa domanda non riusciva ad abbandonarlo. Provava solo un immenso e immotivato terrore di fronte a quella donna, e non riusciva a spiegarsi il perché. Non arrivò a ponderare oltre, però, giacché ella trasse fuori dalle vesti un pugnale intarsiato dalla lama ondulata a foggia di serpente, attaccato per il pomolo a una lunga catena che emanava riflessi dorati alla luce tremante delle candele.

«Hai passato una vita di sofferenze e sconfitte, ma non ti affliggere oltre, Vahram...
L’ultima volta che ci siamo incontrati c’è mancato poco, non ci sono riuscita.
Uno sforzo encomiabile da parte tua, davvero notevole, credevi davvero di potermi sfuggire così?
»
Strinse il pugnale tra le dita sottili.
«Non aver paura, schiavo infelice, sono qui per donare una fine alle tue pene.»


E si lanciò in avanti alla carica, rapida come un ghepardo, silenziosa come un fantasma. Vahram brandì la lancia, ma non fece in tempo ad arrestare il suo attacco. Giunta a pochi passi da lui, Şehrazat congiunse indice e pollice davanti alla bocca e soffiò un getto di polvere viride ed eterea dritto in volto all’aramano, il quale si ritrasse in preda ad un lancinante dolore che gli trapassò la mente. La donna approfittò del suo spaesamento per afferrare l’asta della lancia e sfilargliela di mano con una rapidità disarmante.
Vahram non riusciva a distinguere nulla davanti ai suoi occhi, se non ombre confuse. Come d’istinto estrasse la pistola dalla cintola e scaricò entrambe le canne addosso a quelle visioni fumose. Udì il gemito della ragazza, ma non sarebbe rimasto lì a godersi la sua sofferenza: i mamūluk erano famosi per non provare alcuno sgomento persino dinanzi alle situazioni più disperate, eppure in quel momento un terrore atavico gli rivoltava le budella, come se stesse affrontando la paura più grande che avesse mai segnato la propria vita. Nel più completo spaesamento volse i tacchi e fuggì, arrancando e ribaltando tavoli e stoviglie nel tentativo di raggiungere la rampa di scale che portava al piano superiore, la quale aveva adocchiato in precedenza.
Proprio quando mancavano pochi metri alla scalinata, sentì una frustata sfregiarlo sulla schiena: la lama del coltello gli fendette la spalla, affliggendo ancor di più la sua confusione. Nonostante ciò, riuscì a trovare i gradini e a passi incerti di corsa li salì. Strofinandosi la manica sugli occhi a poco a poco riuscì a ridare nitidezza alla sua vista, ma appena giunse alla loggia del primo piano l’inaspettato accadde. Appena cercò una via verso cui fuggire, come per una inspiegabile e potente stregoneria, la balconata crollò di fronte ai suoi piedi sia a destra che a manca, ponendolo in trappola sull’orlo del baratro. Scorse la sala a una decina di metri sotto di lui e il lampadario d’avorio di fronte a sé. Non ebbe scelta: si lanciò sulla lumiera, pregando che reggesse al suo peso. Riuscì ad aggrapparsi e a oscillare insieme ad essa, dunque cercò di arrampicarsi sui suoi bracci cercando di non rimanere ustionato dalle candele. Si sarebbe lanciato sulla loggia all’altro lato della sala, per poi trovare un riparo più sicuro da dove organizzare il contrattacco, ma il tempo non gli bastò: Şehrazat celere era già salita al piano, e lo osservava da dietro il velo come un gatto divertito di fronte alla preda intrappolatasi con le proprie zampe. Passò una mano sui suoi capelli sfilando dalla lunga coda in cui erano raccolti uno strano anello di metallo. Ella pronunciò poche parole in una lingua antica e subito il cerchio, largo quanto l’imboccatura di una brocca, s’illuminò di energia bluastra, dunque calibrò il lancio e lo scagliò dritto verso i collo dell’aramano. Presagendo il pericolo, Vahram balzò via dalla trappola mortale sopra cui si trovava; l’anello difatti tranciò tutto ciò che si parò sulla sua strada, compresa la catena d’ottone che assicurava il lampadario al soffitto. Il massiccio candeliere rovinò al piano di sotto, schiacciando tavoli e triclini, e infrangendosi con un immane fracasso. Il guerriero non riuscì a raggiungere l’altro lato della loggia, ma per fortuna fu in grado di appigliarsi a uno dei tanti drappi che scendevano dalle balaustrate. Si calò quanto più velocemente le sue braccia gli permettevano, ma non fece in tempo: scorse l’assassina balzare dal piano su cui si trovava, aggrapparsi al moncherino della catena ancora pendente dal soffitto e slanciarsi in aria per atterrare proprio sullo stesso drappo su cui era abbarbicato il guerriero. Un volo portentoso, oltre le umane possibilità. La donna piantò il pugnale nel tessuto e rallentandosi fendendo pian piano la stoffa calò sul suo bersaglio.
Vahram non si trovava certo in una posizione da cui poter difendersi agevolmente, soprattutto contro una nemica dotata di una tale destrezza, ma proprio mentre rovistava disperato nei suoi pensieri alla ricerca di una soluzione che potesse salvarlo nei pochi istanti che separavano lui dalla sua morte, udì una voce infantile echeggiargli nella mente. Erano parole confuse, insensate, ma cariche di un rancore ultraterreno. Nubi di cenere improvvisamente comparvero dal nulla e sciamarono come un esercito di vespe addosso a Şehrazat. La vide soffrire, e d’un tratto il braccio con cui si stava calando s’irrigidì di colpo, come paralizzato. Fu colta di sorpresa, e non fece in tempo ad afferrarsi con la mano che precipitò giù di sotto.

La voce di quella bambina dall’angolo più recondito della sua anima gi parve improvvisamente familiare.
Innegabilmente reale, e allora ravvisò che quella non era la realtà.

Giselle era reale.


Vahram, pur sorpreso, già avveniva l’impatto del corpo della nemica sul pavimento. Pensava che fosse finita, ma si sbagliava. Improvvisamente sentì un cappio di ferro serrarsi attorno al suo collo. Şehrazat,con la mano libera, aveva lanciato la sua catena nell’estremo tentativo di salvarsi attaccandosi a Vahram; se doveva precipitare, egli l’avrebbe seguita. E così fu.
Sorpreso dallo strattone repentino che gli stritolò la gola, il guerriero mollò la presa e precipitò insieme alla nemica. Per fortuna, era riuscito a calarsi abbastanza da non subire una caduta fatale, nonostante ciò l’impatto con il pavimento fu tremendo. Sentì togliersi il fiato e le costole incrinarsi sotto il suo peso. I due avversari si alzarono a fatica, una premendosi il ventre ferito e sanguinante a causa del colpo di pistola, l’altro massaggiandosi il costato e con i vestiti inzuppati del sangue che gli colava dalla schiena.

«Lottare è inutile... procrastini solo la tua inevitabile fine.»
Sibilò l’assassina, la voce spavalda sebbene leggermente patita.
«Arrenditi al tuo destino. Accetta la rovina.»


Vahram non rispose. Aveva inteso l’inganno del demone della miniera, e non aveva alcuna intenzione di restare a discutere con una misera illusione. Estrasse la spada e si preparò a colpire.
Il braccio destro dell’assassina pendeva inerte sul suo fianco, vittima della malia dello spettro di Giselle, si strappò dunque il pugnale dalla mano e lo impugnò con l’altra, dunque tornò all’assalto. Con la mancina, però, non era altrettanto destra, oltre al fatto che il braccio paralizzato le impediva visibilmente i movimenti. Menò due colpi mirati al collo e al cuore del nemico, i quali furono prontamente schivati da Vahram. E il mamūluk, desideroso di terminare quella farsa atroce riesumata dal suo passato, le ricambiò la cortesia.
Bastò un fendente, possente quanto solo uno schiavo guerriero poteva menarlo. Le squarciò il ventre nudo, sviscerandone il contenuto. Şehrazat gemette, barcollò, ma non era ancora finita. Il corpo dell’aramano tornava gradualmente a invecchiare, riacquistando il suo reale aspetto, come anche il suo mantello. Nubi di cenere rovente sciamavano intorno a lui furiose, in orchestra con l’acredine del cavaliere grigio. Assalirono la donna, inglobandola, bruciandola facendola urlare.

