Il cuore del Leviatano ~ Ospedale Generale della Misericordia
« Lo spedale è laddove
gli uomini buoni scelgono di riporre la fiducia
e dove Dio e la forza degli animi ottengono risposte. »
In relazione a Novum Initium Regni - Un nuovo Ordine.
Madre Marianne, la badessa del vecchio orfanotrofio di Basiledra, mi guardò con aria incerta. Dopo essersi unita a me assieme a tutti i suoi ragazzi, a Terra Grigia, non pensava che avessi in mente altro che una vita serena e tranquilla, per lei. Tuttavia era una donna d'incredibile talento in grado di salvare la vita a quasi ciquanta orfani nonostante le deprecabili condizioni imposte dalla Guardia Insonne. Ora più che mai il popolo, Ladeca, aveva bisogno ancora una volta dei suoi servigi come seguace di Dio e insuperabile medico. Sotto i lunghi e lisci capelli corvini quella donna nascondeva una forza invidiabile ed una bravura che non intendevo sprecare in una stanza della rocca Lancaster.
« Marianne, la prego, ci serve il vostro aiuto. »
Quella parve rifletterci un attimo. Era titubante, persino il viaggio da casa sino a Ladeca era stato per lei motivo di enorme turbamento. Nonostante fosse giovanile d'aspetto sapevo che i miei occhi non potevano comprendere appieno né l'età né le esperienze che l'avevano segnata; Zoikar solo sapeva cosa l'avrebbe convinta ad accettare l'incarico. Io potevo solo continuare a provare nella speranza che accettasse.
« Quali sono le vostre paure, volete confidarmele? Siamo solo noi due e la vastità delle praterie ad ascoltare. »
Spaziai con una mano sui campi fuori da Ladeca, come a volerglieli mostrare per la prima volta. Avevo scelto di portarla lì perché non si sentisse oppressa dall'ambiente cittadino, dalla confusione e dal viavai degli uomini. Dopo un leggero pasto a base di pane e prosciutto stagionato l'avevo introdotta al discorso in maniera quasi naturale, ma a nulla erano valse le mie premure, giacché si era chiusa a riccio e non accennava a smuoversi dalle sue idee.
« Ho già fatto il mio. » dissi stizzita. « Due anni facendo la fame, ho dovuto fare cose indecenti per mandare avanti i miei ragazzi. »
« E ce l'avete fatta, ora molti di loro servono l'arma e hanno un futuro, una carriera. Capisco la vostra riluttanza iniziale, ma pensate al bene che potreste fare con i giusti mezzi ed il giusto luogo di lavoro. »
Eravamo sedute vicine, sopra una grossa coperta di cotone amaranto, e quelle parole le appoggiai il mento sulla spalla.
« Un ospedale tutto per voi! »
Sospirò, curvando le spalle sotto il peso della mia testa, sconsolata.
« Mi date un momento per riflettere? »
« Tutto il giorno se desiderate, non c'è fretta. »
Con una mano esplorai l'interno del cesto di vimini con cui avevamo portato le vivande, estraendone una manciata di biscotti dalla forma irregolare. Ne addentai uno offrendone poi un secondo alla donna che, elegantemente con la mano, lo rifiutò. Senza ritenermi affatto offesa dall'abbondanza di dolciumi continuai a mangiarli da sola.
