Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Figli del Fato ~ Stўgis, dall'abisso

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view post Posted on 15/3/2015, 20:02
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« figli del fato ~ stygys »



Sfoglio i libri senza riuscire a trovare ciò che cerco.
Sento di averlo già sentito, ma non ricordo dove, né quando. Sento di aver già avvertito questo senso di impotenza misto all'adorazione. Ma quando? Non lo ricordo, anche se vorrei farlo. Vorrei ascoltare nuovamente le gesta di quegli eccezionali guerrieri, sentirmi attratto e spaventato da loro, incapace di emularli eppure in attesa di avvicinarmi a loro. Darei tutto ciò che ho per ritrovare quelle sensazioni, eppure è tutto così sfuggente e nebuloso. Che stessi solo sognando? No, non credo. Era una realtà troppo vivida per poterla comparare a quelle dei sogni. Le mie emozioni erano reali, ne sono certo; così come era reale colui che mi aveva narrato le loro storie, le storie dei Figli del Fato. A proposito, chi era? Non ricordo nemmeno questo particolare. Si faceva chiamare l'Autore, o qualcosa del genere, ma non ricordo nemmeno il suono della sua voce. Per certo, però, so che la stessa era in grado di evocare in me decine di sentimenti contrastanti tra loro. Mi manca quella sensazione di spaesamento continuo. Mi manca ascoltare le loro storie, mi manca tutto di loro, persino i loro continui fallimenti, che innalzavano il nome di coloro che riuscivano a farcela.
Voglio rivivere quella sensazione, ma non so come poterlo fare.
Forse, e dico forse, potreste raccontarmela voi. Sì, voi mi sembrate le persone adatte per questo lavoro.

Perciò ditemi - e siate sinceri, ve ne prego, siete in grado di raccontarmi le loro storie?

~

La storia di ognuno di voi si è spostata, per un motivo o per un altro, nella regione dell'Edhel, proprio mentre i Demoni della Corte dell'Abisso stanno provando a conquistarla. Forse siete qui perché cercavate fortuna nel trambusto della battaglia, forse perché assoldati come mercenari dai cittadini di Lithien, o forse vi siete spinti nelle terre fredde dell'Edhel solo per il vostro spirito temerario. Ognuno di voi avrà accolto la notizia dell'invasione dei demoni secondo il proprio modo di interpretare gli eventi, ma una cosa è certa: non potete stare a guardare. Quello che succede, che voi vogliate o meno, vi coinvolge in maniera diretta e personale. Se non farete niente per risolvere la situazione, l'intera Theras sarà dominata dalle forze demoniache e voi, semplicemente, cesserete di esistere.

Vorrei che mi ricordaste cosa avete fatto, come ci siete arrivati, per quale motivo. Vorrei che mi diceste come sono andate le cose, perché io non lo ricordo affatto. Vorrei farlo, credetemi, ma c'è qualcosa che impedisce di ricordare le gesta di anche solo uno di voi. Perciò ripercorriamole insieme, lasciate che lo spirito che vi ha spinto a diventare parte di questa grande storia si impossessi di voi ancora una volta, così da potermi ricordare ciò che è accaduto in quel tempo. Siete gli unici che potete farlo, quindi lo chiedo a voi.

Raccontatemi.



Benvenuti alla prima quest del ciclo Figli del Fato.
Il topic è nell'Erynbaran per una questione di comodità, ma gli eventi, come detto, si svolgono anche nel Matkara e in Lithien.
Partiamo con delle nozioni generali al progetto, utili per l'intera quest - e si spera per quelle future.
    • Ricordate che, in ogni momento e in ogni situazione, potrete agire come preferite. Il contesto sarà solito suggerirvi delle risposte, ma prendetele come tali: suggerimenti. Potete in ogni caso evadere da tali suggerimenti e imbarcarvi in azioni al di fuori di ogni schema. In generale: stupitemi.

    • Ognuno di voi sarà dotato di un particolare punteggio, caratteristico della propria avventura - e tali punteggi sono variabili di quest in quest. Svolgendo alcune sottotrame della vostra avventura o comportandovi in maniera particolarmente intelligente e adatta alla situazione, potrete guadagnare questi punti speciali, che vi permetteranno di svolgere azioni altrimenti impossibili. Difatti, vi saranno turni nei quali dovrete scegliere se spendere o meno i vostri punti - sempre che ne siate in possesso - per risolvere alcuni snodi della vostra trama.

    • L'ambientazione del ciclo sono tutte e tre le dimensioni di Asgradel; essendo questa una quest di prova, però, ci limiteremo a considerare ambientazione della stessa solo la regione dell'Edhel - tutta la regione, indipendentemente da dove voi partiate. Ricordate questo fattore, perché vi saranno moltissime occasioni nelle quali potrete collegarvi alle trame degli altri partecipanti o dare vita a nuove trame, parallelamente alle vostre "missioni di vita".

    • Gran parte della quest si svolgerà nella ormai usuale modalità di confronto (per i nuovi utenti: la modalità in confronto prevede degli interventi continui tra me e voi per mandare avanti fasi di quest altrimenti troppo lunghe); alcune specifiche parti, poi, saranno sviluppate segretamente tramite messaggi privati con il sottoscritto.

Ricordate sempre che in questo ciclo verrà premiata la fantasia e l'intraprendenza dei giocatori, oltre alle solite caratteristiche analizzate in una quest.
Passiamo alle specifiche di ognuno di voi.
    Le ambientazioni nelle quali vi trovate sono narrate nel bando di "dall'abisso" e nel topic di Manifesto di Stygis. [LiNk] & [LiNk]

    Malzhar: ti trovi nell'Erynbaran proprio nel momento in cui il primo Shaogal Crann viene distrutto. Gli elfi Arshaid non si fidano di te, ma comunque ti considerano un alleato in questa battaglia contro i demoni, quindi ti lasciano ritirarsi insieme a loro nei meandri di una foresta. Lentamente, le truppe dei demoni stanno avanzando e senza un piano deciso gli Elfi non riusciranno mai a fermare la loro avanzata. Hai a disposizione una squadra di mercenari assoldati a Lithien che ti ha accompagnato fin lì e parlando con gli elfi, riescono a far credere che tu possa in qualche modo aiutarli ad uscire da quella situazione. Considera l'Erynbaran diviso in quattro grandi foreste; ogni foresta ha un "centro di comando" e tu, grazie all'intervento della tua squadra, sei messo a "capo" del centro di comando nel quale ti sei nascosto insieme a una centinaia di elfi Arhsaid - che comunque ti trattano come fossi uno stratega esterno, quindi non si fidano di te. In questo post vorrei che descrivessi innanzitutto come sei arrivato in questa situazione - perché sei nell'Edhel, perché ti sei spinto nell'Erynbaran, gli avvenimenti precedenti e subito successivi alla distruzione dell'Shaogal Crann - e vorrei decidessi come impostare la tua "strategia" di guerra per contrastare l'esercito dei demoni. Gli elfi ti suggeriscono di raggiungere gli altri centri di controllo, ma la scelta è tua - convincendoli, ovviamente. I punti caratteristici della tua missione sono i Punti Arshaid.

    Kita & Shavronne: vi trovate entrambi nella regione del Matkara, insieme o per proprio conto - decidete voi. Il conflitto tra abomini legati al potere dell'Inquisitrice alleati all'esercito di demoni e le ombre, alleate con la vegetazione senziente, è iniziato da ormai qualche giorno. Si tratta di un conflitto che sfocia in piccole lotte ogni giorno, che lentamente indeboliscono uno o l'altro schieramento. Quello che vi è richiesto di fare è, come per Malzhar, descrivere come siete arrivati nel Matkara, i primi giorni di guerra e, finalmente, scegliere lo schieramento per il quale combattere - sempre che vogliate combattere. I punti caratteristici della vostra missione sono i Punti Schieramento.

    AruAlies & cagnellone: voi vi trovate a Lithien quando si scopre che i demoni hanno ormai raggiunto la regione del Talamlith. La notizia sconvolge la città e voi, che vi trovate lì perché assoldati da un nobile della città, scoprite che lo stesso è stato ucciso poche ore prima da alcuni demoni minori che sono riusciti a penetrare in città. Le porte di Lithien vengono sbarrate, così che nessuno possa entrare o uscire e la città è colta dal panico. Dalle biblioteche iniziano a sparire libri e le guardie cittadine iniziano ad interrogare i presenti, per scoprire se hanno visto qualcosa. Anche voi venite contattati dalle guardie che, viste la vostra storia, vi chiedono di aiutarle a scovare i demoni che si nascondono a Lithien e che stanno creando tanti problemi. La vostra sarà una quest prettamente investigativa; per ora potete indagare da soli o in coppia, come preferite. Nel vostro post vorrei che mi raccontaste come siete stati assoldati dal nobile di Lithien - un certo Camelius Goldo - dunque vorrei che mi diceste dove volete investigare nella città. I luoghi di interesse sono fondamentalmente cinque: la piazza, la biblioteca comune, i sotterranei, la zona commerciale e la Torre Eburnea, che però non lascia entrare chiunque - dovrete avere qualche indizio, per accedervi. I punti caratteristici della vostra missione sono i Punti Investigazione.

Procederemo in confronto per le vostre scelte ed eventuali interazioni o domande di sorta.
Avete tempo per proseguire nelle vostre trame fino al giorno 21 Marzo alle ore 21:00. Inutile dire che più riuscirete ad andare avanti, ogni turno, più sarete avvantaggiati nel compimento della vostra missione - che, vi dico sin da subito, non sarà facile realizzare.
Buon divertimento.
 
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Shavronne
view post Posted on 19/3/2015, 16:10










Il forte vento soffiava, muovendo l'erba di quella immensa radura. Circondati dal verde e illuminati dalla luce del tramonto, in un'atmosfera quasi irreale, due persone si stavano dando l'addio. L'uomo dalla corporatura robusta e muscolosa e dall'aspetto duro, tradito però da un velo di tristezza, venne riconosciuto subito da Hebiko: era suo padre. L'altra persona era una donna misteriosa, il suo vestito e i suoi capelli neri volavano e si agitavano nell'aria spinti dal forte vento ma lei restava comunque bellissima, quasi angelica. Quando concentrò l'attenzione sul viso di lei ebbe l'impressione di essersi appena affacciata allo specchio: erano così uguali ma anche così diverse. Nell'aspetto fisico erano due gocce d'acqua ma, era solo una sensazione eppure poteva capirlo chiaramente, quella era una donna vissuta, priva di malizia, e a legarla a lei vi era un rapporto di sangue. Si stava rapportando a suo padre come suo pari, anzi sembrava più sicura, più decisa. Lui aveva alzato un braccio per afferrarla delicatamente ma lei aveva rifiutato il contatto e si era voltata... poi tutto scomparve.
Un forte scossone, forse una folata di vento, aveva fatto scuotere l'imbarcazione riportando Hebiko alla realtà. Era già accaduto un paio di volte che questi ricordi incontrollati riaffiorassero nella sua mente in modo del tutto casuale. In tutte e tre le occasioni la protagonista era quella donna: la prima volta l'aveva vista nel tempio sotto il deserto e la seconda diretta verso nord, dove ora si stava dirigendo lei stessa. Quella persona doveva essere sua madre, non aveva prove concrete ma una sensazione fortissima le dava quella sicurezza. Un turbine di domande le si formavano in testa senza risposta.

Poteva raggiungere i suoi avi, tutta la gente del suo popolo ma non lei, avvolta costantemente da una nebbia immaginaria. Perchè non riusciva a ricordare sua madre?
Aveva abbandonato anche lei il suo popolo? Quindi lei non era l'unica... come mai si era diretta a nord?
Ora aveva visto che nonostante l'addio non aveva paura di Noboru, anzi... lei era forse più potente?


Ci pensò un nuovo scossone a ridestarla dalle sue riflessioni. Era sottocoperta, nella sua cabina: una piccola stanza di legno poco arredata e con due materassi(doveva condividere il posto con il gobbo, che ora stava dormendo su uno di essi). Aveva ancora una mano sul viso; prima di quei pensieri si stava truccando e dopo essersi vista in un piccolo specchio si accorse che, per distrazione o a causa dei bruschi movimenti dell'imbarcazione, una grande sbavatura nera era nata sotto il suo occhio destro. Con una piccola smorfia si diede un'aggiustata e dopo essersi assicurata che il suo aspetto fosse perfetto decise di salire all'aperto. Aveva bisogno d'aria fresca e voleva vedere a che punto erano arrivati.
Il ponte della nave era completamente ricoperto d'ombra, la ragazza per un breve istante credette di essere in un posto chiuso ma poi si accorse che lì il sole semplicemente non poteva raggiungerla.
Tutt'attorno al fiume si estendeva una fitta foresta nera, gli alberi alti e ricurvi creavano una tetra galleria naturale che impediva il passaggio diretto della luce. Tra i grandi tronchi spettrali si estendeva una folta coltre di nebbia che occultava qualsiasi cosa ci fosse stata tra loro. Inaspettatamente non vi era vento e cosa fece scuotere l'imbarcazione Hebiko non lo seppe mai. Raggiunse uno dei bordi della barca e appoggiò le mani sul parapetto per vedere l'acqua. Il legno era bagnato a causa della elevata umidità presente nell'aria, la poteva sentire sul suo vestito azzurro e nei suoi capelli. Ebbe un leggero brivido. Mentre osservava il torbido fiume immaginando cosa potessero nascondere quelle acque si accorse di non essere sola, un'altra giovane donna sembrava guardare quel paesaggio. La principessa la riconobbe: era Ryellia Lancaster.
Era una persona importante e cosa ci facesse in un posto come quello era una cosa che voleva assolutamente sapere. Non era sicura che lei l'avesse notata così si avvicinò con cautela per non sorprenderla e dopo essersi appoggiata al parapetto iniziò a parlare con tono amichevole.
«Non avrei mai pensato di incontrare la signora Lancaster in un posto come questo.»
«Hebiko! È una sorpresa anche per me, non dubitarne!»
L'aveva riconosciuta ed ora stava sorridendo.
«Già, non mi sono mai spinta in territori così lontani, sono così inospitali! Ma sai, sto cercando una persona importante...» Ma non voleva parlare di se stessa, Ryellia aveva tutta la sua attenzione. «Qual'è invece il motivo del tuo viaggio?»
«Cattive notizie mi spingono fino a questi luoghi. Messaggeri raccontano di demoni che fuoriescono dal suolo, e marciano per conquistare tutto ciò che incontrano... La preoccupazione è il motivo del mio viaggio.» L'aveva guardata negli occhi, sembrava davvero in apprensione.
Che risvolto inaspettato, era venuta per una ricerca senza garanzie ed aveva trovato un'occasione d'oro: aveva l'opportunità di rafforzare il rapporto con Ryellia e, se sarebbe riuscita a farla sentire in debito verso di lei avrebbe fatto centro!
«Sembra una cosa seria e pericolosa per tutti... Se sei d'accordo potrei accompagnarti e offrirti tutto l'aiuto possibile. Magari se sarò fortunata incontrerò anche mia m...» Il cambio di programma non le avrebbe precluso il suo scopo iniziale ma di questo preferiva non entrare nel dettaglio. «...quella persona.»
«Se non ti dispiace, gradirei molto la tua compagnia. Devo ammettere che questa foresta mi inquieta non poco...»
La foresta era diventata di colpo invisibile per lei, Hebiko era contenta ma si impegnò a nasconderlo.
«Allora è deciso! Vado a comunicare la novità al mio servo, a dopo.»
E la salutò con cortesia come si confaceva ad una persona del suo rango.
Il resto del viaggio lo passò nella sua stanza.
In fine l'imbarcazione si fermò, era giunta a destinazione. Hebiko scese seguita dal gobbo e si ricongiunse a Ryellia. Il timoniere fece un breve cenno e si affrettò a ripercorrere la starda da dove erano venuti. Era chiaro che volesse andarsene da quel posto il più in fretta possibile.
Le due ragazze proseguirono a piedi facendosi largo tra quella vegetazione apparentemente priva di vita. Hebiko si limitava a seguire la sua nuova compagna senza proferire parola, era troppo attenta a capire quello che le stava accadendo attorno. La nebbia rendeva difficile vedere a pochi passi di distanza e ovunque regnava un silenzio assordante rotto solo dal rumore dei loro passi e dal respiro affannato del gobbo. Nessun rumore, la foresta sembrava deserta: la ragazza non aveva visto uccelli sui rami, insetti tra le foglie o animali in generale attorno a loro. Poi, improvvisamente apparvero.
Tra la coltre di nebbia una decina di demoni le avevano accerchiate. La giovane d'istinto mise mano al suo parasole, legato al vestito con dei lacci, con l'intenzione di sfoderare la lama e combattere. Non aveva avuto il tempo di vedere Ryellia in quel momento ma sperò che lei fosse altrettanto pronta: erano in inferiorità numerica e il pericolo era evidente.
Poi con la velocità con cui erano apparsi iniziarono a cadere, uno dopo l'altro. Alla ragazza sembrò di vedere una freccia conficcarsi nel cranio di un demone ma non ne ebbe la certezza a causa della scarsa visibilità e della sorpresa dell'evento. Quando anche l'ultimo dei demoni cadde privo di vita con un tonfo sordo, i loro salvatori si mostrarono. Erano in molti, erano le ombre. Si offrirono di scortarle verso un loro accampamento e dissero di muoversi: quel gruppo era solo una piccola avanguardia, il peggio doveva ancora arrivare.
Nei giorni seguenti Hebiko riuscì ad ambientarsi tra loro; più che vivere con le ombre si trattava di sopravvivere. Le battaglie diventavano sempre più frequenti e cruente e le due ragazze ebbero modo di scoprire che i demoni erano più numerosi e più forti, di quel passo gli scontri sarebbero teminati in poco tempo... la vittoria dei demoni era alle porte. Le ombre d'altra parte spiegarono come la presenza dei demoni impedisse alla vegetazione di assorbire l'energia dal terreno e quindi di rivitalizzarsi. Le ragazze allora elaborarono una stategia e provarono a condividerla con l'esercito: bisognava giocare d'astuzia e far muovere i demoni lontano dalle piante. Per farlo le ombre si sarebbero dovute dividere in due gruppi, uno che lanciasse l'esca e fingesse una ritirata mentre l'altro, con Hebiko, avrebbe attaccato da dietro eliminando la retroguardia e spingendo l'esercito avversario verso il primo.
«Il nostro scopo è eliminare quelli che restano indietro! L'importante è non fermarsi e non far fermare loro quindi spingete e pressate, li possiamo scacciare!»
Mentre parlava creava ampi disegni e schemi con la punta dell'ombrello nel terreno bagnato. L'emozione era forte, forse stava urlando, stava parlando ad un esercito, gli stava dicendo cosa fare! Quanto le piaceva quella sensazione, era la prima volta ma la trovò naturale e spontanea. Il rischio per il fallimento era la morte ma quel momento non aveva prezzo.



B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]



۩ Stato fisico: illesa (75%)
۩ Stato mentale: illesa (75%)
۩ Riserva energetica: completa (150%)

۩ Abilità passive: //

۩ Abilità attive: //


۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.

۩ Riassunto giocata: Il post si apre con un ennesimo ricordo misterioso, motivo del viaggio di Hebiko. Successivamente incontra Ryellia che la informa del pericolo demoniaco e quindi decide di affiancarla nella sua avventura. Una volta a terra le due subiscono un attacco da parte dei demoni che viene sventato però dalle ombre. Unitesi a loro elaborano una strategia per rovesciare le sorti della guerra.

۩ Note: Dialogo e ambientazione accordata con Kita, che merita un punto pazienza aggiuntivo. XD


 
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view post Posted on 19/3/2015, 22:53

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Deyrnas ~ Notte fonda
Il suo cuore batteva forte, talmente forte da sembrare volergli balzar fuori dal petto. La fronte era cosparsa di piccole gocce di sudore gelido, una spiacevole corona da indossare. Il sonno era giunto tardi quand’ormai persino la sua scaltra mentre lavoratrice aveva ceduto alla stanchezza ma era stato un sonno agitato, pieno di oscuri sussurri, pieno di indefiniti timori. Poi quando la notte aveva disteso il suo nero mantello crogiolandosi nella sua momentanea vittoria contro la Luna e la luce accadde …
I ricordi si affastellavano nella sua mente confusi. Erano come una folla indisciplinata all’ingresso di una locanda che serviva birra e cibo gratis. Spingevano, si accalcavano, rumoreggiavano e quando riuscivano ad entrare sbraitavano, facevano a pungi tra loro, sconvolgevano, distruggevano. Il cuore, il suo cuore fuso con gli altri soffriva e penava a causa del ritmo a cui era costretto a battere. Povero cuore di ragazzo costretto a convivere con cuori di mostri ed eroi … Si era abituato, aveva lottato per non venire schiacciato dagli altri tre e aveva vinto. Li aveva soggiogati, li aveva ammaestrati e ora erano loro a seguire i passi della sua danza fatta di battiti. Solo qualche volta, di tanto in tanto, quando le emozioni erano troppo forti o quando qualcosa di spiacevole stava per accadere loro tornavano a prendere il sopravvento.
Il Cuore di Sparviero lo faceva più spesso degli altri. Era un cuore nero, potente e scaltro quanto l’Ombra a cui aveva giurato lealtà. Era un cuore fatto di inganni e tranelli, miraggi e promesse fasulle, un cuore ambizioso, un cuore di Principe e un cuore di Stregone, un cuore di uomo e come tutti i cuori degli uomini era forte, ambizioso, arrogante e non amava sentirsi dire cosa fare.
Il Cuore di Drago era più quieto. Un cuore saggio, benevolo, coraggioso, fiero. Ma era anche un cuore ferito, spaventato, deluso dal Mondo. L’unica gioia di quel cuore era stata il nipote, un nipote degno sebbene un po’ troppo simile alla madre e al padre. Il cuore di drago e cavaliere avrebbe preferito che quel nipote fosse come lui, un drago, un eroe, un campione del bene, un cavaliere. E invece quel nipote era un Re e non era un drago e nemmeno un elfo e neppure un umano. Il cuore di Drago non sapeva cos’era davvero quel nipote dalla pelle pallida, dai capelli d’oro e con il sorriso sempre stampato sulle labbra ma lo amava e di tanto in tanto alzava la voce, come fanno tutti i padri. E qualche volta quella voce alta riusciva a prevalere…
Il più silenzioso dei tre cuori era il Cuore di Madre. Non aveva mai battuto in disarmonia con il cuore di Re. Mai si era fatto sentire al di sopra degli altri. Era stato un cuore di fiamma, un cuore di Regina e di Strega, un cuore di Elfa, un cuore di Sacerdotessa. Antico e selvaggio come le terre della sua specie, spietato e gravido di potere come la Natura, silenzioso e austero come gli Alberi Padre. Quel cuore era stato la rovina di due Re e la fortuna di un Popolo. Era un cuore forte che mai aveva voluto piegarsi. Eppure dinnanzi al Cuore di Figlio non poteva niente. L’amore, l’amore accecante di madre quell’amore che sconvolge e innalza, che rende serva e regina, che sa dare staffilate di dolore amaro come la morte e ricompensa con oceani di gioia più grandi del cielo, più profondi dell’abisso. L’amore, quell’amore era stato la sua rovina.
Ma il Cuore di Madre era felice. Mai aveva pensato di vivere per qualcun altro ma quando il Cuore di Figlio era arrivato a crescere nel suo grembo il suo unico scopo era divenuto battere per lui. Lui era diventato la sua vita. Si era donato, senza riserve, senza volontà di ricevere in cambio nulla. Tutto quello che voleva era che crescesse forte, che si sollevasse più in alto di quanto i suoi genitori avevano fatto – e molto avevano volato, fin quasi a sfiorare le Nubi - che raggiungesse il Cielo e dominasse la Terra.
Sapeva, quel Cuore di Madre, che senza il suo consiglio, la sua volontà, la sua forza il Cuore di Figlio non sarebbe stato in grado di farcela. Quel giovane cuore era tenero, troppo tenero. In lui scorrevano forti i fiumi di tre razze, il sapere di tre Popoli, il retaggio di tre diversi Mondi ma era troppo giovane, troppo idealista e non vedeva, non capiva a quale crudele gioco giocasse il Mondo. Il suo sacrificio era servito, il Cuore di Figlio era cresciuto sano e forte era diventato un Cuore di Re e lei, Cuore di Madre, poteva tacere.
Quella notte però si era risvegliato e non come Cuore di Madre. Era tornato ad essere Cuore di Elfa, Cuore di Sacerdotessa, Cuore di Strega. Da quanto tempo non lo era più?
Aprì gli occhi e ispirò l’aria gelida e pulita della sua Terra. Qualcosa non andava … Lo leggeva nel volo scomposto degli uccelli che solcavano il cielo confusi e spaventati. Lo avvertiva nella Terra tremante sotto i suoi piedi, lo sentiva nel canto dei ruscelli e dei fiumi che elevavano agli Dei il loro pianto intonandolo nelle note dell’acqua. Il Grande Albero Padre gli era dinnanzi, più antico di ogni Re, più severo di qualunque Maestro. La corteccia dura era calda come la pelle baciata dalla febbre, le foglie tremavano, la sua voce nel vento implorava l’aiuto dei suoi figli. La resina scendeva giù dal tronco in lacrime abbondanti, piangeva l’Albero Padre, si disperava per un grande male che minacciava il Mondo.
Improvvisa, spaventosa, sconvolgente una fiamma nera, putrescente, corrotta avvolse l’albero. Lo sentì gemere, scricchiolare, urlare di dolore mentre il demoniaco fuoco lo consumava. Aiuto! Aiuto! Implorava. Ci strappano i figli! Bruciano le nostre case! Uccidono i nostri Dei! Aiuto! Aiuto! Non dimenticare l’antico sangue! Batti, avvertilo, risveglialo, ricordagli che anche lui è noi!
Erein aveva cercato di svegliarsi a quel punto. Non aveva mai avuto tanta paura in un sogno, mai era stato tanto sconvolto da un incubo. Ma per quanto si sforzasse di aprire le palpebre, di svegliare la mente, di riprendere il controllo non riusciva a tornare la realtà. Quel sogno gli si era appiccicato addosso, l’aveva avvolto come una rete dalle maglie fitte, lo portava a fondo, sempre di più …sempre di più …

Un sogno, forse un ricordo ...
«Tu non hai l’autorità per farlo Morwing! » – la voce della madre era furente di rabbia. Era in piedi dinnanzi il cerchio di seggi di pietra in cui si riunivano i Dodici Alti Sacerdoti. Lei e Morwing erano gli unici Elfi in quel consesso di razze, parlate, culture. In tempi lontani avevano creato quel concilio di uomini di fede perché collaborassero, perché non fosse versato sangue in nome di un Dio.
Morwing, il suo maestro, era fedele alla Religione Antica. Ma lei, Mornie aveva scelto gli Dei degli Uomini.
«Non parlarmi a quel modo! » – la rimproverò il vegliardo vestito di bianco - «Non parlarmi come se tu ed io fossimo sullo stesso piano! Io sono il tuo Maestro e per l’Antica Religione tu sei solo una allieva!»
Non aveva voglia di riprendere l’argomento. Sapeva che quello era solo uno scaltro tentativo del suo Maestro di deviare il discorso.
«Forse hai ragione dinnanzi uno degli Alberi Padre! Ma qui, al cospetto dei Dodici, io e tu siamo uguali. » – rispose - «Specie quando tu usi la Loro autorità per condannare a morte una donna! »
L’uomo vestito di bianco colpì con il pungo il bracciolo di pietra. Il volto rosso di furore si stagliava nel candore dei suoi abiti in maniera violenta. Il suono del digrignare dei suoi denti era simile a quello della musica di una zucca vuota riempita di semi utilizzata per richiamare la pioggia.
«Una Wrach! » – esplose - «Una nemica degli Dei! Un eretica pazza, qualunque religione tu serva! »
«Una donna saggia! Un Oracolo del Tredicesimo ! »
Il Maestro si alzò balzando con un’agilità impressionante per un uomo della sua età. Il viso del vecchio e quello della giovane elfa erano così vicini che i loro nasi potevano sfiorarsi.
«Quelli che chiami Dei, sono Ombre! Collezionano preghiere come tu fai con i grani di una collana. Solo così si nutrono, solo così sono forti. Ho accettato questa follia per il bene comune. Ho bestemmiato contro gli Dei dei Padri chiamando quelle Ombre per nome e vestendomi con i paramenti delle loro fedi. Ma mai, mai accetterò la follia di cui tu vai blaterando! » – si voltò dando le spalle alla donna - «La Strega Eretica morirà. O lei o la nostra amicizia, scegli bene merch »
Fu allora che l’altra donna apparve. Sinuosa come un serpente tentatore, avvolta nella sua stoffa rossa.
Gli occhi d’ambra rilucevano alla pallida luce che filtrava dagli alberi. Il volto affilato, i lineamenti sensuali, le labbra rosse come la vampa del fuoco. I capelli, neri come le ali di un corvo, le cadevano sciolti appena contenuti dal cappuccio del mantello.
«Sciocche parole da una bocca saggia. Quale grande tristezza porta la vecchia se è in grado di mutare un uomo sapiente in uno stolto spaventato dalla Verità … »
La sua voce era sempre simile ad un canto. Il tono era caldo e dolce come vino speziato arricchito con miele. La lingua rapida, abile ed affilata si comportava come un rasoio sapendo ferire ed essere utile al contempo.
«TU! COME OSI ANCHE SOLO RIVOLGETI A ME! FUORI DI QUI WRACH»
La donna non si scompose, camminò ancheggiando, sembrava danzasse. Si avvicinò ad uno dei molti bracieri sparsi per la grande Sala dei Alberi e soffiandoci dentro il suo alito profumato di fiori esotici, caldo come il vento d’estate lo accese. Trasse dalle pieghe del mantello pochi grandi di incenso e li gettò all’interno della rossa, vivida fiamma che bruciava come animata da gioia, schioccando e levando scintille che si disperdevano prima di arrivare al soffitto come effimere stelle.
«Cosa ti spaventa di più di me? Il mio aspetto o le mie parole vecchio? » – sussurrò con tono roco senza nemmeno guardarlo.
«Mi spaventa il tuo utero di strega, la tua lingua da eretica, le tue menzogne da invasata, i tuoi sortilegi. Tutto mi spaventa di te. Ogni cosa!»
La donna rise di una risata scintillante e piena come il gorgoglio di una fonte d’acqua pura.
«Quantomeno hai il coraggio di ammetterlo. Devo ricredermi, dunque, la vecchiaia non ti ha portato solo difetti »
Il furore del vegliardo stava per raggiungere limiti mai sfiorati, Mornie poteva accorgersene da come le sue vecchie mani nodose stringevano il bastone fittamente coperto delle rune che componevano l’alfabeto della sua gente. Eppure non accennava a colpirla, persino quando aveva proposto la sua morte dinnanzi i Dodici non aveva voluto che lei fosse presente. Era davvero spaventato da quella donna ma perché?
«Come pensavo …» – fece la strega rossa dopo aver scrutato brevemente nelle fiamme, bevendone la luce con gli occhi e il profumo di incenso con le narici. Il tono della sua voce era leggermente più basso, distorto, quasi sussurrato. «Vi prego, avvicinatevi, condividete con me la Sua saggezza … »
Mornie stava per farlo, stava per obbedire. Non sapeva perché ma si era sentita attratta da quella vampa, dall’odore soave e misterico che emanava. Si era sentita come una falena, intrappolata, costretta da millenni di evoluzione verso quel potere troppo grande, troppo forte per essere combattuto, per poter sopravvivere …
«Che il Baathos si porti te e tutti i tuoi trucchetti da Strega! » – strillò il vecchio colpendo il braciere e disperdendo i carboni ardenti che alimentavano la vampa.
Lo sguardo della donna si fece per un attimo violento, ferale. Poi la quiete tornò ad appoggiarsi sui suoi zigomi perfetti, sui suoi magnetici occhi dorati, un sorriso leggero planò sulle labbra distendendole.
«Attento. Il Baathos ha orecchie anche qui. E presto, molto presto quello che tu ti auguri potrebbe avverarsi. Solo che … » – aggiunse poi ampliando il sorriso fino a scoprire i denti candidi e dritti - «…se mai dovesse portarmi, come dici, allora vorrebbe dire che tutto il Mondo è destinato a compiere la stessa tragica fine.»
La risolutezza con cui pronunciò quelle parole strappò a Mornie un tremito. Si frappose tra i due, calmò l’istinto che la spingeva a percuotere entrambi e respirò a fondo.
«Smettetela di starnazzare come oche. » – ordinò - « Dynol porta rispetto alla mia razza e al mio Maestro o potrei decidere che la tua lingua ha parlato fin troppo per i miei gusti. » – poi rivolgendosi al suo maestro intimò - «Tad, Meistr ti ho sempre portato rispetto nonostante la tua perdurante insolenza. Non provocarmi, sai quanto eccellente e straordinaria sia stata come allieva. … Ma io non sono più un allieva. Sono una Alta Sacerdotessa nel pieno possesso dei miei poteri. Non sfidarmi.» – tornò a rivolgersi ad entrambi - «Mettete da parte le vostre divergenze. Se quello che hai visto è vero Oracolo, allora abbiamo problemi ben più grossi di cui occuparci. Non ti ho portato qui ad offendere ciò in cui credo ma per aprirci gli occhi, per farci vedere … »
«E vedrete. » – la interruppe - « E mi maledirete per ciò che vi mostrerò. Ma quando l’ora giungerà mi sarete grati per avervi messo in guardia. » – spostò il suo sguardo sfavillante sul vecchio - «Quella che ho scrutato nelle figlie del mio Dio è solo la strada che porta a ciò che voglio mostrarvi...Vieni come me, guarda tu stesso. Se ciò che vedrai non ti colpirà uccidimi pure, io ho fatto la mia parte e il mio Dio mi ricompenserà. »
Non mentiva, non aveva paura. Quello anche il vecchio cocciuto Morwing doveva averlo percepito, perché accettò senza ulteriori discussioni, con un breve cenno del capo.
I ricordi del viaggio furono confusi, caotici, vaghi in piena armonia con le immagini imprendibili che spesso i sogni crudelmente somministrano. L’immagine successiva era di un luogo avvolto da tenebra.
La donna vestita di rosso li guidava attraverso budelli di pietra, reggendo una torcia resinosa in mano.
«Siamo arrivati. » – disse ad un tratto.
Guardarono e un tale orrore prese possesso dei loro animi da scacciare ogni ricordo, inghiottirlo in un abisso di paura e terrore in cui tutto annegava, tutto veniva cancellato. Si svegliò finalmente Erein, urlando.
Ai piedi del suo letto una figura trasparente come un velo di seta sottile. Sulle coperte un diario.
Era sua madre, voleva dirgli qualcosa. Voleva metterlo in guardia. E in quelle pagine ingiallite dal tempo avrebbe trovato la sua risposta.

