Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Z ~ Il Cuore del Leviatano

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view post Posted on 2/9/2015, 22:44
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Ladeca. Cantieri di Demetrio Smith

La città vista dall’alto sembrava un grande formicaio. Centinaia di uomini si muovevano rapidi in goni direzione, formando un disordinato moto in cui ogni singolo elemento aveva uno scopo ben preciso. Guidati chi da interessi personali, chi da ideali più grandi. Ladeca stava cambiando, e ognuno di quei poveri mercanti residenti in quel logo da prima del grande discordo si Re Julien, lo sapeva.
In quel marasma di cittadini al lavoro, col sole a picco sulla città, un uomo si muoveva lungo una via principale seguito da sette soldati ben addestrati. Quell'uomo era Mark Smith, il comandante in capo dell'Esercito Reale.

Le ostilità celate fra Corvi Leici, Arconti e Pari erano apparentemente cessate, e i primi sembravano aver ottenuto il favore di Julien. Il Re aveva ampliato a dismisura i poteri di quella che fu la Resistenza, rendendola un corpo di guardia incaricato di mantenere l'ordine del Regno sotto il suo comando diretto, e di Smith in sua vece. Naturalmente le famiglie dei Pari proprietarie di forze armate personali non vedevano di buono occhio la presenza di una forza parallela nei loro territori, ma dalla benedizione da parte di Zeno il Re godeva di una stima talmente elevata da parte del popolo che contrastarlo sarebbe stato un vero e proprio suicidio.

In quel clima di pace apparente, Mark Smith eseguiva la solita ronda per le vie della nuova capitale, osservando preoccupato l'aumento della popolazione in seguito agli annunci di suo nipote Demetrio. Figlio del fratello, il proprietario della più grande impresa di costruzioni del Regno aveva sparso la voce e promesso lautissime ricompense a chiunque avesse aiutato alla costruzione del parlamento ordinato da Julien. La notizia si stava diffondendo a macchia d'olio invadendo ogni angolo di Dortan, e in sole due settimane la popolazione in pianta stabile di Ladeca era praticamente raddoppiata. In quanto tutore dell'odine pubblico, Mark aveva il dovere di sorvegliare e gestire un simile traffico di uomini per evitare ogni tipo di problemi.
Julien era stato chiaro: era intenzionato a regnare, per la priva volta da solo, e non avrebbe perdonato che la sua prima opera fosse ricordata come un fallimento.

Allontanatosi dalla piazza principale, il corpo di guardie aveva appena percorso la grande via delineata da baracche lunga qualche centinaio di metri per finire in mezzo al campo spianato in cui una trentina di operai si muovevano veloci. Lì sarebbe sorto il Parlamento, il cui concetto era ancora una vaga idea nella mente della popolazione. Ignorando i saluti fugaci dei lavoratori, il comandante raggiunse un uomo chino su alcune pergamene spiegate.

« Demetrio. »
« Zio! »
« Comandante, quando sono in servizio. »

La voce dura di Mark fece deglutire il nipote, che mal sopportava il ruolo di prestigio ottenuto dal parente. Erano due personalità agli antipodi, e entrambi mal sopportavano il doversi confrontare di volta in volta per aggiornarsi sui fatti. Ma Re Julien non aveva lasciato adito a dubbi: erano entrambi diretti responsabili del futuro della capitale, con tutti gli oneri e onori che questo comportava.

« Mi scusi, comandante. Come posso esserle utile. »
« Torno adesso da un giro di pattuglia. Nell'area adibita al quartiere popolare le baracche che hai fatto costruire stanno per terminare i loro posti, ne servono altre per prevenire disagi futuri. »

Demetrio distolse lo sguardo, iniziando a pensare. Era eccellente a compiere calcoli a mente, e se non fosse stato così attaccato a concetti quale Denaro e Prestigio sarebbe stato molto più benvoluto dai suoi operai. batteva nervosamente un dito sul tavolo, scandendo le decine che continuavano a sommarsi nella sua immaginazione. E il risultato non sarebbe piaciuto affatto al comandante.