La gente del Dortan aveva vissuto un periodo d'oro sotto l'egida del Re che non perde mai. Molta di quella grandezza era andata perduta, dimenticata, ma l'averlo potuto conoscere, anche se nella sua forma più rudimentale ed idealizzata dal potere di Zoikar, aveva lasciato qualcosa dentro di me. Avevo la certezza, l'assoluta convinzione, che per evitare le sciagure del passato il popolo dovesse sentirsi al sicuro, tutelato e apprezzato per il duro lavoro svolto nella ricostruzione di un regno allo sfacelo. Proprio con questo concetto in mente mi era sovvenuta l'idea di costruire un grosso ospedale pubblico in città, che potesse prendersi cura dei malati, alleviare le sofferenze dei bisognosi e preoccuparsi della salute di coloro che, per ignoranza o povertà, non avrebbero mai potuto permettersi un guaritore. Non volevo costruire il solito lazzaretto dove portare la gente in attesa che la natura facesse il proprio corso: i tempi di quell'inciviltà barbarica erano morti e finiti assieme alla guerra, a Mathias Lorch e a Caino. No, io volevo qualcosa di meglio per il Dortan, qualcosa che potesse ricordare al singolo quanto importante fosse il suo lavoro per il paese. Forse vedendolo da fuori potrebbe sembrare una follia, quella di costruire una struttura incapace di generare qualsiasi profitto, ma ai miei occhi non era altro che l'ennesimo tassello della guerra alla povertà, alla salute pubblica e al radioso futuro tanto bramato da tutti.
Avevo scelto Madre Marianne perché, un anno prima, poco dopo la caduta di Basiledra, aveva difeso i suoi orfanelli con così tanto coraggio e sfrontatezza che nemmeno il più eroico dei cavalieri avrebbe saputo fare. Non si era arresa alle difficoltà, non aveva lasciato che la miseria le ottenebrasse la mente, aveva pianto la fame non mangiando per giorni pur di sfamare i più piccoli, aveva perso gran parte della sua gioventù tra i crampi della povertà... eppure era lì, con gli occhi fissi sui campi di grano, a domandarsi se fosse giusto ottenere un riconoscimento per i suoi sacrifici. Mi scoprii ad invidiare un tale livello di abnegazione. Sorrisi tra me e me, mentre mangiavo avidamente tutti i biscotti rimasti, conservandone solamente uno nel caso la donna cambiasse idea: avevo anche io il mio punto debole, dopo tutto.
« Se dovessi farlo, Azzurra... dovrei lasciare i piccoli. »
Nei suoi occhi castani si dipinse il più triste degli sguardi. Non voleva separarsi dai ragazzi che aveva cresciuto come figli, anche se alcuni di loro avevano già diciotto anni compiuti. Non riusciva a lasciarli andare, e non avrei mai osato chiederle una cosa del genere.
« Preferirei demolire Ladeca pezzo per pezzo che togliervi i vostri ragazzi, Marianne. Io voglio che li portiate con voi, soprattutto le ragazze che non hanno desiderio di entrare negli Artigli. Vi aiuteranno, impareranno un mestiere da voi. Recluteremo altri medici, altro personale... io stessa verrò a darvi una mano quando possibile. »
Mi lasciai andare ad una piccola risatina.
« Sono pur sempre una donna, mi vedreste bene con questo vestito di seta a batter ferro nella nuova ferriera? »
Lei ridacchiò di rimando, scuotendo il capo con fare divertito.
« Credo che nemmeno un dardo nel cuore riuscirebbe a uccidere il vostro modo di vedere il bello in ogni cosa. »
« Beh, se quando verrò colpita ci sarete voi in ospedale, magari, avrete modo di constatare questa teoria in prima persona! »
Mi guardò, inclinando appena la testa e sforzandosi di trovare delle parole che non le affioravano alle labbra. Non riusciva a credere a quello che le stavo offrendo, ma sapevo che in cuor suo avrebbe voluto esprimermi la sua gratitudine per la fiducia che le stavo dimostrando. Se solo fossi stata più accorta, un anno prima, e non avessi rischiato tanto per convincerla, non avrei conosciuto Jeanne e metà degli Artigli. Era quella la vera sfida della vita, saper cogliere l'occasione.
Non stavo facendo altro che restituirle un regalo che, involontariamente, mi aveva fatto lei stessa.
Presi il biscotto e lo porsi nuovamente in sua direzione. Stavolta allungò la mano e lo prese, stringendolo nel palmo per qualche istante, prima di morderne un piccolo pezzo socchiudendo gli occhi.