Avvamparono tutto:
tappeti, tende, i pilastri in legno.

Mentre Al Patchouli ruggiva,
lanciando la sua sfida al demone della miniera.




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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Rossa
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tempra


Basso 5% | Medio 9% | Alto 18% | Critico 36%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Alto+Basso):
Graffio sulla guancia (Basso), ferita dietro spalla sx (Medio), contusioni su tutto il corpo (Medio).

Mente (Alto):
Stordimento (Medio), danni mentali (Medio).

Energie: 86-9-9-9= 59%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: ???
Spada: In mano.
Arco (15): Infoderato.
Pistola (5): Infoderata.

Armature: Brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.

Ricordo di cenere
[Malus Passivo] Vahram avrà nei suoi ricordi la mente di una bambina a lui sconosciuta che brucia tra le fiamme; non conta come un'influenza passiva, ma come un semplice spunto narrativo. Il guerriero ricorda anche il nome della bambina: Giselle

[Passiva Psionica (Obnublia i sensi dei nemici in prossimità)] Assecondando quella memoria, quel lutto mai affrontato e superato, Vahram saprà rievocare parte del dolore e della pena a cui non ha potuto opporsi. Appena sarà sua intenzione farlo, la cappa comincerà a perdere cenere dalle bruciature senza che alcuna fiamma la arda. La sottile polvere grigia si solleverà come nebbia offuscando i sensi di chi sarà abbastanza vicino al portatore pur potendovi scorgere attraverso. La sintomatologia della cenere avrà valenza di malia psionica passiva e difendibile in quanto tale.

[Passiva (La cenere può essere usata per portare attacchi fisici)] Ma la cenere potrà essere anche adoperata per altri fini, per infliggere un bruciante dolore, lo stesso che la piccola Giselle dovette sopportare nel suo piccolo inferno in terra, poiché nessun demonio – o quasi – raggiunge la malvagità insita nell'uomo. Vahram sarà infatti in grado di utilizzare la cenere posatasi sul terreno e quella ancora per aria come fosse un'arma, manipolandola a suo totale piacimento. Ustionanti al contatto, gli attacchi non avranno valenza di tecnica ma solo di attacco fisico, la loro potenza sarà direttamente proporzionale alle Capacità Straordinarie in suo possesso e potranno avere origine solo nelle sue strette vicinanze.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


[1/10] “È tutta questione di metodo” ~ Perché erare è umano, persevrerare est himar, aper.
[(Tecnica personale difensiva di natura fisica) ~ Consumo Variabile Medio]
Questa tecnica difensiva ha natura fisica e può essere utilizzata solo sul caster. In virtù della sua fine accortezza, del suo occhio analitico e della sua inesauribile inventiva, Vahram può evitare o limitare i danni degli attacchi offensivi fisici o magici degli avversari studiando in anticipo i loro movimenti o escogitando difese o espedienti bislacchi o imprevedibili.
Il modo in cui Vahram sventerà l’attacco può essere del tutto personalizzato. Starà poi all’arbitro valutare la validità e la sportività delle sue azioni.
Potrà essere utilizzata per avvantaggiarsi al fine di effettuare un attacco o una tecnica separata, ad esempio schivando una palla di fuoco gettandocisi contro e passandoci sotto a metà strada per avvicinarsi all’avversario e attaccarlo successivamente in corpo a corpo. In ogni caso, tassativamente l’uso di questa tecnica dovrà rientrare nel numero di tecniche massime eseguibili in un singolo turno.

Ricordo di cenere
[Tecnica di potenza Media] Quella nube, quella polvere, potrà diventare quasi una tempesta malgrado la timida apparenza; proprio come se l'abbraccio di Giselle difenda il padre sempre amato, si ridurrà in sedimenti finissimi che si mescoleranno con l'aria. Sarà sufficiente spendere un ammontare Medio di energie, e una volta respirata dall'avversario, diverrà il veicolo attraverso il quale cagionare la paralisi di un arto a scelta per la durata di due turni di gioco. La tecnica ha natura psionica e infligge danni pari al consumo speso dilazionati per i turni in cui ha effetto.

Assalto mamūluk ~ Ti sembro arrabbiato? Non mi hai ancora visto incazzato davvero, aper.
[(Pergamena Cacc. Carica violenta) ~ Consumo Variabile+autodanno Mente Medio+autodanno mente Medio]
La tecnica ha natura fisica. Quando uno schiavo guerriero è messo alle strette è meglio non trovarsi sulla sua strada. Dopo aver vissuto la propria intera esistenza nella convinzione che la sua vita vale meno di nulla, nemmeno la più terrificante delle minacce o la più disperata delle situazioni può spaventarlo. Vahram sa focalizzare la sua concentrazione in battaglia come ben pochi sanno fare, riuscendo a sferrare magistrali sequenze di attacchi precisi e micidiali in mischia con qualunque arma o parte del corpo. L'effetto che ne deriverà, comunque, sarà quello di causare all'avversario un danno pari al doppio rispetto al consumo speso. L'attacco, però, sarà tanto violento che inciderà, in termini di fatica, anche sulla mente dello schiavo guerriero, che si autoinfliggerà una quantità di danno alla mente pari al consumo speso. L'unica limitazione imposta alla tecnica è che l'offensiva consista solo e soltanto in un confronto corpo a corpo, quindi compiuto a mani nude o con l'utilizzo di armi da mischia. La tecnica dunque non è utilizzabile con armi da tiro, da fuoco o da lancio. La durata è di una singola offensiva.


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Eccomi! Perdonate la qualità del post, ma non sono arrivato a revisionarlo come si deve. Scusate, ma a causa del poco tempo a disposizione non sono riuscito a fare uno specchietto dettagliato anche per l'avversaria, per cui perdonatemi ma mi limiterò a linkare le liste delle pergamene pre-patch da lei utilizzate. Il loro nome, utilizzo e classe di appartenenza sono comunque specificati nel sunto.

Şehrazat l’ho considerata una pericolosità E (secondo il regolamento pre-patch), dotata di un Critico di vita.
Pergamene Mentalista
Pergamene Cacciatore
Pergamene Guerriero

Nell’illusione a Vahram pare che tutta la sua vita sia stata solo un sogno. Crede di essere nel passato, 10 anni prima: si rivede giovane e di essere ancora un mamūluk del Sulimanato.
Şehrazat compare da dietro una colonna e attacca Vahram con Avvelenare la mente (Ment-Medio), danneggiandolo e annebbiandone i sensi e lo disarma della lancia. Giacché lui sta combattendo contro la sua fobia, la sua passiva Irriducibile ho deciso di non farla funzionare.
Vahram approfitta di un momento di distrazione della donna per tirare fuori fulmineo la pistola e spararle due colpi, di cui solo uno va a segno, causandole un danno Medio. Fugge a tentoni verso la rampa di scale che porta al piano superiore, ma viene raggiunto dal pugnale di Şehrazat che lo ferisce a una spalla causandogli un danno Medio – danno maggiorato a causa dello stordimento.
Appena giunge in cima, giacché è dentro un’illusione creata dal demone, questo cerca di rendergli la vita difficile facendo crollare la loggia del primo piano da entrambe le parti. Incalzato da Şehrazat e messo con le spalle al muro, a Vahram non resta che saltare sul lampadario. Şehrazat usa la tecnica Dardo energetico (Cacc-Medio) lanciando il chakram che usa come fermacapelli, tranciando la catena che regge il lampadario. Vahram riesce a schivare il colpo usando ”È tutta questione di metodo” a consumo Medio, saltando via dal lampadario, evitando così di cadere insieme ad esso verso la morte, si aggrappa a una delle tende che pendono dalla loggia sopraelevata e cerca di calarsi il più velocemente possibile per sfuggire alla donna.
Şehrazat usa dunque Balzo (Grr-Bassa) per attraversare il baratro con un salto portentoso facendo Tarzan sul moncherino di catena del lampadario e si aggrappa anche lei allo stesso drappo, sopra la testa di Vahram e scende rapidamente rallentando la sua discesa piantando il pugnale nella tenda e cercando di raggiungere il guerriero.
Vahram usa istintivamente il potere del Ricordo di cenere (Medio-psionica paralizzante) sul braccio di Şehrazat reggente il pugnale, e col quale si sta calando. Colta di sorpresa subisce e casca di sotto, ma nel cadere, con la mano sana scaglia prontamente la catena del pugnale, la quale si attorciglia attorno al collo di Vahram. Entrambi cadono giù: per l’impatto col terreno, Şehrazat subisce un Basso (la catena ha rallentato la caduta) e Vahram un Medio tra contusioni per il colpo e al collo per strangolamento.
Percependo la presenza di Giselle, Vahram a questo punto si rende conto di essere dentro a un’illusione grazie alla passiva dello Stratega Disilluso. Şehrazat, avendo un braccio paralizzato, afferra il pugnale con l’altra mano e si scaglia all’attacco con due colpi fisici mirati rispettivamente al collo e al cuore. Ma impugnandola ora con la mancina i suoi attacchi non sono più pericolosi come prima, dunque Vahram riesce a schivarli entrambi anche grazie alla Passiva di obnubilazione dei sensi di Ricordo di Cenere, e risponde con Assalto mamūluk a potenza Alta (Medio+autodanno Mente Medio) squarciandole il ventre con la spada.
Il mantello magico gli ricompare sulle spalle. Grazie alla passiva di Ricordo di Cenere che permette di creare manifestazioni (come attacchi fisici normali) con la stessa, scenicamente si manifesta Giselle che attacca e finisce Şehrazat bruciandola e causandole il danno Basso restante per ucciderla.
Il post finisce con Vahram che utilizzando la stessa passiva brucia tutto intorno a sé per cercare di spezzare l’illusione.