« Posso impiegare sette, otto uomini al massimo. Gli altri mi servono per il parlamento. Ma non dovresti preoccuparti: Ladeca è comunque una piccola cittadina, e non credo la popolazione aumenterà più di tanto! La notizia si è diffusa ormai da molti giorni, e chi aveva interesse a partecipare ha già dato. Per quanto mi riguarda, i miei uomini potrebbero raddoppiare le baracche nel giro di un mese, ma molte rimarrebbero disabitate. »

Con un vigoroso colpo di mano, il comandante bloccò il discorso del costruttore, alzando la voce.

« Non prendermi per il culo, Demetrio. So quello che stai pensando. E non m'importa nulla se rallenterai i lavori per un capriccio del Re. Ladeca potrebbe diventare una polveriera pronta ad esplodere, e tu non oserai mettere i tuoi profitti e il tuo prestigio davanti alla sicurezza dei cittadini. Ci sono delle priorità che devono essere rispettate e che tu farai rispettare, chiaro? Considera queste parole un ordine diretto del Re. »

Non attese risposta allontanandosi. Alle spalle di Mark Smith, il nipote Demetrio digrignava i denti: era stato minacciato due volte nello stesso modo, nel giro di pochi giorni. Ma Re e comandante non avevano idea di quanto potere avesse la sua impresa di costruzioni.






Ladeca. Via del Commercio.

Il vecchio mercante si muoveva sul carro trainato da muli. Caricava dieci barili colmi del miglior vino di quelle terre, portate con fatica dalla fattoria a due ore di viaggio dalla città. Da quando il figlio aveva lasciato casa per unirsi all'impresa di costruzioni doveva fare tutti i lavori di forza da solo, e non aveva più l'età per compiere certi sforzi. Per quella paga poi!
Era giunto di fronte ad un bivio, e la locanda del Corvo Parlante verso cui era diretto si trovava sulla destra. Prima di svoltare però, due uomini a cavallo lo raggiunsero in fretta.

« Fermo, vecchio! Cosa trasporti? »

Briganti forse? Non gli importava, ne aveva visti tanti come loro: giovani armati di spadino pronti a saccheggiare piccoli mercanti e carovane. Gradassi con i deboli e gli anziani, ameno fin quando non avrebbero visto i due schioppi che nascondeva sotto il mantello. Roba di qualità, acquistati da uno sporco nano dell'Akeran.

« Vino, alla locanda del Corvo Parlante. Come posso servirvi. »

I due si guardarono sorridendo. Il più giovane si avvicinò iniziando a parlare.

« Soddisfa la curiosità di un ignorante: il vecchio Dellinger del Corvo Parlante quanto ti paga a gallone? »
Strana domanda, senza dubbio. Di solito chi voleva derubarlo si interessava poco di mercato.
« Venti, più due muli riposati per tornare a casa. »
Un secondo sguardo dei due. Il giovane mise una mano fra le vesti e istintivamente il mercante mostrò la canna dello schioppo, ma quando vide la mano del brigante attorno ad un sacco di iuta invece che l'elsa di uno spadino rimase semplicemente a guardare.

« Don Corneo, al Giovane Drago, te ne offre cento. Per questo e tutti quelli che produrrai in futuro. E' un uomo fortunato pronto a dividere la sua fortuna con chiunque abbia un minimo di ragionevolezza. »

Pochi minuti dopo, in seguito ad un dialogo estremamente interessante, il vecchio mercante diede ai suoi muli l'ordine di muoversi. Verso sinistra.






Ladeca. Luogo misterioso.

L'uomo seduto sulla comoda poltrona carezzava un libro sorridendo. Ogni cosa sembrava andare per il verso giusto, e i suoi uomini stavano controllando attentamente che tutto andasse seguendo la via da lui dettata. Alle sue spalle, due colpi alla porta, dall'esterno. L'ultimo sorso di vino prima di celare nuovamente il volto.