Dalle pagine di un diario ...

…che strana donna. La temo? Forse, ma le prospettive di potere che mi offre valgono bene il rischio. Sapevo che questo viaggio mi avrebbe portato benefici e quel vecchio caprone di Morwing che non voleva farmi partire!

Il Libro delle Profezie del Tredicesimo è una lettura interessante ma anche rischiosa. Afferma che gli Dei altro non sono che l’ombrai proiettata dalla Sua Luce. Persino gli Antichi Dei che vivono negli Alberi Padre sarebbero un emanazione del suo prepotente amore per tutto ciò che ha vita. Le promesse che questo libro contiene per chi è disposto a rimettersi alla Sua protezione sono grandi. Questo Dio sembra offrire un potere inimmaginabile ai suoi adepti ma lo scopo per cui lo fa mi fa rabbrividire fino al midollo.
Un grande male, un orrore inarrestabile incombe. Un male che arriva dal ventre maledetto del Baathos. Questo male ucciderà gli Dei, dicono le Profezie. Solo i fedeli della Luce potranno opporsi, perché il Tredicesimo è l’essenza stessa della Luce e della Vita e non esiste fiamma che possa bruciarlo o Tenebra che possa oscurarlo. A me sembrano farneticazioni vuote, di esaltati ne ho visti tanti in questi anni …
Ma lo sono davvero? Queste parole sono davvero frutto di fede portata ai limiti della follia o sono altro? Lei l’Oracolo in rosso non sembra una pazza. La sua mente è sempre acuminata, le sue scelte sempre calcolate e non sembra voler convincere nessuno a seguire la sua Via. Dice, afferma che vuole metterci in guardia che non è necessario abbandonare le nostre Tradizioni. Forse la sua è pura demagogia. La gente si spaventa facilmente e la paura è un potente strumento di governo. O forse, forse sono troppo spaventata per ammettere che nelle farneticazioni di quel libro io leggo un fondo di verità. Una verità romanzata, ricamata con le parole barocche dei preti e dei profeti di sventura, eppure io la vedo…”

“Mi accompagnerà durante il mio viaggio verso casa e mi insegnerà i suoi segreti. In cambio vuole solo un udienza con i Dodici. Non sarà facile fargliela ottenere. Possono anche affermare di essere disposti al dialogo ma la verità è un'altra …Il consiglio dei Dodici che avevamo fondato per mantenere vive le conoscenze sacre di ognuno di noi, per assicurare la pace tra religioni, per creare un baluardo contro ogni oscura minaccia è diventato un gruppo di arroganti, vecchi balordi che litigano per contendersi le briciole di influenza che Re e Lord ci lanciano dai loro scanni. Lei e le sue parole sono veleno per loro. Distruggerebbe le loro certezze, sbriciolerebbe la poca autorità rimasta… Eppure devono ascoltarla. Devono! Loro non sanno quali prospettive ci offra. Per quanto tremendo il Fato che vaticina, il potere che porta con se è così grande da permetterci finalmente di coronare il nostro scopo! Non possono essere così idioti da rifiutare! Io ho visto ciò di cui è capace, nemmeno nei miei sogni più arditi ho visto compiere i miracoli che lei sembra padroneggiare e con il minimo sforzo per giunta! Se loro non vogliono cogliere questa opportunità io non li seguirò. Sono stanca di servire, sono stanca di baluginare sotto le ceneri tiepide del nostro immobilismo. Io sono diversa da loro … Anche lei l’ha detto.”
“A morte! L’hanno condannata a morte! Sciocchi, idioti, ciechi! Ma io so di chi è la colpa …Morwing.
Quel vecchio arrogante ha paura. Lo leggo nei suoi occhi. Ma paura di cosa? Teme le sue parole o teme lei?”

“Ha visto, anche lui ha visto. Non può più negarlo. L’orrore che ci attende è grande ma possiamo combatterlo, basta mettere da parte le nostre divergenze, collaborare, unirci. Non importa quale fede ci divida, non importa quale dio serviamo. Contro la Minaccia che incombe non possiamo presentarci divisi.
Abbiamo tempo, sarà un attesa difficile, dovremmo lavorare a lungo e duramente. Non sarà facile ma abbiamo tempo …”

“Gwalch Glass… Ecco la chiave. Lui, il suo potere, il suo fascino. L’Oracolo in rosso mi aveva parlato di lui, mi aveva detto che la nostra unione avrebbe prodotto miracoli. L’Era degli uomini è prossima e in quell’era per noi Primogeniti avremo un ruolo di subordine. Unendomi con lui darò al mio sangue la saggezza della mia razza e l’ambizione degli umani. Partorirò condottiero in grado di unire ciò che è diviso. Un Re, un Alto Re.”

“Quest’esperimento è finito! Avevamo creato il Consesso dei Dodici nella speranza di creare un crogiolo di culture e saperi. Avevamo in mente un unico grande corpo che proteggesse la pace e facesse da ponte tra Edhel, Dortan e il Sud. E invece …
Non vogliono vedere, non vogliono sentirmi. Gwalch Glass ha ragione, devo prendere il potere. Devo schiacciare quelle patetiche mosche ronzanti o qualcos’altro schiaccerà noi. Lei mi ha insegnato la Magia delle Ombre, ha rinfocolato la fiamma del mio potere. Ora posso muovermi da sola, agire per mio conto e nessuno di loro potrà opporsi! Domani annuncerò la nascita dell’Ordine Rosso. Quelli che non si piegheranno moriranno e serviranno da monito per gli altri. Gwalch Glass mi aiuterà.
Domani un sole nuovo sorgerà e saranno loro a scegliere se sarà rosso per il sangue versato o per il rifulgere delle tuniche che offrirò loro…”

“Quando leggerai queste pagine io non sarò più. Ho votato la mia vita all’ambizione, al potere, alla gloria.
Ho dimenticato lo scopo che mi ero preposta. L’ho tradito. Ho usato il mio potere con egoismo.
Ho fatto molti errori e ti ho coinvolto in essi. Ma posso riparare, posso ancora farlo.
Non lasciarti tentare figlio mio, mio amato Erein, dal potere e dalle sue trame. Non ora, non adesso che l’Abisso è pronto ad inghiottirci tutti. Segui la chiamata del sangue, segui il tuo cuore. I nostri Dei bruciano, i demoni marciano sulla terra, l’oscurità incombe. Ti ho insegnato, ti ho trasmesso la mia fede, quella dei miei antenati e persino quella dei miei nemici. La Fede è un arma potente, usala. Non cadere nel tranello dell’ipocrisia e del fanatismo. La Fede deve proteggerci, non ferirci.
So che ho commesso molti errori, so che queste parole sembreranno false dopo tutto ciò che ho detto ma io non mi vergogno a pronunciarle.
Re, Sacerdoti e Potenti in genere devono votarsi ad un solo scopo: servire. Ogni vita che muore, ogni guerra che esplode, ogni orrore commesso è un punto che gli Avversari guadagnano. Il sacrificio e la fede sono le armi più potenti che conosciamo. Nessuno può spuntarle.
Uniscili. Raggruppali. Proteggili. Guidali.
Salva i nostri Antichi Padri, salva la tua gente. Salva te stesso.
Se gli Alberi Padre bruciano, se gli Antichi Dei abbandonano questo mondo, se i Primogeniti soccombono non ci sarà più speranza. “


Deyrnas ~ Sala Grande

Il vecchio Drago lesse con calma le pagine spiegazzate. Le parole della figlia non gli strapparono nemmeno una lacrima. Il loro rapporto non era mai stato cordiale. Punto.
Quand’ebbe finito chiuse il volume, poggiò le mani rugose sull’altrettanto rugosa copertina di cuoio violata dal tempo. I suoi limpidi occhi di zaffiro si posarono sul volto corrucciato del nipote.
«Tua madre ... Bene tua madre era … » – la lingua gli si annodava in bocca, le parole si rifiutavano di uscirgli di bocca. Sospirò profondamente cacciando via quell’aggettivo insieme al respiro « Pazza. »
Il silenzio calò tra di loro come una mannaia. Per un lungo attimo l’anziano eroe e suo nipote si guardarono facendo a gara a chi tra i due manteneva l’espressione più impassibile.
«Pazza? » – chiese Erein con una voce talmente gelida da far rabbrividire l’inferno.
«Totalmente pazza. » – confermò il Drago - «Almeno, voglio sperare che lo fosse… Perché se solo una delle parole che ha scritto è vera allora dobbiamo davvero iniziare a temere. »
Erein annuì cupo. «Non era pazza. Ambiziosa, orgogliosa, spietata. Ma non pazza, no. Non ho mai conosciuto una persona più lucida di lei. »
Il vecchio si alzò facendo tintinnare gli anelli d’oro che gli acconciavano la barba in minuscole treccioline.
«Prima che tu nascessi le cose stavano diversamente » – disse dirigendosi verso un tavolino su cui un servitore aveva posato del vino e due coppe. Tradendo la promessa fatta a se stesso di non toccare più quel dolce elisir riempì una coppa, la vuoto, lo rifece con una seconda e solo dopo che ebbe riempito la terza si ridiresse al tavolo porgendola al nipote. «Venne da me con le sue strane farneticazioni. Mi chiese la stessa cosa che mi hai chiesto tu. Il mio sapere. La mia memoria. Il mio cuore. » – vedendo che il nipote non accennava ad allungare la mano verso la coppa, Aureus protese le dita per afferrarla ma nell’esatto istante in cui lo fece la mano del nipote scese come una frusta.
«Hai bevuto abbastanza. Ti voglio lucido. »
Il vecchio scagliò un’occhiataccia al nipote. Indisponente afferrò la coppa e la bevve facendosi colare il liquido purpureo sulla barba immacolata.
« Ed io non voglio esserlo alla fine di questa discussione. » – schioccò le dita e un servo apparve - «Occhio di Re. Ben freddo. » – era un distillato di vino particolarmente forte quello che aveva ordinato. Roba che avrebbe potuto stendere un nano, ma Aureus era un veterano nella lotta contro la bottiglia.
«La mandai al diavolo. Le dissi di prendersi ciò che voleva e sparire. Poi me ne pentii…» – il servo era arrivato, posò la bottiglia sul tavolo insieme ad un bicchiere di cristallo. Aureus lo mandò indietro, avrebbe bevuto dalla bottiglia. «...pensavo che fosse una povera pazza. Mi dicevo che non avrei mai dovuto lasciarla andare in giro per il mondo in quello stato pietoso. Ma se l’avessi invitata a rimanere che avrebbe fatto? Sarebbe rimasta a marcire con me nella mia tomba? » – Aureus spinse la bottiglia verso il nipote che quella volta accettò- «Mi feci divorare dal senso di colpa fino a quando non trovai la forza di ricordare e … e scoprii che tua madre aveva ragione. Eravamo in pericolo e non era la prima volta. Il Male si era già manifestato in passato, le avvisaglie erano le stesse ed eravamo stati in grado di sconfiggerlo perché all’epoca Primogeniti e Draghi dominavano Theras. » – il vecchio scosse la testa - «Ma quando tua madre venne da me vivevamo già nell’epoca degli uomini, gli stessi uomini che mi avevano ridotto in quello stato, gli stessi uomini che avevano preso l’abitudine di usare i Draghi come graziose bestioline da galoppo o peggio come leziosi, fottutissimi animali da compagnia. » – batté il pugnò sul tavolo facendo tintinnare la bottiglia e la coppa d’argento - «Pensai che avrebbero ricevuto quello che si meritavano. Tutti! Gli umani e la loro tracotanza, quegli idioti codardi dei miei simili che si erano fatti bardare come bravi muli da soma e anche quegli altri, quegli stupidi Elfi con tutti i loro dannati alberi e le pretese di purezza. Chi erano loro per meritarsi il mio aiuto? Chi era quella figlia che non si era mai degnata di cercarmi fin quando non gli era venuta la felice idea di strapparmi il cuore e fare di me il suo cagnolino sbavante? »
«E così dimenticasti… » – concluse Erein. Gli occhi color spinello del Re Stregone erano offuscati. Lacrime si sarebbe detto, se solo si fosse mai commosso prima di allora al narrare di una simile storia.
«Mea culpa. » – biascicò il vegliardo ingurgitando altro distillato - « La mia vita sarebbe durata quanto ancora? Tre, quattro secoli? Mi ci vedi tu altri quattro secoli a piangermi addosso? Preferii dimenticare, avevo già troppe paure da cui nascondermi. Il giorno sarebbe arrivato e io non me ne sarei nemmeno accorto. Ma poi sei arrivato tu …»
La storia stava prendendo una piega sentimentalistica che Erein non era proprio in grado di tollerare in quel momento. Aveva avuto le sue conferme ed era già abbastanza turbato senza che il nonno proseguisse oltre.
«Puoi rimediare. Se ne hai voglia. » – gli propose seccamente il nipote - «Parto per Lithien domani. Ho già inviato alcuni messaggeri per chiedere conferma dei miei sospetti. Conferma ricevuta. Lithien ha acceso il suo fuoco e i demoni marciano sull’Edhel; per ora trovano una fiera resistenza ma non so quanto a lungo reggeranno le difese. »
Il vecchio si guardò intorno a disagio. «Io e tu e un esercito di demoni alle calcagna. Forse ti preferivo quando pasticciavi con quei palloni gonfiati del Consiglio dei Pari. »
«Ho delle conoscenze a Lithien. Amici fidati. Magister Aurelianus mi ha assicurato che al mio arrivo mi farà trovare un intero contingente di Devoti, pronti a partire con me. »
Il vecchio lasciò che un sorriso furbo gli apparisse sulle labbra - «Magister Aurelianus farà bene a farmi trovare anche un alloggio decente. Conosco quella vecchia canaglia da quando ero ancora un ragazzo. I nostri padri erano compagni d’arme e avevano voluto che i loro figli si addestrassero insieme. Ma il nostro coraggioso Aurelianus preferiva le biblioteche ai campi di battaglia. Lo chiamavo il Drago-Topo e gli dicevo che rosicchiare le pagine gialle dei libri lo avrebbe trasformato in un sorcio per davvero un giorno o l’altro … »
Erein si concesse una risata - « Non sapevo che lo chiamassi così e che eravate amici… Avrei potuto chiamarlo a quel modo anche io quando mi bacchettava perché non riuscivo a memorizzare l’elenco delle dinastie regnanti di Theras ordinate per territorio e antichità del sangue. »
Il vegliardo si alzò barcollando leggermente - «Mmmm meglio che tu non l’abbia fatto. Per quanto ricordo era abbastanza suscettibile. Quel vecchio rimbambito non usava mai il suo fiato ardente. Aveva paura di bruciare qualcuna delle sue preziose pergamene, che i demoni se le portino! Ma era un bravo schermitore. Se tu l’avessi chiamato Drago-Topo, temo che le tue falangi ne avrebbero risentito irrimediabilmente. »

Lithien ~ Qualche tempo prima del rogo del primo Albero Padre

Il segnale ardeva nella notte. Erein si era sempre chiesto che aspetto avesse. Le leggende lo volevano maestoso, glorioso e terrificante. Doveva esserlo, a prima vista l’osservatore doveva comprendere la gravità della minaccia che aveva spinto la Biblioteca del Mondo a dare l’allarme.
Quando il suo chiarore rossastro si era stagliato all’orizzonte, però, Erein si pentì di aver espresso quel desiderio anche se quando l’aveva fatto era poco più di un ragazzino. Sua madre aveva voluto che parte della sua educazione si formasse in quella che lei chiamava “ La culla di ogni sapere” e ignorando le proteste del marito e i pianti disperati del figlio aveva predisposto tutto affinché il viaggio fosse pronto nel giorno e nell’ora che lei aveva stabilito. Quando il giovane Erein era giunto nella città ogni tristezza era svanita. Ricchezza, sapere, bellezza dominavano sfolgoranti e ogni rancore verso quella severa madre si trasformò in gratitudine. Arrivò persino a pensare di non andarsene mai più …
« Guarda tu se mi dovevo trovare a tremare per colpa di un fuoco … » – commentò il vegliardo che gli cavalcava affianco - « …ma devo ammetterlo: mette davvero soggezione. »
Giunsero in città in sordina, mascherati come comuni viandanti. All’ingresso furono scortati da alcuni servitori inviati a fargli strada verso il palazzo di Magister Aurelius. Il sapiente li attendeva all’ingresso, felice di rincontrare un vecchio amico e un suo allievo ma comunque visibilmente turbato per gli eventi che stavano sconvolgendo la sua terra.
« Benvenuti! Benvenuti! I convenevoli ce li scambiano dentro. Su, non ho tutta la notte per voi.» – Magistro Aurelianus non era mai stato affettuoso.
Il nobile sapiente li condusse lungo una serie di porticati e corridoi fino a giungere in un ampio cortile interno in cui erano schierati non più di una decina di uomini. Erano vestiti di bianco e oro. Candida era la tunica indossata sopra il giubbetto di cuoio rinforzato, candidi i pantaloni, candido il mantello.
Le cinture, l’acciaio a protezione di petto, braccia, gambe e spalle erano stati bagnato d’oro. Stesso discorso per lance e scudi. L’elmo era una calotta di acciaio smaltato di bianco e adornato da piume auree alla base e rossastre in punta.
« Ci stai prendendo in giro Sorcio? Rosicchiare tutti quei libri deve averti guastato il cervello! Cos’è questo pugno di donnicciole addobbate come l’Albero della Festa? Cosa dovremmo farcene di dodici pagliacci in armatura? »
Il Magister assunse un aria contegnosa - « Sono Devoti. Noti anche come Libere Lance dell’Aurora. Questi uomini sono addestrati fin da ragazzi e vivono per proteggere luoghi sacri e santuari. Sono un ordine rispettabile e antico, non dovresti insultarli.» – rispose garbatamente il saggio.
«Nessun uomo che si vende come una puttana di strada è rispettabile! » – replicò l’anziano cavaliere - « Possono anche immergersi nel dannatissimo oro e andarsene girando con il culo pieno di piume, rimangono sempre mercenari!»
«Volgare e zotico come sempre … » – commentò il vecchio amico - «…si fanno pagare, ovvio, ma è una garanzia di affidabilità la loro. L’oro con cui adornano le loro armature è quello con cui sono stati pagati. Fanno una vita sobria e sacrosanta … »
«Oh per tutti gli Dei! » – borbottò - «Se ci volevi morti perché diamine non mi hai piantato un coltello nella pancia? Ti è andato di volta il cervello forse? Andiamo a combattere demoni, DEMONI che le dodicimila piaghe di Lucius il Ferito ti portino! DEMONI! RAZZA DI VECCHIO MONTONE RIMBAMBITO! »
Erein nel frattempo contemplava il suo “esercito” silenzioso.
«Perdonalo Magister è ubriaco come al solito, ti siamo infinitamente grati per il tuo contributo… sebbene dodici uomini siano effettivamente meno di quanto mi aspettassi. »
Il Magister lasciò che il vecchio borbottasse il suo disappunto e preferì rivolgersi al più educato in famiglia.
«E’ più di quanto la prudenza mi permetta di concederti Erein caro. Lithien ha bisogno di tutte le forze possibili. Non possiamo cadere. Non possiamo permettere che accada. »
Erein annui pensieroso. «Quando saranno pronti a partire? »
«Quando tu lo comanderai loro. Credimi, non troverai esercito più efficiente ed obbediente di loro. »
«Partiamo subito! » – affermò il Re Stregone risoluto.
Il Magister e il Cavaliere sgranarono gli occhi. «Subito?! Ma Erein, figliolo, sei appena arrivato! Fermatevi per la notte, riposatevi, fatevi un bagno e rifocillatevi… »
«Il Sorcio ha ragione, nipote pazzo che non sei altro! Marciamo da giorni … »
« Le nostre cavalcature hanno marciato per giorni non noi. Se vuoi rimani pure con Aurelianus, non dubito che avrete molti senili aneddoti da snocciolare… »
E così dicendo schioccò le dita e fece atto di dirigersi verso l’uscita. I Devoti non ebbero bisogno di ulteriori ordini lo seguirono marciando ordinatamente come un unico individuo.
«Se sopravviviamo, Magister, voglio proprio conoscere la ragione per cui mio nonno ti chiama Drago-Topo … » – scherzò il Re. Di sicuro il maestro non lo avrebbe bacchettato quella notte per quella facezia.


Erynbaran ~ Confini

« Non mi piace questo posto. E’ un luogo di alberi, sussurri, stregonerie e ombre.»
Il vecchio drago si stringeva nel mantello mentre all’orizzonte si profilava l’oceano verde dell’Erynbaran puntellato di rosso intenso laddove sorgevano gli immensi Shaogal Crann. I dieci uomini li seguivano silenziosi, scambiandosi solo di tanto in tanto qualche battuta nella loro lingua madre.
«Con tanti posti in cui combattere perché quella dannata foresta?» – proseguì il vecchio - « Le imboscate sono un gioco da ragazzi li dentro, senza contare che potrebbero appiccare un incendio e farci fuori tutti in un solo colpo ..»
L’uomo che sembrava il più alto in grado tra i mercenari rise. Quando il vecchio si girò a chiedergli cosa lo divertisse tanto quello rispose che lo faceva scompisciare la sua ignoranza. Non potevano battere gli Arshaid appiccando incendi – gli spiegò- i Cantori della Pioggia non lo avrebbero permesso. Certo i demoni potevano uccidere gli Dei-Alberi, ma incendiare le foreste …. Solo un drago vecchio e ignorante poteva pensarlo.
Ma tu guarda!» – affermò il vegliardo cavalcando un po’ più vicino al nipote - «A Lithien persino i mercenari sembrano aver mangiato libri a colazione, pranzo e cena.»
Quello sfoggio di cultura inaspettato e il rigore con cui i Devoti avevano marciato, senza mai lamentarsi avevano fatto colpo sul Drago. Sorrideva e nonostante i borbottii e le frequenti critiche alle scelte del nipote sembrava contento di poter tornare finalmente a calcare le scene.
«Dimmi una cosa ...» –sussurrò confidenzialmente l’antenato. - «Perché dirigersi qui. Cosa c’è di tanto prezioso da proteggere in questa terra?»
Erein ruppe il silenzio in cui si era rinchiuso da ore - «Le mie radici.» – rispose compunto - «Mia madre era un Arshaid. Il sogno e il diario parlavano degli Alberi Padre e del mio retaggio di elfo. »
Il vecchio si fece ancor più vicino, socchiuse gli occhi e si preparò alla domanda - «Tu ci credi? Credi davvero a tutte quelle farneticazioni?»
Erein bloccò la marcia della sua cavalcatura - «Ci credo?» – chiese guardando il cielo carico di pioggia - «Non è questo il punto. Il punto è che i demoni attaccano, i presagi della donna in rosso si avverano e le parole di mia madre non sembrano mai più vere di oggi. Crederci o non crederci non conta. »
Il Re Stregone si mosse a disagio sullo Spirito dei Boschi, un enorme alce candida - «Se ci mettessimo a spulciare un qualsiasi libro di sapienza sacerdotale, uno a caso, troveremmo i segni di un Male che incombe. Sono un sapiente, non un bifolco che venderebbe la moglie pur di contribuire con un obolo alla crociata del primo profeta di sventura, io conosco la verità nonno… » – scrutò gli uomini che li seguivano - «I Dodici, il Tredicesimo, gli Alberi Padre, il Sovrano … Tutti sono degni di rispetto e reverenza, tutti meritevoli di uno studio approfondito e minuzioso e sai perché? La Fede muove gli uomini, li rende migliori o peggiori a seconda di come la si usa e a volte …» – si fermò un istante come se ponderasse le parole che dovevano seguire - « …a volte ci permette di vedere oltre, di cogliere i segni di una minaccia prima che questa si manifesti. E’ una questione di tempismo, tutto qui. Ma può fare la differenza …»
Il vecchio sospirò pesantemente. Era un discorso confuso quello del nipote. Non voleva ammetterlo, perché affermare di credere in quegli oscuri presagi voleva dire di aver paura. Sciocco – pensò- io non avevo paura e guarda come sono finito. Senza ali, senza gloria, dimenticato e vecchio.
L’aria sembrò tremolare per un istante. Gli uccelli si agitarono e oscurarono il cielo in ampi stormi.
Un esplosione di fiamme, un rossore livido e una colonna di fuoco si innalzò tremenda, ruggente fino a fendere la coltre spessa di nubi grigie.
«Che diav..»
I Devoti non gli diedero tempo di completare la frase. Scattarono in posizione circondando i due condottieri. Erein poté vedere il sudore correre lungo i volti tesi dei mercenari, le tuniche incollarsi laddove la pelle toccava con la stoffa. Se anche erano spaventati il dovere sembrava prevalere.
«Attaccano!» – affermò lo stregone - « Dobbiamo muoverci … In fretta! Capitano, quanto veloce possono marciare i tuoi uomini?»



Erynbaran ~ Luogo del rogo
Il terreno intorno all’Albero Padre era cosparso di mosche e cimici. Alcuni cadaveri erano stati appesi ai rami corrosi dal fuoco, anneriti, morti. Ciondolavano nel vento ancor più orripilanti di quanto fossero stati in vita. Le teste di altri erano state piantate su pali e ora circondavano il perimetro della foresta, un monito per gli altri loro compagni.
Yndelin trattenne un conato di vomito quando una folata di vento fece giungere il puzzo intollerabile di quella carne corrotta, di quel sangue venefico. Gli occhi dell’elfo erano asciutti, il calore dello Shaogal Crann in fiamme aveva inaridito tutte le sue lacrime. Erano giunti all’improvviso, sbucati fuori da chissà dove.
Avevano ignorato i suoi fratelli, combattendo solo se trovavano resistenza. Si erano diretti verso il centro della foresta, al cuore della loro comunità. Mentre un gruppo di Kisalah distraeva i guerrieri aggredendo donne e bambini, le subdole mosche , i rivoltanti Tergan ponevano in essere la loro diabolica profanazione. Una manciata di quest’ultimi si era annidata con frecce infiammate dietro il primo riparo utile. Un altro gruppetto, invece, ammassava piccole casse ai piedi dello Shaogal Crann. Non gli importava di venir uccisi o feriti, sembravano interessati a qualcosa ma a cosa non fu chiaro finchè non accadde …. Non appena la prima freccia infuocata sfiorò una delle cassette di legno il fuoco avvampò.
Inspiegabilmente quel fuoco sembrava vivo. L’acqua non lo estingueva, mordeva con ferocia, risaliva il tronco, assediava i rami e si diffondeva tra il legno verde come se fosse paglia.
La priorità di Yndelin e dei suoi fratelli era cambiata rapidamente: abbandonare i nemici, salvare l’Albero.
Ma fu tutto inutile. Le cimici, gli schifosi Kisalah che erano riusciti a raggiungere le case edificate sull’albero si abbandonarono all’abbraccio del fuoco. Non appena una delle crudeli lingue rossastre sfiorava quelle carni malefiche, quei servi dell’Abisso prendevano fuoco, conflagrando, spargendo le loro viscere ovunque e diffondendo l’incendio ancor di più. Yndelin capì subito come mai si comportavano a quel modo, ma non c’era modo di fermarli. Le cimici erano votati ad una missione suicida. Il loro Perverso Signore li aveva riempiti di fuoco alchemico, i loro stomaci o forse il loro sangue erano pieni di quel combustibile perfido che non sembrava dare tregua. In un attimo tutto ciò che era stato la loro vita, la loro casa, la loro comunità era stato divorato dalle fiamme. Lo Straniero era giunto in tempo per vedere il Dio bruciare. Era arrivato veloce e furioso come una bufera. Cavalcava con gli spiriti. Ombre pallide, spettri di soldati. Era penetrato nelle falangi nemiche come coltello nel burro, falcidiandone a decine. Dietro di lui, appiedati, un gruppo di umani in bianco. Si erano limitati a finire il lavoro iniziato dal loro padrone.
Quando la battaglia era finita si era messo ad osservare l’Albero Padre e aveva pianto. Nessuno osava avvicinarsi un po’ per rispetto del suo dolore un po’ perché tutti avevano visto le ombre che gli cavalcavano affianco. Ma Yndelin non era come gli altri, lui era la memoria storica della sua comunità, la loro guida.
Aveva notato la strana cavalcatura dello Straniero e i suoi tratti. Sebbene fosse chiaro che il sangue dei Primogeniti scorresse nelle sue vene non poteva dirsi un elfo. Era troppo alto, la pelle color del miele, i capelli d’oro e gli occhi violetti parlavano di sangue di drago. Eppure cavalcava uno Spirito dei Boschi, l’Alce candida dalle corna dorate. Quell’animale non aveva niente in comune con la sua specie. Il muso sembrava quello di un cervo e le corna erano simili a quelle di un unicorno. Il pelo candido e gli occhi di cristallo dell’animale completavano il quadro. Era strano, tutto così strano. Come poteva sapere? Come aveva fatto a comandare alle ombre?