 
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dra31
view post Posted on 12/3/2015, 15:10




Quando il buio calò nuovamente intorno a loro, la luce danzante delle lanterne illuminava i volti provati di tutti. Sudore freddo, respiri affannati, passi incerti; l'ennesimo ostacolo nemico gli aveva colpiti nel punto più debole di ognuno, lasciando loro provati nell'animo.

Il goblin fu tra i primi a riprendersi dagli eventi e il suo spirito sembrava non aver subito duri contraccolpi, vista l'ormai caratteristica agitazione che lo animava. Lentamente, Idir e Ata riprendono il loro solito distaccato silenzio, Misdra si asgiugava la fronte sudata mentre si appoggiava debole alla roccia ruvida, Jhadar... Jhadar fissava con lo sguardo spento il palmo delle mani.
Era stato il primo a subire gli effetti di quella pericolosa illusione, il grande Jhadar. Un energumeno, uno dei più robusti al servizio di Akym, uno dei migliori. Uno dei più forti, uno dei più instancabili. Uno dei più fragili.

Sapp era sul punto di richiamare l'attenzione dell'uomo, quando questi alzò lo sguardo privo di vita e osservò l'oscurità proveniente dal fondo della galleria. Il labbro inferiore tremava in modo percettibile, l'ampia fronte s'imperlò di sudore e un'istante l'imponente figura dell'uomo di Akym voltò le spalle al buio. Jhadar il forte si dette alla fuga.
«Vang dit.» Sapp pronunciò quelle due parole in aardens in modo secco, autoritario. Un ordine che i beduini eseguirono senza il minimo ritardo. Jhadar non riuscì ad allontanarsi abbastanza prima che Idir e Ata lo raggiunsero e lo immobilizzarono. Dai rumori che provenivano dalla penombra, il grosso Jhadar stava decisamente facendo resistenza.

Quando il gruppo raggiunge i beduini e il fuggiasco, trovano Jhadar in preda al delirio, farneticante, e preoccupante. Quello che, in modo confuso, stava uscendo dalla sua bocca non era un buon auspicio.
«È troppo tardi! È finita, siamo tutti morti. Non abbiamo più tempo. Non ho più tempo. Devo fuggire, non voglio morire qui sotto. Non voglio...».



CITAZIONE

QM Point ~

Bene ragazzi, ne siete usciti con solo un danno basso psionico, che ancora una volta si traduce con un lieve senso d’inquietudine che sta aumentando con il tempo: in termini pratici avete la sensazione che ci sia qualcosa nelle vicinanze di non meglio identificato, interpretate la cosa a vostro piacere.
Prima di poter procedere verso il prossimo livello, succede l'inaspettato: Jhadar è la prima vittima del demone. E quello che dice non sono belle notizie.
Dunque, si torna in confronto: avete qualcuno che ha appena tentato la fuga e ha un motivo per farlo. Quale?
In questo turno avete 6 giorni di tempo per le azioni di confronto e per postare, perciò fino a Mercoledì 18/03 alle 23:59. Buon lavoro!

 
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view post Posted on 15/3/2015, 11:14

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Rou ~ Verlos: Capitolo V ~ Un incubo dopo l'altro...
Un incubo era appena finito che subito ne iniziava un altro. La follia si fa strada tra di noi, silenziosa e mortale come un serpente delle sabbie. Scivola, si insinua, morde, avvelena.
Guardo la chiara dimostrazione dei poteri del demone. Quell’uomo era stato una roccia per tutto il tempo.
Non aveva detto una parola, non aveva lasciato trasparire nemmeno l’ombra di un emozione. Riusciva persino ad un incutere un certo timore, composto e severo com’era. Poi, mentre ancora cercavo di riprendermi dallo spiacevole confronto con le paure annidate in qualche angolo della mia testa, quel prodigioso esempio di forza era andato in frantumi. Era pietoso vederlo in quello stato, ciò che era stato non era più nemmeno lontanamente percepibile. Sudore, paura, follia ecco cos’era diventato. Una larva patetica incapace di infilare una parola dietro l’altra senza pronunciare qualche idiozia messagli in bocca dal terrore che lo stava consumando. Nessuno dei tentativi fatti dai miei compagni parve funzionare era andato…Eppure, eppure a pensarci bene quello che diceva poteva avere un senso. Quanti gesti folli avevo visto compiere in passato? Quanti ne avevo compiuti io stesso? Al sentir parlare di esplosioni, poi, la mia mente era corsa ad un evento lontano che aveva costruito il mio presente stagliandosi indelebile nella mia memoria. «Gente che vuole far esplodere cose e persone .. » – ridacchiai privo di gioia - «Come mai la cosa mi sembra familiare? »
Nessuno poteva capire il senso di quella frase. Nemmeno Montu che pure aveva avuto un assaggio di cosa volesse dire, talvolta, fare il bene del Regno. Lui non c’era quel giorno quando eravamo stati costretti a scegliere tra scatenare un conflitto e far saltare in aria un accampamento. Non c’era nemmeno in Oriente quand’ero sul punto di scatenare un cataclisma sulla capitale d’Oriente per spaventarne abitanti e governanti e portarli a combattere al nostro fianco contro il Tiranno. Probabilmente, però, le farneticazioni dell’ uomo del sud erano solo quello: sconnesse parole di un folle.
La scelta che ci si poneva dinnanzi era semplice: tornare indietro e buttare tutto il lavoro fatto fino ad allora alle ortiche o proseguire rischiando di verificare a nostre spese se quella che Jhadar diceva era frutto di un demoniaco inganno o la verità.
«Forse … » - affermai a voce alta - « …forse posso essere d’aiuto. »
Senza spiegare in cosa quell’aiuto consistesse trassi dalle pieghe dell’abito una candela. All’apparenza un cero come tanti altri, ma osservandolo bene si poteva notare che la fiamma non si estingueva mai e mutava colore a seconda della condizione di spirito del suo possessore.
La Prigione di Cera inondò l’aria con il suo profumo dolce di cera d’api, un odore sublime, quasi sacro.
Un esile filo di fumo uscì dalle mie labbra andandosi a contorcere intorno alla fiammella in spire sempre più strette, come se il fuoco lo attirasse a se. In un attimo la mia mente si fece più leggera e la candela sfrigolando prese a bruciare con maggior vigore.
Avevo bisogno di lucidità per fare ciò stavo per compiere. La mente, la mia mente era un arma. Un arma a cui la lunga discesa nel ventre ripugnante di quella miniera aveva tolto il filo . Per poterla utilizzare dovevo renderla di nuovo affilata. Il mormorio incessante degli spiriti, il senso di terrore di mi attanagliava le viscere, l’agitazione, il dolore sparirono lasciando spazio ad una quiete dilagante ad una lucidità che lottava con le unghie e con i denti per riprendersi il dominio sulla follia che lentamente mi corrompeva l’anima.
Mi avvicinai all’uomo. Mi inginocchiai e lo fissai negli occhi. Il mio sguardo di fumo ed eteree ombre era un oceano in cui la sua volontà doveva annegare, solo così avrei potuto calare nei suoi ricordi come nebbia e sondare la veridicità delle sue affermazioni.
Mi immersi nella sua coscienza. Esclusi tutte le informazioni superflue, scacciai i ricordi di una vita trascorsa, respinsi ogni pensiero non attinente alla nostra situazione.
«Dice la verità.. » –proclamai con tetra soddisfazione - « …meglio dice quello che lui crede essere la verità. ». Avrei potuto scendere più in profondità, avrei potuto spezzarlo e ricomporre i pezzi della sua mente in modo da capirci qualcosa ma cosa ne sarebbe rimasto poi? Nulla, se solo avessi usato un grammo di forza in più quell’uomo sarebbe andato in frantumi, perso per sempre.