« Avanti. »

Timidamente, una donna fece la propria comparsa. Erano in confidenza ormai da parecchi mesi, ma non riusciva ancora a sciogliersi completamente.

« Eccellenza... il Re vorrebbe una risposta. Un nome. »

Lentamente si alzò dalla sedia, avvicinandosi alla donna che deglutì nervosa.

« I nostri libri insegnano molte cose: in Antico Theraniano "Basiledra" significa "Trono del Re". Un nome così semplice per qualcosa di così imponente, non trovi? Quello che dobbiamo costruire però, non appartiene ad un Re, ma al Popolo intero. »
« Quindi, eccellenza? »
« Puoi riferire a Re Julien che il Parlamento da lui ordinato prenderà il nome di "Trono del Popolo". Edraleo. »

Uno sguardo curioso da parte della donna.
« Edraleo? »
« Edraleo di Ladeca. Questo è la mia scelta. »
« Riferirò, eccellenza. »

Timida per com'era entrata, la donna abbandonò la stanza del suo maestro chiudendo la porta alle sue spalle. Una volta solo, tolta la maschera da Corvo, sul volto dell'uomo rimase solo un sorriso beffardo.







CITAZIONE
Signori, questo è quanto… per ora.
Il Regolamento riguardo il vostro ruolo della quest dovrebbe essere abbastanza chiaro e lo incollerò sotto direttamente dal topic in confronto. Avete una discreta liberà nel reclutare png e pg per la creazione del vostro progetto, ma ricordatevi che lo stato effettivo della realizzazione dello stesso sarà descritto unicamente nel mio post successivo da QM.

Date un nome ad ogni progetto in cui coinvolgerete il vostro Pg/png per ordinare tutto nell'elenco sottostante.

Progetti in corso.
15 giorni dall'inizio dei lavori.
Edraleo di Ladeca: il Parlamento voluto da Re Julien, la cui costruzione è ancora agli albori. PP: 5.

CITAZIONE
Signori partecipanti, benvenuti a "Il Cuore del Leviatano", la quest di ambientazione Dortan in cui sarete voi e voi soli a decidere il futuro immediato di Ladeca, quella che sarà la nuova capitale dei Regni del Leviatano.
La quest infatti, come accennato più volte, tratterà della ristrutturazione della città e solo quella sarà la protagonista dei post che faranno "andare avanti" il tempo di gioco di mesi e mesi. Cosa farete voi quindi? Domanda tanto semplice quanto banale: creerete.

Durante la quest infatti vi chiederò di mettervi in gioco, provando a "costruire" qualcosa per il futuro di Ladeca. "Costruire" non in senso letterale e concreto: non chiederò a ognuno di voi di scrivere del vostro Pg con calcestruzzo e mattoni in cantiere, ma in senso prettamente concettuale. VOI costruirete la nuova Ladeca, insieme al 90% di tutto quello che sarà presente nell'ambientazione futura.

Strutture concrete come ospedali, scuole, o caserme. Gruppi di potere come gilde o associazioni malavitose e segrete. O semplici opere di bene/male che accresceranno la fama del vostro Pg nella futura ambientazione. In "Il Cuore del Leviatano" potrete fare questo e altro, limitati solo dalla vostra immaginazione e dal buonsenso. Ma lasciate che vi illustri un regolamento in punti chiari e precisi in grado di fugare ogni dubbio.


1) Gli utenti potranno, turno dopo turno, impegnare il proprio Pg nella "costruzione", "fondazione" o "organizzazione" di qualunque progetto gli venga in mente, purché sia ambientato a Ladeca e costruito durante l'anno in-gdr della quest.

2) Durante ogni turno gli utenti dovranno descrivere come concretamente il Pg si impegnerà del progetto intrapreso, e una volta avviato avranno una quasi totale autonomia nella gestione del progetto e nei rapporti dello stesso con l'ambientazione presentata.