Erynbaran ~ Centro di Comando

Lo Straniero aspettava rispettosamente fuori la porta. Il Cavaliere chiacchierava con gli umani in bianco mentre una folla di donne e bambini si era radunata intorno alla monumentale alce bianca, che di buon grado accettava le carezze e i vezzeggiamenti che le venivano offerti insieme a qualche mela.
«Non mi fido se è questo che vuoi sapere, ma non abbiamo molte scelte. Quanti altri Shaogal Crann devono bruciare prima di renderci conto che da soli non andiamo da nessuna parte?»
«L’hai detto tu! Cavalcava con le ombre! E’ uno straniero, non sappiamo niente di lui e tu vuoi affidargli le nostre vite?!»
Aduial era l’attendente del Cantore Dorlas, era giovane e importante nella nostra piccola comunità e non avrebbe mai accettato che fosse uno Straniero a guidarci.
Il vecchio Dorlas rimase in silenzio, i suoi occhi ciechi a guardare chissà dove, l’espressione serena nonostante tutto.
«E chi dovrebbe guidarci? TU? Non hai mai impugnato nemmeno una lancia! Sei solo un giovane arrogante, un apprendista! »
Il vecchio alzò una mano imponendo il silenzio. Un canto si levò nell’aria, subito seguito dal rombo di un tuono e dal picchiettare leggero della pioggia.
«Lo Straniero canta … » –affermò con la sua voce stentorea. « …e la pioggia lo ascolta. » – puntò su di me i suoi occhi bianchi e per un attimo pensai che la vista gli fosse miracolosamente tornata- «Il sangue, il suo sangue è confuso … ma la vita dei Primogeniti scorre in lui. Forse dovremmo permettergli di aiutarci Aduial.»
«Ma … Ma …Venerabile Maestro?» – il vecchio fece un gesto con la mano per tacitare il suo assistente e mi chiese di far entrare lo Straniero.
«Entra pure Straniero, perdonaci per averti fatto attendere!»
Lo Straniero entrò. Il suo volto era una maschera immobile. I tratti erano quelli della nostra specie ma c’era qualcos’altro, segni di altre razze, di culture estranee.
«Io sono il Cantore Dorlas, mio è il compito di proteggere questa comunità dagli incendi invocando la Pioggia …Tu invece chi sei? Non credo che ti faccia piacere essere chiamato Straniero… I miei fratelli mi dicono che in te scorre il sangue della nostra specie.»
Lo Straniero sorrise appena - « Il mio nome è Erein di Deyrnas, da mia madre ho ricevuto il retaggio dei Primogeniti.»
«E cosa fai tra la tua gente Erein di Deyrnas? Le informazioni sul tuo conto sono contrastanti. Alcuni venti mi sussurrano che tu sia un condottiero, altri mi dicono che cavalchi con le Ombre …. I più arditi mi dicono che tu sei uno stregone.»
Il sorriso dello straniero chiamato Erein si allargò leggermente - «Sono un Re, un sacerdote e un esperto di magia. »
Il vecchio cantore si levò dalla sua seduta appoggiandosi al bastone, si avvicinò allo straniero che si definiva Re e puntandogli i suoi occhi bianchi sulla faccia gli chiese - «Hai salvato i miei fratelli e te ne sono grato, tutti noi lo siamo …Ma tu ci chiedi di affidarci a te, perché dovremmo fidarci?»
«Un lupo cresciuto tra i cani non avrà mai la fiducia dei suoi fratelli nonostante ne abbia l’aspetto …» – esordì lo Straniero - «Il mio aspetto è quello dei Primogeniti, ma ho vissuto tra gli uomini. Io non vi chiedo di fidarvi di me, non sono uno sciocco Maestro… Io non mi fido dei mercenari che mi porto dietro, non mi fido degli alleati che mi sono scelto ma sono consapevole che senza di loro sarei solo, debole, vulnerabile. La guerra non ci lascia la possibilità di scegliere i nostri alleati sulla base delle fiducia ma solo sulle loro dimostrazioni di forza.»
Al vecchio Dorlas quella risposta piacque, sorrise anche lui - «E tu forte ti sei dimostrato, ma basterà questo? Chi mi dice che tu non sia una trappola mandata dal nemico? Chi mi dice che domani non ti sveglierai e non deciderai di passare dall’altra parte?»
«Se avessi voluto avrei potuto sterminare la tua gente nel momento stesso in cui mi avete accolto tra voi..» – lo Straniero non mentiva, poteva farlo - «Domino poteri antichi, poteri dimenticati...Eppure non bastano a fronteggiare la Minaccia che incombe su di noi. Lithien ha dato il segnale. La Biblioteca del Mondo trema … Sarò franco voi avete bisogno di me tanto quanto voi di me, ma non posso costringervi ad accettare il mio aiuto. Oggi un Albero Padre brucia, domani potrebbero bruciarne cento. Ho inviato i miei occhi per le vostre terre e ho visto … Siete assediati, disuniti e loro sono molti, compatti e stando a ciò che vedo stanno vincendo. »
Il vecchio cantore annuì. «Dici il vero. Non trovo traccia di menzogna nelle tue parole. Tu cosa suggerisci di fare?»
Il giovane Aduial non gli lasciò tempo di rispondere - «Non dovremmo fidarci di lui! Dovremmo riunire le forze e unirci ai nostri fratelli!»
«Il giovane cantore ha ragione..» – affermò lo straniero chiamato Erein - « Raduniamo gli uomini in grado di combattere, metà di loro difenderà l’Albero Padre e il centro di comando, l’altra metà verrà con me e con i miei uomini per chiedere aiuto alle comunità vicine.»
Il vecchio ci pensò un attimo su, poi con tono risoluto ordinò - «Così sia Erein di Deyrnas, Aduial tu lo accompagnerai, Yndelin tu rimarrai con me ad aiutarmi. Fate in fretta figlioli, non abbiamo più molto tempo.»

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CS: //
Critico 40| Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: 75%
Stato Psicologico: 75%
Energia: 100 %
Passive in Uso:

«Figlio degli Elfi ~ Empatia»
C'è sempre stata un'affinità singolare tra Primogeniti e creature della natura. I più arditi osano dire che tra un elfo e una comune bestia non c'è molta differenza, intelletto e aspetto a parte. Istintivi, territoriali, schivi, emotivi, spesso selvaggi ecco a cosa si sono ridotti i Primi Nati. Non stupisce, dunque, che ormai siano considerati al pari di belve rare. Mia madre era un'elfa, tutto il contrario di una selvaggia e decisamente poco incline ad interpretare lo stereotipo -ormai dilagante - del personaggio silvano, vestito di foglie e agghindato con collane fiorite. Era severa, nobile, sfacciatamente consapevole della sua avvenenza. In quanto Alta Sacerdotessa dell'Ordine Rosso non mancava mai di indosssare la cappa scarlatta simbolo del suo rango; come Regina era abituata a coprirsi di sete e gioielli. Non credo di averla mai vista inzaccherarsi di fango, cacciare o guidare qualcuno in una foresta. Ma certo usava i doni di cui la sua razza dispone.
Il più affascinante, credo, era quello che le consentiva di comunicare con gli animali e riceverne una lealtà che nessun suddito o devoto servitore può dare. Riusciva a comprendere il pensiero e la natura di ogni creautura della natura fosse essa un cinghiale o fringuello, una piccola mosca o un gigantesco stallone da guerra.
Spesso veniva a conoscenza di notizie segretissime, di fatti avvenuti a leghe e leghe di distanza e nessuno sapeva come fosse possibile. Un giorno la vedi colloquiare con una minuscola formica e capii ...
Usava gli animali come spie e se necessario come una sorta di sua personalissima scorta. Chiesi di insegnarmi e lei dopo aver constatato che quella capacità apparteneva a me tanto quanto ad un qualunque altro figlio dei Primogeniti mi istruì. Il dono di parlare e dare ordini alle bestie non ha certo ben influenzato la mia fama, confermando le voci che mi dicevano promiscuamente vicino alla magia oscura ... Ma non è certo una buona ragione per smettere di usarla.
[Personale 8/25. Passiva. Il personaggio è in grado di rapportarsi a qualunque tipo di animale come se fosse a lui affine, non ostile e come se ci fosse un rapporto di fiducia da molto tempo. Il personaggio è in grado di capire i gesti ed i comportamenti degli animali istintivamente, come se li conoscesse da molto tempo. Potrà dunque impartire loro brevi e semplici comandi; inoltre, non sarà da loro mai avvertito come ostile o pericoloso, a meno che elementi esterni non ne influenzino l'istinto. Eventuali interazioni con animali non controllati dall'utente o presenti in Quest saranno a discrezione degli altri giocatori coinvolti o del Quest Master di turno. (6) ]



Riassunto Post:Post lunghissimo, chiedo perdono in anticipo. Le prime scene fanno parte del BG del mio PG e spiegano come mai Erein si interessi ai fatti in questione. Le scene successive narrano gli eventi che vanno dall'arrivo a Lithien alla decisione presa in confronto di unirsi agli altri centri di comando.

Attive:

CITAZIONE
«Esercito d'Ombra»
Di uomini leali al proprio Re questo mondo ne conosce pochi, in questi tempi a muovere gli eserciti più che l'onore è il denaro; e quando un contingente danza al suono delle monete è facile che segua il signore con la borsa più grossa. Nella mia brevissima esperienza di regnante di questo mondo mi sono fidato poche volte di uomini in carne ed ossa ed è stata una fiducia malriposta. Non ripeterò più lo stesso errore.
Ecco perchè ho studiato come convertire le ombre di coloro che hanno usufruito dei miei servigi in un esercito sempre leale, che non discute mai i miei ordini, che non soffre fame, sete o stanchezza, che non pretende di razziare villaggi e vendicarsi di vecchie ferite; in breve: l'esercito perfetto. Dovreste vedere la maestà terrificante di quella schiera di ombre mentre marcia composta e silenziosa come il giungere dell'inverno.
Non ho mai visto nessuno rimanere impassibile alla vista di una così eccelsa e devota guardia d'onore, nessuno. I Quattro Regni tremavano al solo udire la marcia roboante degli eserciti di Basiledra, il mio non fa rumore, non solleva nubi di polvere che adombrano il sole, ma sua vista sa congelare il sangue nelle vene.
Ho visto veterani di molte guerre pisciarsi addosso al comparire della mia armata, generali ordinare la ritirata e interi contingenti capitolare senza nemmeno azzardarsi ad alzare la spada. Qualcuno dice che la vittoria più dolce è quella ottenuta senza combattere, concordo, ma se è proprio necessario imbrattarsi di sangue e visceri io faccio in modo che i miei nemici non dimentichino e che l'incubo di ciò che hanno visto li tormenti in eterno.
[Variabile magica ad area, il caster evoca una o più ombre che infliggono un danno coerente al consumo speso. Soffre, come da regolamento, di tutte le limitazioni del caso. Le ombre dopo aver attaccato rimangono sul campo impossibilitate a far nuovi danni, come mera presenza scenica salvo l'uso di un nuovo consumo. Danneggia il fisico. 4/25. Consumo utilizzato: Nullo, utilizzato a fini puramente narrativi.]


«Meistr o y nef ~ Dominatore dei Cieli»
T’al è il Signore del tempo atmosferico e di tutti i cataclismi a questo legati. I suoi sacerdoti lo invocano dunque per tutto ciò che in questa sfera rientra. Narrano le leggende che un tempo vi era un ordine tra i Primogeniti che si occupava della cura dei campi. Erravano per tutta Theras invocando la pioggia quando la terra era arida per la siccità, scacciandola quando l’acqua sovrabbondante faceva marcire i semi e mitigando il caldo estivo o i rigori invernali.
Venne un giorno che un folle Lord volle che questi pii servitori del Creatore lavorassero solo per lui. Nella sua arrogante pazzia decise che solo i suoi raccolti fossero degni d’essere raccolti. Imprigionò i sacerdoti e impose loro che fustigare i campi vicini con ogni sorta di flagello proveniente dal cielo, di modo che potesse dominare il mercato dei frutti della terra e mettere in ginocchio alleati, avversari e vicini. I pii sacerdoti si rifiutarono affermando che le grazie del Creatore non appartengono ad un solo mortale ma a tutti i suoi figli e che la mano dei suoi cataclismi si muove solo sull’onda della sua giusta collera e non per soddisfare le brame di potere di un uomo.
Quello per ripicca iniziò ad ucciderli uno per uno, notte dopo notte finchè non ne rimasero che due. Sdegnati per il massacro dei confratelli invocarono a gran voce l’ira del loro Patrono che rapido li accontentò scatenando sul folle Lord tutta una serie di cataclismi.
Per ogni sacerdote ucciso venne una disgrazia dal cielo: prima il caldo bruciò la terra, poi venne il gelo che la flagellò con grandini e nevicate, giunse la pioggia e la furia dei fulmini ed infine a mietere le ultime vittime arrivò il vento. Quando la furia dei cieli cessò del Lord e del suo potentato nulla era rimasto, se non il monito.
Da quel giorno l’ordine dei pii sacerdoti scomparve, essi si diedero il nome di Dominatori dei Cieli perché tale fu’ il nuovo compito dal Creatore assegnatoli: mostrare che alla pietà oltraggiata segue la collera.

[ Ex pergamena 21/25Dominio dei Cieli: La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno a tutti gli avversari inferiore di un livello al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area. Entrambe danneggiano il fisico. Consumo utilizzato: Nullo, puramente scenico.]

Note:



 
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view post Posted on 20/3/2015, 23:20
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CITAZIONE
Narrato
Pensieri Jericho Cross/Darkwatch
Pensieri Lazarus Malkoth/Darkwatch
Parlato Darkwatch
Uomini della scorta
Camelius Goldo
Demone corte degli abissi (Kisalah)
Abitanti/guardie di Lithien
Rumori e suoni

Sono morto. Eppure il mio spirito continua ad esistere in qualche luogo la cui natura è molto simile a quella di un sogno, una sorta di viaggio verso spazi infiniti ed indescrivibili, realtà apparenti che si susseguono senza un filo logico e senza che io possa riuscire a capirne il senso. Non è così che immaginavo fosse l'aldilà, anzi, a dirla tutta non credevo nemmeno all'esistenza di qualcosa del genere, ero più sull'ipotesi di una morte biologica, una mera e fredda interruzione dei processi vitali a cui non sarebbe seguito nulla. Mi sbagliavo. La cosa comunque non mi rincuora, l'idea di vagare probabilmente per sempre dentro a uno spazio onirico del tutto fasullo non mi alletta affatto, poiché la mia anima è ricolma di una rabbia a cui non potrà mai dar vendetta, un rancore che potrei covare per l'eternità, una maledizione di cui farei certo a meno. Non so nemmeno dire da quanto tempo mi trovi in questo luogo, probabilmente a quest'ora del mio corpo non sarà rimasta che polvere, i vermi avranno già spolpato ogni centimetro delle mie viscere, lasciando solo un cumulo d'ossa biancastre.
Il sogno invece continua, i pensieri vi svaniscono all'interno per poi ripresentarsi come nuovi, questa potrebbe essere la prima o la centesima volta che ripercorro questo ragionamento, il quale sarà destinato a svanire come tutti i precedenti. È come quando stai pensando a qualcosa molto intensamente e, nel momento in cui ti distrai anche solo per un secondo, essa scompare, e più ti sforzi di recuperare quel pensiero e più lo senti scivolar via dai tuoi ricordi. Paradiso e inferno non esistono, probabilmente siamo tutti destinati a questa fine, la differenza sta nel modo in cui lo spirito giunge a questo punto. Perciò coloro che muoiono senza rimpianti potranno godersi il ricordo della propria esistenza, tutti gli altri, come me, saranno destinati a una maledizione che non gli darà mai pace. Provare a scappare è inutile, così come evitare questa pena, non mi resta quindi che arrendermi a questo oscuro turbinio di dolore e malinconia. Vago, non so dire per quanto, poi però ad un tratto una voce interrompe la silenziosa monotonia di quest'esperienza ultraterrena, riportandomi alla ragione e risvegliando la mia coscienza.

Adesso siamo pari...



Vengo risucchiato come dentro ad un vortice, sento la mia anima venir trascinata fuori dal mondo onirico in cui era rinchiusa, viaggiando dentro una specie di tunnel dai colori inizialmente confusi, ma che lentamente acquistano nitidezza, mostrandomi per qualche secondo la realtà alla quale appartenevo. Ora sto precipitando verso il suolo, riconosco il deserto nel quale sono cresciuto e lo vedo avvicinarsi sempre più rapidamente, poi vedo Salamak, la riconosco nonostante l'insolita prospettiva aerea ed il poco tempo a disposizione. Poi il nulla, tutto nero.



AAAAANF!! *coff* *coff*



Respiro di nuovo, l'ossigeno entra nei miei polmoni e li riempie a pieno, gonfiando il mio petto fino quasi a farlo esplodere. È un'aria sporca però, sento granelli di polvere danzarmi in gola, solleticandola a tal punto da costringermi ad espirare prematuramente, rovinando quello che a tutti gli effetti è il mio ritorno in vita. Inevitabilmente tossisco, un fastidioso ma quanto mai gradito inconveniente che mi conferma di essere tornato alla realtà a cui appartenevo. L'esperienza è troppo concreta per risultare fasulla, ma nonostante ciò è incompleta. Già perchè non riesco a muovermi, i miei muscoli sono ancora intorpiditi da un imprecisato periodo di inattività, e mi sembra d'esser soltanto testa. Ne approfitto per ragionare, per rimettere insieme i pezzi e capire innanzitutto dove sono. È buio, i miei occhi sono aperti e si muovono ma non riescono a vedere nulla a parte il nero che mi circonda, l'aria come già detto è malsana, putrida, un odore cadaverico e stantio che mi da la nausea. Provo a ricordare i miei ultimi istanti di vita, è facile, non potrei mai dimenticarli. L'ultima cosa che ricordo è il primo piano del palazzo centrale, la grossa finestra dalla quale potevo vedere le donne e i bambini del mio villaggio rifugiatasi durante l'attacco, compresa Leyla. Già, l'attacco, la guerra lampo che si è combattuta a Salamak, causa della mia morte e probabilmente della fine del luogo che per tutta una vita ho chiamato casa. Certi pensieri mi fanno ribollire il sangue nelle vene, il mio battito cardiaco aumenta di ritmo, innervosito dalle immagini che colorano il buio della mia prigione. Il flusso sanguigno accelera, riducendo i tempi di recupero, nel giro di poco riesco a muovere le dita ed è solo questione di minuti prima che tutto il corpo risponda, sebbene pigramente, ai comandi. Provo ad alzare un braccio, lo sento pesante come un macigno ma ci riesco, non fosse che dopo solo qualche dozzina di centimetri esso va a sbattere contro qualcosa, una parete situata parallelamente al mio corpo. Tastando ciò che mi circonda scopro ben presto di esser rinchiuso in una bara, seppellito chissà quanti metri sotto terra. L'agitazione e il panico prendono ben presto il controllo, risvegliando a pieno le mie funzioni, provo e riprovo a crearmi un varco ma ogni sforzo risulta inutile. Poi però di nuovo quella voce.

La aiuto io, signor Cross



Sento un'energia nuova risvegliarsi dal più profondo della mia anima, una forza sconosciuta che riempie il mio corpo di una potenza che mai ho provato prima, rendendomi capace di smuovere l'asse di legno che mi imprigiona, aprendo un varco nel terreno sovrastante. Come uno zombie fuoriesco dalla mia tomba, ricoperto di terra dalla testa ai piedi. Il bagliore della luna, piena ed alta nel cielo come mai avevo visto prima, è talmente intensa da accecare i miei occhi, non più abituati alla luce.
Una volta riacquistati tutti i sensi mi guardo intorno, scoprendo senza sorpresa di essere al cimitero del villaggio. Guardo il mio corpo, esso è irriconoscibile, non tanto per le forme, rimaste invariate, quanto più per i vestiti che indosso, un nero corvino che mi avvolge completamente, senza lasciar spazio ad altre tonalità cromatiche. Non è questa però la cosa più strana, è come infatti se mi sentissi stretto dentro me stesso, scomodo, come seduto su una stessa sedia insieme a qualcun altro. Non essendo però ciò di vitale importanza, il mo pensiero si concentra sulla realtà, ragionando su quel poco che ho a disposizione per trarre delle conclusioni.

Qualcuno mi ha seppellito...

Aver ricevuto una degna sepoltura, per quanto approssimativa e mal fatta, mi fa pensare che forse qualcuno è sopravvissuto, che forse non è tutto perduto. Di corsa mi dirigo al villaggio, distante una decina di minuti di cammino a passo svelto. Io però corro, e ce ne vogliono cinque, cinque minuti di inutili speranze rovinate dalla realtà di quel che ho trovato al mio arrivo. Tutti morti. Un ammasso di cadaveri sparpagliati in ogni angolo di Salamak, o almeno di quel che ne rimane, uno sterminio che non ha risparmiato ne donne ne bambini, uccisi in modi cruenti e spietati, senza alcuna pietà. Sono sconvolto, impietrito da quel che vedo e che preferirei non vedere. Passo uno ad uno i cadaveri, riconoscendo l'identità di tutti quelli che mi si presentano, nell'auspicio che almeno qualcuno manchi all'appello, nella fioca speranza che almeno Leyla sia sopravvissuta a quello sterminio. Mi muovo in quel mare di morte per ore, e ad ogni corpo senza vita il mio cuore si ferma una nuova volta, impaurito dalla prospettiva che il prossimo potrebbe essere proprio il cadavere della mia amata. Ma così non è, lei e molti altri non sono morti, in totale almeno una ventina di persone sfuggite al massacro. Tiro un sospiro di sollievo, la notizia mi rincuora e mi dona un motivo per continuare a vivere, a parte la vendetta. Nonostante ciò ho ben poco di cui rallegrarmi, il vento ha cancellato ogni traccia e non ho il benché minimo indizio da cui iniziare la mia ricerca. Sono perso, spaesato, per fortuna almeno non sono solo.

Se è risposte che cerca, signor Cross, conosco un luogo che ne è ricolmo



Di nuovo quella voce. Questa volta però, al contrario delle precedenti, ho tempo e modo di interessarmici. Prima la confusione degli eventi non mi ha lasciato spazio per dargli la dovuta importanza, facendola passare in secondo piano, per poi dimenticarla. Quel tono vagamente familiare, già sentito ma non per questo conosciuto, grave e profondo, impossibile da ignorare.

Chi è che parla?!



Non c'è bisogno di urlare, signor Cross, io la sento. La sento persino quando non parla.



Ascoltandolo per l'ennesima volta parlare finalmente mi torna alla mente l'identità del proprietario di quella voce, una storia strana accaduta poco tempo addietro, non abbastanza perchè io la possa aver dimenticata.

Lazarus Malkoth...

In persona. O meglio, in anima. Evitiamo convenevoli e spiegazioni troppo lunghe, il poco che le interessa sapere è che lei era morto, signor Cross, ed io l'ho riportata in vita, proprio come le ha fatto con me tempo addietro. Purtroppo le situazioni erano diverse, e l'unico modo perché questa cosa continui a funzionare è condividendo il suo corpo. Mi dispiace, avrei evitato volentieri anch'io, ma almeno per il momento questa cosa è fondamentale. Può darsi che con il tempo le cose cambino, ma per ora è tutto quello che posso fare, se non le sta bene me lo può dire, io me ne vado, e lei ritorna a concimar la terra.



La voce risuona e rimbomba nella mia testa, le parole scorrono limpide nella mia mente e vi si stampano come su carta. Tutto mi è subito chiaro, non chiarissimo, ma abbastanza per comprendere la situazione a grandi linee. Capisco immediatamente che, per quanto scomoda, quella condizione giovi più a me che a lui, anche se ho motivo di credere che avere un corpo sia meglio di non averlo. In ogni caso avrebbe potuto prenderne uno qualsiasi, ed aver ricambiato il favore non può che fargli onore. Inoltre convivere con una leggenda del calibro di Lazarus non può che rendermi felice, oltre a semplificarmi nettamente le cose. Per questo accetto di buon grado, senza replicare ed esprimendo a pieno la mia gratitudine.

Beh...ehm...Non posso che ringraziarti, sono fiero di collaborare con uno del tuo calibro, nulla in contrario. Piuttosto, dicevi qualcosa riguardo a un luogo pieno di risposte... beh, io voglio sapere chi è stato a ridurre così il mio villaggio e dove si trova mia moglie, del resto non mi frega un cazzo...

Avendo visto come è stato ridotto l'ultima volta, eviterei di cercare il suo carnefice, sempre che lei non voglia morire di nuovo, signor Cross. Per quanto riguarda sua moglie, se non sono uno stupido dovrebbe essere proprio insieme a colui che le ha tolto la vita, solitamente l'unico modo di sopravvivere a certa gente è proprio unirvisi, volenti o nolenti. Anzi, fossi in lei, signor Cross, io lascerei proprio perdere. Comunque avrà tutto il tempo per pensarci, la strada per Lithien è assai lunga, ed è meglio mettersi in marcia...





Era vero, la strada verso quel posto è infinitamente lunga, tanto da farmi presto perdere il conto dei giorni che sono passati dalla nostra partenza. Abbiamo camminato per settimane, forse mesi, attraversando praticamente l'intero continente per dirigerci a nord, verso quella parte di mondo chiamata Edhel. Devo ammettere che per quanto abbia io viaggiato durante le mie avventure, molti dei luoghi che abbiamo visitato mi erano totalmente sconosciuti, il mio lavoro di cacciatore di taglie mi ha portato spesso lontano da casa, fino anche nel Dortan per qualche incarico, ma mai pensavo che le terre si estendessero ancora così tanto. Così abbiamo innanzitutto attraversato il deserto, giungendo al canale di Qatja-Yakin senza ostacoli o problemi di alcun genere. Il fatto di conoscere quelle terre come le mie tasche mi ha permesso di viaggiare su tracciati non convenzionali e del tutto sconosciuti alla maggior parte di coloro che vagano per queste zone, un percorso praticamente inesistente che ho imparato negli anni, una via lungo la quale è altamente improbabile incontrare qualcun altro a parte se stessi. Giunti al confine ci siamo quindi addentrati nel Dortan, terra che da sempre si presenta piuttosto ospitale e facilmente percorribile, offrendo numerosi luoghi non ostili in cui trovare ristoro. Mano a mano che avanziamo verso nord però il territorio si fa sempre più brullo e scontroso, i villaggi si susseguono con molta meno frequenza fino quasi a sparire, ed anche il clima diventa più freddo ed asciutto, finché tutto attorno a me diviene bianco, ricoperto da uno spesso strato di neve che colora uniformemente il paesaggio.



Eccoci signor Cross, questo è l'Erydlyss, il complesso di montagne che segnano il confine tra Dortan e Edhel, uno dei tracciati più impervi ed ardui che abbia mai affrontato, un luogo ove è facile perdersi e forse ancor più facile morire. Questo candido tappeto bianco fa da tomba a molte più anime di quante lei possa immaginare, è una fortuna per lei che io sappia dove andare... Per di qua!



La scalata è talmente ardua che in confronto il mezzo mondo attraversato per giungervi può esser paragonato a una passeggiata, i miei stivali sprofondano ad ogni passo, la salita, il freddo, il bianco che avvolge ogni cosa e che fa sembrare ogni sforzo inutile, sembra sempre d'esser fermi, non vi è un solo punto di riferimento, non fosse per la forma a me sconosciuta delle montagne sullo sfondo.

Sicuro che questa è la strada giusta?

Non si preoccupi signor Cross, per ora sono abbastanza certo di quel che faccio...



In che senso per ora?

Vede quelle montagne laggiù sulla destra, le due più vicine al cielo? Ecco, li in mezzo sta Lithien



Sembra facile...

Non così in fretta cowboy, quel luogo è da sempre una delle roccaforti più inviolabili ed irraggiungibili mai create, e difficilmente qualcuno può giungervi senza conoscer la strada o senza che altri lo accompagnino... ma come già detto signor Cross, lei ha me, ed io conosco la via.



Mi fido, purtroppo però le parole di Lazarus si rivelano essere vane, la sua anima mi guida tra le cime tempestose dell'Erydlyss per giorni e giorni senza alcun risultato, vaghiamo alla ricerca della nostra meta mentre il freddo e il gelo mettono a dura prova la resistenza del mio corpo cadaverico, che comunque reagisce alle intemperie meglio di quanto credessi. Poi però le provviste iniziano a scarseggiare, le convinzioni cedono, i piedi iniziano ad accusare il lungo viaggio ed io inizio a temere che, come per molti altri, quel tappeto bianco diverrà la mia seconda e probabilmente definitiva tomba. La valle tra le due montagne più alte della catena è enormemente smisurata, trovare quel posto avendo quell'unica indicazione è una follia, specialmente se il mio compagno, testardo come un mulo, ad ogni mio dubbio risponde con un non troppo rassicurante

Non temere, è qui da qualche parte, devo solo ricordare bene qualche dettaglio, è passato tanto tempo dall'ultima volta che ci sono stato...



All'inizio suona come una rassicurazione, ma alla quarta o quinta volta inizio a pensare che neanche lui sappia cosa sta facendo, ne dove mi stia portando. Inizio ad innervosirmi, quasi al punto di entrare in conflitto con Lazarus, quand'ecco che un'inaspettata sorpresa interrompe la monotonia di quel viaggio monocromatico.

Ehi, Lazarus, guarda laggiù, a ore due...

Ho visto, ma ancora non riesco a capire di cosa si tratti



Si muove. Andiamo a vedere cos'è, potrebbe portarci a Lithien, oppure indicarci la retta via

Già, oppure ficcarci in un mare di guai... i pericoli in queste terre sono numerosi signor Cross. Comunque concordo, avviciniamoci, d'altronde il capo qui è lei. Occhi aperti però!



In lontananza, nel bianco che avvolge ogni cosa, spicca una non troppo piccola macchia di colore nero, un minuscolo punto che ad un occhio attento come quello di due pistoleri esperti rivela essere in movimento. Gli andiamo incontro, l'immagine si fa più nitida e scopriamo trattarsi di una carovana, una sfarzosa slitta trainata da due file di renne e circondata da un pugno di uomini a piedi.

Umani a prima vista, armati ma all'apparenza non ostili... concordi?

Ottima analisi signor Cross, a lei la parola dunque...



Il mezzo di trasporto è tanto insolito quanto incredibilmente lussuoso e tecnologico. Il telaio è costituito da una lega metallica sottile e lucida, di certo alquanto resistente viste le dimensioni di quel che sorregge. La carcassa è in legno per la maggior parte, con numerose finiture in oro e argento, un carretto che da solo potrebbe valere più di tutti i soldi che ho guadagnato in una vita. Purtroppo non ho tempo di godermi il gioiellino, poiché appena vengo intravisto gli uomini che lo circondano alzano le loro armi in mia direzione, puntandomi tutte le canne dei fucili a loro disposizione.

Altolà, chi va là?!



Ehi ehi, piano, che modi! È questo il modo in cui da queste parti si accolgono gli ospiti?!



Continuo ad avanzare nella neve avvicinandomi con aria amichevole a quella gente, che però non sembra gradire affatto il mio comportamento, diffidando le mie intenzioni e mantenendo un atteggiamento difensivo e guardingo nei miei confronti, a tal punto da minacciarmi.

FERMO! Un altro passo e ordino il fuoco! Chi sei e da dove vieni?!



Jin, ma che non lo vedi che è un demone? È scuro come la notte quel maledetto, spariamogli!! Al diavolo, abbiamo perso già troppi uomini per fare domande



Tu sparagli senza un motivo ed io sparo a te, Oscar. Non siamo assassini a sangue freddo, è questo che ci divide da quei mostri! Allora forestiero, come vedi non siamo dell'umore giusto oggi, quindi spero per te che la tua risposta sia convincente. Avanti, PARLA!



Intuisco da subito che la situazione potrebbe mettersi male da un momento all'altro, questa gente ha i nervi a fior di pelle, un paio tremano ancora dalla paura di qualcosa che mi sfugge, Oscar non vede l'ora di premere il grilletto e dubito che il mio amico qui di fronte lo punirà come detto nel caso lo faccia. Alzo le mani, non sopra la testa però, le metto bene in vista davanti al mio corpo, una posizione dalla quale estrarre le pistole mi ruberebbe solo qualche decimo di secondo. In ogni caso eviterei volentieri una sparatoria viste le premesse, così opto per il dialogo.

Mi ch-



*SBAM*



Cos'è questo baccano?! E poi perché la carrozza si è fermata?! Non vorrete che quelle bestie ci raggiungano, no?!