«Le cose stanno così: o ci racconta la verità, una verità folle o è il demone ad avergli impiantato queste idee in testa. » – scossi la testa - «Non mi sento di escludere nessuna opzione. Di gente fuori di testa ne è pieno il continente. Ho visto uomini dare alle fiamme i propri averi, la propria casa pur di non cederla. Io stesso stavo per fare qualcosa di simile a far saltare in aria una miniera. Quando un pericolo è troppo grande, una minaccia troppo spaventosa qualunque rimedio, anche il più scellerato, sembra preferibile. » – presi un attimo il volto dell’uomo tra le dita e lo rigirai come si fa con un cavallo per verificarne il morso - «Ma è anche probabile che il demone giochi con le nostre paure. Se noi scappiamo lui vince. »
Mi rialzai, misi le mani sui fianchi - «Io dico di proseguire comunque. Ormai siamo qui vediamo come va a finire questa storia. » –affermai con risolutezza.
____________________________________________________________________________________________________

CS: 3 | Intelligenza 2 Volontà1
Critico 40 | Alto 20 | Medio 10 | Basso 5<p align="justify">Stato Fisico: Illeso.
Stato Psicologico:Turbato. (Basso)
Energia: 40% -10% = 30%


Passive in Uso:
° Nessuno svenimento al 10% di energie,
° Riconoscimento delle illusioni
° 2CS in Intelligenza quando l'avversario usa tecniche magiche,
° Capacità di percepire i segreti, comprendere quali tra questi siano più importanti di altri.
°Capacità di comprendere se una persona mente o dice la verità.
°La Prigione di Cera vale come arma che provoca danni da ustione magici e tornerà sempre nelle mani del suo padrone.
° Tecniche offensive ad area hanno cagionano un danno pari al consumo.
° Capacità di percepire la natura delle intenzioni altrui
° La voce di Malzhar è sempre udibile al di sopra di ogni voce o rumore.


Attive:

CITAZIONE




«Della Liberazione»
Della liberazione~Il potere più caratteristico della Trappola viene però manifestato quando il portatore viene irretito nella sua mente: ogni male che agisce sull'anima più che sul corpo è dovuto dall'azione di spiritelli malvagi, così come le ferite sul corpo sono dovute ad agenti fisici. La candela può fungere da nuova trappola per queste entità incorporee minori lasciando rotolare via una singola, perfetta goccia di cera: ciò richiede un tributo di energie moderato da parte del portatore, che isolerà e rimuoverà i le affezioni negative minori dalla sua mente.
[Attiva, costo Medio, natura magica. Il portatore può curare la propria mente da un danno Basso.]


«Un accordo con le Ombre»
Uno dei molti vantaggi derivanti dalla capacità di insinuarsi stabilmente nello spazio tra i pensieri è quella di poter "estrarre" informazioni. La conoscenza, il sapere sono strumenti preziosi a cui raramente si può dare un valore.
Un Tiranno dei Sogni può dunque assorbire l'anima altrui, suggendone così le conoscenze e lasciando un corpo vuoto, un misero guscio mortale apparentemente inutile ma preziosissimo per le creature sibilanti che popolano l'Oneiron, che si vedranno così doppiamente ricompensate: non solo avranno di che nutrirsi ma riceveranno anche un corpo mortale da abitare. L'anima dello sventurato, una volta assolto il suo scopo, sarà mutata in un oggetto, un feticcio incapace di morire definitivamente e così di vivere.
[Personale Variabile 1/10 - A livello tecnico quest'abilità conterà come una comune variabile psionica tramite cui il caster potrà "estrarre" segreti, conoscenze, emozioni dai suoi bersagli cagionando un danno pari al consumo, da perdita della memoria.]

CITAZIONE
Note/Riassunto://




 
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view post Posted on 18/3/2015, 18:29
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Rou - Verlos