3) Il QM, turno dopo turno, presenterà situazioni particolari e ostacoli per l'utente e il progetto intrapreso. Tali ostacoli dovranno essere affrontati nel turno successivo dall'utente, che dovrà rapportare il proprio Pg e il progetto ad esso legato coerentemente con la narrazione.

4) Il QM, turno dopo turno, avrà l’ultima parola riguardo la gestione del progetto degli utenti, e descriverà nel suo post il modo in cui le scelte e le soluzioni proposte dall’utente influenzeranno il rapporto fra Ladeca e il progetto stesso.

5) A seconda della qualità dello scritto e della coerenza narrativa, post dopo post i Pg e i loro progetti potranno essere premiati con una "valuta" particolare chiamata Punti Prestigio -da ora in poi abbreviati PP-

6) I PP potranno essere guadagnati o persi, e al termine della quest rappresenteranno l'importanza del progetto presentato nell'ambientazione di Ladeca. Tutti i progetti che riusciranno a sopravvivere fino alla fine della quest avranno un loro spazio in ambientazione e verranno assegnati come "premi" in-gdr all'utente ideatore dello stesso. Per farla breve l’intero –futuro- topic di ambientazione di Ladeca sarà figlio delle vostre creazioni.

7) I PP saranno importanti anche durante il proseguo della quest e non solo al termine, poiché rappresenteranno difatto il “prestigio” che sta guadagnando o perdendo il progetto durante i mesi della sua costruzione. Raggiunti inoltre un determinato e segreto numero di PP si otterranno vantaggi immediati e premi bonus all’interno della giocata.

8) Due o più utenti potranno impegnarsi nella realizzazione del medesimo progetto, instaurando una sorta di collaborazione. Allo stesso modo nessun utente sarà obbligato a portare avanti un proprio progetto ma potrà sia aggregarsi a quello di un altro che rimanerne totalmente in disparte. Infine, un singolo utente potrà portare avanti un numero indefinito di progetti, sia come ideatore che come collaboratore di altri.

8.1) Gli utenti potranno partecipare controllando PnG che potranno comunque presentare progetti e ottenere i relativi PP-

9) Durante ogni turno, in confronto, gli utenti potranno chiedere al QM delucidazioni sulla libertà di azione riguardo il progetto intrapreso e il suo rapporto con l'ambientazione presentata. In tale sede potranno essere "spesi" uno o più PP per avere legittimamente un grande margine di libertà. Tale meccanica sarà chiarita meglio a partire dal secondo turno del QM.

10) Ogni progetto avrà inizialmente 1 PP per utente coinvolto. Progetti portati avanti da più utenti potranno vantare quindi di un numero maggiore di PP.

11) Durante il corso della quest, data la sua natura “ampia” a livello temporale, non si escluderanno iterazioni con l’evento “Corsa all’Oro”, e di conseguenza saranno previste “Meraviglie” come eventuale ricompensa aggiuntiva.
 
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view post Posted on 4/9/2015, 05:08
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Cavalier Fata
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Il cuore del Leviatano ~ La Grande Ferriera.
« Non c'è nulla di più emozionante
del vedere decine di magli che impattano all'unisono
sul rosso incandescente metallo. »

In relazione a Sangue e Oro - Interludio

« Qui potrebbe andare. »
Spaziai con lo sguardo sui terreni poco fuori dalle nuove case di Ladeca. Era una zona piuttosto tranquilla, abbastanza lontana dal centro cittadino e allo stesso tempo facilmente raggiungibile dalle strade. Era il luogo perfetto per edificare.
« Sei sicura? Non è meglio farla più vicino alla città? » Jeanne si grattò la nuca con insistenza, non convinta di quella scelta. « Credo che laggiù ci sia un piccolo torrente, non è molto ma ci basterà per mettere in funzione tre o quattro ferriere. »
La giovinetta scosse la testa, ancora particolarmente confusa.
« Perché vuoi farlo? Non è meglio continuare a combattere nell'esercito che finire a fare l'industriale? Ti ricordo che la maggior parte dei ricchi nobili vorrebbe vederti morta. » sogghignò, quasi quel pensiero le desse piacere, ma in verità si trattava di una semplice reazione adolescenziale davanti al pericolo.
« Oh, lo so bene, Jeanne. » le risposi, poggiandole una mano sulla spalla. « Ma alla colonia serve un nuovo mercato, servono finanziatori e autonomia se vogliamo liberarci dal giogo di Aedh Lancaster... »
Poi, sospirando, sfoderai il migliore dei miei sorrisi.
« ...e ci sono poche cose che possono spaventare i Lancaster quanto una massa di contadini armati di bombarde e palle di cannone. »

