Il vento caldo delle terre del sud accarezzò il volto e i capelli di Lena, troppo impegnata ad osservare lo splendore di Qashra per schermarsi dalle folate sempre più forti. Il sole stava calando sulla città, coprendola con il velo stellato della notte, e Lena fu meravigliata nel vedere una miriade di luci accendersi pian piano, incastonandosi tra le cupole della civiltà nanica in concerto con l'illuminarsi delle stelle nel cielo buio.
Lena era già stata nel Sultanato per studiarne l'immenso patrimonio culturale, ma non si era mai soffermata sulla meraviglia di quel luogo. Il dolore forse l'aveva accecata e solo ora stava ricominciando a vederne la bellezza. Per quanto quel pensiero fosse ottimistico, Lena non poté che mordersi il labbro inferiore ripensando alla malinconia contraddistinta dall'allontanarsi di ricordi così intensi e diversi tra loro, ricordi che avrebbe voluto tenere stretti a sé senza vederli sbiadire nel passato.
Forse in un'altra vita avrebbe potuto percorrere le grandi sale dei palazzi e avrebbe potuto condividere i suoi studi con i saggi nani, forse si sarebbe anche fermata in quel luogo così vivo e vivace, allontanandosi dagli intrighi di Basiledra e dalla boriosità delle sue università. Forse... «Signora?» La voce squittente del conducente della carovana la risvegliò dai suoi pensieri. Lena lo guardò in modo arcigno e quando quello la esortò a salire sul carro, lei prese i pochi averi che aveva portato con sé e disse che se la sarebbe cavata da sola da quel punto in avanti. Pagato il conducente, la carovana si diresse verso la città lasciando Lena su quello sperone roccioso scosso dal vento. La traversata del deserto dei See era stata ardua e avevano evitato per miracolo una Marea, una delle caratteristiche tempeste di sabbia del deserto che avrebbe potuto sbaragliare completamente il convoglio. Lena era esausta, e non si sarebbe voluta separare presto dalla vista ristorativa della città.
Si sedette sul bordo del precipizio, accarezzando uno degli sparuti ciuffetti d'erba con la mano sinistra ed osservando la prossima meta del suo viaggio malinconicamente.
Non ti dimenticherò mai.
Dopo un breve tragitto, Lena arrivò a Qashra. Ad accoglierla non fu il caos e la vitalità, ma una tranquillità silenziosa più tipica della notte, ora completamente regnante nei cieli dell'Akeran. Le strade della capitale erano ancora popolate ovviamente, e nei quartieri più vivaci si potevano udire gli schiamazzi di qualche grande celebrazione -forse un matrimonio? Lena percorreva lentamente le strade, ancora non completamente sicura di voler cercare immediatamente un posto in cui dormire -l'indomani sarebbe dovuta partire all'alba, abbandonando Qashra per chissà quanto altro tempo ancora. C'era tanto che avrebbe voluto visitare, per una volta lontana dai libri ammuffiti e dai nomi impronunciabili, per una volta libera dai petulanti e capricciosi clienti che le chiedevano gli di risolvere i casi più insignificanti. Lena non aspirava alla gloria, ma certamente avrebbe preferito esercitare la sua professione in un ambiente più accademico, più colto, più interessante e dalle offerte più intriganti di quanto non fosse tra le strade più umili di Taanach. L'investigatrice agognava per i grandi misteri, per il fascino dell'ignoto, il brio della scoperta. Era contenta della sua sistemazione, ovviamente. Al pensiero che avrebbe presto rivisto Marcus e Maximillian Lena sorrise, appoggiandosi pigramente ad una cancellata.
Davanti a sé si apriva un giardino pensile degno della più grande aristocrazia, con sottili corsi d'acqua che andavano a confluire in un'impressionante cascata. L'acqua fluiva in modo da garantire che fosse riciclata e tornava al piano superiore, nel giardino, solo per poi ricadere nel grande pozzo posto al livello inferiore. Lena immaginò che all'alba quel luogo si sarebbe riempito di nane venute a prendere l'acqua per la giornata, e che poi si sarebbero dirette verso il mercato o nelle loro case, dalle loro famiglie. Era un perfetto meccanismo di ingegneria strutturale e sociale. Era l'utopistica prosperità garantita dagli sforzi del Primo Sultano.
Lena osservava quel mondo dietro ad uno sguardo di celata tristezza, come se quella cancellata fosse davanti a sé e non alle sue spalle. Eppure era una barriera fragile quella, sottile come un foglio. Era lei che non voleva strapparlo. E presto si sarebbe rinchiusa di nuovo nel suo studio, davanti ai grimori ammuffiti, cercando di decodificare tutti i misteri della vita dal punto più lontano possibile da essa.