Il sogno finisce ma la follia rimane: per quanti pericoli superino coloro scelgono l’avventura rimarrà sempre un po’ di pazzia per essi, sono fatti così, e la paura per quello che verrà poi. E’ la natura delle cose. Glielo aveva detto Rokuoi parlando della sua decisione di entrare al servizio dei mercenari Mantelli Grigi, sempre in viaggio e sempre allo sbaraglio fino alla battaglia del Levietano Rosso: la battaglia sbagliata, a quanto pareva.
Jhadar, il forte Jhadar che li aveva assistiti in tutto il percorso, ora giace legato sull’aspro pavimento di pietra, guardato a vista dagli uomini di Sapp e da me, uno spadaccino senza padrone, un nobile esiliato che gioca a fare l’eroe ... non so più cosa pensare ma non posso fare a meno di pensare quanto, invero, sono andato vicino a fare quella stessa fine. A quanto fragile sia l’illusione che mi costruisco continuamente di me stesso e della quale mi nutro. Fa spavento vedere un uomo ridotto in quelle condizioni e non so quali conseguenze potrà avere la cosa su di me, su di noi anzi, visto che siamo un gruppo. Questo demone esiste davvero allora? Oppure no?
La convinzione che tale incubo fosse solo il frutto di un qualche gas allucinogeno vacilla tra le mie mani, fiamma tremante di una candela dove passa il vento. Questo, questo va ben oltre le mie conoscenze della scienza degli alchimisti e dei medici, anche se il buonsenso mi dice che non è cosa possibile. Che quel demone deve esserci anche se per ora non si è fatto vedere.
Per il momento taccio, mettendo da parte i miei dubbi e lasciando parlare Vahram nella speranza di capirci qualcosa di più. O meglio, perché per ora non so proprio cosa fare se non bere l'ultimo sorso da una fischetta, sentendo il rigenerante tepore del liquido in essa contenuto.
[color=red]Torna in te, Jhadar! Jahdar! Sarai tu il primo a soccombere se ti lasci ingannare da questi sortilegi da quattro soldi
.
Lo fissa negli occhi, io vedo solo l’espressione agitata e spaventata dell’omaccione. E’ questo quello che è successo al goblin, sotto il pozzo? Divorato dalla follia e dalla paura si è rannicchiato fino a morirne? Mi chiedo, guardando quello sguardo spaventato così simile al mio quando affrontavo il traditore Ianawi, che i Kami possano maledire il suo nome, e rendendomi conto di quanto sarebbe successo se non fosse riuscito a prevalere nella visione.
Vharam mi da ragione con le sue successive parole.
Cerca di raggirarci, di gettarci nel terrore, di renderci pazzi.
Proprio come pensavo.
Il capo aveva già deciso. Ormai non manca molto.
Eh?
La voce infastidita del mio compagno pone la stessa domanda che io stesso stavo per porre, fermandola in un incoerente borbottio quando mi accorgo di essere stato preceduto. Sbuffo. Che rabbia, quando succede così! E’ una cosa che non sopporto, quando mi tolgono la parola di bocca.
Ancora di più me la toglie l’idea che ci sia una miccia pronta ad esplodere sopra le nostre teste, intrappolandoci qua dentro. Mi detergo un freddo sudore dalla fronte, cercando di mantenere la calma ma credo che sia visibile a tutti quanto l’idea di ritrovarmi in trappola mi agiti: odio tutto ciò che limita la mia possibilità di muovermi, di decidere per me stesso. Mi ricorda troppo l’esperienza provata coi Korps, in quei terribili giorni nell’Akeran, chiuso in una gabbia sotto la rovente sferza del sole.
Traggo un respiro profondo, poi un altro. E poi un altro ancora per sicurezza.
Io non sarò intrappolato qua sotto. Posso andarmene quando voglio.
Eppure mi sento lo stesso bloccato da una consapevolezza, un senso etico che non credevo di possedere ancora sepolto sotto stati di cinismo e opportunismo.
E per questo che devo restare: se Jahdar dicesse il vero, cosa di cui dubito, e se davvero l’ingresso crollasse potrei essere l’unica soluzione per andare a cercare aiuto.
No. È assurdo.
Le parole agitate di Vahram fanno poi eco ad un altro pensiero ... ragioniamo in maniera simile noi due, mi pare, e traiamo le stesse conclusioni, cercando di capire cosa sta succedendo. Non mi dispiace quell’uomo.
Davvero Lord Akym sarebbe tanto stupido da buttare ai maiali tutti i suoi affari per sigllare il demone? E proprio quando ci siamo offerti noi per risolvere il vostro problema, per giunta. Che senso ha?
Ecco, io l’avrei detto in maniera un po’ diversa. Ma rende lo stesso l’idea. Non ho ricevuto nessuna impressione di ostilità nei miei confronti, Misdra non ne sapeva niente e ... e poi perché farla saltare con noi dentro, questa dannata miniera? Mi appello alla ragione per contrastare l’ansia che sale, puntando i piedi davanti alla paura innata e primitiva ma la verità è che devo sforzarmi con tutto me sesso per riuscirci, e quando parlo le parole le sputo fuori con violenza, con precisa volontà di negare le parole che non voglio sentire.
Non credo a quello che dici uomo.
Mi faccio avanti a fronteggiare Jahdar.
Ho il dono di percepire la malevolenza in quelli che mi circondano e non ho avvertito nulla del genere nel tuo capo. Credo invece che il demone, posto che esista veramente ed io ho iniziato a dubitarne, stia cercando di sviarci con questo ulteriore trucco.
Poi l’urlo verso il tunnel vuoto che ci aspetta.
SE AVESSE IL POTERE SI FAREBBE VEDERE IN FACCIA UNA BUONA VOLTA PIUTTOSTO CHE NASCONDERSI NEL SUO BUCO!
Ecco fatto.
Urlare a volte fa bene. Sono un po’ più calmo quando ritorno sui miei passi ad ascoltare altre farneticazioni, altre soluzioni. Un pozzo per l’aria ed un tunnel al livello più basso.
Però è vero che esistono uomini che hanno più valore di altri, e noi per un qualsiasi Lord locale non siamo certo una merce di grande valore. Mi spiace ma in questo momento Jahdar è lo stesso, per noi, in questo stato.
Vahram, Montu sono d'accordo con voi. Lasciare indietro qualcuno non è una cosa che mi faccia piacere ma dobbiamo risolvere questa cosa in fretta. Proseguiamo.
Quanto a te, Jhadar, non sei in tè in questo momento. Calmati. Io non credo che il tuo capo voglia far saltare la miniera. E' il demone che cerca di convincerti di questo, sfruttando le tue paure, il timore che noi tutti proviamo di rimanere intrappolati qui sotto
.
Il tono è tranquillo e deciso ora, come quello che si usa con un animale o con un bambino spaventato. Non sono così inumano da non provare almeno un po’ di pietà a lasciarlo così, senza cercare almeno di farlo tornare in sé.
Ma un uomo libero affronta le sue paure e le combatte. Non si fa sopraffare. Esse sono una catena che ci lega al passato, intrappolandoci in quello che siamo e non facendoci vedere quello che invece potremmo essere. Ora siediti ed immagina un Jhared privo di questa paura, rifletti sul fatto che se finora il demone ha cercato di rallentarci e bloccarci, probabilmente è perchè ci teme.
Sarebbe meglio se uno di voi
* indico inutilmente i due accompagnatori di Sapp, che disapprovano* restasse con lui: non dovrebbe restare da solo in queste condizioni. Noialtri possiamo proseguire invece.


Energia: 75%+5% oggetto usato alla fine del tunro precedente +5 usato quetso turno = 85%
Status Fisico: Illeso
Status Psicologico: 2/16
CS: 1 destrezza, 1 forza +4 velocità

Armi:
arco e frecce 15/15
spada
pelle resistente come un'armatura di ferro

Oggetti:
- Erba Ricostituente 0/2 (+5% energie ciascuna)
- Gemma della Trasformazione

Abilità Usate:
Abilità Passive:
- Chaos Istinct: passiva di auspex basata sull'ostilità rivolta verso Shimmen.
- In labor Force: passiva che dona un +2 cs sotto power up
- Non fa rumore e non lascia tracce al passaggio (dominio Assassino)
- Capacità di combattere anche se ferito gravemente (razziale)

Mantello dell'Esploratore: Esploratore dell'Ovest e Eroe del Nord.

Note Uso l'ultima delle erbe ricostituenti per recuperare ul ulteriore 5% di energia (l'altra usata il turno prima)
Ho aggiornato i consumi dal turno prima con un Basso della mia variabile difensiva Essence of Chaos (difesa variabile), un Medio di Fire (perga dardo di fuoco, danno medio singolo) ed un Medio di Fratello del vento (PU +2cs x due turni, portati a 4 dalla passiva In Labor Force)
 
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view post Posted on 19/3/2015, 00:07
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Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.
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Erano finiti gli incubi di tutti, ma lo sguardo di Jhadar non aveva riacquistato quella scintilla di vita e lucidità. L'enorme uomo, nella sua fragilità psicologica, crollò; e guardando nel buio che li aspettava tutti, fuggì.
All'ordine secco di Sapp i due beduin gli scattarono dietro, e poco dopo dall'ombra provennero i suoni della colluttazione tra i tre. Quando il gruppo raggiunse il fuggitivo lo travorono in lacrime, immobilizzato a terra.
L'uomo farneticava, e fece capire a tutti che i loro problemi non erano finiti lì, anzi.
Più si addentravano nella miniera, più le loro certezze venivano meno. I dubbi aumentavano ad ogni passo, mentre la loro mèta si confondeva nel buio, e assumeva forme sempre diverse. Quel demone era stato l'incognita entrando nella miniera, il montacarichi sabotato, la frana, le talpe, le ombre, gli incubi, le domande. E ora quello, una dannatissima miccia, che se veramente era stata accesa stava correndo inesorabile verso l'omicidio del gruppo, dei Pelleverde ancora lì rinchiusi e, se veramente esisteva, anche del demone.
Missione riuscita avrebbe gridato Akym tornando alla sua villa? Lo immaginava seduto comodamente in una stanza con un grosso camino, ad ascoltare le farneticazioni di un padre per cui non provava rispetto, e aspettare il momento propizio per conquistare un impero che era già suo. Probabilmente il padre glielo permetteva perchè era troppo vecchio per opporsi, sicuramente non troppo stupido visto che, da quello che aveva capito dalle voci dei lavoratori, la famiglia possedeva più di quella singola miniera. E lo stupido era proprio Akym, che pur di non aspettare qualche anno il naturale svolgersi delle cose cercava di accelerare i tempi, i tempi del tracollo di ciò che i suoi antenati avevano costruito con il sudore della fronte. I nonni risparmiano, i padri conservano, i figli scialacquano.
E la miccia correva, più veloce delle parole di Jhadar.
O forse quello era solo un suo incubo, un incubo che non era riuscito ad affrontare, e che ora lo stava perseguitando nella realtà. Ma loro cosa ne potevano sapere? Invenzioni, realtà, vita, morte. I beduin erano impassibili come sempre, Sapp muoveva distrattamente i piedi pensieroso mentre Al interrogava l'enorme uomo che ora sembrava solo un bambino spaventato. Malzhar aveva i suoi spettri a tormentarlo, i demoni di una vita passata che lo condannavano ogni giorno. E da quelli non puoi scappare, non puoi sotterrarli in una miniera o farli esplodere, se te li porti dentro.
Le parole di Jhadar non avevano convinto appieno nessuno, tutti avevano visto qualcosa. E Montu iniziò a chiedersi cosa avessero visto i suoi compagni. Sapp la fine del suo popolo? Che seguiva fin dentro una miniera infestata da un demone pur di rendergli la speranza strappata dagli schiavisti. I beduin una dose di loquacità? L'Eterno si chiese più volte se non fossero solo automi, privati della volontà e delle emozioni.
Estrasse la pistola, maneggiò un secondo il tamburo e poi si avvicinò a Jhadar, interrompendo l'interrogatorio di Al.
-Vuoi andare? Vuoi provare a raggiungere la superficie? Vai.
Non ha senso trattenerti contro la tua volontà, inizia a correre codardo, ma non farci perdere tempo con le tue lamentele; se Akym è un pazzo e usciremo vivi da qui pagherà il suo conto, e tu potresti aiutarci ad uscire, potresti ribellarti a chi ti sacrifica come un'inutile pedina.
Ma se hai ancora qualcosa da dire fa che sia qualcosa che voglio sentire, o premerò il grilletto.-