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[ . . . ]

Era primo pomeriggio, da poco passato il mezzodì, e nella piazza di Ladeca c'era un fermento che raramente avevo visto dai tempi di Basiledra, anche se la situazione ancora era sotto controllo. Con lo spargersi della voce sulla nuova capitale molti fuggiaschi, esuli e contadini che avevano perduto tutto durante la guerra avevano iniziato un lento processo di urbanizzazione, trasferendosi in sempre più all'interno della città per rifuggire alla miseria e cercar fortuna. Tra essi molti erano maniscalchi, fabbri ferrai, zappatori e spaccapietre che in città trovavano lavoro nell'edilizia ed io, furbescamente, ne avevo fatti rintracciare alcuni dandogli appuntamento al Corvo Parlante. Assieme a loro mi ero premurata di invitare alcuni imprenditori dell'edilizia civile e un rappresentante del governo perché potesse riportare le mie idee ai piani alti. Non avevo ancora ambizioni eccessive, ma se volevo riuscire a far fruttare appieno quell'impresa non potevo tralasciare niente: non si trattava solamente di smaltire i metalli e sostenere la colonia, ma anche di immettere in un'economia devastata dall'instabilità sociale e politica nuovi posti di lavoro, garanzie, sicurezze. Aprire quella ferriera poteva essere un punto di svolta nella vita di molte persone, nella mia in primis, che per una volta non avrei dovuto combattere sul campo di battaglia ma semplicemente fare ciò per cui avevo tanto sostenuto Zeno: far migliorare la vita nel Dortan. Con quasi sei quintali di minerale grezzo in arrivo dall'Ystfalda nel giro di una settimana dovevo convincere quella gente a partire immediatamente con i lavori, mi servivano appalti, manodopera, compratori e una possibilità per inserirmi nel calderone d'oro che era diventata Ladeca.
Quando arrivai alle porte della locanda, prima di trovare il coraggio di spingere le ante ed entrare, impiegai alcuni istanti. Erano già tre giorni che vestivo abiti consoni, anziché l'armatura d'ordinanza, ma non riuscivo in alcuna maniera a sentirmi a mio agio, non dopo aver vestito acciaio per quasi due anni ininterrottamente. Eppure sapevo di dover dimostrare una parvenza di serietà e ricchezza, dovevo ostentare sicurezza... ed il vestito blu turchese ornato di balze e pizzi di Ryellia, che tra l'altro non riuscivo a vestire all'altezza dei seni, mi sarebbe venuto probabilmente incontro. Dopo un lungo respiro varcai la soglia.
Il posto non era certamente dei migliori, qualitativamente parlando, ma gli uomini a cui avevo dato appuntamento c'erano tutti, nessuno escluso, quindi mi feci coraggio raggiungendoli e salutandoli con un gentile cenno della testa. La metà di loro fu così rozza da ignorare anche le più basilari norme dell'educazione rivolgendosi a me con gli occhi concentrati all'altezza del décolleté, ma li richiamai subito all'ordine schioccando le dita.