Basta, si disse. Quei pensieri stavano rovinando quanto di bello Qashra potesse offrirle.
Lena tornò a immergersi nella vita notturna della capitale del Sultanato, questa volta evitando le sfere più alte e magnifiche del centro urbano ma dirigendosi verso le sue più remote estremità, tra le strade ancora brulicanti di vita, le luci della mondanità e le voci dei contadini venuti a prendersi una sbronza. Non poté fare a meno di sentirsi un po' fuori luogo nella locanda in cui scelse di restare: benché non altissima, la figura snella e aggraziata di Lena emergeva tra quelle dei nani in modo discordante, come una spiga di grano in un prato verde. Ma gli abitanti di Qashra non la degnavano di troppe attenzioni, concedendole fugaci sguardi prima di ritornare al boccale di birra o allo spudorato corteggiamento. Non aveva idea di che ora fosse, ma i segni della stanchezza erano come spariti dal corpo dell'investigatrice. Non si sarebbe certo messa a correre, ma era rilassata e pacifica -sicuramente Maximillian sarebbe stato felicissimo di vederla così invece del più caratteristico carattere aggressivo e pungente che la contraddistingueva. Ma che altro avrebbe potuto farci, lei? Era un'investigatrice, e la grinta era necessaria per avere un minimo di richiesta e guadagnarsi il pane. Mentre faceva questi discorsi farfuglianti fra sé e sé, Lena si avvicinò distrattamente al bancone e ordinò un pasto. Rimase a fissare il piatto fumante di carne in brodo che le portarono poco dopo per qualche istante, finché un nano particolarmente paffuto si sedette sullo sgabello affiancato al suo. Lena lo guardò per un secondo con interesse prima di tornare alla sua cena di mezzanotte: era un nano dal tipico aspetto tarchiato, sicuramente grasso e con una lunga barba grigia e increspata da continui maltrattamenti. Nonostante l'aspetto un po' trasandato, il suo odore non sembrava identificarlo come un mendicante, inoltre i suoi due grandi occhi grigi possedevano un certo bagliore che Lena non mancò di identificare come segno dell'antica tenacia nanica. «Signorina, concedetemi un momento di attenzione.» Disse il nano con artificiosa cortesia, sicuramente non appartenente ai suoi soliti discorsi. Lena aveva appena infilato un boccone di carne tra le fauci, quindi gli rispose affermativamente con un gesto distratto della forchetta. «Perdonate l'indiscrezione, ma non sembrate provenire da Qashra. Sarei molto interessato a sapere qual'è la situazione al di fuori della città... sapete, per la rumoreggiata piaga...» Nel pronunciare quelle parole, il nano abbassò percettibilmente la voce. Lena si fece immediatamente più seria.
La corruzione.
Quella era la voce che circolava incontrollabile per tutto l'Akeran da quando le tre maggiori città della regione -Taanach, Qashra e Dorhamat- avevano preso misure eccezionali per scongiurare il pericolo di un'invasione di demoni che ogni giorno sembrava sempre più una realtà. Neppure l'opulenza del Sultanato e il benessere che concedeva ai suoi abitanti sfuggivano all'ombra di inquietudine che quella minaccia gettava ovunque: la corruzione era una forza invisibile che infettava i cuori dei viventi con la malignità, distorcendo anima e corpo di chi incappava nella sua gelida presa. A tenere le briglia di questa forza oscura c'era l'Ahriman, il signore dei demoni, anche se alcuni dicevano che fosse la corruzione stessa a comandare la sua volontà e non il contrario.
Lena e il nano discussero a lungo sull'incombente piaga della corruzione e sulla situazione politica e militare dell'Akeran in rapporto alla crescente minaccia. L'investigatrice fu molto sorpresa dal parlare preciso e attento del nano, dal suo atteggiamento lucido e la sua vasta conoscenza. Presto la discussione virò sul passato di Qashra, sul Primo Sultano Jahrir e la sua fedele compagna di vita Shaelan, sul mistero del ripristino della città, l'Asgradel e la morte del Kahraman.
Lena era affascinata, ma anche ormai terribilmente assonnata. Probabilmente era la cena ad averla stesa. Il nano le parlò di una spedizione verso Taanach che sarebbe partita proprio la mattina seguente e Lena lo ringraziò promettendogli di offrirgli il miglior servizio possibile in caso avesse mai avuto bisogno delle sue capacità investigative. I due si congedarono presentandosi, in quello che per il dispiacere di entrambi sarebbe probabilmente stato un addio.