-No! Aspetta.-
Al lo interruppe a sua volta, e continuò a parlare. Parole a cui il Demone non prestò attenzione troppo intento a scrutare gli occhi vuoti di Jhadar che non sembrava nemmeno essersi accorto della pistola che puntava alla sua fronte.
Click.
Il cane sbattè sul tamburo, non incontrò il proiettile ma solo l'alloggio vuoto del bossolo.
Montu si scostò, non capiva perchè la paura non riuscisse a trovare spazio nella sua mente, o nel suo cuore, in quel momento.
Forse faceva troppo affidamento sul suo, di incubo. Forse credeva solamente che la mente dell'uomo non avesse retto ai poteri del demone, e si rese conto, a causa di una improvvisa e fugace fitta, che anche la sua mente iniziava ad accusare i colpi dell'essere, della miniera.
Dovevano affrettarsi, e convenne con tutti che lasciare lì Jhadar era l'unica cosa da fare.
Se avessero ucciso il demone sarebbero tornati a prenderlo, se loro sarebbero morti nello scontro, o se la miniera sarebbe esplosa... Jhadar non era in grado di rendersene conto. E in quelle condizioni morire vagando per il labirinto sotto la montagna o legati a terra non faceva molta differenza.



Energia: 125%
Status Fisico: Graffi all'avambraccio (danno Basso)
Status Psicologico: Indebolimento (danno Basso)
CS Forma Umana: +3 Astuzia

Armi:
Shokan: Riposta
Pistola: Riposta (5/5 colpi)

Armature:
Pelle Coriacea [Arma Naturale]

Oggetti:
Biglia Stordente: 1
Biglia Tossica: 1
Biglia Deflagrante: 1
Rubino: Forma Umana: +1 Forza; +1 Velocità; +2 Maestria nell’uso delle Armi. Forma Demoniaca: +2 Forza; +1 Velocità; +1 Intelligenza.
Gemma della Trasformazione
[Amuleto del Potere]

Abilità Usate:

Note: Nulla da segnalare, giusto qualche viaggio mentale di Montu durante il "colloquio" tra Al e Jhadar.
 
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view post Posted on 19/3/2015, 02:38
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Aper army
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Վեժի ~ Rou ~ ՃԳեր

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Verlos

Atto VI

(Vahram [pensato, lingua aramana], Malzhar, Montu, Shimmen, Sapp, Idir, Misdra, Jhadar, Akym.)


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Il buio e il gelo della miniera circonfusero nuovamente la vista dell’aramano. Si ritrovò disteso per terra, la pistola ancora fumante in mano e il mantello di Giselle scottante sulle sue spalle, come se quell’indumento vivente fosse stato infiammato da sentimenti tumultuosi. Alzò il capo, lasciandosi scorrere tra le dita la sabbia ghiaiosa, saggiando quella ruvida consistenza che tanto sapeva di realtà. Un forte mal di testa misto a un’angoscia morbosa lo attanagliava; se non fosse stato un uomo tutto d’un pezzo, avrebbe giurato di aver vissuto davvero quell’orribile incubo. Rabbrividì al solo pensiero del tremendo potere che aveva appena ammaliato tutta la squadra: negli occhi dei suoi compagni, sparsi intorno a lui, riusciva a scorgere il medesimo ansioso timore chi aveva appena guardato in faccia il terrore più grande della propria esistenza.
Vide a poca distanza da lui la lanterna ad olio riversa sul terreno, ma ancora accesa. La raccolse e scandagliò il terreno alla sua luce calda, ritrovando presto anche la lancia e le due talpe uccise poco prima, cadute poco distanti. Raccattò tutti i suoi averi, rinfoderò la pistola e non senza fatica si rizzò nuovamente in piedi.
Fece appena in tempo a vedere il colosso Jhadar dare di matto e tentare l’inutile fuga; i due beduin in men che non si dica gli furono addosso e lo immobilizzarono legandolo con le corde. Non era certo uno spettacolo rassicurante, o almeno per chi, a differenza di Vahram, fosse sufficientemente impressionabile da angosciarsi di fronte alla debolezza degli altri. L’aramano però non sembrò né spaventato, né preoccupato dello stato in cui versava il possente guardaspalle: la sua esperienza lo aveva reso piuttosto cosciente di quali capacità fossero in grado di sfoderare i demoni –sempre se davvero si trattasse di un demone. Inoltre i tormenti che aveva passato finora in quel posto non eguagliavano ancora per nulla le pene che gli aveva inflitto Sharuk durante gli ultimi anni del Crepuscolo.
Si rizzò in piedi di scatto e protrasse la mano con la lanterna in direzione della galleria deserta di fronte a loro: era come se una presenza tangibile e invisibile li seguisse. Cos’era esattamente?
Una volta appurato di essere i soli in quel sotterraneo dimenticato dagli dei, egli si voltò verso il povero disgraziato e coprì con pochi rapidi passi la distanza che lo separava da lui. Dunque gli avrebbe dato un sonoro ceffone, onde aiutarlo a tornare in sé, per poi accovacciarsi di fronte a lui e iniziare a sbraitargli in faccia:

«Torna in te, Jhadar! Jhadar! Sarai tu il primo a soccombere se ti lasci ingannare da questi sortilegi da quattro soldi.» Lo fissò negli occhi con uno sguardo tra il bieco e il severo. Tutta quella dimostrazione di codardia pareva disgustarlo. «Cerca di raggirarci, di gettarci nel terrore, di renderci pazzi. Ma sono solo trucchetti, nulla di più.» Cercò di incoraggiarlo, sebbene il volto dell’aramano sembrasse altero e insofferente alle sue pene.

«Trucchetti? Ahahah. Sì... è tutto un trucco. Il capo aveva già deciso.» Jhadar tentò per l’ennesima volta di forzare la stretta della corda che lo blocca, con vivo terrore negli occhi. «Ormai non manca molto.» La risposta lasciò Vahram spiazzato; odiava non riuscire ad afferrare al volo le cose.

«”Il capo"? "Non manca molto"? Ma cosa... Che diavolo vai blaterando?» Il cavaliere grigio aggrottò le sopracciglia, sorpreso e alquanto cinicamente infastidito dalla rude risposta.

«Non ci arrivi, aptal?» Rispose Jhadar, tradendo forte accento delle terre del sud, poi restò ad osservarlo, come cercando un muto aiuto.
«Boom! A quest'ora, la miccia sarà già stata accesa. Il demone era una falsità. Doveva essere un'invenzione.»