« Sapete tutti chi sono e perché siete qui. » non indugiai troppo nel discorso, se avessi usato paroloni incomprensibili o strani giri di parole si sarebbero persi a metà discorso. « Questo... » frugai rapidamente nella mia borsa estraendone un piccolo frammento ferroso in modo da mostrarlo a tutti. « ...è ferro grezzo. Estratto dalle miniere dell'Ystfalda. Qualitativamente è perfetto, in quelle montagne non ci ha mai scavato nessuno, sono le prime miniere da millenni, tenete, guardate voi stessi. »

Uno dei fabbri lo prese tra le mani, rigirandoselo sulle dita con fare esperto. In verità non avevo idea se qualcuno avesse già scavato in quei luoghi, per quanto l'odio degli Anahmid mi facesse fortemente dubitare che qualcun'altro fosse stato così stupido da tentare la sorte. In ogni caso si trattava di una piccola bugia a fin di bene. Ogni istante avevo il maledetto terrore che qualcuno uscisse alzando il dito e dicendo che non era puro, che era solo una pietra sporca o qualcosa del genere, ma non successe niente di disdicevole. All'esterno mi sforzai di mantenere un'espressione neutra, ma sentivo il sudore freddo condensarsi lungo la schiena ad ogni sguardo indagatore, ad ogni silenzio e cambio di mano del minerale. No, non poteva succedere e non sarebbe successo. Dovevo concentrarmi su altre cose, non ne sapevo niente di metalli e non era necessario che imparassi per salvarmi dalla bancarotta. Dovevo solo usare bene la sete di ricchezza di quegli uomini.

L'ultimo mi porse nuovamente la roccia e prontamente la feci sparire al sicuro da dove l'avevo tirata fuori.
« Oggi Basile- » abbassai lo sguardo, conscia dell'errore. « Ladeca. Oggi Ladeca sta vivendo un momento di crescita importante. Avete visto i nuovi quartieri, alcuni di voi ci lavorano, ma il pericolo che i ricchi e potenti nullifichino il vantaggio di questa città del popolo è sempre dietro l'angolo. »
Ed eccola lì, quella stessa sensazione che mi aveva spinta a voltare le spalle ai Pari. Si nascondeva sotto la mia pelle, illudendomi quasi ogni volta di essere una nobile, di essere una signorina di classe, quando oramai di nobile mi era rimasto solo il titolo. Ma non potevo negare a me stessa di avere a cuore una via differente, forse non radicale come alcuni avrebbero voluto, ma ben lontana dal fare l'interesse della classe a cui appartenevo.
« Sarò schietta: voglio prendere il toro per le corna. Ho quantità esorbitanti di materiale non lavorato che sta arrivando dal nord, tutto di proprietà esclusiva, niente costi addizionali. Carbone, ferro, possiamo produrre acciaio e ghisa per ogni genere di lavorazione. »
Indicai il rappresentante dell'Edraleo, che in realtà era una specie di emissario mandato lì quasi per gioco, visto che doveva avere, ad occhio e croce, non più di vent'anni; non mi soffermai su quello, doveva passare un messaggio forte e chiaro.
« Posso garantirvi metalli ad un prezzo concorrenziale: armi, armature, sistemi meccanici, con la giusta esperienza possiamo produrre qualsiasi cosa. Con il giusto finanziamento oggi sarà possibile far partire la produzione da qui a pochi giorni! »
Poi, con un gesto più ampio della mano, mi rivolsi a tutti quanti.
« Abbiamo l'esperienza di alcuni dei migliori fabbri e forgiatori del paese, un prodotto di base eccellente e il denaro per avviare l'impresa. E tutto quanto nelle tasche, nelle braccia e nei cuori di chi è seduto in questo locale. »
Con l'indice della mancina picchiettai due volte sul sudicio legno del tavolo.
Tutti iniziarono a mormorare, alcuni convinti, altri titubanti, un paio scossero la testa decisamente restii a mettere nelle mie mani una qualsiasi delle loro competenze. E come avrei potuto dargli torto, visto che stavano sentendo una ragazzina parlare di aprire una ferriera? Mai, come in quel preciso momento, avrei voluto essere un uomo alto due metri in grado di incutere paura col solo sguardo. Sospirando, incalzai il discorso.
« Ascoltatemi molto attentamente. Se non lo facciamo noi lo faranno i Lancaster... e si, so bene cosa state per dire: "ma tu sei una di loro", "tu vivi a Terra Grigia"... » il tutto comprendeva anche, mio malgrado, una sgradevole vocina stridula.
« Sono fesserie, e lo sapete benissimo. Se Aedh apre la ferriera, e fidatevi lo farà al posto mio, non solo non vedrete il becco d'un quattrino, ma potrete scordarvi condizioni di lavoro eque e guadagni corretti. Io vi offro la possibilità concreta di forgiare letteralmente il vostro futuro. »
Li guardai uno alla volta negli occhi, cercando di capire cosa nascondessero i loro cuori, ma compresi solo che volevano una garanzia che non sarei mai stata in grado di fornirgli. Si sarebbero dovuti fidare di una ragazzina dentro un abito turchese che parlava di economia.
« Mi sto giocando tutto qui, tutti i miei averi e la mia reputazione. Le persone che lavorano alle miniere hanno bisogno di questa ferriera, sono lavoratori come voi santiddio, non potete lasciarli in balia degli uomini che hanno portato il nostro regno alla rovi- »
« Ma cosa ne vuoi sapere di queste cose?! » a interrompermi, sbottando, fu uno dei vecchi fabbri. Aveva una folta barba nera e piccoli occhi castani, testa completamente glabra e timbro di voce marcatamente sprezzante. « Con quella pelle candida vuoi venirmi a dire che lavori come noi? Solo perché ti sei schierata dalla nostra parte non significa che tu faccia il nostro interesse... »