« Mi chiamano Akhar Occhiogrigio, signorina. Spero tornerà. »
« Temo di non potervelo promettere, Akhar. Ma se vi capiterà di arrivare a Taanach, vi prego -
cercate Lena Lauren, l'investigatrice. »
~
Quando la luce dell'alba inondò Qashra, Lena era già sveglia.
Abbandonata la locanda, Lena racimolò quel che rimaneva dei soldi che aveva a disposizione e comprò provviste e abiti nuovi, gettando quelli reduci dal viaggio nel deserto. Era sicura che non c'era alcun bisogno di imbellettarsi per il tragitto che avrebbe dovuto percorrere insieme a chissà quale compagnia, ma visto che non se ne parlava di rimettersi a dormire Lena decise di dedicare quel poco tempo che le restava a Qashra dedicandosi a sé stessa. Una nana particolarmente affabile le diede carta bianca, ponendola di fronte ad uno specchio altezza-uomo (era una bottega piuttosto fornita). Lena decise di comporre la sua caratteristica treccia, visto che tenere i capelli sciolti era sconveniente per lei e spesso distraente per gli uomini che la circondavano; prese una camicia candida dai ricami floreali e la abbottonò fino al collo, un paio di calzoni da uomo neri, degli stivali nuovi ed un mantello corto dai risvolti in velluto che cadeva solo fino alle cosce. L'investigatrice se lo mise sulle spalle senza legarlo alla camicia e si assicurò che Misericordia fosse ben salda all'interno delle sue pieghe. Mentre compiva questo rito quasi capriccioso, i suoi gesti perdevano la solita frenesia, diventando calmi, precisi e delicati. Si sistemò infine i due orecchini a cerchio nei lobi e rimirò l'opera compiuta nel riflesso dello specchio, soddisfatta. La sarta la guardava con interesse, e quando la notò, Lena distolse immediatamente il suo sguardo girandosi imbarazzata. Fece del suo meglio per ricomporre la sua solita espressione dura e inflessibile, pagò ed uscì verso la sua prossima meta, con la mente più libera e serena, impaziente di tornare a casa. Sapeva che non era un viaggio facile quello che la attendeva, soprattutto dopo aver parlato con Akhar Occhiogrigio. Tuttavia non si lasciò scoraggiare -avrebbe sorpassato qualsiasi ostacolo pur di tornare da quella che ormai definiva la sua famiglia.
Lena impiegò poco tempo ad uscire dalla città. Portandosi in spalla un sacco con gli oggetti più indispensabili e le provviste, si inoltrò in una minuta macchia di vegetazione poco lontana dalle mura. Estrasse la daga dalla cintura che legata ai suoi calzoni e iniziò a farsi strada nel fogliame, senza notare segni di passaggio recenti. Evidentemente anche dopo aver perso tutto quel tempo alla bottega era arrivata per prima al punto di incontro.
La vegetazione smise di intralciarla dopo poco. Lena si ritrovò in uno spiazzo privo di alberi o cespugli, generato dalla caduta di un vecchio albero ora diventato tronco senza vita. Sembrava che per timore di invadere quella tomba, il resto dell'oasi avesse deciso di starne alla larga. Lena si sedette sul vecchio tronco e iniziò a lisciare un rametto con la daga, pazientemente. Chi avrebbe risposto all'appello? Lena aveva bisogno di quella compagnia per tornare a Taanach. Le carovane che di solito percorrevano quel tragitto ora sceglievano di allungare la strada di due settimane pur di non sfiorare nemmeno il territorio più controllato dai demoni, e chi ci provava scompariva nel nulla molto spesso a testimonianza della veridicità sull'avanzamento delle forze corrotte. Immersa in questi pensieri Lena non si accorse del frusciare delle foglie, e quando alzò lo sguardo notò una coppia di nani di fronte a sé. Ripose velocemente la daga e li salutò con tutta la gentilezza che era in grado di mostrare: «Salute, mastri nani. Suppongo che siate voi a necessitare di accompagnatori per un viaggio verso Taanach?» I nani erano una coppia: un maschio dai lineamenti duri, piccoli occhi scuri e un corpo costruito per la battaglia; la femmina aveva tratti più addolciti e tutto di lei -dal modo di camminare al fianco del compagno rimanendone un passo indietro, agli sguardi indagatori che rivolse sia all'investigatrice che all'altro nano per sondarne la reazione, sembrava suggerire a Lena che i due si conoscessero da tempo immemore, forse che ci fosse anche un rapporto sentimentale dei più profondi. Lena fu subito incuriosita dagli occhi di lei, il cui sguardo possedeva grande autorità e tristezza.