La rivelazione fu come un fulmine a ciel sereno. La miniera stava per essere sigillata con loro dentro? Quale motivo avrebbe dovuto spingere il capo della miniera compiere un simile e terribile gesto? Vahram rimase come impietrito per alcuni secondi, poi infine si rizzò di scatto in piedi, colmo di dubbi.

«No. È assurdo.» Scosse la testa e tornò a fissare Jhadar negli occhi. «Non hai capito, aper: è il mostro che c'è in fondo a questo buco di merda che ti sta annebbiando la mente! Gioca con le nostre paure, sta cercando di sviarci!» Iniziò dunque a passeggiare avanti e indietro nervosamente. Nonostante le parole che aveva appena detto, si poteva chiaramente notare la vaga incertezza che segnava il suo volto. «Davvero Lord Akym sarebbe tanto stupido da buttare ai maiali tutti i suoi affari per sigillare il demone?» Cercò di riordinare i pensieri. «E proprio quando ci siamo offerti noi di risolvere il vostro problema, per giunta. Che senso ha?!» Restò in silenzio per alcuni istanti, cogitabondo.
«No... non ci credo. È un inganno di quell'essere!» Cercò di convincersi, non senza sforzo. «Perché mai il vostro capo dovrebbe farlo, altrimenti?» Volse il suo sguardo verso Misdra, come per elemosinare una conferma.

Misdra passò lo sguardo tra Vahram e Jhadar, alquanto sorpreso e angosciato. «Non guardare me, ne sono all'oscuro. Altrimenti credi che sia così idiota da venirvi appresso, se sapevo che voleva far esplodere la miniera?» Rispose, giustamente.

«Perché? Vuoi sapere il motivo? Era già deciso, l'aveva già deciso. Demone o meno, la miniera sarebbe stata fatta saltare in ogni caso.» Jhadar perseguì nel suo delirio.

«E tu come lo sai? Come fai ad esserne così sicuro?» Ribatte il cavaliere, cominciando visibilmente a stizzirsi a causa di quell’assurda situazione. «Cosa diavolo hai visto, esattamente?»

«Come lo so? "Jhadar, quando torna accompagna il pelleverde e i suoi uomini nella miniera. Accompagnali fin dove non è possibile scappare. Hai tempo a sufficienza per andare e tornare, prima che le cariche verranno fatte esplodere.” Questo è quello che ha detto il capo. Lo ha detto lui, è sicuro che è così.»
Ormai non provava più nemmeno a forzare la corda, come se si fosse rassegnato a una fine inevitabile.
«E poi cosa importa di quello che ho visto? Tanto è tutta una finzione...»

«E Misdra?» Vahram aveva ancora molti dubbi.

«Misdra? Ahah, è un semplice scavatore. Gente come lui se ne trovano ovunque. Come noi...»

«Non credo a quello che dici uomo.» Intervenne improvvisamente lo spadaccino dai capelli rossi. «Ho il dono di percepire la malevolenza in coloro che mi circondano e non ho avvertito nulla del genere nel tuo capo. Credo invece che il demone, posto che esista ed io inizio a dubitarne, stia cercando di sviarci e rallentarci con questo ulteriore trucco.»

«Cosa ti aspettavi kızıl, che il capo l'avesse a morte con ognuno di voi? Non ha motivo di farlo, non ne ha bisogno. Aveva già deciso, ben prima che voi fessi arrivaste.» Gli rispose Jhadar, alzando disperatamente la voce come se ciò bastasse finalmente a convincerli. Le sue parole riverberarono in profondità nelle gallerie.

«Mentre ha motivo di avercela a morte con il mio amico Sapp, o con i pelleverde in generale?» Parlò ancora Shimmen.

«Solo voi sciocchi vi preoccupate per quelli. Il capo se ne sbatte dei pelleverde e di noi, gli interessa solo che la miniera renda. E una miniera inutile è una miniera da chiudere.»

Vahram sospirò, desideroso di concludere al più presto quella delirante conversazione. Si rivolse a Misdra.
«Non esiste altra uscita? Non so... anche un pozzo verticale per il ricambio dell'aria o magari un fiume sotterraneo potrebbero fare al caso nostro.»

«Esiste un pozzo per l'aria, ma è praticamente un budello buono per una talpa. Esiste un possibile percorso di fuga, si trova nella galleria inferiore a noi. È praticamente un tunnel esplorativo che sbuca da qualche parte nel fianco della montagna, non ricordo bene.»

Udita l'opinione di Misdra, Vahram annuì. Si lisciò la barba, sempre riflettendo sul da farsi. Sembrava aver riacquistato un po' più di calma, rispetto a poco prima. Dunque passò lo sguardo su tutti i presenti, come per assicurarsi la loro attenzione, e iniziò nuovamente a parlare.
Lieto di udire che probabilmente c’era ancora qualche speranza di uscire, nel caso le affermazioni di Jhadar si fossero rivelate veritiere, cercò di focalizzare l’attenzione – e l’ordine – della compagnia.

«Avete sentito, aperes?» Disse, indicando col un gesto della mano Misdra. «Forse non tutto è perduto.» Guardò Jhadar. «Ma d'ora in poi dovremmo restare uniti e sostenerci vicendevolmente, altrimenti questo maledetto ipogeo sarà la nostra tomba. Rimanderemo la discussione a quando saremo tornati in superficie.»
In silenzio li osservò tutti uno a uno.
«I demoni possono avere molti volti, molte nature differenti, è vero... ma ogniqualvolta ne incontriate uno, sappiate che avrete a che fare con un... predatore.
Allontanatevi dal branco e lui vi prenderà.
»
Osservò altero le espressioni dei presenti.
«Restate col gruppo. Anche con la testa. Se davvero tutte queste stronzate non sono una farsa, allora siamo in una situazione critica. Tenetevi lucidi, e saldi.» Sottolineò le sue parole battendosi l'indice sulla tempia. «Non coltivate idee strane, non lasciatevi tentare, altrimenti è finita.»
Infine si approcciò di nuovo a Jhadar.
«E tu, aper? Da che parte stai ora? Con un nobile moccioso che ha appena firmato la tua condanna a morte... oppure con noi?»

«Cambia qualcosa? Ormai, sono rassegnato a finire qui dentro i miei giorni.» Piagnucolò ancora il guerriero. Non era però la risposta che voleva sentire Al Patchouli.

Il sicario incrociò le braccia e restò a studiarlo in silenzio per alcuni secondi, guardandolo con sufficienza.
«Ah, è così?» Esclamò, in tono marcatamente sardonico, annuendo col capo. «Siamo nove persone: Shimmen, Montu, Malzhar, Sapp, Ata, Idir, Misdra...» Elencò tutti i presenti, indicandoli a uno a uno come se desiderasse che Jhadar li guardasse attentamente in faccia – e palesando di aver memorizzato accuratamente tutti i nomi dei suoi compagni, come suo solito – «...Al Patchouli... e te, Jhadar.» Terminò l'annovero indicando se stesso e il suo interlocutore. «Siamo tutti nella stessa pozza di letame, aper. E il tuo amico...» Additò Misdra. «...ha appena detto che forse c'è una via d'uscita. E tu, il più grosso e possente tra noi, sei rassegnato a finire qui dentro i tuoi giorni?» Scosse la testa, il suo tono si fece caustico. «Ma non ti vergogni di dire certe cose? Davvero non hai nulla per cui valga la pena continuare a combattere? Un figlio, una moglie... famiglia...» La sua sensibilità sterile faticò a esumare altri esempi. «...un cavallo, uhm... un cagnolino? Neanche per la tua stessa vita?» Lo guardava provocatorio tradendo un velato fastidio, come se si aspettasse una reazione da parte sua. Sembrava insofferente verso il suo comportamento e la situazione drammatica che stava vivendo.

«Io sarò forse rassegnato ma voi siete sicuri di arrivarci, a quell'uscita? Quante possibilità ci sono che il demone sia al piano sottostante? Che ci stia aspettando appena mettiamo piede? Io conosco una sola cosa: che forse riesco ancora ad uscire, se vi mollo ora e ci lascio il cuore nella corsa.
O forse no, è già troppo tardi per colpa del demone e dei vostri inutili orchetti. O magari, magari è ancora presto perché diano fuoco alle polveri.
Non sono più sicuro. Nemmeno di quello che sto dicendo...
»

A quel punto fu chiaro che la mente di Jhadar era sin troppo confusa. Ad un tratto si fece avanti Montu. L’energumeno estrasse la sua arma da fuoco e la punto al volto del soldato.