La porta della carrozza si apre di colpo, sbattendo violentemente ed attirando l'attenzione sull'uomo che ne fuoriesce, causa del baccano emesso. È un ragazzo, un giovane dall'aspetto pulito ed ordinato, senza un capello fuori posto e con la classica faccia di uno che ha avuto tutto dalla vita, uno di quelli a cui è tutto dovuto e che guarda gli altri dall'alto al basso, credendosi superiore solo perchè il destino lo ha fatto uscire dalla vagina fortunata. In poche parole, un nobile. C'è un particolare che mi salta subito inevitabilmente all'occhio, una collana spropositatamente grande appesa al suo collo, oro massiccio, talmente pesante da costringerlo quasi ad star gobbo sulla schiena. Osservo quella meraviglia, distraendomi per qualche secondo dalla realtà che nel frattempo sta per piombarmi addosso.

Costui...è... UN DEMONEEE!!! Avanti, sparate! Cosa state aspettando, manica di imbecilli?!



Il manipolo armato, il quale ha abbassato momentaneamente le armi per ascoltare le direttive del padrone, impugna di nuovo a dovere i fucili e prende la mira sul sottoscritto, pronto a sparare. Sono costretto ad estrarre, muovo le mie mani ed in un attimo ho le pistole in pugno, ma proprio nel momento di far fuoco, un urlo improvviso interrompe l'imminente battaglia.

AAAARGH!! AIUTOOOOO!!



La mia prospettiva ed il mio sguardo periferico mi permettono di intravedere quel che sta accadendo alle spalle dei miei avversari, i quali avranno un ritardo considerevole nell'accorgersi di quel che sta avendo luogo. Un'ombra dalla forma solo vagamente umana infatti fa capolino dal tetto della carovana, dentro alle cui pieghe era stato nascosta fino al giungere del momento opportuno per fare la sua mossa. La bestia nera stringe nella mano destra la collana dorata, tirandola con tutte le sue forze, mentre con l'altra brandisce una spada bastarda, tenendola alta sopra la testa, in procinto di usarla per decapitare il legittimo proprietario della reliquia. Quest'ultimo si dimena come un bambino che sta per prenderle dal padre, proteggendosi in maniera infantile ed inesperta dall'orribile mostro, una difesa che di certo non lo salverà dalla morte.

Al padrone piacerà molto il mio regalo!



BANG!



È un attimo, aggiusto la mira ed esplodo il proiettile. La canna della pistola fuma più del solito a causa del freddo, una nube grigiastra che sale alta fino in cielo. È un colpo preciso il mio, dritto alla testa del diavolo, il quale cade inerme dalla sua posizione sopraelevata, sprofondando nella neve macchiata del suo stesso sangue. Scende il silenzio per qualche secondo, ed io ne approfitto per prendere la parola, concludendo finalmente la mia presentazione in santa pace.

Mi chiamo Jericho Cross... ma voi potete chiamarmi Darkwatch.



Vedo lo stupore dipingere i loro occhi in un espressione a metà tra il rispetto e la paura, facce quasi tutte uguali, bocche aperte. Adesso la situazione gioca a mio favore, non mi resta che attendere ed approfittarne. Non ci vuole molto.

T-tu... mi hai salvato... Abbassate quelle armi, idioti!... Piacere, io sono Camelius Goldo, e ti sono grato per quel che hai appena fatto



Gran bel lavoro signor Cross, i miei complimenti



Ehm... amico, vorrai scusare me e la mia truppa per il trattamento poco elegante di poco fa, ma devi sapere che non molte ore or sono questa stessa spedizione è stata attaccata da un numeroso gruppo di demoni. Quelle creature infernali hanno decimato i miei uomini e da quel momento i nervi sono un po tesi, e lo saranno almeno fino al nostro ritorno a Lithien. Piuttosto, perchè non ti unisci alla mia scorta? Posso pagarti profumatamente, che ne dici?



Beh, direi che meglio di così non poteva andare, il passaggio per la mia destinazione mi viene offerto su un piatto d'argento al prezzo di un solo proiettile, un affare non certo da poco. Non mi resta che accettare ed unirmi al gruppetto, il quale in poche ore mi porta dritto a destinazione. Dubito che senza l'aiuto di questa gente avremmo mai trovato la strada, essa sembra facile, non vi sono passaggi segreti o altro che potevamo non aver notato, soltanto il nostro cammino è un continuo zigzagare, non segue una traiettoria lineare ma è costituito da strani cambi di direzione, spesso apparentemente senza senso, i quali però alla fine ci conducono dritti a Lithien.

Ecco, si, ora ricordo! È qui, dietro il crinale...



Maestosa e splendente la città appare, incastonata come un diamante tra le montagne che ne fanno da contorno. Un luogo splendido, maestoso, già a prima vista sfarzoso ed elegante, un luogo impossibile da non notare, eppure talmente ben nascosto da risultare invisibile ed introvabile. Ma è una volta entrati all'interno delle mura che la roccaforte rivela la sua vera natura. La città trasuda sapienza da tutti pori, le sue mura, vecchie ma mai scalfite, parlano come anziani saggi, le costruzioni rivelano l'intelligenza di chi ne ha studiato le forme, le persone che vi vagano spiegano l'arte e la storia custodite in quel luogo. Si tratta per lo più di persone pacifiche, visibilmente istruite e colte, per lo più elfi, anche se non è raro comunque trovare ogni tipo di razza e persona. Guerrieri, maghi, il luogo sembra esser ben accetto ad ognuno ne voglia beneficiare, nonostante ciò all'ingresso veniamo fermati e controllati severamente dalle guardie preposte al cancello principale, specialmente io.

Non preoccupatevi, lui è con me, è un nuovo elemento della mia scorta privata.



Via libera, ora non resta che liberarsi di questo fastidioso ed euforico poppante e dedicarsi al vero motivo che mi ha portato fin qui. Purtroppo è più facile a dirsi che a farsi, poiché egli non si allontana mai dalle sue guardie, costringendomi a stargli intorno anche una volta giunti a Lithien. Poi però giungiamo alla sua dimora, una torre posta al confine con le mura sulle quali poggia, un avamposto trai migliori della città, un luogo apparentemente sicuro dove infatti il nobile si concede un po di solitario svago, congedando me e i miei colleghi e dandomi modo di indagare finalmente sui miei scopi. Giungo quindi nella piazza principale, dove, dopo un lungo periodo di assenza, vengo ricontattato dal mio coinquilino, l'unico a saper che pesci prendere in una situazione di cui tuttora ho capito ben poco.

La biblioteca signor Cross, lato nord nord-ovest della città



Ah, allora ci sei ancora, temevo mi avessi abbandonato

Ero solo curioso di vedere come se la cavava



DONG! DONG! DONG! DONG!



Un rumore di campane poco rassicurante interrompe sul nascere la mia ricerca, mi guardo intorno ed in un attimo la situazione muta radicalmente, la faccia delle persone per le strade si fa preoccupata, in molti iniziano a correre, le porte si chiudono e nel giro di pochi secondi il caos regna sovrano.

I DEMONI! I DEMONI SONO QUI!

GIU I CANCELLIII!!!



Capisco immediatamente la gravità di quel che sta accadendo, nel marasma che mi avvolge intravedo però uno degli uomini della scorta a cui io stesso appartengo. Al contrario di quel che potrei pensare, egli corre in direzione opposta rispetto alla dimora del nostro protetto, sembrerebbe addirittura scappare. Lo fermo, chiamando il suo nome a gran voce. Egli mi riconosce, fermandosi dunque e dedicandomi un poco del suo prezioso tempo.

EHI, Jin! Si può sapere che succede?



un gruppo di demoni si è intrufolato in città e sta seminando il panico in ogni angolo di Lithien. Sono entrati dalla torre, hanno ucciso Camelius e tutti gli uomini che erano rimasti a sua difesa, a parte me. Io sono riuscito a scappare e credimi, non ti conviene andare da quella parte. Ora devo andare, la mia famiglia è in pericolo, buona fortuna ragazzo!



Rimango solo, completamente. Guardandomi intorno scopro infatti d'esser l'unico rimasto in strada, nell'inquietante silenzio che ora avvolge ogni cosa, la classica calma che preannuncia la tempesta. Poi un rumore, sento dei passi farsi sempre più vicini, un fragoroso sbatter di piedi, molti piedi, probabilmente fin troppi per poterli affrontare da solo. Ho già in mano entrambe le pistole, pronto ad estrarre ed a riempire di piombo qualsiasi cosa mi si pari innanzi. Per mia fortuna il destino ha in serbo qualcos'altro per me, e così dall'angolo di strada sulla mia destra non compare il gruppo di nemici che aspettavo, ma un manipolo di guardie della città. Essi sono vestiti di armature uguali tra loro, leggere ed eleganti leghe metalliche dal colore inusuale, con spade ed altre armi che non avevo mai visto prima, figlie di una tecnologia che mi è sconosciuta.

E TU CHI SEI?!



Calma gente, siamo dalla stessa parte. Sono un membro della scorta di Camelius Gordo... o almeno lo ero, visto che ora è morto.



Bene, allora vedi di renderti utile! Siamo alla ricerca di intrusi, demoni della peggior specie, creature spietate giunte fin qui per rovinare il sapere che in questo luogo è custodito da secoli, e chissà per quali altri diabolici scopi. Queste bestie vanno uccise il prima possibile, ovvero prima che loro possano fare lo stesso con noi, quindi è meglio se ti inizi a scaldar le mani e ricarichi le tua armi, potrebbero servirti presto...



Le parole di quell'uomo sprigionano adrenalina nel mio corpo, mi caricano a tal punto che un brivido mi percorre la schiena fino alla base del collo. Provo a resistere poiché non mi sembra il caso, ma non ci riesco, un sorriso compiaciuto mi dipinge il volto e muta la mia espressione, coinvolgendomi a pieno nella faccenda. Finalmente un po d'azione.

Non aspettavo altro...



Razza: Ombra
Classe: Ladro
Talento: Stratega
Fascia: Bianca
Pericolosità: D
Lingue: Comune – Dialetto dell'Akeran
Allineamento: Caotico Neutrale
Sinossi: Apatico Testardo Bipolare – Slanciato Oscuro Malridotto


Fisico: 75/75
Mente: 150/150
Energia: 75/75
Attive: \\
Passive: \\
Equipaggiamento: Artigli di falco – Caronte – Asso nella manica – Salamaraang - Tanke
Note: \\


Edited by cagnellone - 28/3/2015, 15:01
 
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K i t a *
view post Posted on 21/3/2015, 20:22




F I G L I   D E L   F A T O

STYGIS ❞.


kLux6po



A oggi non so ancora cosa mi abbia spinto a intraprendere quel viaggio.
Credevo fosse la paura, eppure ora non ne sono più convinta.
Penso sia stato qualcosa di più forte a persuadermi,
a guidarmi in quei luoghi.
Penso di essere stata mossa dallo stesso
f a t o



Un giorno simile a tanti altri là nelle Terre Grigie fu sconvolto dal ritorno della delegazione di esploratori. Ryellia si trovava al cospetto di suo zio, il lord Lancaster, per trattare di faccende attinenti al Consiglio dei Pari; se non fosse stato per quello, probabilmente, non sarebbe mai venuta a conoscenza degli avvenimenti in corso oltre la catena dell’Erydlyss.
Interruppero quella riunione senza lasciare spazio ad Aedh di declinare la richiesta; già quello le fece pensare che si trattassero di affari piuttosto urgenti: nessuno rischiava di spazientire la testa dei Lancaster se non trascinato da ottime ragioni. Furono a mala pena annunciati, il tanto per dare il tempo di domandarsi cosa fosse mai accaduto di così importante. La mente della donna corse al fu regno, temendo per lo più dissidi con il Dicasterio. Non poteva immaginare quanto quelle ridicole faccende umane le sarebbero sembrate come acqua fresca per un assetato, tempo dopo.
Aedh accolse il manipolo di uomini con la sua consueta algidità, macchiata da evidente irritazione per l’imprevista interruzione; sarebbe stato meglio per loro avessero un buon motivo per tutto quello. Si fermarono ad alcuni metri di distanza dallo scranno in cui sedeva, inchinandosi con rispetto. «Mio Signore.» esordì l’uomo al centro, compiendo un unico passo in avanti. «La prego di perdonare questa irruzione, ma porto informazioni di cui dovreste essere messo al corrente il prima possibile.» spiegò con tono solenne; cercava di mantenere un atteggiamento impeccabile, ma il suo sguardo tradiva una forte angoscia. Il lord Lancaster mosse appena il capo in un cenno d’assenso, esortandolo a esprimersi: «Procedete». L’uomo deglutì, rilassandosi appena: «Giungono notizie allarmanti dall’Edhel, mio Signore. Talmente spaventose che ritengo dobbiate esserne a conoscenza.» cominciò, catturando l’attenzione dei suoi ascoltatori. L’Edhel era ben lontano dalle loro terre, ma il tono di quella premessa faceva temere loro di doversene preoccupare. «Orde di demoni sono fuoriuscite dalla terra, per marciare contro chiunque vi si frapponga, con la chiara intenzione di possedere qualsiasi cosa incontrino». Aedh aggrottò la fronte, indeciso su come prendere quella spiegazione. Demoni e creature mostruose non erano di certo cose di cui si era mai preoccupato; erano solo storie raccontate dalle nutrici per tenere buoni i bambini. I mostri contro cui era abituato a scontrarsi avevano nomi e volti ben diversi, molto più tangibili e pericolosi di simili favole. «Li avete visti?» chiese. L’uomo deglutì, temeva quella domanda: «N-no, signore. Sembrano ancora ben lontani dal confine». «Come potete allora presumere che non si tratti d’insulse fandonie?» asserì con tono sprezzante. La piega della conversazione cominciava ad agitare il gruppo di uomini, che a parte il suo capitano evitava accuratamente di guardare in faccia il Lancaster. Anche il resto dei presenti ascoltava con incredulità e disagio quello scambio; il racconto avevo un tono esoterico a loro oramai sconosciuto. Il capitano cercò di richiamare tutto il suo coraggio, sostenendo lo sguardo di Aedh: «Signore, capisco questo risulti assurdo e incredibile; lo sarebbe per ognuno di noi, se lo ascoltassimo così, ben lontano da quei luoghi. Però… credetemi, mio sire, seppur sia una minaccia lontana… la terra stessa lo sente. Tutto laggiù sembra in allerta. Sembra si stiano preparando per una guerra, mio signore, per difendere i propri possedimenti. Sono pronti a tutto, compreso soccombere, pur di evitare la diffusione di una simile catastrofe». Il lord rimase in silenzio, soppesando la veridicità di quelle parole. La convinzione con cui erano state pronunciate, l’espressione sul volto dell’uomo, gli lasciavano intendere che fosse sinceramente preoccupato per quanto stava accadendo. Ma del resto, l’Edhel era lontano, al sicuro oltre l’Erydlyss; quanto mai avrebbe potuto coinvolgerli? Certamente se si trattava di demoni, dubitava lui stesso che delle montagne potessero rappresentare un reale ostacolo. E una volta superato, la prima cosa che avrebbero incontrato nel loro percorso sarebbero state le Terre Grigie. Per quanto tutto ciò gli sembrasse inverosimile, sapeva che sarebbe stato uno sprovveduto a non tenerlo in considerazione. Ciò di cui aveva bisogno, era che qualcuno del cui giudizio si fidava andasse in quei luoghi in qualità di suoi occhi, perché poi gli riferisse la realtà della situazione. Sollevò la mano, facendo un lieve movimento: «Molto bene, potete andare adesso. Ho di che riflettere.» li congedò. L’uomo sussultò, sorpreso, ma non se lo fece ripetere un’altra volta: dopo un altro breve inchino si voltò, seguito dai compagni, sparendo oltre la porta

La stanza si riempì di profondo silenzio, come se i presenti temessero che anche solo un respiro potesse distrarre il lord. Questo aveva poggiato entrambi i gomiti sui braccioli, intrecciando le mani davanti al viso, lo sguardo perso davanti a sé, impegnato nei propri pensieri. Attesero diversi minuti che gli parlasse, ma non diede cenno di volerli rendere partecipi. Lentamente si allontanarono dalla sala, congedandosi con un silenzioso inchino dal loro signore, che però insisteva nel non degnarli di attenzione. Alla fine, rimasta ultima nell’ampia sala, ferma a qualche metro dal trono in cui sedeva Aedh – lo stesso punto da cui aveva ascoltato l’esploratore – anche Ryellia decise di accomiatarsi; scivolò silenziosa, ponendosi a qualche metro di distanza di fronte allo zio, chinandosi con grazia, per poi voltarsi. Fece in tempo a compiere un passo che la sua voce la richiamò: «Ryellia». Si voltò lentamente, sorpresa. «Sì, mio signore?» rispose lei. «Voglio che tu vada nell’Edhel.» disse lui. «Non possiamo farci cogliere impreparati, se tutto questo si rivelasse vero. Voglio che verifichi la situazione, che ne soppesi la gravità e che torni a riferirmi». Non si trattava di una richiesta; quello era un ordine, cui non si sarebbe potuta sottrarre. Lei deglutì, orripilata dalla prospettiva. Non si era mai spinta in quei luoghi, non aveva idea di come fossero e di cosa si sarebbe trovata ad affrontare; erano talmente lontani, nella sua mente sempre immaginati come selvaggi e angusti. Era davvero pronta a fronteggiare quelle fantasie? La sua testa lavorava veloce, valutando i pro di quell’insolita richiesta. Forse non tutto sarebbe venuto per nuocere, anche se si fosse trattato della verità.
S’inchinò, sollevando appena i lembi dell’ampia gonna con le mani: «Come desiderate.» gli rispose, per poi rivolgergli un sorriso suadente. Si voltò ancora, incamminandosi oltre la porta. Doveva prepararsi per un lungo viaggio.



Quando è cominciato, pensavo di poterne trarre un reale vantaggio.
Ero spaventata, certo, ma anche estasiata all’idea di mettermi alla prova;
quanto era trascorso dall’ultima volta in cui mi ero sentita così,
pronta a scontrarmi con l’ignoto?
Vivevo al sicuro tra i confini che mi ero delineata,
ero una Signora per chiunque m’incontrasse.
Da quel momento, invece, sarei stata
n e s s u n o



Constatare per prima ciò che stava accadendo la poneva in una situazione di vantaggio; capire infatti la reale portata di quegli avvenimenti era fondamentale per decidere come ribattere, e lei avrebbe potuto ponderare come piegare gli eventi a proprio favore. Era un modo patetico per combattere la paura, ma funzionava; appigliandosi a quei pensieri, riusciva a mettere da parte l’angoscia di affrontare qualcosa di totalmente sconosciuto.
L’Edhel si mostrò sin dalle sue prime miglia completamente diverso da ciò cui era abituata. Le terre del Dortan erano state ammansite dagli uomini, che le avevano rese quanto più confortevoli e sfruttabili per le loro necessità. Là, invece, la natura regnava sovrana, e i pochi che avevano deciso di sopravvivere in quei luoghi dovevano adeguarsi all’asprezza e all’inospitalità che gli riservava.
Tutto sembrava avverso ai forestieri: il clima estremamente rigido, le foreste cupe e inospitali, la stessa aria era più densa e umida di quanto fosse abituata. Se non fosse stato per la presenza di Samael, che la seguiva senza indugio e ben più entusiasta di lei di quei posti tanto selvaggi, sapeva non sarebbe stata in grado di proseguire; la paura l’avrebbe paralizzata, costringendola alla fuga, come una bambina terrorizzata. Si sforzava di combattere quell’istinto, nascondendosi dietro una maschera di risolutezza e opportunismo; se voleva partecipare a quel gioco, doveva essere ben più forte e grande di quanto non fosse realmente.
Ciò che trovò più difficoltoso furono gli spostamenti; muoversi nell’Edhel non era tanto agevole quanto nel Dortan, senza dubbio. Non esistevano strade ben delineate in cui le carrozze potevano muoversi senza problemi, il massimo cui si poteva ambire erano dei sentieri scavati naturalmente tra gli alberi, che permettevano di attraversare la foresta senza rimanere bloccati da radici, fango, massi o acqua. Arrivarono però a un punto in cui non era più possibile spostarsi in questo modo, e furono costretti a risalire il fiume; a quanto pareva era un mezzo di trasporto piuttosto utilizzato, forse perfino il più comodo e sicuro. Erano messe a disposizioni alcune imbarcazioni di media grandezza, in grado di muoversi sullo specchio d’acqua con facilità, senza disturbare la quiete di ciò che li circondava. Non aveva mai viaggiato in quel modo e abituarsi si rivelò complicato; stare al chiuso era fuori discussione, le bastarono pochi minuti per sentire venirle meno il respiro. Era ben più tollerabile se seduta sul ponte della barca, cullata dalle onde che s’infrangevano sulla chiglia.
Sedeva a ridosso del legno odoroso d’umidità, lo sguardo perso sul riflesso della foresta nell’acqua, che sembrava ancor più scura e lugubre in quella prospettiva. Samael le sonnecchiava addosso, il muso poggiato sulle gambe, tenendola al caldo. Persa com’era a scrutare il profilo degli alberi sul fiume, sussultò quando sentì una voce estranea rivolgersi proprio a lei: «Non avrei mai pensato di incontrare la signora Lancaster in un posto come questo.» disse una voce femminile. Si voltò, trovandosi davanti Hebiko, la misteriosa nobildonna conosciuta poco tempo addietro. Lo spavento si mescolò al sollievo di incontrare un volto noto in mezzo a quelle lande osciute. «Hebiko! È una sorpresa anche per me, non dubitarne!» le sorrise, lieta di quella coincidenza. «Già, non mi sono mai spinta in territori così lontani, sono così inospitali! Ma sai, sto cercando una persona importante...» lasciò sfumare il discorso, come se si fosse accorta di aver detto fin troppo. «Qual è invece il motivo del tuo viaggio?» le domandò incuriosita. Ryellia ponderò in fretta se confidarsi con la ragazza, di cui in fin dei conti sapeva ben poco. Decise di non avere nulla da perdere; del resto non si trattava di un segreto, piuttosto di un mistero che lei aveva il compito di svelare: «Cattive notizie mi spingono fino a questi luoghi. Messaggeri raccontano di demoni che fuoriescono dal suolo, e marciano per conquistare tutto ciò che incontrano... La preoccupazione è il motivo del mio viaggio.» le spiegò, omettendo gran parte dei dettagli, ma esponendole il fulcro delle sue ragioni. La guardò negli occhi, cercando di valutare la sua reazione. Era consapevole che la storia raccontata potesse suonare assurda, una facile bugia, ma sperò potesse leggere nel suo viso la sincerità di quelle parole. «Sembra una cosa seria e pericolosa per tutti... Se sei d'accordo, potrei accompagnarti e offrirti tutto l'aiuto possibile. Magari se sarò fortunata, incontrerò anche mia m... – s’interruppe all’improvviso – ...quella persona.» concluse. La Lancaster accolse quella proposta con gioia; era ben contenta di condividere il suo viaggio con qualcuno. Si era rifiutata di portare con sé una scorta, in un impeto di orgoglio e ottimismo per ciò che avrebbe trovato, ma doveva ammettere che la presenza di un’altra persona avrebbe potuto alleggerire quel peso insopportabile. «Se non ti dispiace, gradirei molto la tua compagnia. Devo ammettere che questa foresta m’inquieta non poco...» le confessò con un sorriso complice. «Allora è deciso! Vado a comunicare la novità al mio servo, a dopo.» disse Hebiko, per poi allontanarsi.
Tornò a fissare l’acqua con uno spirito diverso, rallegrata da quell’inaspettata svolta.



Avevo accettato quel compito di buon grado perché una parte di me
era convinta che non vi fosse un reale pericolo.
Sono stata allevata a temere solo ciò che mi minacci,
a credere solo in ciò che posso vedere,
toccare,
r e s p i r a r e


Quando scesero dall’imbarcazione, si trovarono immerse nella nebbia; potevano vedere solo a poco più di un metro di distanza, riuscendo a malapena a fare attenzione a non incespicare in qualche radice sporgente. Un silenzio sinistro le circondava, facendo riecheggiare il rumore dei loro passi in modo fastidioso. Samael le camminava a fianco, annusando con forza l’aria, muovendosi con molta più facilità della padrona, ma cercando di guidarla e di evitarle ostacoli. Si augurava che quella foschia si diradasse al più presto, perché non appena quel poco di luce che filtrava tra i fitti rami le avesse abbandonate sarebbe stato a dir poco impossibile proseguire e non sapeva come avrebbero potuto scegliere un posto dove accamparsi.
All’improvviso, dopo l’ennesimo passo, Samael rizzò il capo, in ascolto, fiutando l’aria. Il tempo di un respiro e spuntarono tutt’intorno a loro. Erano creature abominevoli, come non ne aveva mai visto in vita sua. Il drago al suo fianco ringhiò cupamente, abbassandosi appena, le unghie ben piantate nel terreno molle: era pronto ad attaccare. Ryellia si guardò attorno, preda di emozioni contrastanti; c’era paura, sconcerto, sorpresa. Era a questo che si riferivano gli esploratori? Era vero dunque?!
Hebiko, al suo fianco, sembrava pronta a reagire a un eventuale attacco, e questo la spinse a concentrarsi più sulla situazione attuale che a ciò che ne sarebbe derivato. Era più importante sopravvivere ora.
Prima che potessero fare alcunché, la situazione mutò: evidentemente la loro presenza aveva altrettanto colto di sorpresa quegli esseri, e per questo non videro lo schieramento proveniente dalla foresta che si abbatté su di loro. Furono rapidi e letali, risolvendo quella condizione in poco più di un minuto. Quando anche l’ultimo di quegli abomini crollò al suolo, poterono guardare i loro salvatori. La Lancaster smorzò il respiro rumorosamente, incapace di trattenersi. Erano… ombre? Avanzarono leggermente, osservandosi a vicenda. Dopo un interminabile silenzio, decise di mettere da parte la codardia e parlare: «Vi… ringrazio per il vostro aiuto.» disse. Quelle continuarono a fissarli, senza replicare in alcun modo. La donna deglutì, ma decise di proseguire: «Ci avete salvato la vita; ve ne siamo debitrici.» aggiunse, alludendo a sé e alla sua compagna. L’ultima affermazione sembrò colpire il gruppo, come se vi vedessero uno spiraglio. «Non è sicuro parlare qua, ce ne sono molti altri.» disse a un tratto una di loro. Ryellia nascose a stento lo stupore di sentirle capaci di parlare, nonché di udire un tono tanto… normale. «Seguiteci.» terminò, e parte della squadra cominciò a muoversi alla loro destra. Quelli sulla sinistra rimasero fermi, in attesa che il piccolo gruppo seguisse i loro compagni. Si trattava di un invito che non potevano declinare.



La mia vita era stata ben costruita tra ferme certezze.
Sapevo chi ero, chi sarei diventata;
conoscevo la mia forza, il mio potenziale.
Ero convinta che tutto nascesse e morisse entro quegli stessi limiti
in cui la mia mente figurava il passato, il presente e il futuro.
Poi, all’improvviso, conobbi il
m o n d o


I giorni che seguirono furono a dir poco surreali. Nessuna esperienza da lei vissuta poteva competere con quello.
Si stabilirono in uno degli accampamenti allestito dalle ombre; nonostante la natura diffidenza che provavano nei confronti delle due umane, erano tanto disperate da aprirsi con loro, chiedendo aiuto. Raccontarono loro della guerra che stavano vivendo, di come stavano realmente le cose. Non che fossero necessarie le parole, viste le continue battaglie che si susseguivano tra ombre e demoni; perché di quello si trattava, per davvero. Questi erano in netta maggioranza rispetto alle ombre, che erano lentamente e inesorabilmente schiacciate dalla loro forza. Avevano bisogno di sostegno, ma non era quello delle ragazze che cercavano: la vegetazione sarebbe stata un compagno d’armi infallibile, se solo fosse riuscita a risvegliarsi. A quanto pareva, però, la posizione dei demoni impediva loro di assorbire le energie necessarie per destarsi; fin quando la situazione fosse rimasta immutata, avrebbero continuato a perdere miseramente, fino a rimanere schiacciate, lasciando ai demoni la possibilità di proseguire nella propria marcia.
Le giornate passavano e le fila delle ombre continuavano a essere ridotte. Le due donne, spettatrici del massacro, decisero che era giunto il momento di ricambiare il favore. Parlarono a lungo, cercando di ideare una strategia sufficientemente valida che potesse costringere i demoni a spostarsi. Un attacco frontale era impensabile, sarebbe stato un suicidio; avrebbero dovuto giocare d’astuzia, pregando che l’abilità dei demoni risiedesse nella loro forza e non nel loro ingegno. Una volta elaborata la tattica, rimaneva la parte più difficile: convincere le ombre che fosse un’idea efficace.
Si presentarono al concilio serale, dove le truppe s’incontravano per discutere delle battaglie combattute e di ciò che sarebbe avvenuto il giorno dopo, grate di poterlo vedere. Quando lo scambio d’informazioni cessò, prima che potessero discutere del prossimo scontro, Ryellia fece un passo in avanti: «Noi abbiamo un piano.» disse, attirando l’attenzione delle ombre. «Vi abbiamo osservato con attenzione in questi giorni, cercando il modo più opportuno per potervi aiutare. Ebbene, lo abbiamo trovato».
«Sappiamo che noi due da sole non vi possiamo essere di grande aiuto; avete bisogno di un esercito, ed è quello che vi daremo».
«Conosciamo le condizioni perché la vegetazione prenda parte alla guerra. – proseguì, prima che le ombre potessero intervenire. – Ed è esattamente ciò cui punteremo. Non possiamo combattere i demoni con un attacco frontale, corrisponderebbe a un suicidio. Ciò che invece dovremmo fare è trarli in inganno e farli spostare».
«Divideremo le fila in due gruppi: uno verrà insieme a me, e attaccherà per primo, da sinistra. – mentre parlava si era inginocchiata, e disegnava con la punta delle dita linee sul terreno morbido. – Colpiremo quando non se lo aspettano, in modo da prenderli alla sprovvista. Sarà un attacco forte e repentino; ci ritireremo immediatamente, cercando di attirarli al nostro seguito. Il secondo gruppo invece, insieme ad Hebiko, attaccherà da destra, cercando di spronare i demoni restanti a seguirci, fino a quando non si saranno spostati abbastanza da lasciare il modo e il tempo alle piante di richiamare le energie dal suolo».
«Sì, è rischioso; è incerto. Non so in quanti sopravvivremo a un simile attacco. Ciò che so, e ve lo dico per certo, è che è la nostra unica possibilità. Se rimaniamo fermi, se continuiamo questi conflitti, finiranno per abbatterci uno dopo l’altro, fino allo stremo, in una lenta agonia. Dobbiamo agire, e dobbiamo agire ora. Perciò, fidatevi, vi prego. Dateci modi di riscattare il nostro debito:
una vita per una vita, dico bene?
».


kLux6po




Figli del Fato
- S t y g i s



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: B
Stato Fisico :: 100/100
Stato Mentale :: 75/75
Energia :: 125/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Nessuna :: ///


ATTIVE—

Nessuna :: ///


ANNOTAZIONI—

Niente da segnalare, ho seguito le indicazioni in confronto!
Buona quest a tutti *_*/

 
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view post Posted on 22/3/2015, 22:13
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« figli del fato ~ stygys »


Erein
Erynbaran, centro di comando Arshaid (Est)


« Cosa hai fatto? » dalla sua voce, acuta e rumorosa, si potevano scorgere chiaramente fondamenta di rabbia. « Sapevo che non potevamo fidarci di te!
Ci hai condotti a morte certa!
»
Davanti agli occhi di Erein, degli Elfi e dei mercenari a sua disposizione, un altro Shaogal Crann bruciava; un'altra comunità Arshaid era stata distrutta e la puzza dei corpi degli elfi ancora albergava nell'aria. Erein aveva fatto spostare gran parte del centro di comando ad Est, non sapendo che lo stesso era stato già distrutto. Del resto, la guerra continuava ormai da qualche giorno e non difficilmente si sarebbe potuto immaginare uno scenario simile. I soldati elfi bisbigliavano parole come traditore, trappola, nemico. Il suono di quelle parole, per Erein, però, avrebbe assunto un solo significato: fallimento. Un significato che nella sua vita aveva conosciuto poche volte, ma con estrema intensità. Un significato che avrebbe messo a repentaglio la vita di moltissimi elfi, oltre che la sua. Probabilmente, a causa di quel fallimento, Erein avrebbe perso ogni traccia della rivelazione di sua madre. Incapace di scoprire la verità e segnato da una tale sconfitta, poi, non gli sarebbe rimasto che scappare e nascondersi agli occhi di tutti, incluso sé stesso. O morire, possibilmente.
Il suono del corno dei demoni mise ancor più in allarme gli Arshaid, che si lanciavano occhiate impaurite e sconvolte, che rivolgevano la colpa dell'intera situazione al giovane Re di Deyrnas.
Potevano sentirli chiaramente, i passi dei demoni avvicinarsi da nord. Evidentemente avevano previsto che prima o poi gli altri centri di comando avrebbero provato a contattare quello ad Est e per questo si erano appostati in maniera tale da sorprendere gli sciocchi che avessero tentato tale follia. Il numero dello squadrone di demoni superava di gran lunga quello degli elfi; anche in caso contrario, però, la forza degli Arshaid non poteva assolutamente competere con quella di un demone di Baathos. Abituati a vivere nascosti dal mondo, gli elfi Arshaid si erano rammolliti e indeboliti, risultando il gruppo di elfi più deboli dell'intero Edhel - a differenza dei loro fratelli Rham as Aid, sempre in allenamento continuo e sottoposti a una vita di continuo pellegrinaggio.
E così Erein si trovava con gli sguardi degli elfi rivolti alla sua figura. Impauriti, spaventati, arrabbiati, ma tutti in attesa di ordini. In qualche modo, del resto, volevano ancora fidarsi di lui.
Quello che doveva fare era salvarli; solo in quel caso lo avrebbero finalmente considerato uno di loro.