«Supponi bene» Le rispose il nano, facendosi avanti. «Il mio nome è... Dhweg, e lei è mia moglie Shaelan.» Lo sguardo di Lena si fece di ghiaccio, ma l'investigatrice non si scompose di un millimetro dinnanzi alla menzogna del nano. Curiosamente, egli aveva deciso di nascondere la sua identità ma non quella della moglie, il cui nome era curiosamente lo stesso della compagna di Jahrir, il Primo Sultano. Lena non poté fare a meno di essere sospettosa, rimanendo indecisa sul fidarsi o meno di "Dhweg". Decise di indagare: «Permettetemi di presentarmi: il mio nome è Lena Lauren, di professione investigatrice, e sto tornando nella città dei mercanti dopo recenti affari nelle terre più a nord. Se posso permettermi di chiedervelo, quale interesse vi spinge ad abbandonare Qashra?»
Shaelan prese parola. «Abbiamo degli affari da svolgere a Taanach, e non vogliamo rischiare di rimanere intrappolati qui quando il Sultano deciderà di chiudere le porte di Qashra. Sai, per le cattive notizie che arrivano dallo Sürgün-zemat.» Lena annuì, ricordando con una certa inquietudine le parole di Akhar. Pensieri simili si fecero strada nella mente di Dhweg, il cui sguardo di incupì. «A tal proposito, dobbiamo metterti in guardia: lungo il cammino potremmo incappare in ostacoli ben più pericolosi di semplici furfanti. Ritieni di poter dare il tuo contributo, in simili circostanze?» Lena esitò. Il tono di Dwheg era fermo e sicuro, il suo volto era severo. Una risposta negativa si sarebbe sicuramente tradotta nella perdita di quella opportunità, quindi Lena non poté fare altro che mostrare le sue carte. «Ammetto di non essere la migliore delle combattenti,» e dicendo ciò scostò un lembo della mantella, rivelando la sua pistola Misericordia, tra l'altro figlia proprio degli studi che Lena aveva effettuato a Qashra. «...ma so difendermi, se necessario. Devo tornare a Taanach, nella mia gilda e casa: permettetemi di unirvi alla vostra compagnia e vi assisterò al meglio delle mie capacità. Non c'è trappola o menzogna che io non sappia riconoscere, sono sicura che vi sarò utile.» Accompagnò quelle parole con un ovvio ammiccamento verso Dwheg, mostrandogli di aver compreso che il nano le aveva dato un nome falso. Gli sorrise pacificamente, sperando di aver reso chiaro il fatto che ingannarla non gli sarebbe servito a nulla. Ma era anche vero che ci potevano essere una miriade di motivi dietro a quella menzogna, motivi che non c'entravano con gli affari di Lena e che probabilmente non lo avrebbero fatto mai. Quel compromesso fu compreso e accettato dal nano in pochi istanti, anche se il suo sguardo incerto non lasciò dubbi sulla sua indecisione. Tra Lena e Dwheg si creò una fiducia precaria.
Shaelan sigillò l'accordo: «La mente è importante quanto il braccio. Saremo lieti di averti fra di noi.»
Lena finalmente si rilassò, smettendo di crucciarsi sulla menzogna di Dwheg. In pochi attimi arrivarono anche gli altri componenti del gruppo: Ged, un uomo dalle movenze sinuose e una lunga chioma bionda che riconobbe come appartenente ad una stirpe dragonica, un viaggiatore abbastanza arrogante (anch'egli di stirpe dragonica, per la sorpresa di Lena) e un uomo dall'aspetto ancora più particolareggiante, Xari Drenthe, che incuriosì l'investigatrice per via del colorato abbigliamento.
Svolti i convenevoli, la compagnia era ormai fatta.
L'investigatrice non sapeva cosa sarebbe successo durante quel viaggio, e ne era anche lievemente spaventata. C'era una cosa di cui poteva essere certa, guardando all'orizzonte:
l'Ahriman li stava guardando tutti.
Risorse
Energia: 100%
Fisico: 75%
Mente: 125%
Passive utilizzate
Lena può riconoscere le menzogne (utilizzi: 5/6)
Lena può riconoscere la razza altrui (utilizzi: 5/6)
Lena può venire a conoscenza delle generalità storiche del territorio (utilizzi: 5/6)