« Madre Ospitaliera Marianne, enchanteé! »
L'apostrofai, facendo un buffo inchino mentre lei arrossiva sulle gote.
[ ... ]
Il giorno seguente, mentre Marianne faceva tutto il possibile per iniziare a diffondere la notizia, nel ceto meno abbiente, della possibile apertura di un ospedale pubblico. Contattai alcuni dei lavoratori che stavano costruendo le case nuove di Ladeca chiedendo quanto e come sarebbe stato possibile realizzare un edificio in grado di accogliere dalle cento alle duecento persone. Nella nostra discussione dissi loro che non stavo cercando qualcosa di elegante o che fosse sfarzoso, ma solo funzionale. Doveva avere lo spazio per quante più persone possibili, a prescindere dal costo che avrebbe avuto. Parlammo a lungo, in particolare che data la natura dell'ospedale sarebbe stato meglio costruirlo sul limitare dell'abitato, sia per moderare l'impatto ambientale sia per, eventualmente poterlo espandere qualora la città fosse cresciuta. Non avevo pensato a questa eventualità, ma il capomastro dei cantieri mi spiegò in poche parole quali rischi correvamo a edificare all'interno della zona storica. A me alla fine non interessava: il dover fare trecento metri per giungere all'ospedale era un'inezia, rispetto al morire di stenti nel proprio letto di casa. Rimanemmo in sospeso riguardo al prezzo dei lavori, quello era un progetto che tutti avrebbero potuto usare una volta giunto a termine, ed ero fiduciosa che alcuni si sarebbero offerti di prestare manodopera, materiali e altro gratuitamente o a prezzi molto ridotti. Volevo avere fede nell'umanità, una volta di più.
Marianne lavorò molto bene, distribuendo anche dei piccoli manifesti per reclutare operai e medici itineranti disposti a lavorare nell'ospedale e al servizio della gente comune. Nel mentre mi dirigevo a recuperare una carrozza per raggiungere Ardeal, dove avrei dovuto incontrare i miei vecchi signori, ne recuperai uno.
Sopra, senza troppi fronzoli o disegni - dato che realizzarli avrebbe richiesto altri costi - c'erano poche significative parole.
- Ospedale Generale della Misericordia -
Si cercano volontari per la costruzione ed il mantenimento del nuovo ospedale di Ladeca.
Occorrono speziali, dottori, alchimisti e guaritori, oltre a inservienti e a persone di buon cuore desiderose
di servire la comunità con ogni mezzo a loro disposizione. I lavori inizieranno al più presto.
Madre Marianne, che potrete trovare nei quartieri popolari, sarà la vostra referente.
Lo arrotolai, infilandolo dentro una delle balse del vestito.
Lei aveva fatto il possibile, ora toccava a me giocar bene le mie carte.
Salii nella carrozza dirigendomi verso Ardeal.
[ ... ]
Il cuore del Leviatano ~ La Voce del Regno
« Cosa sono i soldi,
rispetto alla grandezza di un regno? »
Ardeal, cena con Gabriel, Ainwen e Erein.
Con la mano feci oscillare delicatamente il bicchiere di cristallo, osservando il vino dondolare al suo interno. Ainwen e Gabriel avevano gentilmente ospitato un piccolo ritrovo in onore dei vecchi tempi, quando ancora lottavamo tutti per la stessa bandiera, ma nessuno sembrava voler accennare al fatto che io, più di altri, avessi scavato la fossa sotto i piedi del consiglio dei Pari. Mi sentivo a disagio in quella situazione, perché anche se rimanevo convinta che Zeno avesse ragione su tutta la linea, quelle persone erano, in qualche modo,
amici. Non ero stupida, sapevo benissimo che la bella dama di Ardeal nascondeva un serpente, sotto quell'apparente strato di innocenza, al pari del buon conte che ad ogni parola sembrava soppesare diecimila possibilità e sceglier quella vincente. Eppure non avevo mai avuto desiderio di nuocere alla loro agiatezza, né alla loro vita. Avevamo idee contrastanti, ma erano anche idee figlie di un mondo che non esisteva più. Potevamo andare avanti e ritagliarci tutti quanti un posto nel futuro, assieme.