~

Ryellia & Hebiko
Matkara, campo di battaglia


« Perché stanno accelerando il passo? È strano. »
Il piano di Ryellia e Hebiko stava procedendo insolitamente bene; forse fin troppo bene, per un piano ideato nel mezzo di un conflitto. Avevano sfruttato il tempo che avevano, realizzando la strategia ai loro occhi più efficace per far sì che la vegetazione potesse risvegliarsi. Evidentemente, però, si erano informate troppo poco sulla posizione dei loro nemici. Improvvisamente, un nuovo corno sarebbe suonato e un gruppo di demoni molto folto avrebbe chiuso il primo gruppo di ombre, capitanato da Ryellia. La donna si trovava tra l'esercito principale di abomini e demoni e il nuovo gruppo di demoni, impossibilitata a scappare.
« Ci hanno chiuso la strada, siamo in mezzo a due fuochi. Cosa dovremmo fare? »
La voce dell'ombra si confondeva tra i rumori della battaglia; decine e decine di ombre stavano perdendo la vita in uno scontro strategicamente impossibile da vincere. I demoni massacravano il corpo delle ombre, cibandosi della loro materia quasi informe. Gli abomini del vecchio dominio, invece, ridevano della loro sconfitta e sputavano sui loro corpi. Avevano la vittoria in tasca, finalmente; dovevano solo continuare a massacrare quelli che per molto tempo erano stati costretti a chiamare alleati.
A Ryellia restava solo una cosa da fare: prendere tempo.

Dell'altra parte, Hebiko avrebbe perso terreno nei confronti dell'esercito nemico, per poi vedersi parte dello stesso ripiegare sulle proprie posizioni. Avevano capito il trucco, questo era certo; in numero nettamente inferiore, la parte di esercito dei demoni disponeva di combattenti sicuramente più abili delle ombre. Lo scopo di queste, però, era semplicemente quello di spostare ancora un po' i nemici dalla loro posizione, affinché non vi fosse ostacolo alcuno alla rigenerazione della vegetazione.
« Dobbiamo fare in modo che indietreggino ancora un po'. » il capitano delle ombre prese coraggio, caricando i nemici. « Ma dobbiamo farlo in fretta. L'altro gruppo soccomberà presto, se non ci sbrighiamo! »

~

Darkwatch
Lithien, Biblioteca Comune


La biblioteca comune era molto silenziosa, ben più del solito. Un silenzio così forte da essere estremamente sospetto. Ad una più attenta analisi, infatti, la biblioteca non era solo silenziosa - come nel resto dei giorni, in Lithien, ma piuttosto deserta. Dai lettori più accaniti ai gestori della stessa, nessuno sembrava essere tornato nella grande biblioteca da quando era stato dato l'allarme dei demoni e le porte della città erano state chiuse ad eventuali ingressi e uscite. Il sole filtrava dalle enormi vetrate trasparenti, raffiguranti questa o quella scena di letteratura storica. La biblioteca comune conteneva ogni sorta di libri, dagli argomenti più quotati a quelli meno generici, pur rimanendo su una linea sottile di approcciabilità. La vera conoscenza, del resto, era custodita altrove, in sale il cui accesso era sempre stato negato a tutti, se non al Concilio di Lithien e ai suoi stretti collaboratori. Pur essendo una biblioteca di "secondo ordine", però, l'enorme biblioteca comune disponeva informazioni che avrebbero fatto gola all'intero continente di Theras, perso nella propria ignoranza.
Darkwatch avrebbe avvertito quel silenzio in maniera ben più lugubre di quanto potesse sperare. Ogni singolo rumore metteva in allerta il giovane combattente.
D'un tratto, riuscì a scorgere la coda nera come la pece di un essere quadrupede. Si spostava con molta velocità, spostandosi di settore in settore. Al suo passaggio, inoltre, Darkwatch avrebbe notato facilmente che molti libri sparivano dai rispettivi scaffali, svanendo, almeno apparentemente, nel nulla.
Trovatosi faccia a faccia con la creatura, però, Darkwatch avrebbe facilmente riconosciuto la razza della stessa: un demone. Un Tergan, nello specifico; un quadrupede dal manto nero le cui abilità caratteristiche si fondavano sul nascondersi e l'agire di nascosto. Una particolarità del Tergan in questione era una ferita abbastanza profonda alla zampa anteriore destra, che ne rendeva più difficili i movimenti. Se il combattente non fosse intervenuto subito, il demone sarebbe scappato non appena avesse visto l'occasione giusta.
Lo scopo di Darkwatch era chiaro: uccidere il demone.
« Fatti da parte pistolero, o dovrò passare alle maniere forti. »



Andiamo avanti. Le cose si fanno movimentate per tutti.
Nello specifico:
    Malzhar: si mette male per Erein. Arrivati al centro di comando, scoprite che è stato già distrutto. Non solo; anche lo Shaogal Crann ad esso associato è stato distrutto e, evidentemente, i demoni avevano predetto il vostro arrivo. Suonano l'allarme e scendono la valle per caricarvi. Nel frattempo, gli elfi ti accusano di averli traditi e condotti a morte certa. Come ti regoli? Continuiamo in confronto.
    Guadagni 0 Punti Elfo.
    Punti Elfo: 1.

    Kita & Shavronne: la situazione è quella descritta nel post. Con entrambi continuiamo in confronto.
    Kita, tu ti trovi intrappolata tra parte dell'esercito che avevate provato ad ingannare ed un nuovo gruppo di demoni che vi sorprende. Il loro numero è molto maggiore rispetto al vostro, il che si riflette immediatamente nella morte di moltissime ombre del tuo plotone. Quello che la situazione ti suggerisce è: prendi tempo affinché la vegetazione possa crescere.
    Shavronne, per te la situazione è più semplice, anche se richiede più inventiva. Parte dell'esercito che avevate provato ad ingannare ferma la propria ritirata e ingaggia battaglia; sai che devi farli indietreggiare ancora un po' affinché la vegetazione possa risvegliarsi. Allo stesso modo, sai che non è un'opzione valida quella di combattere, perché sono abbastanza più forti di voi, anche se come numero siete fondamentalmente pari.
    Guadagnate 1 Punto Schieramento Ombre.
    Punti Schieramento Ombre: 2.

    cagnellone: entri nella Biblioteca Comune e vedi che è praticamente deserta; tutti gli addetti sono usciti per l'invasione dei demoni. Non noti nulla di strano, inizialmente, fin quando non riesci a scorgere una piccola figura demoniaca e dei libri che spariscono quando questa vi si avvicina. La insegui e ti accorgi che è un Tergan, un mostro di pericolosità D della Corte dell'Abisso. È lievemente ferito e quando si accorge che lo hai stanato cerca di scappare lungo la biblioteca. Quello che ti tocca fare per questo post è un combattimento autoconclusivo con il demone. Ricorda che è una pericolosità D e che è già lievemente ferito; utilizza principalmente attacchi di natura fisica, per nascondersi o attaccare alle spalle. Ti lascio i link della fazione mostruosa della Corte dell'Abisso e del regolamento dei combattimenti autoconclusivi. Per qualsiasi domanda, confronto.
    Corte dell'Abisso.
    Regolamento Autoconclusivi.
    Guadagni 2 Punti Investigazione.
    Punti Investigazione: 2.

AruAlies è escluso dalla quest.
Avete tempo per postare fino alle 21:00 del 28 Marzo.
Buon post.
 
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Shavronne
view post Posted on 25/3/2015, 18:34









Una parte dei demoni si era fermata e stava ritornando sui propri passi, volevano combattere.
Non era così che doveva andare! Che cosa era successo al primo gruppo? Hebiko non poteva saperlo ma era sicura che il loro intento fosse stato scoperto.
«Fermi! Sanno quello che vogliamo, una battaglia in campo aperto non risolverà nulla!»
Aveva appena fermato il capitano delle ombre che preso dall'impeto era pronto a combattere. «Frammentiamoci in piccoli gruppi e dirigiamoci verso i nostri alleati, potremmo colpire con un attacco a sorpresa i nemici che li hanno seguiti: non se l'aspetteranno!»
Era preoccupata per Ryellia, se fosse morta allora tutti i rischi che aveva corso, tutti i disagi di quella situazione sarebbero stati inutili. Lei era importante almeno quanto quella dannata vegetazione.
Ovviamente questo alle ombre era meglio non farlo sapere, quindi continuò il discorso. «Se invece si dividono anche loro e ci seguono allora abbiamo svolto il nostro dovere.»
Il capitano parve pensarci qualche istante, poi con un piccolo cenno diede il consenso e rapidamente i gruppetti si formarono e si dispersero nella foresta. In fine lui, la ragazza e altre tre ombre fecero lo stesso.

E così i pezzi iniziarono a posizionarsi diligentemente sulla scacchiera.


Avevano sentito tutti e cinque una grande tensione quando erano passati a lato dell'esercito nemico, nascosti tra la nebbia e gli alberi. Ogni movimento proveniente dalle loro fila faceva scattare un lampo di paura: se li avessero visti in quel momento sarebbe stata la fine. Poi con un sospiro di sollievo superarono l'immobile orda.
«Non hanno nessuna intenzione di cercarci...» Ormai era chiaro.
Hebiko sentì imprecare il capitano alle sue spalle, lui come tutte le altre ombre speravano in quello che non era accaduto. Decisero comunque di attenersi al piano, la scelta era già stata presa e non si poteva tornare indietro.
Continuarono a muoversi, percorrendo il terreno che solo poco tempo prima era stato calpestato da Ryellia e i suoi. Ogni tanto a testimoniarlo si imbatterono in cadaveri di ombre e demoni, il tributo calcolato per quell'inseguimento. Poi, poco per volta, i vari gruppetti si ritrovarono fino a ricompattare il plotone. Prima di proseguire la ragazza chiese al capitano se le sue truppe fossero state in grado di creare una sorta di trappola per eliminare l'esercito che si erano lasciati alle spalle nel caso avessero deciso di raggiungerli. Lui però spiegò che non vi era tempo e la sua risposta fu categorica, Hebiko allora non replicò e continuarono il percorso.

I cavalli da dietro partirono per primi aprendo le danze.


Quando raggiunsero il nuovo campo di battaglia la scena che videro fu spaventosa, il piano delle due ragazze non aveva previsto quella situazione: il gruppo di Ryellia era stato preso in mezzo da un nuovo esercito e non aveva vie di fuga. Moltissime ombre giacevano al suolo prive di vita, Hebiko ebbe il terrore di poter vedere tra quei corpi la figura della sua compagna ma fortunatamente non c'era. La notò poco più distante, ancora viva ma in grande difficoltà. Non fece in tempo a dire nulla perchè le ombre alle sue spalle si mossero più rapidamente. Poteva sentire la rabbia nei loro animi causata dalla morte dei loro compagni e da come i loro corpi fossero stati profanati. Il nuovo attacco colse di sorpresa i demoni riuscendo ad infliggere un pesante danno. In breve tempo il campo di battaglia si riempì ancor più di sangue e carne. Nonostante questo le truppe nemiche erano ancora devastanti e il colpo subito venne presto mitigato. La principessa voleva raggiungere la Lancaster ma gli scontri che erano infuriati davanti a lei le impedivano di farlo in sicurezza. Stava ancora pensando a una possibile soluzione quando vide comparire un drago con a cavallo proprio quella ragazza. Lo vide alzarsi e sparire all'orizzonte con incredibile velocità: stava scappando o stava andando a chiedere aiuto? Non aveva importanza, almeno era riuscita a mettersi al sicuro.

E il re, il pezzo più importante, trovò salvezza.


Bastò una freccia che sibilò nell'aria a pochi metri dal suo corpo per poi conficcarsi in un tronco a riportarla al reale problema. Se lei fosse rimasta lì ferma ad aspettare che le ombre venissero schiacciate nel migliore dei casi avrebbe salvato la pelle scappando ma sicuramente nulla di più. La debolezza di quegli esseri stava iniziando ad innervosirla così come l'inefficacia di tutte le misure che aveva provato a prendere. Odiava quando le cose non andavano come voleva lei, odiava essere quel misero pallino nella foresta ignorato da chiunque. Era diventata una spettatrice impotente sugli eventi... ma ancora per poco, un'idea le aveva riacceso quel sorriso malvagio che tanto si era sforzata di nascondere a Ryella.
Per prima cosa osservò le truppe demoniache: voleva capire se fosse stato possibile comandarle e quanto bisognasse essere forti e svegli per farlo. La prima domanda trovò subito risposta, infatti tra loro una Mantide sembrava guidare il gruppo, avanzava con una schiera di guardie e massacrava ombre senza pietà. Hebiko rimase nascosta ad osservarla e nel mentre soffiò nell'aria, il gesto simile ad un bacio lanciato nascondeva in realtà la sua essenza velenosa. Il gas fluttuò nel campo di battaglia evitando prima un'ombra poi un'altra come fosse dotato di coscienza propria, poi roteò attorno alla testa della Mantide pronta a colpirne la mente. La ragazza nella confusione non riuscì a scorgere gli effetti sul suo corpo ma la vide dimenarsi per qualche attimo e poi ritirarsi. I loro condottieri non erano poi così potenti.

Con uno schiocco delle dita l'alfiere abbandonò il gioco.


Quello che voleva fare era rischioso ma fattibile, l'importante era non farsi vedere da nessuno. Rimanendo nascosta tornò indietro, ripercorrendo la strada che non molto tempo prima aveva fatto con il capitano delle ombre. Guardò il cielo tra i secchi rami degli alberi e vide un timido spicchio di luna affacciarsi sopra una nuvola oscura, alcuni fievoli raggi di luce si scontrarono con la nebbia sul terreno, donandole una colorazione bluastra, e sul volto della ragazza. Quest'ultimo però era cambiato: la sua morbida pelle si era trasformata in una moltitudine di scaglie argentate, i suoi occhi avevano perso tutta la loro umanità e la sua lingua biforcuta iniziò a vibrare freneticamente saggiando l'aria. E in men che non si dica il suo correre divenne uno strisciare. Durante quel percorso la sua mente pensava e ripensava a cosa avrebbe dovuto dire e a come avrebbe dovuto farlo. Poteva giocare su molte cose: sulla loro sete di sangue, sul fondo di verità che avevano le sue parole e sulla sua dote naturale che aveva per l'inganno di cui andava più che fiera. Per completare il tutto decise di estrarre il pugnale che teneva nascosto sotto il vestito e appoggiandolo con decisione sul suo braccio sinistro, lasciandosi sfuggire un'imprecazione, si procurò un ampio taglio.
Quando raggiunse il posto in cui le ombre si erano separate trovò l'esercito demoniaco proprio dove l'aveva lasciato. Rimase qualche istante ferma e nascosta, una minuscola parte di lei sembrava ripeterle di andarsene, di lasciar perdere. Era istinto di sopravvivenza? No era codardia! Con questo pensiero si diresse decisa verso i demoni, sola.
Era a pochi metri di distanza dalla prima linea, nessuno aveva detto o fatto nulla ma tutti la stavano osservando. Dopo un piccolo respiro iniziò a parlare, utilizzò la Lingua dei demoni Antica e la sua voce uscì con tonalità mostruosa e terrificante.
«Sono comparse nuove ombre e ci hanno attaccato di sorpresa! Quella Mantide codarda è scappata portandosi con se molti combattenti...» Quella in fondo era la realtà, ora arrivava l'inganno. «La situazione può volgere al peggio. Però ora le ombre sono tutte riunite e possiamo schiacciarle!» La loro voglia di massacrare e uccidere era plateale, mancava solo un ultimo tocco. La serpe d'argento continuò a parlare mostrando il suo braccio ferito. «Inoltre mentre venivo da voi mi sono imbattuta in un piccolo gruppo di quelle vergognose creature e ho sentito che questo terreno diventerà presto una trappola mortale, vogliono eliminarci senza combattere quei codardi!»
Un urlo collettivo terribile si levò nella notte e l'orda si mosse.

I pedoni dovettero cadere per consentire alla regina il libero movimento.


Hebiko disse di aver scoperto diverse trappole nemiche lungo la strada; non era vero ma così facendo si pose alla guida del gruppo: i demoni la seguivano. Per un momento le tornò in mente la discussione avvenuta nello stesso luogo qualche tempo prima con il capitano delle ombre. Se solo fosse stato in grado di creare una trappola chissà che risvolto sarebbe potuto accadere, ma lui aveva detto no alla principessa ed ora ne avrebbe pagato il prezzo.
Avrebbe voluto ridere, urlare e mostrarsi a tutti: un intero esercito aveva provato a muovere quei mostri e aveva fallito, lei c'era riuscita con poche parole. Era fiera di se stessa.
Poi arrivarono alla battaglia e proprio come in passato l'esercito alle sue spalle si scagliò con furia contro i nemici. Lei rimase a vedere la scena già vista ma a parti invertite. I nuovi demoni si abbatterono contro le ombre restanti e vi fu un massacro a senso unico, vennero squartati e massacrati poi derisi e profanati. Lei rimase a guardare quello spettacolo estasiata. Il suo volere aveva distrutto un esercito, la sua persona aveva deciso della vita di tutti loro, da sola aveva ridato vita alla vegetazione e aveva guidato entrambi gli schieramenti. Si sentì potente.
Aveva giocato con la guerra e l'unica ferita che si era procurata era quella sul suo braccio, autoinferta per giunta.
Poi una testa le rotolò vicino, gli occhi vitrei senza espressione rivolti verso di lei. Era quella del capitano delle ombre.
«Non mi guardare, siete morti perchè eravate deboli... ma non preoccuparti la vegetazione sta riaffiorando proprio come vi avevo promesso. Com'è che aveva detto Ryellia? A già... una vita per una vita, dico bene?»
E con un rapido colpo di coda colpì la povera testa lanciandola lontano tra gli alberi.
Dietro tutta quella morte, un poco più distante, sui rami delle gemme pulsanti vitalità nascevano e crescevano. Le radici afferrarono il terreno e si fecero largo in esso, l'erba comparve rialzandosi da quel sonno sofferto e i fiori si aprirono in tutto il loro splendore.

In fine le torri ripresero vita erigendosi con tutta la loro magnificenza.




B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]



۩ Stato fisico: 65% ( danno medio da lacerazione sul braccio sinistro)
۩ Stato mentale: 75% (illesa)
۩ Riserva energetica: 130% ( un dispendio di energie alto)
۩ Abilità passive:
Nel mezzo di un combattimento il guerriero noterebbe lo sguardo malizioso, il mendicante ceco il suo dolce profumo, e la sua voce per le strade svuoterebbe le case. Non importa la razza, il sesso o l'età chiunque trovatosi al cospetto di Hebiko ne verrebbe inevitabilmente tentato.
Grazie al bell'aspetto unito ai modi eleganti e sensuali, la principessa serpente è riuscita a perfezionare questa sua dote innata. Infatti la malia esercitata non si limita ad un mero piacere carnale ma ad una impossibilità di opposizione: le sue proposte risulteranno all'orecchio dell'assoggettato stranamente allettanti e la sua ingombrante presenza difficilmente ignorabile.
Passiva di talento(Affascinare): attivando questa passiva Hebiko crea un'aura di malia psionica, esercitando un sentimento di tentazione sulle creature presenti.(Numero di utilizzi: 6->5)
Passiva di talento(Maledire): con il consumo di un utilizzo di questa passiva Hebiko potrà identificare un oggetto, un'azione, un evento o addirittura un essere vivente come fonte di pericolo dal quale il suo interlocutore dovrà tenersi a debita distanza. Conta come un'influenza psionica passiva.(Numero di utilizzi: 6->5)
Con l'esposizione al buio della notte gli Hachurui possono mostrare il loro vero aspetto. Quando Hebiko compie la trasformazione i suoi tratti demoniaci, normalmente solo accenati, prendono il sopravvento sulla forma umana. La sua pelle viene interamente ricoperta da squame argentee, la lingua si biforca e le pupille diventano verticali. Il cambiamento maggiore però si svolge dalla vita in giù: al posto delle gambe prende forma un enorme coda di serpente. Oltre ai puri cambiamenti estetici la nuova forma ottenuta risveglia nella mente della razza una sete di sangue latente, un istinto predatorio primordiale. Proprio a causa di quest'ultimo aspetto la principessa serpente tende a trattenere la liberazione della forma demoniaca quando nelle vicinanze vi sono persone la cui esistenza resta gradita.
Passiva razziale: forma demoniaca. Utilizzando questa passiva Hebiko può mostrare la sua vera forma.(Numero di utilizzi: 6->5)

۩ Abilità attive:
L'aspetto più pericoloso degli Hachurui è sicuramente quello riguardante il loro veleno. Hebiko ha plasmato questa sostanza secondo la sua personalità: un arma subdola quanto letale. Un gas inodore ed incolore, rilasciato dalla bocca, con la capacià di raggiungere con precisione la vittima designata. Esso, a differenza dei comuni veleni, andrà a colpire la mente del contagiato creando in lui la macabra convinzione di stare andando in putrefazione. Sebbene questa sostanza agisca sulla psiche gli effetti immaginati prendono realmente forma sul corpo dell'assogettato, creando veri e propri decadimenti dei tessuti fisici del corpo.
Abilità personale: la tecnica è di natura psionica e ha un costo di energia pari ad alto. I danni causati invece saranno fisici e pari al consumo della tecnica stessa.
Consumo all'energia: alto

۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
۩ Note: Il gobbo non mi ha seguito nella battaglia (sarebbe stato un peso morto) ma è rimasto tra gli accampamenti. Ho preferito non usare la corrispondenza grafica quando parlo in demoniaco. Come detto in confronto la mia passiva maledire è indirizzata verso il terreno sul quale i demoni stanno impedendo la vegetazione.


 
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view post Posted on 28/3/2015, 10:31

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Un moncone carbonizzato. Un tappeto di innocenti massacrati. Ecco quale spettacolo offriva il centro di comando ad est. L’Albero Padre si ergeva fiero nella sua ingrata sorte, un gigante divorato dalle fiamme, un padre non più in grado di versare lacrime per l’ecatombe dei suo figli, un silente, tetro guardiano di ciò che un tempo era un emblema di bellezza e sacralità.
Urla sdegnate, accuse, rimproveri mi piovvero addosso più fitte delle piogge evocate dai Cantori.
Il dolore si era mutato rapidamente in rabbia, la tristezza in rancore verso lo straniero che li aveva condotti in quel luogo … Verso di me.
«Sono forse io il colpevole di queste morti?» – la mia voce si erse vagamente alterata - «Ho bruciato io lo Shaogal Crann? Vi ho forse costretti a venire fin qui?»
Tra i più accaniti accusatori, quello sulle cui labbra la parola traditore era affiorata più veloce di una cattiva abitudine c’era Aduial - «E tu che mi accusi di tradimento, hai dimenticato chi mi ha suggerito di venire qui? »
Gli animi non sembravano placarsi anzi … E’ più facile addossare a qualcun altro la messe dei propri errori e uno straniero, uno sconosciuto è il capro espiatorio perfetto. Non mi lasciarono scelta dovevo ingannarli, facendo leva sulla loro fede. Mi concentrai un istante, fingendo un momento di stanchezza la mia mano si posò sulla corteccia ferita dell’Albero Padre. La pianta si velò di una rugiada sottile, luminescente, che andò condensandosi alle radici formando una figura eterea, femminile. La donna possedeva i tipici tratti Arshaid e piangeva sconsolatamente per ciò che i suoi inconsolabili occhi vedevano. Mi finsi sbalordito, caddi in ginocchio, riuscii persino a far scorrere qualche lacrima.
«Non vedete? La Madre di tutti noi piange la morte del suo Sposo. Piange per il massacro dei suoi figli! » – alzai le braccia in un gesto patetico mentre gli astanti sembrano più intimiditi che mai- «Perdono Madre! Perdono! » – ululai inconsolabile - «Perdonami per non essere stato in grado di aiutarli! » – la figura si mosse un attimo, il tempo di una carezza e poi svanì in una bruma umida, salmastra.
«Voi tutti ... amici ..fratelli, perdonatemi! Avrei dovuto prevederlo, avrei dovuto saperlo...»
Il mio sguardo si riempì d’ira - «Non ho saputo proteggerli, ma posso ancora vendicarli! Non lasciate che la paura e la costernazione vi annichiliscano! Combattete al mio fianco, sterminiamo questi vili assassini, distruggiamo questi aborti che hanno profanato quanto di più sacro e venerabile cresca sulla nostra terra! »
Aureus, che mi era stato vicino in religioso silenzio fino ad allora, mi prese per una spalla strattonandomi.
«Che razza di idee hai in mente? Vuoi mandarli al macello?» – mi sussurrò - «Quei dannati uccelli – che il Baathos se li porti – che hai mandato in avanscoperta ti hanno detto o no che sono centinaia più di noi? I numeri non ci aiutano figliolo, è tempo di ritirarsi. Meglio perdere l’orgoglio che la vita.. » – mi fulminò con occhiata eloquente - «Senza contare che questa non è la nostra guerra!»
«I miei occhi e le mie orecchie hanno anche detto che saranno presto qui … Scappare non è una soluzione!» – quella mia affermazione chiudeva la questione. Mi rivolsi agli Arshaid riuniti dinnanzi a me, spauriti come agnellini mandati al macello.
«Vi siete affidati a me e vi ho deluso, cercherò di redimermi con il valore delle mie gesta...» – posai una mano sulla spalla del mio antenato - «Aureus guiderà la difesa. I valorosi mercenari distrarranno il nemico mentre io gli cavalcherò alle spalle e sferrerò un attacco letale da dietro. Voi tutti occupatevi di difendere ciò che rimane del centro di comando e di restare vivi.»
Lo sguardo di disappunto del Drago mi sfiorò solo un istante, non ebbe cuore di proseguire quando vide i volti di quegli sventurati puntare su di lui.
«Che tu sia dannato figliolo… e sia! Uom…volevo dire...Elfi! Difendiamo questa terra! » – poi a mezza bocca mi sussurrò - «Se ci lascio le penne ragazzo, giuro che torno a tormentarti fino alla fine dei tuoi giorni! » – ma nei suoi occhi sfolgorò per un istante un lampo d’orgoglio.
Scivolava dolcemente tra i sentieri come un ruscello. Un lampo candido tra il verde senza fine di quegli alberi. Lo Spirito dei Boschi sembrava conoscere la strada, non aveva bisogno di briglie o di una sella, non necessitava di ordini o indicazioni. Ci ritrovammo alle spalle dell’esercito nemico più in fretta di quanto avessi osato sperare. L’alce aveva trovato la strada, ci eravamo arrampicati in un boschetto leggermente sopraelevato rispetto al resto della piana boscosa che costituiva quella terra. Brucava pacatamente gli arbusti aromatici che crescevano nel sottobosco, incurante della morte che avanzava inesorabile verso gli Arshaid. Il pelo madido di sudore sembrava cosparso di rugiada, il calore del suo corpo faceva sollevare bordate di un odore silvestre, intenso, che sapeva di pino e liquirizia, di ginepro e resina. Carezzai la bestia e quella sollevò il capo crogiolandosi in quel gesto d’affetto. Smontai e osservai l’esercito nemico.
Era un brulicare nero e disgustoso, un proliferare di insetti e vermi su un cadavere ancora troppo caldo per tollerarne l’offesa. Quanti erano? Centinaia? Migliaia? Non importava. Il mio esercito, quello che solo io potevo comandare, quello che non conosceva paura o dolore o disobbedienza li avrebbe spazzati via. Ero euforico, mi sentivo già ricoperto di gloria … Immaginai i titoli che mi sarebbero stati affibbiati dopo quel giorno, dopo quella trionfante dimostrazione del mio potere.
Sterminatore di Demoni, Salvatore degli Arshaid, il Re che cavalca con le Ombre , nessuno avrebbe osato più chiamarmi Straniero con quella fastidiosa inflessione che condensava tutto il loro disprezzo in un’unica inoffensiva parola. Nessuno mi avrebbe più chiamato Stregone fraintendendo i miei scopi, insultando la sacralità delle mie conoscenze, umiliando la magia pura connotandola di un aspetto oscuro e malefico. Sorrisi, beandomi di un singolo raggio di sole che riuscì a fendere il cielo plumbeo e carico di pioggia. Sorrisi ed ordinai l’attacco.
Diecimila tra cavalieri e fanti, composti di una sostanza che pareva bruma, dagli inconfondibili tratti elfici sciamarono sul nemico. Sentii le urla, udii il rumore viscido delle spade che penetravano nella carne.
Fu un attimo, un solo attimo di gloria e trionfo. Poi le mie Ombre svanirono come nebbia di primo mattino sorpresa ad attardarsi dal sole di mezzodì. Avevo inflitto una ferita, una profonda ferita al nemico ma niente sembrava fermarlo. Tre quarti di loro erano ancora in piedi, inesorabili, invincibili.
Sbalordito li osservai per un istante proseguire verso il centro di comando e la mia arroganza degradò in terrore, vergogna, umiliazione. Li avevo mandati a morire … Tutti loro …
No, non l’avrei permesso. Balzai sull’alce, la costrinsi a cavalcare più veloce di quanto di prima.
Quando ritornai lo spettacolo che mi attendeva mi mozzò il fiato e mi rese le viscere di piombo.
Un massacro, l’ennesimo. Aureus aveva ordinato di retrocedere, gradatamente senza smettere di combattere. «Non ritiratevi! Non smettete di combattere! Ricordate gli orrori che hanno commesso contro la vostra, la nostra gente! Gli Dei sono con noi! Non lasciate quartiere!»
Sbraitai nel vedere la paura prendere possesso dei loro animi. Poi mi persi, lasciai che la mia mente si fondesse con il cielo, con le nubi e i fulmini. Mi annullai e divenni tempesta.
Quando riaprii gli occhi tre quarti dei nemici erano stati uccisi. Sentii la testa vorticarmi per lo sforzo, lentamente il mondo si posizionò di traverso. Stavo cadendo di sella …
«Non c’è niente da fare figliolo … Non possiamo rimanere …» – Aureus era giunto ad aiutarmi. La sua armatura era ammaccata, graffiata, sporca di sangue e fango. Il viso tirato era più pallido del consueto, tumefatto sotto l’arcata sopraccigliare destra. Un lungo graffio si apriva lungo la guancia sinistra. Ma qualcosa brillava nei suoi occhi … Una fiamma … «Non c’è vergona in quello che hai fatto. Eravamo un pugno di uomini e li abbiamo comunque schiacciati. Io .. Io …Mi sono persino trasformato!»
Gli sorrisi, un attimo solo. Poi svenni. Mi risvegliai nel primo centro di comando, il volto del vecchio cantore Cantore incombeva severo su di me. Negli occhi ciechi aleggiava un’unica domanda. Cosa intendi fare ora?
Mi sollevai dalla posizione supina in cui ero stato posto. La testa mi doleva e rimbombava furiosamente.
«Non è stata colpa mia, ho fatto del mio meglio …» – mi giustificai. Non bastò, quel vecchio volto non sembrava disposto a dispensare misericordia. «Bisogna avvertire gli altri. Sono troppi, troppi! Mandate messaggi a Lithien, che ci aiutino o ciò che alberga qui ucciderà anche i loro figli … »
Il vecchio cantore tacque – «Una proposta ragionevole, finalmente. Ma ci vorrà del tempo, troppo. Tu sei più veloce … »



Le due sentinelle a guardia della porta mi avrebbero ucciso di certo se non avessi usato la mia influenza su di loro.
Chi sei? Cosa vuoi?La città è chiusa a qualsiasi ingresso per ordine del concilio. - fece una di loro.
«Sono Erein Dewing, Signore di Deyrnas e vengo per conto degli Arshaid dell'Erynbaran. Ho urgente necessità di conferire con il Consiglio. Orde di Demoni minacciano quelle foreste, massacrandone gli abitanti e bruciando gli Shaogal Crann. » – mi fermai un’istante - « Presto le orde demoniache spazzeranno via quella civiltà, valicheranno i vostri confini e le vostre porte chiuse non serviranno a molto. Io stesso ho combattuto dando fondo a tutte le mie capacità ma nulla è servito contro il numero abnorme di quegli abomini. Se non avete cuore di ascoltare le mie suppliche abbiate almeno l'intelligenza di comprendere che questa minaccia grava anche su di voi. Il tempo a mia disposizione non è molto, aprite le porte e lasciatemi passare prima che ogni speranza di salvare quegli sventurati svanisca con l'ultimo Albero Padre!»
Quelli risposero che non erano problemi loro, che Lithien aveva le sue grane di cui occuparsi.
Che gli spocchiosi Arshaid se la vedano da soli!
Era troppo. La prudenza che mi ero ripromesso di utilizzare svanì in una vampata di sdegno.
«Spocchiosi o no combattono qualcosa che, se non fermato, presto giungerà anche qui! » – risposi - «E poi da quando alle guardie è permesso di parlare in nome del Concilio? Il vostro dovere è sorvegliare le porte non mettere in discussione le parole di un ambasciatore che porta gravi notizie. » - affermai con tutta l’autorevolezza di cui ero capace- «Ma se volete davvero fregiarvi di un autorità che non vi appartiene ...allora dovreste raccogliere anche i frutti che da questa autorità derivano! Venite, guardate, scrutate tra le fiamme l'orrore che si annida a poche leghe da voi ...E poi se ne avrete coraggio sbarratemi ancora il passo. Vostra sarà la colpa, sulle vostre coscienze ricadrà il sangue innocente versato. »
Una fiamma, apparve improvvisamente sulla mia mano. Volevo, desideravo che una di loro vedesse ….
Uno dei due lo fece, cedette alla curiosità e …ne fu sconvolto. Le porte si aprirono ma quello non era che il primo passo.