Lentamente, con la mano destra, arrotolai la manica sinistra sin sopra al gomito, scoprendo l'avambraccio dalla morbida stoffa. Al di sotto, partendo dal polso in giù, la carne lattea era tempestata di cicatrici, tagli, abrasioni. In alcuni punti erano ancora ben visibili le ustioni che mi ero provocata per uccidere Daved a Basiledra. Era uno spettacolo affatto piacevole anche per me, tanto che evitai accuratamente di osservarelo, al contrario degli astanti che rimasero, invece, ammutoliti. Lo stesso fabbro, prima tanto arrogante, a quella vista mi guardò in una maniera così pietosa da farmi supporre che, potendo, si sarebbe mangiato la lingua da solo.

« Ora che abbiamo chiarito che sono tutto fuorché un bel visino e basta... » iniziai a concludere il discorso, mentre riportavo il tessuto a coprire quegli sfregi. « ...siete tutti d'accordo? Ho persino trovato il posto adatto: fonte d'acqua e spazio in abbondanza. »
Alcuni si guardarono meditabondi, ma sperai di averli convinti.
Uno dei mercanti, per concludere, fece una giusta osservazione. « Mia signora, va bene tutto, possiamo riuscirci ma... lei non ha l'esperienza per gestire la ferriera. Nessuno ne ha mai gestita una qui. »
Sorrisi, forse in maniera leggermente inquietante specialmente alla poca luce del locale, ma solamente perché sapevo già che qualcuno avrebbe posto il problema... e avevo portato con me la soluzione.

Le porte del locale si aprirono rivelando la sagoma di un uomo ben noto agli abitanti della vecchia capitale. Con un discreto ritardo, che si era trasformato in un brillante tempismo, era arrivato.
Alzandomi lo indicai ai presenti.
« Signori vi presento il vostro capo ferriere... »

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« ...Mastro Lenigrast. »

Sarebbe stato un gran bel futuro, per tutti noi.