Mentre le parole di Erein e Gabriel iniziavano a riempire il vuoto imbarazzante che precedeva l'arrivo della padrona di casa, lo sguardo mi sfuggì su una sedia vuota dall'altra parte del tavolo. In fondo, tristemente, non eravamo tutti.
Scacciai il brutto pensiero, concentrandomi sui discorsi che venivano fatti a tavola e preferendo godere del buon cibo piuttosto che interrompere con le mie parole. Non ricordavo nemmeno l'ultima volta che mi era stato concesso di mangiare tanto bene: oramai la mia vita era un continuo susseguirsi di spostamenti, razioni militari essiccate, selvaggina cotta sui bivacchi e frutta. Prelibatezze di quel tipo erano una rarità che non valeva la pena perdersi.
Ero andata lì per supportare Erein, l'idea di fondare un'ambasciata poteva essere valida per evitare problemi con i nostri vicini e aprire le porte al dialogo con Edhel e Akeran. Forse la sua era un'idea visionaria, ma non necessariamente sbagliata; per quello e per il profondo rispetto che nutrivo per la sua figura mi ero sentita in dovere di perorare la sua causa. Nondimeno avrei fatto la mia mossa di lì a breve, sperando che tanto tempo passato in mezzo alla gente comune e lontano dalle corti non avesse inasprito il mio tatto.
« Sì, avete tutti quanti ragione, signori. » per la prima volta mi rivolsi a loro senza dire miei prima di signori. Una piccolezza, ma mi fece sentire bene, come se potessi vederli, in qualche modo, più vicini a me. « Ma i Pari appartengono al passato, così come Arconti e Corvi Leici. »
Poggiai il bicchiere per poter parlare più comodamente, senza paura di rovesciarne il contenuto gesticolando inavvertitamente.
« La nobiltà ha bisogno di ridare lustro al proprio nome e farsi benvolere dal potere di maggioranza, che è in mano al popolo. Abbiamo già sperimentato l'inefficacia della forza bruta, ma l'idea di costruire un'ambasciata diplomatica potrebbe mostrare a Sua Altezza Reale Julien il nostro impegno in tal senso. »
Annuii sottolineando quella frase quasi come se fosse scontata.
« Devo ancora risolvere un paio di problemi con mio fratello quindi non potrò sostenervi economicamente, ma spargerò la voce sul mio incondizionato sostegno al progetto. Sono certa che avere la fiducia di qualcuno che ha tanto lottato per il popolo non passerà inosservato. »
A quel punto feci la mia mossa, con eleganza. Era rischioso ed ero assolutamente pronta a ricevere una sonora risata come risposta, ma tentar non nuoceva. Per quanto potessero disprezzarmi non avrei mai creduto al fatto che mi volessero morta.
« Sto costruendo un ospedale pubblico a Ladeca. » mi accarezzai nervosamente le mani, l'una con l'altra. « Se riuscissi a ricevere un generoso finanziamento da parte vostra, in modo da poter apporre i vostri nomi in bella vista all'ingresso dell'edificio, tutti gli uomini e le donne che verranno a curarsi sapranno chi ringraziare per aver avuto salva la vita. »
Mi passai l'indice sulla punta affusolata del naso, come un piccolo gesto nervoso.
« Questo è uno di quei casi dove vincono tutti: la gente ottiene l'ospedale, voi ottenete il rispetto della gente. Torneranno a fidarsi di voi. Vi prego solamente di pensarci, sono solo soldi come ha detto dama Ainwen... »
Afferrai nuovamente il calice bevendo una sorsata di ottimo vino.
« ...cosa sono i soldi rispetto alla grandezza di un regno? »