CS: //
Critico 40| Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: 75%
Stato Psicologico: 75%
Energia: 75% (150%-40%-40%-5%)
Passive in Uso:

«Figlio degli Elfi ~ Empatia»
C'è sempre stata un'affinità singolare tra Primogeniti e creature della natura. I più arditi osano dire che tra un elfo e una comune bestia non c'è molta differenza, intelletto e aspetto a parte. Istintivi, territoriali, schivi, emotivi, spesso selvaggi ecco a cosa si sono ridotti i Primi Nati. Non stupisce, dunque, che ormai siano considerati al pari di belve rare. Mia madre era un'elfa, tutto il contrario di una selvaggia e decisamente poco incline ad interpretare lo stereotipo -ormai dilagante - del personaggio silvano, vestito di foglie e agghindato con collane fiorite. Era severa, nobile, sfacciatamente consapevole della sua avvenenza. In quanto Alta Sacerdotessa dell'Ordine Rosso non mancava mai di indosssare la cappa scarlatta simbolo del suo rango; come Regina era abituata a coprirsi di sete e gioielli. Non credo di averla mai vista inzaccherarsi di fango, cacciare o guidare qualcuno in una foresta. Ma certo usava i doni di cui la sua razza dispone.
Il più affascinante, credo, era quello che le consentiva di comunicare con gli animali e riceverne una lealtà che nessun suddito o devoto servitore può dare. Riusciva a comprendere il pensiero e la natura di ogni creautura della natura fosse essa un cinghiale o fringuello, una piccola mosca o un gigantesco stallone da guerra.
Spesso veniva a conoscenza di notizie segretissime, di fatti avvenuti a leghe e leghe di distanza e nessuno sapeva come fosse possibile. Un giorno la vedi colloquiare con una minuscola formica e capii ...
Usava gli animali come spie e se necessario come una sorta di sua personalissima scorta. Chiesi di insegnarmi e lei dopo aver constatato che quella capacità apparteneva a me tanto quanto ad un qualunque altro figlio dei Primogeniti mi istruì. Il dono di parlare e dare ordini alle bestie non ha certo ben influenzato la mia fama, confermando le voci che mi dicevano promiscuamente vicino alla magia oscura ... Ma non è certo una buona ragione per smettere di usarla.
[Personale 8/25. Passiva. Il personaggio è in grado di rapportarsi a qualunque tipo di animale come se fosse a lui affine, non ostile e come se ci fosse un rapporto di fiducia da molto tempo. Il personaggio è in grado di capire i gesti ed i comportamenti degli animali istintivamente, come se li conoscesse da molto tempo. Potrà dunque impartire loro brevi e semplici comandi; inoltre, non sarà da loro mai avvertito come ostile o pericoloso, a meno che elementi esterni non ne influenzino l'istinto. Eventuali interazioni con animali non controllati dall'utente o presenti in Quest saranno a discrezione degli altri giocatori coinvolti o del Quest Master di turno. (6) ]


«Donami parole di fiamma con cui estinguere la violenza nei cuori.»
Parole. Solo parole. Nient'altro che parole.
Ecco cosa hanno detto per anni dei nostri sermoni. Frasi vuote, borbotti incoerenti, pronunciati da cani che ululano ad una luna che solo loro vedono. Eppure non sono forse le parole a mettere un esercito in marcia? Non sono forse i vani discorsi a convincere una popolazione in rivolta a deporre le armi e ritornare in pace alle proprie case? E' vero usiamo la retorica, l'ipocrita, cinica, retorica. Le nostre lingue tagliano come rasoi, le nostre parole fanno sanguinare coloro i quali ne sono colpiti ma è questo davvero un difetto?
[Eremita, passiva pacifismo. (6) ]
Riassunto Post:

Attive:

CITAZIONE
«Esercito d'Ombra»
Di uomini leali al proprio Re questo mondo ne conosce pochi, in questi tempi a muovere gli eserciti più che l'onore è il denaro; e quando un contingente danza al suono delle monete è facile che segua il signore con la borsa più grossa. Nella mia brevissima esperienza di regnante di questo mondo mi sono fidato poche volte di uomini in carne ed ossa ed è stata una fiducia malriposta. Non ripeterò più lo stesso errore.
Ecco perchè ho studiato come convertire le ombre di coloro che hanno usufruito dei miei servigi in un esercito sempre leale, che non discute mai i miei ordini, che non soffre fame, sete o stanchezza, che non pretende di razziare villaggi e vendicarsi di vecchie ferite; in breve: l'esercito perfetto. Dovreste vedere la maestà terrificante di quella schiera di ombre mentre marcia composta e silenziosa come il giungere dell'inverno.
Non ho mai visto nessuno rimanere impassibile alla vista di una così eccelsa e devota guardia d'onore, nessuno. I Quattro Regni tremavano al solo udire la marcia roboante degli eserciti di Basiledra, il mio non fa rumore, non solleva nubi di polvere che adombrano il sole, ma sua vista sa congelare il sangue nelle vene.
Ho visto veterani di molte guerre pisciarsi addosso al comparire della mia armata, generali ordinare la ritirata e interi contingenti capitolare senza nemmeno azzardarsi ad alzare la spada. Qualcuno dice che la vittoria più dolce è quella ottenuta senza combattere, concordo, ma se è proprio necessario imbrattarsi di sangue e visceri io faccio in modo che i miei nemici non dimentichino e che l'incubo di ciò che hanno visto li tormenti in eterno.
[Variabile magica ad area, il caster evoca una o più ombre che infliggono un danno coerente al consumo speso. Soffre, come da regolamento, di tutte le limitazioni del caso. Le ombre dopo aver attaccato rimangono sul campo impossibilitate a far nuovi danni, come mera presenza scenica salvo l'uso di un nuovo consumo. Danneggia il fisico. 4/25. Consumo utilizzato: Critico.]


«Meistr o y nef ~ Dominatore dei Cieli»
T’al è il Signore del tempo atmosferico e di tutti i cataclismi a questo legati. I suoi sacerdoti lo invocano dunque per tutto ciò che in questa sfera rientra. Narrano le leggende che un tempo vi era un ordine tra i Primogeniti che si occupava della cura dei campi. Erravano per tutta Theras invocando la pioggia quando la terra era arida per la siccità, scacciandola quando l’acqua sovrabbondante faceva marcire i semi e mitigando il caldo estivo o i rigori invernali.
Venne un giorno che un folle Lord volle che questi pii servitori del Creatore lavorassero solo per lui. Nella sua arrogante pazzia decise che solo i suoi raccolti fossero degni d’essere raccolti. Imprigionò i sacerdoti e impose loro che fustigare i campi vicini con ogni sorta di flagello proveniente dal cielo, di modo che potesse dominare il mercato dei frutti della terra e mettere in ginocchio alleati, avversari e vicini. I pii sacerdoti si rifiutarono affermando che le grazie del Creatore non appartengono ad un solo mortale ma a tutti i suoi figli e che la mano dei suoi cataclismi si muove solo sull’onda della sua giusta collera e non per soddisfare le brame di potere di un uomo.
Quello per ripicca iniziò ad ucciderli uno per uno, notte dopo notte finchè non ne rimasero che due. Sdegnati per il massacro dei confratelli invocarono a gran voce l’ira del loro Patrono che rapido li accontentò scatenando sul folle Lord tutta una serie di cataclismi.
Per ogni sacerdote ucciso venne una disgrazia dal cielo: prima il caldo bruciò la terra, poi venne il gelo che la flagellò con grandini e nevicate, giunse la pioggia e la furia dei fulmini ed infine a mietere le ultime vittime arrivò il vento. Quando la furia dei cieli cessò del Lord e del suo potentato nulla era rimasto, se non il monito.
Da quel giorno l’ordine dei pii sacerdoti scomparve, essi si diedero il nome di Dominatori dei Cieli perché tale fu’ il nuovo compito dal Creatore assegnatoli: mostrare che alla pietà oltraggiata segue la collera.

[ Ex pergamena 21/25Dominio dei Cieli: La tecnica ha natura magica. Il caster, dopo aver compiuto un qualche gesto evocativo, potrà variare il clima a proprio piacimento. Sarà possibile trasformare una giornata serena in un diluvio, una bufera, una rigida gelata o anche il contrario. Mai però potrà cambiare la notte in giorno e viceversa. Se utilizzata in un duello, egli potrà anche causare un violento temporale e generare fulmini e lampi tanto violenti da causare un danno a tutti gli avversari inferiore di un livello al consumo speso. Effetti scenici che non causano danno alcuno, invece, saranno ottenibili con un semplice dispendio di energie pari a Nullo. La tecnica dura il singolo turno di attivazione e può essere utilizzata solo ad area. Entrambe danneggiano il fisico. Consumo utilizzato: Critico]

«Mostrami nel fuoco la via, apri i miei occhi perchè vedano la Luce.»
La Piromanzia è un arte dimenticata e potente. La divinazione tramite il fuoco, non meno delle altre forme di vaticinio, riesce a fendere le oscure tenebre che celano il futuro dagli occhi dei mortali. Ognuno dei Dodici possiede la forma prediletta tramite cui ispirare i suoi fedeli tramite visioni ma l'Ordine Rosso afferma che il profetizzare per mezzo delle fiamme sia la forma più pura ed efficace. La realtà è nota solo agli iniziati: le immagini che scrutiamo nelle fiamme solo talvolta sono segni della Sua volontà. Molto più spesso noi stessi infondiamo nella luce tremula di un braciere le immagini che più ci fanno comodo. Potrebbe apparire un inganno ma così abbiamo convinto molti Lord e Re a non combattere inutili e sanguinose guerre, abbiamo fornito un conforto quando nessuna speranza avrebbe potuto germogliare, abbiamo ispirato uomini e donne ritenuti da tutti una causa persa.
[Personale 6/25 psionica Bassa, difendibile con un nullo o una passiva, ma se non adeguatamente difesa produce un danno Medio alla psiche, interpretabile come un ossessione sul contenuto della visione stessa.]

Note:



 
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K i t a *
view post Posted on 29/3/2015, 20:00




F I G L I   D E L   F A T O

STYGIS ❞.


kLux6po



Credevamo davvero di aver ideato una tattica vincente.
Esisteva altro modo per raggirare quelle creature?
Erano tante, troppe per le nostre forze,
e noi disponevamo di una sola arma:
l'a s t u z i a



«Ci hanno chiuso la strada, siamo in mezzo a due fuochi. Cosa dovremmo fare?» tuonò l’ombra, nel tentativo di sovrastare il frastuono della battaglia. Erano caduti in una trappola banale, magari prevedibile: i demoni li avevano accerchiati. Non si era resa conto dell’inganno fino a quando non aveva sentito le urla dei suoi compagni che cominciavano a cadere sotto gli attacchi dell’esercito nemico. Erano tanti, troppi per quel contingente il cui scopo era di essere un misero diversivo. E ora si trovavano invischiati nell’ennesima battaglia che non avevano possibilità di vincere. Il panico cominciò a farsi strada, mentre guardandosi attorno non vedeva altro che la distruzione delle Ombre. Doveva agire, doveva fare qualcosa il prima possibile.
Non poteva dimenticare il motivo per cui si trovavano là. Dovevano dare occasione al resto dell’esercito di spostare la parte rimanente di demoni, in modo che la vegetazione potesse destarsi dal torpore in cui era caduta. Non c’erano altre possibilità per quel gruppo; se volevano che il piano funzionasse, c’era una sola cosa da fare: «Resistere!» urlò di rimando Ryellia, levando la spada dal suo fodero.
Non avevano possibilità di resistere in un mero corpo a corpo; ciò cui doveva puntare era rallentarli quel tanto che bastava per dare ai suoi compagni la possibilità di respingerli. Loro erano forti, indubbiamente più di loro; ma cosa sarebbe accaduto se avesse giocato con la loro mente? Se li avesse convinti di avere a che fare con un nemico ben più pericoloso e letale?
Così, brandendo la sua arma, urlò indomita verso i suoi nemici, la rabbia e l’adrenalina che s’impadronivano del suo cuore; ma anziché il grido di una donna, dalla sua gola si propagò il ringhio di una fiera, il richiamo del cacciatore più temibile: il ruggito di un drago. Vibrò nell’aria, scuotendo tutto ciò che incontrava, e anche gli abomini parvero reagire a quel suono, mostrando per la prima volta esitazione e timore. Ecco, quella era la loro occasione.
Le ombre non si lasciarono cogliere impreparate, approfittando immediatamente di quel tentennamento: tutto attorno si abbatté contro i nemici una pioggia di frecce, dardi ben diversi da quelli che conosceva la Lancaster; sembravano composti di sola oscurità, addensata in tal modo da avere un corpo, e da essere incredibilmente letali. L’attacco si rivelò efficace, riuscendo a fermare i demoni dal proseguire quel massacro. C’erano riusciti: stavano resistendo.

Il tempo passava e solo un pensiero tormentava la mente di Ryellia: dov’era finito il resto del gruppo? I demoni continuavano a combattere, le ombre se la cavavano a stento. Sopravvivevano, e non potevano ambire ad altro. Pregava con tutta se stessa che fossero riusciti nel loro intento, e che finalmente le piante si stessero risvegliando, pronte a correre in loro soccorso.
La situazione si rovesciò all’improvviso: l’esercito di abomini per pochi secondi smise di occuparsi di loro, più preoccupato di ciò che aveva attorno. Inizialmente non capì, vedeva solo i demoni cercare di contrastare una nuova minaccia, e per un secondo pregò che Hebiko ce l’avesse fatta, che fosse riuscita a destare le piante e fossero pronte a capovolgere la situazione.
Quando la intravide tra la folle, un’ondata di gioia la investì. Era fatta, era finita! Si guardò attorno, aspettando che anche le Ombre se ne rendessero conto, che esultassero per la vittoria sempre più probabile. Però…
Però vedeva solo Ombre. Più del suo contingente, di sicuro, ma non c’era traccia della vegetazione. Quello era il gruppo di Hebiko corso in loro aiuto, nulla più. E anche se erano riusciti a sfoltire le fila demoniache, erano tornati al punto di partenza.
«CACHU!» imprecò a gran voce nella sua lingua madre. Cosa diamine potevano fare, adesso? Era impossibile proseguire lo scontro, li avrebbero disintegrati senza difficoltà. Avevano bisogno d’aiuto, e ormai era troppo tardi per sperare in quello delle piante. Lasciò correre lo sguardo attorno a lei, mordendosi il labbro con forza, cercando disperatamente di pensare a una soluzione per far scampare tutti loro da quel massacro. In un lampo le tornò in mente una delle tante conversazioni avute nell’accampamento delle Ombre: aveva chiesto quanto fossero, se ci fossero altre che combattevano per liberare quel territorio o loro fossero le uniche rimaste. Le avevano detto che c’erano altri avamposti, anche loro impegnati nella lotta contro quelle creature che avevano invaso il Matkara come un morbo incurabile.
Spalancò gli occhi, come folgorata. Sembrava un’idea folle, anzi, probabilmente lo era e basta, ma doveva tentare, perché rimanere con le mani in mano avrebbe condannato tutti loro a morte certa. «CALYEDRUS!» urlò a gran voce, ed ecco giungere al suo fianco il suo compagno fidato, un magnifico drago zanna dalle squame color ambra. Non doveva perdere tempo, e senza indugio si arrampicò in groppa alla creatura. «Dobbiamo sbrigarci, mio tesoro.» gli sussurrò, appena prima di spingere con i talloni sul suo costato, esortandolo a muoversi. La bestia spalancò le ali e con un grosso balzo si librò in aria, puntando verso il cielo.



«Ah!» gemette, stringendo gli occhi. Mentre si allontanava dalla battaglia, una freccia l’aveva colpita sul braccio. La ferita non era grave né troppo profonda, ma non per questo poco dolorosa. Continuando a imprecare fra sé, si strinse al drago, cercando di concentrarsi unicamente sulla sua missione.
Raggiungere l’altro centro di comando non fu difficile; le poderose ali di Calyedrus assottigliarono notevolmente la distanza. Non appena le zampe del drago toccarono il suolo, lei scivolò dal suo dorso correndo verso l’accampamento. «Aiuto! Aiuto, vi prego!» gridò, catturando l’attenzione delle ombre. Anche con una prima occhiata non poté non potare il numero esiguo dell’esercito, nonché le loro condizioni, forse perfino più misere del contingente da cui era partita. Un forte senso di sconforto s’impadronì di Ryellia: come poteva sperare che li aiutassero se sembravano i primi ad aver bisogno di soccorso?
Per sua fortuna la accolsero come una compagna, chiedendole spiegazioni per la sua venuta; un’umana in groppa a un drago doveva essere una visione insolita anche per loro. Raccontò loro della situazione in cui versavano le altre ombre, chiedendo che andassero in loro soccorso. Capiva che le possibilità fossero minime, ma era andata da loro per quel motivo e non poteva non provarci.
Come si aspettava, negarono la possibilità di combattere per loro; le loro perdite erano state ingenti, erano reduci dall’ennesima battaglia che li aveva visti sopravvivere per miracolo. Non c’erano speranze che la loro presenza li avrebbe aiutati a rovesciare le loro sorti. Chiesero notizie della vegetazione, concordando anche loro come fossero gli alleati più utili in quel momento. Lei non seppe che rispondere, se non maledire la poca lungimiranza dimostrata.
Era preda della disperazione; come poteva tornare indietro a mani vuote, portatrice della consapevolezza che sarebbero tutti caduti quel giorno? La vista di un’umana così coinvolta nella loro guerra sembrò colpirli, tanto da confidarle un’altra possibile soluzione: la Sfinge. Nessuno sapeva granché di lei, di come fosse e di dove si trovasse. Sapevano solo che possedeva dei poteri grandiosi e inimmaginabili, e che probabilmente era l’ultima speranza rimasta alle Ombre del Matkara. Quell’informazione la destò dallo sconforto in cui era precipitata. Se le Ombre conoscevano poco della Sfinge, per lei era poco più che una leggenda. Però se quella creatura misteriosa era davvero tutto ciò che le rimaneva, doveva provarci ad ogni costo. «Come posso incontrarla?» chiese con rinnovato vigore. «Lei è ovunque e in nessun luogo. Nessuno di noi l’ha mai vista, ma si avvale di numerosi servitori tramite cui ci si può mettere in contatto con lei.» le rispose l’Ombra. Lo guardò, la speranza che riaffiorava nel suo cuore: «Può davvero aiutarci?» domandò. «Se non può lei, i cui poteri sfidano l’immaginabile, non so proprio chi possa.» rispose quella. «Ho bisogno di parlarci. Vi prego, dove posso trovare uno dei suoi servitori?» chiese con tono supplichevole. «C’è la tana di uno di loro a poca distanza di qua. Se desiderate, vi posso accompagnare, ma… non vi garantisco sarà disposto ad ascoltare le vostre richieste.» la ammonì. Ryellia scosse la testa: «Non importa. Se c’è la possibilità che ci aiuti a non soccombere miseramente, devo tentare il tutto per tutto!».



Il tragitto fu breve come aveva annunciato. Si trovavano in un’ampia distesa colma d’erba; di fronte a loro, un mastodontico monolite composto unicamente da ombra avanzava, lento e maestoso, diretto verso il nord. Fece per continuare ad avanzare, ma l’Ombra al suo fianco si arrestò; lei si voltò e quella scosse leggermente il capo: «Da qui in poi sta a te. Posso solo augurati buona fortuna. Ne avrai bisogno.» le disse, e con quelle ultime parole si congedò, ripercorrendo i suoi passi.
La Lancaster si voltò nuovamente verso il Portale. Aveva paura, innegabilmente. Troppe cose dipendevano dalla buona riuscita di quel confronto, ma non poteva perdere altro tempo, ogni minuto era essenziale. Gli andò incontro e dopo aver preso un profondo respirò, cominciò.
«VI PREGO, AIUTATECI!» urlò, cercando di attirare la sua attenzione. «Mi chiamo Ryellia Lancaster. So che gli affanni di una mortale potrebbero non essere interessanti, ma vi scongiuro, prestatemi ascolto».
Prese un profondo respiro, per poi ricominciare a parlare: «Il Matkara è in ginocchio, o Magnifica. I demoni ne calpestano la terra, estirpando qualsiasi essere vivente trovino sul loro cammino. Le Ombre lo difendono con l’impiego di tutte le loro forze, ma sono insufficienti per fermarli. Resistono, Magnifica, ma quegli abomini le distruggono e calpestano senza riguardo. La vegetazione è assopita, i demoni impediscono loro di recuperare la linfa vitale che le anima. Ci vorrà poco prima che tutti loro soccombano inesorabilmente, e con loro tutto il Matkara cadrà sotto il giogo dei demoni».
«Vi supplico, mia Signora, date loro il vostro aiuto. Solo voi potete impedire questo sfacelo».
S’inchinò, in un palese gesto di supplica.
«A i u t a t e c i».


kLux6po




Figli del Fato
- S t y g i s



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: B
Stato Fisico :: 90/100
Stato Mentale :: 75/75
Energia :: 65/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Nessuna :: ///


ATTIVE—

Ruggito :: tecnica di natura psionica, l'avversario udirà il ruggito di un drago, provando un forte senso di stordimento, danno Alto alla mente, se ad Area provocherà danno Medio, consumo Alto
Dardi Energetici :: tecnica di natura magica, pioggia di dardi energetici composti d'ombra, tecnica ad Area, danno Medio, potenza Alta
Calyedrus :: esemplare di drago adulto, 4CS (2CS in Forza, 1CS in Destrezza, 1CS in Intelligenza), ogni colpo inflitto da questa creatura conta come un colpo fisico, potrà incassare un totale di danno pari a Alto prima di scomparire, se non distrutta resterà sul campo di battaglia per due turni, Consumo Alto


ANNOTAZIONI—

Niente da segnalare, ho seguito le indicazioni in confronto!

EDIT: Lo stupido codice modificato anziché venire copiato ç_ç

Punti Schieramento Ombre: 3



Edited by K i t a * - 15/4/2015, 22:52
 
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view post Posted on 29/3/2015, 22:50
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Esperto
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CITAZIONE
Narrato
Pensieri Jericho Cross/Darkwatch
Pensieri Lazarus Malkoth/Darkwatch
Parlato Darkwatch
Demone Corte dell'Abisso (Tergan)
Guardie di Lithien
Rumori e suoni

Avanti soldati, abbiamo altro a cui pensare. In marcia!



Il battaglione mi abbandona ancora prima di quanto mi aspettassi, lasciandomi solo e soprattutto libero di agire nel miglior modo io creda. Visto che ho carta bianca, decido immediatamente di recarmi verso l'unico luogo che per me ha interesse, ovvero la biblioteca comune. Ho sentito dire in strada che alcuni demoni vi si sono intrufolati ed hanno saccheggiato gli scaffali, dandomi quindi un alibi perfetto per giustificare la mia presenza in quel luogo. Quindi mi incammino, guidato dal mio fedele compagno che mi indica la strada giusta per arrivare a destinazione nel minor tempo possibile e senza dare nell'occhio, non vorrei esser reclutato di nuovo per qualche strano ed inutile incarico.

Prenda quel vialetto li sulla destra, svelto...



Le strade sono deserte, nel giro di una dozzina di minuti quella che era una vivace e ridente cittadina si è trasformata in una specie di città fantasma, non c'è un anima che si aggira per le strade, il silenzio e la paura hanno preso il sopravvento rinchiudendo gli abitanti nelle loro case, con porte chiuse a chiave e finestre sbarrate per sfuggire alla crudeltà di un nemico sconosciuto e inaspettato.

...ecco, qui in fondo a destra e siamo arrivati



Questa volta la memoria di Lazarus non ci tradisce, arriviamo velocemente e senza intoppi alle porte della biblioteca, un edificio facilmente riconoscibile ed identificabile grazie all'insolita forma ed alla pietra della quale è costituito. È una roccia particolare, la quale si distacca dalle adiacenti per il suo colore, un azzurro grigiastro che non ho mai visto in vita mia, una pietra resistente ed appariscente, perfettamente mantenuta nei secoli della sua esistenza, un colpo d'occhio non indifferente che dona all'edificio la sacralità che gli spetta. A scapito d'equivoci c'è un cartello con su scritto “Biblioteca” in una decina di lingue, per la maggior parte a me sconosciute. Vi giungo dinanzi, il portone mi si presenta maestoso in tutta la sua grandezza e il suo spessore, un muro se-movibile gigantesco, talmente alto da non rientrare nella mia visuale per intero. È mezzo aperto, un varco di circa un metro che mi permette di sbirciarvi all'interno, dandomi modo di notare fin da subito l'assenza di una qualsiasi sorveglianza all'ingresso. Entro, spostando senza difficoltà l'anta semiaperta che nonostante pesi diversi quintali si sposta come fosse inesistente. All'interno l'atmosfera è tetra, oserei dire spettrale, una luce fioca penetra dalle spesse vetrate degli affreschi posti a contatto col soffitto colorando con varie sfumature l'ambiente circostante, per maggior parte comunque avvolto nel buio. Sulla mia destra vi è una scrivania piuttosto grande, una specie di bancone circolare con alcune sedie al suo interno, probabilmente lo spazio riservato ai custodi, dei quali non vi è l'ombra però. Più avanti inizia un apparentemente infinita serie di scaffali, mobilie in legno che si susseguono a perdita d'occhio, racchiudendo al loro interno centinaia di libri per uno, per un totale innumerevole ed in-quantificabile di sapere conservato. Nonostante tutto sembri generalmente piuttosto ordinato, noto da subito qualcosa di strano, in molte scansie infatti vi sono decine di libri a terra, piegati ed ammassati su loro stessi in modo disordinato, come gettati al suolo. Incuriosito mi intrufolo in uno dei corridoi,accorgendomi che non solo molti dei tomi raccolti sono stati barbaramente scaraventati giù dai ripiani, e quindi rovinati, ma anche che molti altri mancano all'appello. Raccogliendoli e rimettendone alcuni al loro posto infatti compaiono dei buchi tra un libro e l'altro, spazi per l'appunto riservati ad altri volumi, i quali sembrano spariti. La situazione non mi convince e, non solo per il dettaglio appena scoperto, cerco di sbrigare la faccenda più in fretta possibile.

Allora, che stiamo cercando qui?

La sezione storica, ma non l'ho ancora vista. Sarà di certo più avanti...



Continuo a camminare, tanto che presto alle mie spalle non riesco nemmeno ad intravedere l'entrata da cui sono giunto. Avvolto da libri e scaffali polverosi perdo presto l'orientamento, smarrendomi nel mare di carta che mi circonda, uguale da ogni lato, un labirinto che mi inquieta e da cui me ne andrei volentieri il più presto possibile. Purtroppo la sezione dedicata alla storia dista ancora qualche minuto di cammino, essa è posta in uno dei punti più oscuri, talmente buio che sono costretto ad accendere un cero per leggere molti dei titoli che spulcio uno ad uno, sotto l'occhio attento di Lazarus.

Questo no. Questo no. No. No. No. … … ecco, ci siamo! Prenda questo e quello affianco, avanti, li metta in saccoccia e andiamocene, avremo tempo e modo di analizzarli con calma da qualche altra parte.



Si, sono d'accordo, via da qui.

I libri che Lazarus mi fa intascare raccontano la storia recente di Theras, gli ultimi cento anni di avvenimenti divisi in due volumi da cinquanta l'uno, una semplice raccolta di accadimenti volta probabilmente a far luce su quel che si è perso mentre era prigioniero dello scrigno in cui l'ho trovato, anche se non capisco come ciò potrebbe essere utile ai miei scopi.

Cosa c'entra questo con coloro che hanno ucciso la mia gente? Avevi detto che avrei trovato risposte ma sembra che tu abbia provveduto solo a soddisfare la tua curiosità, o sbaglio?

Signor Cross, lei mi offende. Studiare il passato è l'unico modo per comprendere il presente, questa roba le sarà più utile di quel che...



*STUSH*



Uno sbattere improvviso interrompe il nostro discorso telepatico, bloccando i pensieri di entrambi e riportandoci alla realtà in un batter d'occhi. Il rumore è forte, sobbalzo per lo spavento e mi guardo intorno, allarmato per l'accaduto. Segue un rumore di passi sempre più intenso ma dalla fonte imprecisata, un suono che mi rimbomba intorno sempre più intensamente senza che io possa individuarne la provenienza. Qualunque cosa sia, è vicina.

Chi è?! Fatti vedere se hai coraggio, so che sei qui!

GROAR...



Sorpasso l'ennesimo corridoio e proprio in fondo al sentiero trasversale su cui mi sto muovendo, alla sezione geografia, scorgo un ombra muoversi nel buio. Essa scompare nel giro di un secondo, dandomi quasi l'impressione di essermi immaginato tutto. Poi però ricompare, poco più avanti. Parto dunque al suo inseguimento, iniziando a correre tra le scansie senza perder di vista il mio obbiettivo, il quale si muove insieme a me a specchio, parallelamente alla mia traiettoria. Sembra avere un'andatura incerta, eppure riesce a sfuggire sia al mio che allo sguardo di Lazarus. Mi fermo spaesato, il silenzio torna ad avvolgermi, e siamo da capo.

Dov'è finito?!

Non ne ho idea...