«Vuoi andare? Vuoi provare a raggiungere la superficie? Vai.
Non ha senso trattenerti contro la tua volontà, inizia a correre codardo, ma non farci perdere tempo con le tue lamentele; se Akym è un pazzo e usciremo vivi da qui pagherà il suo conto, e tu potresti aiutarci ad uscire, potresti ribellarti a chi ti sacrifica come un'inutile pedina.
Ma se hai ancora qualcosa da dire fa che sia qualcosa che voglio sentire, o premerò il grilletto.
»

Vahram inizialmente approvò il suo gesto, essendo chiaro che probabilmente Montu cercava semplicemente di spronarlo a suon di minacce. Improvvisamente però il sicario cominciò a maturare dubbi repentini, un andirivieni di ripensamenti: forse si stavano tutti sbagliando. Infine, come scosso da un lampo, ci ripensò.

«No! Aspetta.» Fece un passo verso Montu. «Forse... Forse stiamo tutti commettendo un errore... Tutta questa discussione continua a sembrarmi sempre più assurda.» Dopo tutto il caos scoppiato pareva anch’egli molto disorientato. «È in evidente stato confusionale.» Si sforzò un po' prima di fare una scelta, tra le poche e difficili che la situazione permetteva. «Non possiamo tornare indietro: ci metteremmo ore. Non possiamo portarlo con noi, non è in grado di proseguire, né di tornare indietro. Ci sarà solo di peso, o peggio.» Prese fiato. «Lasciamolo qui. Se la sua storia è frutto di una malia, con un po' di fortuna lo potremmo ritornare a prenderlo... se lo troveremo ancora vivo.» Lo disse, ma non sembrava molto convinto.

La situazione chiaramente lo richiedeva, e nella posizione e il rischio in cui si trovavano era chiaro quanto doloroso che non potevano permettersi il lusso di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Si decise infine all’unanimità di abbandonare Jhadar in quel posto.

Forse il demone si sarebbe avventato sulla gazzella separata dal branco.
Forse non sarebbe sopravvissuto più di un’ora da solo in quel luogo.
Forse lui aveva ragione e ben presto sarebbero morti tutti quanti.

Di certo però sarebbero morti se non fossero proseguiti alla svelta.
L’influenza del mostro premeva, sempre più potente,
sempre più assillante, sempre più logorante.



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~~O~~O~~O~~ PG ~~O~~O~~O~~
Fascia: Rossa
Pericolosità: D

CS: (4)
2 Intuito, 1 Tattica, 1 Tempra


Basso 5% | Medio 9% | Alto 18% | Critico 36%

~~O~~O~~O~~ Salute ~~O~~O~~O~~
Corpo (Alto+Basso):
Graffio sulla guancia (Basso), ferita dietro spalla sx (Medio), contusioni su tutto il corpo (Medio).

Mente (Alto+Medio):
Inquietudine (Basso+Basso), Stordimento (Medio), danni mentali (Medio).

Energie: 59%

~~O~~O~~O~~ Strumenti ~~O~~O~~O~~
Armi:
Yen Kaytsak: In mano.
Spada: Infoderata.
Arco (15): Infoderato.
Pistola (3): Infoderata.

Armature: Brigantina.
Oggetti: Biglia dissonante.


~~O~~O~~O~~ Abilità Passive ~~O~~O~~O~~

[Mamūluk ~ Abilità razziale Umana (Audacia)] Gli schiavi guerrieri sono vere e proprie macchine da guerra plasmate per affrontare irriducibili gli sforzi più inumani e le condizioni ambientali più estreme. Possono combattere senza posa per giorni interi. Raggiunto il 10% delle energie infatti, un mamūluk non sverrà. Ciò però non significa che non sarà stanco raggiungendo il 20% e non morirà raggiungendo lo 0%.

[ Disilluso ~ Passiva di talento Stratega (Capacità di discernere le illusioni)] La sua integrità mentale e il suo inumano addestramento lo resero congeniale ad affrontare senza timore anche la magia o le malie psioniche. Per questo motivo, nel caso in cui si trovasse innanzi ad una illusione, sarebbe sempre in grado di discernerla come tale, pur non dissolvendola né distruggendola.

[ Imperturbabile ~ Passiva di talento Stratega (Difesa psionica Passiva)] Addirittura, esistono alcuni nemici talmente potenti da poter manipolare la mente di chi sta loro intorno senza neppure doversi impegnare per farlo: è un processo naturale, che avviene spontaneamente con la semplice vicinanza e si diffonde come un'aura passiva tutt'intorno a loro. Ma simili poteri non influenzano Vahram: si rivelano inutili dinanzi alla sua sterilità emotiva e la sua totale estinzione della percezione della paura.

[ Irriducibile ~ Passiva di talento Stratega (Immunità agli effetti mentali)] La pervicacia e la ferrea disciplina dei mamūluk sono tanto proverbiali quanto terrificanti. Non demordono nel perseguire il loro obiettivo anche quando la loro mente è incredibilmente danneggiata. Per tale motivo, Vahram è tanto incrollabile e caparbio da essere pressoché insensibile al dolore psichico e a qualsiasi effetto di natura psionica, pur riportando i normali danni alla mente.

[ Flessibile (Pergamena Guerr. Tattiche di combattimento) ~ Passiva fisica (Padronanza del campo di battaglia)] In quanto ex membro delle Squadre Speciali dei Lancieri Neri e sicario professionista, Al Patchouli è addestrato a elaborare strategie e tattiche che sfruttino a suo favore il terreno circostante. Possiede dunque capacità di trarre vantaggio del terreno e delle circostanze in qualsiasi situazione di battaglia: strategie, tattiche, intuizioni. In combattimento ciò potrà anche tradursi nell'abilità di vincere scontri fisici a parità di CS, grazie alla superiore conoscenza del terreno di scontro.

Ricordo di cenere
[Malus Passivo] Vahram avrà nei suoi ricordi la mente di una bambina a lui sconosciuta che brucia tra le fiamme; non conta come un'influenza passiva, ma come un semplice spunto narrativo. Il guerriero ricorda anche il nome della bambina: Giselle

[Passiva Psionica (Obnublia i sensi dei nemici in prossimità)] Assecondando quella memoria, quel lutto mai affrontato e superato, Vahram saprà rievocare parte del dolore e della pena a cui non ha potuto opporsi. Appena sarà sua intenzione farlo, la cappa comincerà a perdere cenere dalle bruciature senza che alcuna fiamma la arda. La sottile polvere grigia si solleverà come nebbia offuscando i sensi di chi sarà abbastanza vicino al portatore pur potendovi scorgere attraverso. La sintomatologia della cenere avrà valenza di malia psionica passiva e difendibile in quanto tale.

[Passiva (La cenere può essere usata per portare attacchi fisici)] Ma la cenere potrà essere anche adoperata per altri fini, per infliggere un bruciante dolore, lo stesso che la piccola Giselle dovette sopportare nel suo piccolo inferno in terra, poiché nessun demonio – o quasi – raggiunge la malvagità insita nell'uomo. Vahram sarà infatti in grado di utilizzare la cenere posatasi sul terreno e quella ancora per aria come fosse un'arma, manipolandola a suo totale piacimento. Ustionanti al contatto, gli attacchi non avranno valenza di tecnica ma solo di attacco fisico, la loro potenza sarà direttamente proporzionale alle Capacità Straordinarie in suo possesso e potranno avere origine solo nelle sue strette vicinanze.


~~O~~O~~O~~ Abilità Attive ~~O~~O~~O~~


(Nessuna)


~~O~~O~~O~~ Sunto ~~O~~O~~O~~


Post quasi interamente di collage dialogo. Perdonate eventuali errori.
PS: corretti i danni psionici subiti durante la discesa e i colpi di pistola rimanenti.

 
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39 replies since 29/12/2014, 11:41   1009 views
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