Troppo poco tempo per pensare, ancora meno quello per agire. Quando mi accorgo di avercelo alle spalle mi è già addosso, sento muovere qualcosa ed il mio sguardo riesce appena ad intravedere il suo corpo in aria con le fauci spalancate.



Non c'è niente che io possa fare. Niente. Non c'è niente che io possa fare, già, ma per fortuna non sono solo. Difficile spiegare ciò che accade, per un attimo sento il mio corpo farsi leggero come non mai, tanto da risultare inesistente, vuoto. Perdo ogni tipo di sensibilità, e proprio quando dovrei sentire i denti del mio ormai decretato nemico affondare nella carne della mia schiena, lo vedo sbucare invece dal centro del mio petto, attraversando la mia figura per intero come fossi inesistente. La bestia, perchè è di questo che si tratta, fa un gran tonfo a terra, rotola qualche metro e poi riprende la sua posizione eretta. È una specie di pantera, un essere oscuro a quattro zampe con fauci affilate che gli spuntano dalla bocca.

Fatti da parte pistolero, o dovrò passare alle maniere forti



La sua ostilità è palese, il fatto che mi abbia persino attaccato alle spalle è un motivo già più che valido per estrarre immediatamente le pistole e sparare. La mia mano, che ora è tornata normale, si muove con la rapidità che mi contraddistingue, una frazione di secondo ed entrambi i ferri sono all'altezza giusta per far fuoco. Il cane scatta una prima volta, comprime il metallo della cartuccia e la scintilla che ne deriva fa infiammare la polvere da sparo. Il proiettile esplode fuori dalla canna, rapido ed infallibile come sempre. Purtroppo però, nonostante la distanza che mi separi dal mio bersaglio sia minima, egli si muove in anticipo, uscendo dalla traiettoria del colpo giusto in tempo per salvare la pelle e le ossa. Sparo di nuovo, ma nuovamente il demonio che mi sta di fronte si sposta sulla sua destra, avvicinandosi allo scaffale a tal punto da toccarlo. In quell'istante vedo chiaramente che, al suo contatto, uno dei libri contenuti nella scansia sparisce nel nulla, in maniera a dir poco inspiegabile. Sparo una terza volta, questa volta il suo movimento e più lento ed il mio colpo riesce a ferirlo di striscio. Solo ora mi accorgo della vistosa ferita alla sua gamba destra, un taglio netto e profondo che giustifica la difficoltà nei movimenti ed il mio colpo andato parzialmente a segno. Io gli guardo la zampa, lui se ne accorge e mi guarda. Io lo guardo e rido, un sorriso compiaciuto che mi attraversa la faccia, so di avere un vantaggio e non mi farò di certo scrupoli a sfruttarlo. Purtroppo non sono abbastanza cinico ed egli, in un gesto disperato ma furbo, si getta trai libri alla sua destra prima ch'io possa scaricargli addosso i miei tamburi per intero. Una fila quasi intera di libri sparisce, e lui con loro. Faccio partire comunque un paio di colpi ma dubito di averlo colpito, non almeno fatalmente.

Vuoi giocare, eh?



Quasi non faccio in tempo a finire la frase che un libro cade dall'alto, dalla stessa scansia nella quale è sparito il mio nemico. Poi ne cade un altro, e un altro ancora, fino a che mi accorgo che in realtà tutto il blocco di legno massiccio mi sta crollando addosso, sospinto nel suo crollo dall'infame creatura nascosta da qualche parte alle sue spalle. Nei pochi secondi che mi separano dal disastro riesco a mantenere la lucidità necessaria per evitare il peggio, ed anziché cercare un improbabile fuga mi abbasso, sperando che il mobilio successivo fermi la corsa di quello destinato a colpirmi. Mi getto a terra, vengo sommerso dai libri, tomi giganteschi che mi picchiano su tutto il corpo. Per fortuna però il grosso monolite marrone si ferma a pochi centimetri dalla mia testa, non schiacciandomi per poco. In realtà si aziona una reazione a domino, cosicché ognuno dei blocchi smuove il successivo, fino a farne cadere una gran striscia. Il baccano è infernale, il casino indicibile, ed il sono bloccato in quell'inferno.

Cazzo, e adesso che faccio?!

Dobbiamo liberarci alla svelta, presto signor Cross, via di qui



Inizio a sgattaiolare il più velocemente possibile, ma la marea di libri al suolo mi rallenta fin troppo i movimenti. Sento qualcosa muoversi dal lato dei miei piedi, lo spazio però è troppo stretto perchè io possa riuscire a vedere di cosa si tratti, nonostante lo sappia benissimo. Mi creo lo spazio necessario per sparare senza ferirmi e lo faccio, ma il mio nemico si è già spostato, ora mi sta sopra e continua ad avanzare pericolosamente. Non potrei mai affrontarlo in queste condizioni, specialmente in un luogo così angusto. Sparò quindi ancora, ma sto finendo i colpi ed ogni proiettile è oro. Me ne rimangono tre, e non è il caso di sprecarli.

Dobbiamo uscire da qua sotto, spari a quel legno!



Lui ha ragione, se c'è un modo intelligente per usare i colpi che mi rimangono è sparare al legno innanzi a me per aprirmi una via di fuga. Lo faccio, la lastra spessa non più di qualche centimetro esplode in mille pezzi sotto i colpi della mia calibro 44, tanto che mi basta un colpo col calcio per farla crollare definitivamente e rialzarmi, finalmente. C'è poco da esultare comunque, non faccio in tempo a stare in piedi che il mio nemico è già in aria, le zampe aperte e le unghie fuori, per un abbraccio non proprio amichevole.

Se permette ora ci penso io



Nel momento di fare la mia mossa perdo completamente il controllo del mio corpo. Sono perso, in balia degli eventi, e sono spacciato. Poi però la visuale cambia, nonostante il mio sguardo sia fermo la prospettiva si allontana, non so come sto schivando il suo attacco, piegandomi sulle gambe con una velocità che non mi appartiene, abbassandomi per poi spingermi a lato, ruotare e rimettermi in piedi. Un gesto atletico che non avrei mai potuto eseguire da solo, tutto merito del mio sempre più fedele compagno, il quale mi da anche un buon consiglio sul da farsi.

Adesso lo riempia di buchi, signor Cross



Estraggo il mio asso nella manica, l'ultima e fondamentale pistola che tengo riposta sul limite del mio fondo schiena. Uno, due, tre, quattro colpi uno in fila all'altro che fanno scappare il mio avversario a gambe levate. Questo si rifugia sulla parte alta degli scaffali, convinto di essere al sicuro, saltella da un tetto all'altro ma ciò non lo salverà questa volta. So cosa fare. Prendo Caronte da sotto il mantello sulla mia schiena, poi prendo la mira. C'è una finestra dai colori rossastri a sei scaffali da dove sta correndo il demone, così come c'è ne una ogni dieci scaffali. La luce che penetra dai vetri mi garantisce una visuale abbastanza buona per colpire con precisione nonostante la distanza. Tre scaffali. Due, uno... preso!

BANG!



Un colpo perfetto. Il proiettile, una supposta lunga abbastanza per far male a molti culi, trapassa il corpo del mio rivale ed infrange il vetro alle sue spalle con una forza talmente elevata da modificare la traiettoria del suo salto di quasi due metri, fino a farlo volar giù dalla stessa finestra di cui ora non rimangono che un cumulo di vetri. Se quella bestia è ancora viva, dubito che tornerà da queste parti, sempre che non gradisca un altro po di piombo addosso.


Razza: Ombra
Classe: Ladro
Talento: Stratega
Fascia: Bianca
Pericolosità: D
Lingue: Comune – Dialetto dell'Akeran
Allineamento: Caotico Neutrale
Sinossi: Apatico Testardo Bipolare – Slanciato Oscuro Malridotto


Fisico: 70/75 (danno basso da caduta libri)
Mente: 135/150 (spesa media per l'abilità Fantasma, bassa per l'abilità Mira infallibile)
Energia: 55/75 (spesa alta per l'abilità Marionetta)
Attive:
CITAZIONE
Fantasma (Il caster diviene incorporeo per due turni, durante i quali gli attacchi fisici rivolti verso la sua figura lo oltrepasseranno senza causargli danno) [Natura magica. Consumo di energie Medio]

CITAZIONE
Marionetta (Il caster viene sospinto nei suoi movimenti dall'ombra che ne detiene il controllo, aumentando temporaneamente la propria forza per schivare colpi che altrimenti gli sarebbe impossibile evitare. Ciò si può tradurre in uno spostamento difensivo di livello Alto, in due di livello Medio o quattro di livello Basso, comunque eseguibili solo nel turno in cui la tecnica viene castata) [Natura fisica. Consumo di energie Alto]

CITAZIONE
Marionetta (Il caster viene sospinto nei suoi movimenti dall'ombra che ne detiene il controllo, aumentando temporaneamente la propria forza per schivare colpi che altrimenti gli sarebbe impossibile evitare. Ciò si può tradurre in uno spostamento difensivo di livello Alto, in due di livello Medio o quattro di livello Basso, comunque eseguibili solo nel turno in cui la tecnica viene castata) [Natura fisica. Consumo di energie Alto]

Passive: \\
Equipaggiamento: Artigli di falco – Caronte – Asso nella manica – Salamaraang – Tanke

Note: Va bene lo specchietto riassuntivo o devo aggiungere altro?
 
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view post Posted on 4/4/2015, 19:55
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« figli del fato ~ stygys »


Erein
Lithien, studio del portavoce del Secondo


« Interessante; le informazioni che ci porti sono davvero molto interessanti e utili per costruire un piano difensivo. Tuttavia.. » il portavoce del Secondo versò del vino nel suo bicchiere preferito. « Quello che ci chiedi in cambio è impossibile. Non possiamo concederti un aiuto, neanche volendo. »
E lui, come gran parte di Lithien, non voleva.
« L'hai visto con i tuoi stessi occhi: la città è in subbuglio, i demoni sono riusciti a penetrare anche le nostre mura. Abbiamo fatto suonare la campana d'allarme, ma sono certo che la schiera del sottosuolo abbia ormai raggiunto anche le popolazioni delle montagne. Il punto, mio giovane amico, è uno solo: non possiamo fare niente per aiutare gli elfi Arshaid; oltretutto, se la situazione era grave così come ci racconti, sono sicuro che a quest'ora sarà anche peggiorata. Non vorrei sembrare supponente, non è nella mia natura, ma Lithien non può più aiutare nessuno, se non sé stessa. Ti ringraziamo però per le informazioni che ci hai concesso. »
Norton Winston era un uomo davvero insopportabile; differentemente da ciò che diceva, era una persona estremamente supponente e maligna, interessata solo ai propri interessi e a quelli del suo maestro, il secondo Maestro del Concilio di Lithien. Non aveva avuto alcuna difficoltà a comunicare ad Erein l'impossibilità da parte di Lithien di aiutare gli Arshaid, non una sola oscillazione. Lui li odiava, gli Arshaid. Aveva sempre pensato a quegli elfi come a un popolo rude e primitivo, troppo legato alla terra e ai suoi frutti. Dei selvaggi, li aveva definiti più volte. Vederli bruciare non poteva che farlo contento, quindi, anche se in quella discussione stava cercando di dare sfoggio di tutte le sue abilità diplomatiche. In fondo, era stato incaricato dal Secondo in persona di parlare con Erein di ciò che era successo.
La verità era semplice: il Secondo aveva espressamente riferito a Norton Winston che avrebbe dovuto rifiutare qualsiasi proposta. Lithien non era in grado di salvare le altre popolazioni dell'Edhel. O se anche ne era in grado, non lo avrebbe mai fatto. Un diamante brilla di più, se è l'unico a riflettere la luce.
Guardò le raffigurazioni della sua amata città, poi con aria sommessa riferì la realtà dei fatti al giovane Erein.
« Metti l'anima in pace.
Hai fatto ciò che potevi.
»

~

Darkwatch
Lithien, Biblioteca Comune


Il demone gridò di dolore quando il proiettile attraversò la carne del suo corpo. Le grida si espansero nell'intera biblioteca, risuonando più e più volte. La creatura del sottosuolo si guardò disperata attorno, conscia del fatto che a breve le sue ultime forze l'avrebbero abbandonata. Si trascinò lungo uno degli scaffali vuoti, poi arraffò il libro che stava cercando per conto del suo signore. Sorrise, anche se preoccupato dalle conseguenze che avrebbe potuto scatenare il suo utilizzo; in fondo, però, non poteva fare altro che provare. Trasmutazioni ed estensioni dell'animo, questo era il titolo dorato che gli occhi del demone rifletterono per qualche secondo. Darkwatch si sarebbe avvicinato a lui giusto in tempo per vederlo leggere una strana formula e, subito dopo, dissolversi nel nulla. Cinque raggi di luce grigia rimbalzarono nella stanza più volte, mettendo ancor più a soqquadro la già indefinita situazione della biblioteca. Velocemente, poi, quattro di questi sarebbero balzati fuori dalla struttura, disperdendosi nella città. L'ultimo, invece, investì il corpo del pistolero, che si sarebbe visto possessore di uno strano pezzo di pietra estremamente scuro: occhi più esperti lo avrebbero individuato come ossidiana. Il pezzo sembrava parte di una più grande e completa creazione, come una sorta di puzzle incompleto. Di lì a poco Darkwatch avrebbe capito perfettamente che lo stesso avrebbe combaciato con gli altri quattro. Per fare cosa, però, non lo poteva sapere. Ciò che rimaneva da fare era sicuramente recuperare gli altri pezzi dell'amuleto.
Si sarebbe guardato attorno ancora qualche minuto, prima di abbandonare la biblioteca: quella giornata non sarebbe finita poi così in fretta, per il pistolero.

~

Hebiko
Matkara, campo di battaglia (nella zona della vegetazione)


« Ci ha condannato tutti, non lo capite? Affidarci a dei forestieri.. non avremmo mai dovuto farlo! Una di loro è addirittura scappata in sella al suo animale da compagnia. Un drago.. riuscite a crederci? Aveva a disposizione un drago e ha lasciato morire la quasi totalità del nostro esercito. Propongo di uccidere la donna rimasta! » il caos su quello che era stato un campo di battaglia estremamente sanguinolento divampava come fiamme. « Uccidiamola e scappiamo. Non abbiamo più alcuna possibilità. »
L'ombra si avvicinò a Hebiko, ma un'altra si frappose nel mezzo.
« Sei per caso impazzito? Quello che dobbiamo fare è resistere. Questa è la nostra casa, lo ricordi? O è bastato un po' di sangue a distruggere quel poco di senno che ti ritrovavi? » i due sembravano conoscersi bene. « Non lascerò che quegli schifosi servi dell'Inquisitrice conquistino il nostro territorio, la nostra casa! Non posso permetterlo, in nessun caso. Abbiamo combattuto così a lungo e abbiamo perso così tanti fratelli in nome di questa causa: non abbandonerò il campo da battaglia.
Le due forestiere ci hanno aiutato e non è giusto che sfoghiamo la nostra sconfitta nei loro confronti; grazie a loro la vegetazione è risorta e con essa sono sicuro che abbiamo più di una possibilità di vittoria. Dobbiamo solo capire come organizzarci, ma dobbiamo farlo in fretta. I demoni torneranno.
»
Gran parte della folla si trovava d'accordo con la prima ombra, mentre la rimanente parte pensava davvero che l'unica cosa da fare fosse rimanere e sfruttare il loro nuovo alleato per distruggere l'esercito dei demoni. D'altro canto, il tempo non era poi molto. Tutte le ombre - ed Hebiko, senz'altro - erano coscienti del fatto che i demoni si sarebbero ben presto riorganizzati e avrebbero sferrato un nuovo attacco per evitare che la vegetazione potesse recuperare troppe forze.
Continuando così la loro sconfitta era certa: avrebbero dovuto trovare una soluzione che potesse mettere d'accordo tutti, ma molti dubitavano dell'esistenza di qualcosa del genere. Forse dovevano davvero lasciare che gli abomini e i demoni conquistassero la regione del Matkara. Forse quella era l'unica soluzione.

~

Ryellia
Matkara, Giardino delle Libellule


« Mia cara Ryellia, conosco bene la situazione del Matkara e, in generale, dell'intero Edhel.
Stavo aspettando il momento propizio per intervenire, ma se la tua richiesta è così urgente, allora vedrò di mobilitarmi prima. Domani, quando il sole tramonterà, il mio esercito si adopererà affinché le ombre non soccombano sotto i colpi incessanti dei demoni del Signore delle Maschere.
Li salveremo, Ryellia. Vi aiuterò, perché è così che io e il mio esercito lavoriamo.
Vogliamo la pace di questo mondo, mia cara amica
» la voce proveniva direttamente dal portale, che funzionava come una sorta di catalizzatore. Era serafica, dolce, rilassante; le sue note melodiose riuscivano a calmare anche lo spirito della signora dei draghi. « e la otterremo, stanne certa. »
La Sfinge sorrise, anche se nessuno lo avrebbe potuto vedere.
La realtà dei fatti era ben altra da quella che le sue parole presentavano. Lei sarebbe scesa in campo in ogni caso; l'intervento di Ryellia era stata solo una fortuita coincidenza. Una coincidenza che avrebbe messo l'abile sognatrice in una posizione ben più che favorevole.
Stava muovendo le sue pedine.
« Il mio Portale ti seguirà.
Conducilo al campo di battaglia, affinché possa conoscere l'ubicazione dei nostri nemici.
Insieme, amica mia, riusci-!
»
La comunicazione telepatica cessò di colpo.
Un taglio netto privò il Portale di una delle sue enormi braccia di pietra; l'oscura figura che aveva causato tale danno si rivelò appena, distruggendo la tranquillità creata dall'intervento della Sfinge. Una figura femminile, di una bellezza fatale fino al busto; il resto del corpo sfociava in quello di un enorme ragno, pronto a intrappolare le proprie vittime.
« Una preda niente male. » si leccò le labbra, affamata. Dietro di lei, dei piccoli esserini demoniaci danzavano al suono della sua voce. « È tempo che la corte delle libellule assuma il posto che merita, nell'Abisso. »



Andiamo avanti.
Da questo turno, in ogni momento, in confronto, potete scegliere di utilizzare i vostri punti; ovviamente il loro utilizzo può essere d'aiuto nelle situazioni in cui vi trovare o meno, dipendentemente dal tipo di punto di cui disponete - se siete in battaglia e disponete di punti amicizia, ad esempio, utilizzarli ve li farà solo sprecare. Tenetelo a mente, da questo giro in poi.
    Malzhar: la scena è quella riportata nel post. Il portavoce sembra non essere disposto affatto a concederti aiuti. Oltretutto è passato un po' di tempo da quando te ne sei andato; per quanto tu possa saperne, se torni a mani vuote gli Arshaid saranno del tutto spacciati. Continuiamo in confronto.
    Punti Elfo: 1.

    Kita: per te la situazione è semplice - almeno in linea direttiva: hai un autoconclusivo da fare; il tuo avversario è una Habtais, una regina della nidiata, insieme ad alcuni suoi "cuccioli", vale a dire cinque Kisalah. L'autoconclusivo quindi è contro entrambi, madre e figli. Disponi però del Portale come tuo "alleato" nello scontro; di fatto, è come se disponessi di due personaggi. Puoi caratterizzare come preferisci il parco tecniche del Portale, ma conta che dispone di soli 50% di energie - e può castare, in questo caso, solo su energia. Più che un secondo personaggio, infatti, dovresti considerarla come una ulteriore riserva di cui disponi. Per te niente fasi in confronto, perché, di fatto, una volta concluso l'autoconclusivo, devi ritornare da Hebiko e dalle altre ombre. Ti lascio un'immagine esemplificativa della regina della nidiata (--).
    Cambia il tuo tipo di punteggio. Guadagni 1 punto Sfinge.
    Punti Sfinge: 1.

    Shavronne: parte delle ombre vorrebbe ucciderti, mentre l'altra parte è riconoscente per l'aiuto che tu e Ryellia gli aveva fornito. Quello che c'è da fare, al momento, è da una parte risolvere la diatriba interna alle ombre, dall'altra decidere come sfruttare la vegetazione in attesa che ritorni Ryellia - ovviamente nessuno di voi sa se la sua richiesta di aiuto ha avuto o meno effetto; potete solo supporlo. Continuiamo in confronto.
    Punti Schieramento Ombre: 2.

    cagnellone: la bestia sembra dissolversi in cinque frammenti di ossidiana. Uno te lo ritrovi in mano, mentre gli altri sembrano disperdersi in Lithien. Ora devi scegliere dove dirigerti, sempre seguendo i luoghi di interesse della città. Continuiamo in confronto.
    Per quanto riguarda l'autoconclusivo, non sono affatto soddisfatto; nelle regole del combattimento autoconclusivo è esplicitamente scritto che in uno scontro del genere è importante caratterizzare sia il proprio personaggio che il nemico, cosa che tu non hai assolutamente fatto - concentrandoti solo sul tuo personaggio. Oltretutto lo specchietto non è per niente completo: manca un riassunto delle azioni del tuo personaggio e un riassunto di quelle del tuo avversario, le cui azioni appaiono estremamente nebulose e poco chiare. In casi del genere è bene anche guardare scontri autoconclusivi di altri utenti, per farsi un'idea. Mi raccomando, fai attenzione la prossima volta.
    Punti Investigazione: 2.

Avete tempo per postare fino alle 23:59 del 10 Aprile.
Buon post.
 
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Shavronne
view post Posted on 8/4/2015, 13:29









Quando i demoni, dopo aver compiuto il loro massacro, lasciarono il campo di battaglia stava giungendo l'alba. Hebiko dopo aver riacquistato i suoi tratti umani si diresse verso il centro della vegetazione e li ad aspettarla trovò le ombre sopravvissute. Alcune di loro erano ferite altre erano riuscite a scappare e nascondersi nella foresta; del vecchio esercito era rimasto ben poco. Quando la videro l'opinione comune si divise: una parte voleva addossarle tutta la colpa mentre l'altra era riconoscente.
Doveva riuscire a riunirli, i demoni sarebbero ritornati per fare piazza pulita ed estirpare la natura riaffiorata. Doveva resistere qualche giorno nella speranza che Ryellia fosse tornata, poteva farcela!
Comunicò alle ombre la sua determinazione e si preparò a presentare il suo piano.
«I demoni torneranno per concludere l'opera ma noi con l'aiuto della vegetazione possiamo fermarli. D'ora in poi questo sarà il nostro accampamento e non permetteremo a nessuno di loro l'entrata.» Accompagnò le sue parole disegnando nel terreno un quadrato con la punta del suo parasole. «Non sappiamo da che direzione potrà arrivare l'attacco nemico quindi dobbiamo essere pronti a difenderci su ogni fronte.» E disegnò quattro trapezi attorno al quadrato, ognuno con la base minore in comune con un lato di quest'ultimo. «L'idea è di creare quattro gabbie, una per lato, con l'aiuto del nostro nuovo alleato - indicò una pianta - e di intrappolarne all'interno gli aggressori. In quel punto la natura sarà libera di intralciare i loro movimenti, di ostacolarli e di colpirli come meglio crede. Tuttavia saremo noi a distruggerli... dall'alto!» Il suo indice puntò un grosso ramo a diversi metri dal terreno e con una piccola rincorsa saltò su una liana e si arrampicò fino ad arrivare al punto che aveva indicato poco prima. « Il terreno sarà impraticabile ma qua potremmo muoverci più liberamen...» Inaspettatamente il ramo sotto i suoi piedi iniziò a muoversi per congiungersi con quello di un albero vicino, lentamente tutt'attorno a loro dei ponteggi naturali prendevano forma smantellandosi e ricreandosi in forme diverse. Hebiko scoprì che era incredibilmente semplice muoversi su quei percorsi di legno. Dopo una breve corsa da un albero all'altro riprese a parlare alzando la voce in modo che anche da quell'altezza tutti potessero sentirla. «Siamo tutti d'accordo se dico che nel combattimento ravvicinato siete molto più deboli di loro - mosse le braccia come se stesse tendendo un arco - ma in quanto a mira non vi batte nessuno o sbaglio?» E con l'aiuto di un'altra liana ritornò tra loro. «Le gabbie di cui vi ho parlato prima oltre ad impedire loro la ritirata ci consentiranno di salire per le liane senza essere disturbati. Io pensavo di scavare un fossato e farlo ricoprire con delle foglie...» Fu interrotta da un movimento a qualche metro di distanza alle sue spalle, per un attimo pensò ai demoni con terrore poi però si accorse che a muoversi erano le foglie stesse. Uno spesso groviglio di rovi con spine spesse come pugnali si era alzato dal suolo e si estendeva ad una velocità impressionante, in poco tempo circondò l'intero gruppo di ombre. La ragazza tra lo stupore generale non riuscì a trattenere una risata. «Ok, direi che questo è perfetto!»

Primo giorno.

Il sole era alto in cielo e qualche raggio riusciva a penetrare tra le chiome degli alberi. Hebiko stava provando a tendere un arco che le ombre le avevano gentilmente offerto assieme ad una faretra che aveva legato dietro la schiena quando il rumore di un corno risuonò nell'accampamento. I demoni si erano decisi ad attaccare, si sentivano sicuri, lo si poteva capire dalle loro urla: era come se si stessero recando ad una festa.
Nell'accampamento la prima a parlare fu un ombra che salì sopra un albero per controllare la situazione.«Arrivano da Nord, contingente medio!»
Hebiko cercò di richiamare l'attenzione alzando la voce. «Ci sottovalutano! Aspettate a salire, facciamoli avanzare. Intrappoliamoli tutti!»
All'orizzonte iniziarono a comparire le sagome demoniache, una dopo l'altra. Più si avvicinavano più le loro urla di scherno si facevano chiare, tra il gruppo delle ombre la tensione si sarebbe potuta tagliare con un coltello. «Aspettate...»
Ora i corpi dei nemici erano chiaramente visibili, il loro numero superava di gran lunga quello degli alleati ma questo era scontato. La loro prima linea era ormai a poche decine di metri dal loro accampamento quando l'intero contingente entrò nella zona controllata dalla vegetazione. Uno di loro ruggì minacciosamente, in risposta Hebiko urlò il suo comando. «Adesso!»
A dividere i due schieramenti si alzò la spessa barriera di rovi e nel mentre Hebiko e i suoi si arrampicarono sulle liane tra i rami. Una volta raggiunte le chiome degli alberi attraversarono il muro spinoso scavalcandolo superiormente e ritrovandosi sopra al nemico.
La ragazza notò con piacere la confusione che si diffuse tra i demoni, molti di loro avendo perso il contatto visivo con il nemico non si erano ancora accorti del loro spostamento. Vide un demone intento a colpire con un'ascia le due grosse radici che gli avevano avvinghiato le caviglie. Incoccò una freccia nel suo arco e poi la lasciò partire: la punta si conficcò nel terreno ad un metro di distanza ma quella di un suo compagno raggiunse il cranio del nemico uccidendolo sul colpo. Hebiko si guardò il braccio con una smorfia: la ferita che si era inferta la notte prima aveva ripreso a sanguinare facendole sbagliare il colpo. Non poteva permettersi il lusso di sbagliare ulteriori tiri così fece penetrare le dita dell'altra mano nel taglio e dopo aver afferrato un lembo di pelle tirò con forza. Tutto l'avambraccio sinistro venne scuoiato ma invece della carne viva comparve un arto perfettamente sano, con una pelle nuova e candida. Ora era pronta per combattere.
Su un albero affianco a lei vide un'ombra perdere l'equilibrio e cadere, venne però subito salvata da morte certa da un ramo poco più sotto che l'avvolse attorno alla vita. Vide i demoni provare a sfondare il muro di rovi che proteggeva l'accampamento ma esso si avvinghiava attorno alle loro armi strappandogliele di mano, afferrava i loro arti consentendo alle grosse spine di penetrare nella loro carne lasciandoli esposti alle frecce.
Iniziò a correre, la strada legnosa che si creava sotto i suoi piedi, da quell'altezza poteva controllare quasi la totalità dello scontro. Le sue braccia incoccavano e scoccavano, incoccavano e scoccavano e ancora incoccavano e scoccavano, i muscoli iniziavano a dolerle terribilmente ma non poteva fermarsi.
Il suo bersaglio divenne un gruppetto di demoni che durante l'avanzata aveva pestato un mucchietto di funghi, i quali schiacciati sotto i loro piedi rilasciarono una nube verde di spore. Li vide barcollare come ubriachi, con le mani protese in avanti e poi li giustiziò senza pietà.
Il tempo passava inesorabilmente: le urla diminuivano e la fatica aumentava, le frecce nella faretra finivano e i corpi senza vita riempivano il suolo; poi non rimase più nulla.
Aveva funzionato, erano sopravvissuti senza perdite. Stanchi ma vivi scesero dagli alberi e tornarono all'accampamento.

Secondo giorno.

Quella notte la principessa era crollata per la stanchezza, il suo letto era stato un mucchietto di foglie sparse e il pericolo era ancora in agguato ma non aveva avuto importanza, nulla era riuscita a tenerla sveglia.
La mattina venne svegliata da un'ombra che la scosse delicatamente per una spalla. «Quelli piccoli puoi mangiarli, se buchi quello marrone invece puoi trovare dell'acqua.»
Accanto alla sua testa trovò diversi frutti rosa della grandezza di un pugno e uno più grande, con una buccia pelosa marrone. Senza farsi troppe domande divorò i primi, erano dolcissimi e inaspettatamente buoni, dopo afferrò il secondo: era durissimo. Utilizzò il suo pugnale per creare un piccolo buco dalla quale bere, poi mentre ritirava la sua arma lo vide. La lama era ancora incrostata del suo sangue, nel riflesso del metallo scorse il suo viso: il trucco era praticamente sparito, lasciando solo alcune sbavature. Si alzò in piedi e per la prima volta in quei giorni realizzò la sua situazione: il suo vestito era praticamente distrutto, i suoi capelli erano lerci e tutto per cosa? Voleva aiutare Ryellia per trarne beneficio e se invece lei fosse semplicemente fuggita abbandonandola?
Sopravvivi!

Esattamente; quei pensieri potevano aspettare, ora l'importante era restare vivi. Passarono diverse ore senza che succedesse nulla, alcuni pensarono che in quel giorno ci sarebbe stata un pò di pace. Si sbagliavano.
Ad un certo punto Hebiko sentì qualcosa muoversi sotto i suoi piedi, e a giudicare dalle reazioni intorno a lei anche le ombre se ne accorsero. Sotto la terra le radici stavano richiamando la loro attenzione, poi al centro dell'accampamento una di esse uscì verticalmente dal terreno tra lo stupore generale e piegandosi indicò verso Sud.
La ragazza ci mise un attimo a capire cosa volesse dire, poi realizzò. «Sono nascosti là da qualche parte... ci voglio cogliere di sorpresa, facciamoglielo credere...»
Se non fosse stato per la vegetazione ci sarebbero riusciti perchè i demoni comparvero proprio all'ultimo ma le ombre se lo aspettavano, così tutti furono pronti a salire e i muri spinosi si alzarono proprio come il giorno prima.
Questa volta i nemici invece che provare a sfondare la barriera per entrare nell'accampamento tentarono una ritirata ma le spine li circondarono e vi fu una seconda battaglia.
I demoni provarono a controbattere a loro volta con armi a distanza ma i rami oltre che da sostegno fungevano anche da scudo, oscurando le linee di tiro e intercettando i proiettili. Hebiko vide uno di loro provare ad arrampicarsi su una liana ma essa si ribellava con tutto il suo ardore, in fine riuscì ad avvolgersi attorno al suo collo e a divincolarsi dalla presa. L'arrampicatore improvvisato morì impiccato penzolando sopra le teste dei suoi compagni.
Alcuni di loro provarono a volare ma le radici li afferrarono per le caviglie lasciandoli intrappolati a mezza altezza in balia delle frecce.
La battaglia finì con lo stesso risultato di quella precedente, le piante furono le uniche a riportare qualche danno.

Quanto ancora potevano durare?








B. 5% - M. 10% - A. 20% - C. 40%
Energia [150] - Fisico [75] - Mente [75]



۩ Stato fisico: 75% (danno medio da lacerazione sul braccio sinistro curato)
۩ Stato mentale: 75% (illesa)
۩ Riserva energetica: 120% ( un dispendio di energie alto + un medio)
۩ Caratteristiche speciali: [1] Istinto
۩ Abilità passive:
Pergamena campione: guarigione vigorosa. Le tecniche di guarigione usate dal campione sono molto più potenti di quelle usate da altri. Consumando un utilizzo di questa passiva, il campione può rendere la propria successiva tecnica di guarigione di potenza pari al consumo.(Numero di utilizzi: 6->5)
Pergamena campione: guarigione fortificante. Consumando un utilizzo di questa passiva quando si utilizza una tecnica di cura, Hebiko può aggiungere 1CS in istinto alla propria riserva.(Numero di utilizzi: 6->5)

۩ Abilità attive:
Cambio muta
Verrebbe da chiedersi come faccia Hebiko ad avere una pelle perfetta, senza nessun'impurità di sorta e senza cicatrici. La risposta è semplice: il cambio muta. Questa caratteristica tipica della sua razza le permette di ricambiare letteralmente un tessuto o una parte del corpo danneggiata. L'utilizzo di questa tecnica non serve solo a soddisfare la vanità della principessa, ma è una vera e propria cura contro qualsiasi tipo di danno subito dal corpo.
Abilità personale: è una tecnica di guarigione di natura fisica in grado di curare danni sul corpo pari ad un grado inferiore dell'energia spesa. Il costo della tecnica è variabile in quanto può spaziare da un semplice ricambio di un lembo di pelle alla sostituzione di un intero arto.
Consumo all'energia: variabile (utilizzato: medio)

۩ Equipaggiamento:
Kasabuki: Arma da mischia: katana.
Aghi d'oro: Arma da lancio: aghi appuntiti.
Pugnale: Arma da mischia: pugnale.
Denti del serpente: Arma naturale da mischia: denti.
Arco: Donato dalle ombre.
۩ Note: Mi sono divertito molto a scrivere questo post. Natura power!


 
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view post Posted on 8/4/2015, 19:49

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La mia mano si strinse intorno alla sua gola. Strinse, strinse e strinse. Osservavo la sua bocca aprirsi alla spasmodica ricerca d'aria, lasciar colare il vino in bave rossastre che gli cadevano dagli angoli della bocca, scendendo giù fino a inumidirmi la mano assassina.
Dapprima le labbra si fecero blu, poi quel colore letale prese a punteggiare la pelle delle guance mentre i capillari esplodevano venando di reticoli rossi gli occhi e le gote.
Scalciava la bestia ... Scalciava e la sua vescica lasciava andare quello che rimaneva del suo onore. Ed io, che sanguinario mai ero stato, mi godevo il suo canto di morte fatto di rantoli con un sorriso sulle labbra.
« Mettiti l'anima in pace amico »
Così gli dicevo. Prolungando la sua agonia di un istante per ogni vita Arshaid che avrei perso in quell'inutile tentativo. Martellante nella testa qualcosa ...Meno di un sospetto, più di una semplice supposizione ... Un dubbbio. Un atroce dubbio.

Le immagini efferate scorrevano nella mia mente senza lasciare traccia sul mio viso che mostrava un sorriso, caldo, rassicurante, quasi grato. Le lasciai scorrere perchè altra soluzione non mi rimaneva. Mi stavano negando l'aiuto e senza nessuna ragione che fosse degna di tale nome.
«Mettermi l'anima in pace dici?» - affermai quando fui ebbro di violenza e pronto nuovamente a trattare - «Lo farei se gli Dei non mi avessero mostrato cosa accadrebbe con la caduta degli Arashaid... Non sono quegli zotici il mio cruccio. E' Lithien che mi preoccupa. Le fiamme del Creatore mi hanno mostrato cosa sarà dell'Edhel se gli Alberi Padre bruciano, cosa sarà di Lithien ...»
Una menzogna, certo. Come quella da loro pronunciata pur di rifiutarmi un aiuto.
Quantomeno la mia era volta a fin di bene. Le immagini erano andate via, il dubbio rimaneva.
«La Perla dell'Edhel; ecco cosa sarà ...» - mi risponde impettito, la mia magia che gli scivola addosso come acqua su una roccia.
Il mio dubbio martella più forte. Lo allontanavo, lo scacciavo. Non avevo tempo, non avevo voglia di dargli forma. Il mio unico interessere era ottenere un aiuto.
«Non sono un nemico di Lithien, ne del Consiglio che la regge. Questa città mi ha educato, mi ha aperto le strade ai misteri degli Dei...» - assunsi un espressione sofferente - «Questa città mi ha dato tutto! Mi spiace di aver provato ad ingannarti ma ... ma ...» - mi guardai intorno circospetto - «Posso parlare con franchezza? Non tutti capirebbero, molti mi prenderebbero per folle. Io ho davvero visto, ciò che ti ho detto. Se gli Arshaid bruciano, tutto l'Edhel brucerà. Loro mi hanno avvertito. Ti supplico amico mio, apri il tuo cuore, ascolta la loro voce! »
Mi umiliavo dinnanzi quella bestia indegna di essere chiamata uomo... E mentivo, ma solo a metà questa volta. Come si poteva essere così egoisti? Così idioti! Condannavano gli Arshaid così facendo ma non solo ... Rifiutandosi di combattere, rinchiudendosi e aspettando, isolandosi e nascondendosi avrebbero condannato se stessi. Io l'avevo vista l'Orda dell'Inferno muoversi. Nemmeno le difese di Lithien avrebbero retto.
[coolor=darkred]«Loro non hanno fatto nulla per noi; la nostra conoscenza ha eretto e costituisce le fondamenta di questa città. Nostra e nostra soltanto.»[/color] - mi rispose.
L'avrei schiaffeggiato. Gli avrei cacciato la sua stramaledetta coppa in gola. Idiota arrogante, sadico bastardo! Il mio dubbio si faceva sempre più forte ... Sempre di più ...
«Tua non per molto...»- sorrisi algido - «Potevi dimostrarti un uomo migliore di quello che sei. E pensare che chiamano me mostro ... Non permetterò che voi sacrifichiate centinaia di vite per nutrire la vostra vanagloria. Mi dispiace amico » - La mia mano saettò verso il suo petto. Ne trasse un cuore sporco, un cuore arrogante, un cuore malvagio.
Lo vidi crollare ai miei piedi e sorrisi. Era mio e mie erano le sue informazioni.
Lo inviai dal suo padrone. Lo utilizzai per chiedere aiuto.
«Mio signore ...»- affermai per bocca del lurido portavoce del Secondo - «...ho riferito le Vostre parole allo straniero ma ...» - gli feci assumere un' espressione terrorizzata - « ma temo che questa volta abbiamo commesso un errore. Mi ha raccontato di centinaia di migliaia di demoni in attesa. Sono troppi, mio Signore, troppi. Dice di averne respinte ben tre drappelli su quattro ma di non essere riuscito ad evitare il massacro. Inizio a pensare che sarebbe meglio aiutarlo, in fondo se riesce a respingerli prima che giungano nella nostra città a noi non potrebbero che derivarne vantaggi. Nel peggiore dei casi perderemmo qualche vita, ma almeno sapremmo esattamente quando il grosso dei nostri nemici sta per arrivare e prendere le adeguate contromisure. Senza contare che se questa guerra deve essere combattuta è meglio che ciò avvenga nei terreni di quei bifolchi che non nei nostri ... »
Gelo. I fili con cui controllo i mio burattino che si spezzano. La mia mente è invasa.
E' lui, il vero burattinaio. Il Secondo.
«Pensavi davvero di fregarmi, moccioso? So bene qual è la situazione nell'Erynbaran; i tuoi amici sono morti, non c'è altro che puoi o possiamo fare. Torna nel tuo regno, qui non c'è nient'altro per te.»
Lithien, la mia amata Lithien mi aveva tradito. L'abbandonai, dirigendomi da sconfitto verso coloro che pur non fidandosi mi avevano accolto e non avevo saputo proteggere.
Il mio viso era rigato di lacrime, lacrime di rabbia e di colpa. Avrei potuto far altro, avrei potuto rimanere li e aiutarli. Mi sentii vulnerabili, sciocco, colpevole.
Ma il mio cuore era altrove. Studiava quell'atroce dubbio.



CS: //
Critico 40| Alto 20 | Medio 10 | Basso 5



Stato Fisico: 75%
Stato Psicologico: 75%
Energia: 45% (75%-20%-10%-)
Passive in Uso:





Riassunto Post:

Attive:

CITAZIONE
«Mostrami nel fuoco la via, apri i miei occhi perchè vedano la Luce.»
La Piromanzia è un arte dimenticata e potente. La divinazione tramite il fuoco, non meno delle altre forme di vaticinio, riesce a fendere le oscure tenebre che celano il futuro dagli occhi dei mortali. Ognuno dei Dodici possiede la forma prediletta tramite cui ispirare i suoi fedeli tramite visioni ma l'Ordine Rosso afferma che il profetizzare per mezzo delle fiamme sia la forma più pura ed efficace. La realtà è nota solo agli iniziati: le immagini che scrutiamo nelle fiamme solo talvolta sono segni della Sua volontà. Molto più spesso noi stessi infondiamo nella luce tremula di un braciere le immagini che più ci fanno comodo. Potrebbe apparire un inganno ma così abbiamo convinto molti Lord e Re a non combattere inutili e sanguinose guerre, abbiamo fornito un conforto quando nessuna speranza avrebbe potuto germogliare, abbiamo ispirato uomini e donne ritenuti da tutti una causa persa.
[Personale 6/25 psionica Bassa, difendibile con un nullo o una passiva, ma se non adeguatamente difesa produce un danno Medio alla psiche, interpretabile come un ossessione sul contenuto della visione stessa.]

Ystwyll o Ddeg Duw ~ Epifania del Tredicesimo Dio.

C'è una tradizione eretica, proveniente da lontano che afferma che i Daimon siano nient'altro che l'ombra proiettata da un unico Dio. Costui sarebbe l'unico, vero Dio padrone di tutto ciò che esiste. Fu mia madre a portare questo culto su Theras insieme ad una sacerdotessa dalle abitudini esotiche. Gli altri Alti Sacerdoti disapprovavano e avrebbero voluto condannare entrmabe per eresia ma mia madre fu più scaltra....Convertì le farneticazioni circa l'esistenza di un unico Dio nel culto di T'al facendole confluire nell'Ordine Rosso.
[20/25. Variabile, Psionica, Erein eleva una preghiera allo sconociuto Tredicesimo Dio e questa misteriosa entità farà apparire un simulacro vivente di uno dei Dodici Daimon provocando nel bersaglio una crisi mistica e danneggiando la sua mente.]


Dominio dei Cuori ~ L’arte di estrarre cuori cristallizandoli è il primo passo verso le Arti Oscure. Un cuore è la sede delle emozioni, dei desideri, delle paure e della volontà di un individuo; in poche parole possedere il cuore di qualcuno vuol dire avere in mano la sua vita. Io posso materializzare il tuo cuore tra le mie mani e manipolarlo a distanza per averne il pieno controllo. Posso ferirti, posso costringerti a fare di tutto e tu non potrai ribellarti. Perché? Perché se solo volessi potrei frantumarlo e porre fine alla tua vita prima ancora che tu batta le ciglia. A seconda di come stringo il tuo cuore posso procurarti una infinità dei danni, in fondo controllare il tuo sistema cardiocircolatorio mi permette di procurarti un infarto o più semplicemente un emorragia. Comodo no?
[Nulla di PK: possibilità di strappare il cuore dal petto e usarlo per dominare il soggetto. Fintanto che il cuore sarà nella disponibilità di Erein il legittimo proprietario sarà totalmente assoggettato alla sua volontà. 3/25]

Note:



 
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K i t a *
view post Posted on 11/4/2015, 22:48




F I G L I   D E L   F A T O

STYGIS ❞.


kLux6po



Stavo vivendo l'esperienza più incredibile della mia vita;
mai niente mi aveva coinvolto e sconvolto così tanto,
nulla era mai apparso così affascinante e così
p e r i c o l o s o



«Una preda niente male.» disse una voce femminile, interrompendo quel tocco delicato alla sua testa che era stato la conversazione con la Sfinge. Era ancora troppo incredula per l’esperienza appena vissuta, tanto che quel suono le parve irreale, lontano, semplicemente sbagliato. Costrinse la sua mente a concentrarsi, allontanando il ricordo di quel suono delicato, suadente, interrotto in modo così irriverente. Il crollo del poderoso braccio di pietra del Portale davanti ai suoi occhi, così inaspettato, l’aveva avvolta in un nugolo di polvere, costringendola a ripararsi il viso per riuscire a intravedere qualcosa oltre quella coltre. La intravide a poco a poco, una figura femminile piuttosto alta: ne riconobbe le curve del busto, ma non riusciva a comprendere dove finisse la parte inferiore del corpo. Man mano che il pulviscolo si diradava poté cogliere i dettagli che rispondevano a quell’interrogativo, inorridendola. Il suo corpo era quello di un gigantesco ragno, le otto zampe disposte intorno al tronco posate con leggerezza sul terreno, solo che nel punto in cui abitualmente era situata la testa della creatura, fuoriusciva un busto femminile, che terminava nel viso di una donna bellissima, dai lunghi capelli neri con leggere sfumature porpora e gli occhi di pece, contornati da folte ciglia che ne rendevano lo sguardo conturbante. I suoi lineamenti erano tanto delicati e splendidi da lasciare Ryellia interdetta; teneva gli occhi su di lei, e ne poteva sentire tutto il peso. Mentre la osservava s’inumidì con la lingua le labbra carnose, un gesto che non aveva niente di sensuale, ma anzi, le parve gretto, bestiale. Riuscì appena a notare dei piccoli esseri che si muovevano sinuosi dietro il suono delle sue parole, vicini al suo corpo aberrante. «È tempo che la corte delle libellule assuma il posto che merita, nell'Abisso.» continuò.
Non aveva idea di cosa stesse parlando, la maggior parte di quelle parole erano una melodia priva di senso, di cui riusciva a cogliere solo il fascino. La creatura troneggiava su di lei, scrutandola con avidità e ingordigia, e tutto ciò che riusciva a provare era terrore. Il suo corpo non rispondeva più alla sua volontà, la sua stessa mente era ormai muta, preda di quella paura viscerale che la rendeva incapace di reagire.
La donna sembrava avvertire il suo panico, e guardandola le sorrise, un gesto che le distorse i bei lineamenti. Spalancò la bocca, e il petto le sussultò leggermente; all’improvviso fuoriuscì un laccio bianco che saettò verso Ryellia, serrandola con forza come un serpente tra le sue spire. Lei si dimenò con forza, cercando di sottrarsi a quella stretta, ma il materiale appiccicoso reagì ai suoi movimenti, avviluppandola ancora di più. Capì di cosa si trattava: era finita nella sua ragnatela. Imprecò tra sé, la mente che elaborava rapida la situazione. Doveva agire, e in fretta, o sarebbe diventata presto del semplice cibo. Vide gli esserini alle spalle del mostro cominciare ad avvicinarsi a lei, i piccoli occhi puntati sulla loro preda, pronti ad aggredirla. Ecco perché detestava i ragni.

Successero varie cose contemporaneamente. Mentre il terrore di finire in pasto a quelle bestie si faceva sempre più concreta, attorno a lei l’aria cambiò, come se fosse mossa da centinaia di piccole ali. Bastò un secondo perché lo stormo di volatili entrasse nel suo campo visivo, attaccando le creature ormai a ridosso della Lancaster. Non riusciva a capire che animali fossero, avevano le fattezze di uccelli, ma dall’aspetto più… bestiale, non avrebbe saputo descriverlo altrimenti. Erano dei rapaci dal piumaggio folto e scuro come la pece, i lunghi artigli sguainati che graffiavano con ferocia i demonietti, i becchi lunghi e affilati che picchiavano con forza sulla loro pelle, colpendoli e allontanandoli dalla donna. Lei rimase qualche secondo interdetta, con la Regina a pochi passi di distanza. Lo sguardo di questa però era sollevato oltre le spalle di Ryellia, gli occhi socchiusi in un’espressione di profondo fastidio. Capì da dove era arrivato lo stormo: il Portale la stava aiutando, nonostante la menomazione non l’avrebbe lasciata morire. Quella consapevolezza la confortò in modo inaspettato: non era abbandonata a sé, qualcuno avrebbe combattuto al suo fianco per uscire da quella spiacevole situazione. Guardò l’abominevole donna-ragno, che ancora la stringeva nella sua morsa. Dire che non le piaceva era riduttivo; ma era davvero sensato esserne tanto spaventata? Nella sua mente comparve all’improvviso l’immagine di un ragazzino dai capelli castani accucciato accanto a lei ancora bambina, mentre osservavano un piccolo ragno tessere una ragnatela tra due massi appuntiti. Ricordava di esserne terrorizzata e schifata, ma il ragazzo l’aveva raggiunto e le indicava l’insetto. Non devi averne paura, le spiegava, Lui è ben più indifeso di te. Ma è orrendo!, aveva replicato con innocenza a suo cugino. Lui la aveva guardata, ponderando la risposta per qualche secondo, per poi chiederle: Tu vuoi lasciarti fermare da qualcosa solo perché intimorita dal suo aspetto?. Aveva riflettuto a lungo su quella domanda; succedeva sempre così con Raymond, le poneva sempre dei quesiti importanti. Era l’unico a prenderla sul serio, nonostante fosse una bambina, l’unica a vederla come un essere umano. Perciò, mentre quel mostro osservava il Portale che soggiogava i suoi piccoli, lei si domandò: “Voglio lasciare che quel demone mi fermi solo perché il suo aspetto mi disgusta?”.
N o.

L’aria era cambiata, sembrava vibrasse d’elettricità. Sentiva i capelli ritrarsi leggermente indietro, scostati da un vento invisibile. Anche i demonietti reagirono a quell’energia, attirati all’improvviso dal gigantesco Portale. Si mossero verso di lui, attirati da una forza irresistibile, lasciando la ragazza a confrontarsi con la loro madre. Quella guardava le sue creature allontanarsi, incapace di fare qualcosa perché impegnata a trattenere a sé Ryellia. Era arrivato il momento di reagire. Attorno alla sua vita cominciò a sollevarsi un leggero fumo che diventò quasi immediatamente una fiammata, forte abbastanza da distruggere la ragnatela. La donna-ragno reagì a quel contatto, distogliendo lo sguardo dalla disfatta dei suoi piccoli, ma ormai era troppo tardi. L’aspetto della Lancaster era differente: scaglie da rettile di un verde luminoso le coprivano parte della pelle diafana, mentre sulla schiena, vicino alle spalle, delle protuberanze ossee erano fuoriuscite dal suo corpo. Non si trovava più di fronte una semplice donna: ora doveva affrontare il drago. Sguainò la spada con un gesto veloce e deciso, per poi buttarsi in avanti, raggiungendo con un paio di balzi il demone. Sollevò l’arma, calandola immediatamente dopo su una sua zampa, tranciandola di netto. La Regina urlò di dolore, emettendo un suono acuto e mostruoso. Guardò la ragazza con estremo odio; fece sussultare ancora il suo petto, spalancò le fauci e cercò nuovamente di colpirla con quei filamenti. Ryellia si spostò appena in tempo, ruzzolando per terra. Il mostro cercò di approfittare del suo troneggiare su lei, cercando di colpirla con le sue zampe, in modo da bloccarla. Lei continuò a muoversi, scansando appena in tempo quei colpi micidiali. Decise di tentare di intrufolarsi nuovamente nella sua mente ma questa volta la Lancaster non si lasciò trovare impreparata. Bloccò sul nascere quell’attacco, ruggendo un sonoro «NO!». Contrattaccò allo stesso modo, e agli occhi della Regina ciò che di umano rimaneva nella Lancaster scomparve, lasciando spazio a un enorme e spaventoso drago. Il demone tentennò, lasciando cedere la bocca in un’espressione d’incredulo terrore. «Io non sono la preda.» sentenziò, stringendo saldamente l’elsa della sua spada nella mano. Dal filo della lama divampò ancora del fuoco, che si propagò tutt’intorno all’arma, fatta eccezione per l’impugnatura. «Io sono il p r e d a t o r e.» ruggì, e con un ultimo, decisivo, balzo, le arrivò addosso, e con un fendente rapido e preciso abbatté la spada sul suo collo, recidendone la pelle come se si sciogliesse a contatto con il calore. La testa ruzzolò sul terreno, e dopo pochi secondi anche le zampe cedettero, facendo crollare il corpo. Non appena i suoi piedi toccarono il suolo si voltò, senza degnare di un’altra occhiata quel mostro. Guardò invece il Portale, che a quanto pareva era riuscito a sbarazzarsi dei demonietti mentre lei era impegnata con la donna-ragno.
Era tornata a regnare la tranquillità attorno a loro, e lui troneggiava su di lei senza muoversi; stava aspettando una sua parola. «Dobbiamo andare adesso.» disse lei, le parole leggermente spezzate dal respiro affannato, stanca dallo scontro. «Ci hanno sottratto fin troppo tempo.» concluse, per poi voltarsi verso la foresta poco distante. S’incamminò, certa che il Portale l’avrebbe seguita; prima di sparire oltre la vegetazione, gettò un’ultima occhiata al cadavere del demone.
No, non era più una bambina: era arrivata l’ora di combattere i propri mostri.


Stavo rischiando di morire ogni minuto, ogni passo.
Mi sarei sacrificata per chi, per cosa?
Una guerra che non avrei mai creduto di poter combattere,
e ora mi invece mi pareva di
c o n d u r l a


kLux6po




Figli del Fato
- S t y g i s



Razza :: Umana
Classe :: Sciamano
Talento :: Ammaliatore
Pericolosità :: B
Stato Fisico :: 90/100
Stato Mentale :: 75/75
Energia :: 35/125
Equip :: Spada (riposta); Mitteni artigliati (indossati);
Bastone del sangue del drago (tenuto).

FROM THE DEPTHS TO THE LIGHT
VARIE ED EVENTUALI

~ ~ ~


PASSIVE—

Inviolabile :: Immunità alle influenze psioniche. Numero utilizzi: 5


ATTIVE—

Controllo dell'elemento Fuoco :: Tecnica di natura magica, controllo dell'elemento fuoco, abilità variabile e offensiva, consumo Basso.
Incorrutibilità :: tecnica di difesa psionica, potenza Media, può essere utilizzata ad area a potenza Bassa, consumo Medio
Intimorire :: tecnica di natura psionica, l'avversario scorgerà nel caster le fattezze di un drago, che nella sua disarmante ferocia avrà come obiettivo l’impedire un’adeguata difesa, danno Basso alla mente, consumo Basso.
Fusione Elementale :: tecnica di natura magica, il mago circonda il proprio equipaggiamento e le proprie armi con il fuoco, ogni attacco inferto con esse conterà come una tecnica di potenza Bassa che infligge un danno Alto da ustione al fisico; non può essere castata nel momento della difesa per danneggiare il nemico che attacca; consumo Medio.


ANNOTAZIONI—

Eccoci qua, perdonate il tempo impiegato ma è stato piuttosto difficoltoso.

Allora l’autoconclusivo procede così:
- Anzitutto ho dato per scontato che la Regina abbia una passiva di fascino, che ho contrastato con un utilizzo della passiva di immunità alle influenze psioniche. La Regina della Nidiata attacca Ryellia con una tecnica psionica di livello medio di paura: semplicemente la terrorizza; questo le permette di colpirla con il suo secondo attacco, con cui la lega tramite l’utilizzo della sua “ragnatela”, una tecnica di potenza bassa il cui scopo è solo quella di immobilizzarla.
- Portata avanti questa strategia, manda in avanscoperta i suoi “piccoli”, che cercano i attaccare la Lancaster. A questo punto interverrà il Portale, che utilizzando una tecnica di evocazione, manderà in contrattacco uno stormo di rapaci composti d’ombra, che attaccheranno i Kisalah (consumo Medio). Il Portale allora utilizzerà un’ulteriore tecnica che attrarrà i “piccoli” verso di lui, come falene con la luce, fino a inglobarli in sé e farli sparire (presumibilmente trasportandoli nell’Oneiron). Ryellia non si accorge di questa ultima parte per una questione narrativa (consumo Alto).
- Ryellia intanto deciderà di reagire; si libera dalla ragnatela utilizzando la sua variabile offensiva di controllo del fuoco e attiva un Corallo, con cui otterrà 4 CS in Destrezza. Si scaglia contro la Habtais con la spada sguainata e le trancia una zampa.
- A questo punto segue uno scambio fisico, che Ryellia riesce a dominare grazie all’utilizzo delle CS in Destrezza (2CS).
- La Regina cercherà allora di attaccarla con una tecnica psionica di potenza media, che Ryellia contrasterà con una tecnica difensiva della stessa potenza, per poi utilizzare la sua abilità psionica “Intimorire”, grazie alla quale riuscirà a bloccare per qualche istante la Hebtais.
- Approfittando del vantaggio, utilizzerà “Fusione Elementale” e i suoi rimanenti 2CS in Destrezza per balzare sul mostro e con un colpo deciso amputarle la testa, uccidendola.

Questo è quanto, spero di non avervi annoiato e di aver creato uno scontro degno di questo nome. Al termine Ryellia avrà il 35% di energie residue, il Portale il 20%.

Punti Schieramento Ombre: 3
Punti Schieramento Sfinge: 1

 
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view post Posted on 15/4/2015, 20:12
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« figli del fato ~ stygys »


Erein
???


Quando Erein arrivò al centro di comando, riuscì a stento a riconoscere ciò che per molte ore era stata casa sua, l'unico luogo nell'intero Erynbaran considerabile sicuro. Ci aveva provato, gli avevano suggerito gli uomini di Lithien, ma a volte provarci non è abbastanza; a volte tentare non permette di superare ostacoli troppo grandi per noi. E si cade vittima della propria inesperienza e delle proprie debolezze, trasmutando l'esperienza di un possibile ricongiungimento con ciò che ci è più caro al mondo in un fallimento su tutti i fronti. Erein aveva sulle spalle non un singolo Arshaid, ma centinaia di elfi che si erano fidati ciecamente della sua forza e del suo potere, ma che per questo erano stati puniti e massacrati dai demoni della Corte.
Shahryar aveva mosso un passo molto importante sul territorio dell'Edhel; Erein, al contrario, era indietreggiato di molti passi e ciò lo costringeva a una cosa soltanto: tornare a casa. Come uno sconfitto che avrebbe avuto per sempre la consapevolezza di vite spezzate e sogni infranti. Ma un Re deve saper reggere il peso di una corona, così gli era stato detto, una volta. E il peso di quella corona era davvero gravoso. Le anime degli Arshaid morti dubitavano avrebbe mai potuto reggerlo per tutta la sua vita.

Sfoglio ancora il libro.
Stavolta sento di conoscere la pagina esatta, eppure non riesco a trovarla. Altre volte era il libro stesso che me la suggeriva, con i sussurri del vento, ma non stavolta. Stavolta ne analizzo ogni imperfezione, ogni dettaglio che potrebbe condurmi alla soluzione del problema.
Poi la vedo. La pagina strappata. Ed è lì che ricordo.
Non tutti i Figli del Fato sono in grado di raccontarmi la propria storia. Forse quella di Erein si è persa nel tempo, oscurata dalla grandezza di eroi più valorosi.
Che peccato.

~

Ryellia & Hebiko
Matkara, centro di comando


Gli occhi delle ombre si riempirono di gioia al ritorno di Ryellia e del suo nuovo amico. Non era assolutamente la prima volta che incontravano le creature della Sfinge, ma mai avrebbero pensato a una eventuale collaborazione. Quasi festeggiarono per alcuni minuti, con il rischio di farsi individuare dalle truppe nemiche, poi si fecero seri ed espressero la loro gratitudine alla giovane madre dei draghi che, con il suo intervento, aveva illuminato anche la figura di Hebiko. Le principesse delle ombre, iniziavano a chiamarle, tra un ringraziamento e una supplica. Alcune ombre curiose si avvicinarono morbosamente al colosso onirico, studiandone con attenzione i dettagli. Le altre, invece, con uno spirito molto più pragmatico, iniziarono a domandarsi se un solo Portale sarebbe bastato a ribaltare la situazione. Del resto le truppe delle ombre erano ormai in un rapporto di uno a dieci rispetto a quelle dei demoni, ben organizzate e ormai capaci di prevedere trucchetti territoriali come quelli escogitati da Hebiko con l'aiuto della vegetazione.
« Non abbiamo tempo da perdere, il Signore delle Maschere sta per sferrare il suo attacco decisivo in questo territorio. » la voce decisa della Sfinge attraverso il Portale fece sussultare i presenti, Ryellia inclusa, che aveva ascoltato una voce molto più dolce di questa. « L'Erynbaran e i suoi Arshaid sono già caduti; ho notizie di Lithien nel panico e i miei esploratori non riescono a raggiungere il Samarbethe. La piaga dei demoni sta prendendo piede velocemente, ed è nostro dovere, come abitanti dell'Edhel, fermarla una volta per tutte.
Vi aiuterò, ma ho bisogno del vostro aiuto per dotarmi di un esercito. Sono in grado di sfruttare il Portale per richiamare le mie truppe, ma la mia creazione necessita di tempo per farlo. Difendetela ad ogni costo per il tempo necessario a richiamare una forza tale da contrastare quella del Signore delle Maschere.
Aiutiamoci a vicenda, fratelli dell'Edhel. Rischiariamo l'oscurità che vuole inghiottire le nostre terre.
»
Le ombre furono pervase da un senso di vigore che mai erano riuscite a provare durante quella guerra. Rimaneva da decidere una strategia, poi tutto si sarebbe consumato in un conflitto senza esclusione di colpi.
Le principesse delle ombre dovevano decidere come muoversi, ma dovevano farlo in fretta.
Il destino del Matkara intero - e di tutto l'Edhel, probabilmente - dipendeva da loro.



Procediamo; non siamo lontani dalla fine. Essendo una quest che racconta molto in pochissimi post, d'altronde, non possiamo certo spingerci oltre l'evento "dall'abisso". Cagnellone è fuori dalla quest, come comunicato in confronto. Ci stiamo riducendo sempre di più.
    Malzhar: la situazione per te è estremamente tragica; il tuo centro di comando è stato completamente annientato, decretando così il fallimento della tua "missione". Per te la quest si conclude così, ma voglio un tuo post finale prima di assegnarti ricompense e di stilare un giudizio sulla tua esperienza. Il fallimento del tuo compito è dovuto sicuramente a scelte non troppo sagge da parte tua, ma anche alla difficoltà dell'impresa cui ti ho fatto affacciare: risolvere la questione degli Elfi non era semplice, me ne rendo conto.
    Il tuo post deve essere di ritorno nel tuo regno, in seguito al "fallimento". Niente fase in confronto.

    Kita & Shavronne: Ryellia e il Portale arrivano giusto in tempo; la strategia di Hebiko ha avuto effetto, ma tale effetto sta per terminare. I demoni infatti riescono a riequilibrare le loro forze e quindi a schierarle nuovamente sul fronte della vegetazione. Le parole della Sfinge sono chiare: dovete proteggere il Portale affinché da esso possa far passare le sue creature per contrastare l'esercito dei demoni. Ovviamente dovete anche gestire la schiera nemica che vi sta attaccando da Sud e da Ovest. A Nord avete territorio scoperto - poco raccomandabile - mentre a Est avete un'eventuale via di fuga che vi farebbe spostare verso le catene montuose dell'Erydlyss. La fase in confronto verrà gestita in "ondate". Tenete conto che per raggiungere l'esercito ottimale, il Portale deve resistere a cinque ondate. Allo stesso modo, tenete conto del fatto che la vegetazione possa aiutarvi solo in due ondate, quindi gestite bene l'aiuto della stessa. Sono rimaste delle ombre in grado di combattere, ma il rapporto con i demoni è praticamente di dieci a uno. Continuiamo in confronto.
    Guadagnate 2 punti Sfinge e 1 Punto Schieramento Ombre.
    Punti Sfinge: 3.
    Punti Schieramento Ombre: 4.

Avete tempo per postare fino alle 23:59 del 20 Aprile.
Buon post.
 
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21 replies since 15/3/2015, 20:02   805 views
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