Questo è il mio primo progetto. Come penso si capisca è un progetto che affonda le radici in giocate precedenti e ho voluto sfruttare la cosa per aggiungere un notevole spessore di background all'idea, cercando di far qualcosa di attinente all'ambientazione sfruttando elementi preesistenti. Ho lasciato volutamente il finale e le reazioni degli uomini vaghe, in quanto sarà un qualcosa che giocherò dopo il post del Qm, in modo da sapere quanto efficace sia stata Azzurra. Per il resto non voglio annoiarvi ulteriormente. Tra l'altro ho voluto dare anche un nuovo ruolo a Lenigrast... dopo la mia scena aperta ad inizio Arcana era un poco sparito... ma rieccolo in grande spolvero! Non si butta via niente dei fabbri del dortan.
PS: questo è uno di tre progetti, ho voluto spezzare i post perchè già questo, da solo, era ciclopico e non volevo far un papiro di sedici miglia illeggibile.
PSS: LENIGRAST UBERPOWER.
 
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view post Posted on 4/9/2015, 13:44
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Erano in quel maledetto deserto da ormai mesi.
Olafur continuava a ripetere al gruppo che si erano persi. Non aveva alcun dubbio, il piccolo elfo, per niente abituato a climi come quelli. Aveva passato la sua intera vita rintanato nelle montagne del nord, tra il gelo e le bestie delle montagne. Non era mai uscito dal suo nido fino al giorno in cui aveva incontrato la sua nuova famiglia. Lo avevano accolto senza fare troppe domande; non avevano sollevato alcun problema, nonostante la sua razza e la sua storia. Aveva dovuto solo esprimere la sua volontà di appartenere allo Scorpione e tale volontà si era trasformata in un continuo pellegrinaggio assieme a personalità che da sempre aveva ritenuto meravigliose. I primi giorni quasi li considerava come degli dei. Si sentiva indegno di restare al loro fianco e questo lo portava a isolarsi più del necessario. Con il tempo, però, aveva imparato ad apprezzarsi e a ritenersi parte fondamentale di quella compagnia, sopraelevandosi e considerandosi loro pari.
Si fermò di scatto, portando la mano alla fronte sudata.

« Oh, ammettiamolo!
Ci siamo persi, lo sapete fin troppo bene.
» gettò con violenza il bastone di cedro sulla sabbia rovente. « Lo sapevo, io, che avremmo dovuto chiedere informazioni. Ora ci troviamo qui, nel mezzo del nulla, senza cibo e senza acqua. Moriremo, ragazzi, ve lo dico io.
Moriremo e diventeremo cibo per gli avvoltoi.
»
Si lasciò cadere a sua volta sulla sabbia, lasciando che la stessa ricoprisse quasi tutto il suo corpo.
« Alzati, Olafur. » Arnalds sbuffò. Aveva sentito quelle parole fin troppe volte, in quei giorni. « Siamo quasi arrivati. »
La ragazza dai capelli color cenere calciò il corpo stanco dell'elfo.
« Non ho intenzione di perdere tempo con te, scansafatiche! Se non ti sbrighi ti lasciamo qui a marcire. »
Più volte Olafur aveva pensato a quanto fosse buffo che un gruppo che si autodefiniva Scorpione trovasse così tanta difficoltà ad orientarsi nel deserto. E più volte Dooku aveva ricordato lui di non potersi concedere delle pause per pensare a questo o a quell'altro problema. I lividi sembravano dei promemoria abbastanza validi.
« Forza, Olafur. Ti prometto che quando arriviamo ti cucino quel piatto con il montone che ti piace tanto! »
Olafur si alzò immediatamente. I piatti di Novodane lo mettevano sempre di buon umore. E poi erano così buoni che avrebbe sopportato qualche altro giorno nel deserto pur di poterlo mangiare.
Arnalds si mosse veloce sopra una duna, mirando l'orizzonte per qualche secondo. Cleira e Losegh lo seguirono, silenziosi come al solito.
« Eccola. » sussurrò appena, richiamando l'attenzione dell'intero gruppo. « La nostra nuova casa. »
Capirono tutti a cosa si riferiva.
In lontananza, Ladeca già mostrava i primi segni del suo rimodernamento.

« Il tempo è giunto. »


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Tranne Olafur, che era stato costretto a letto da una forte febbre, tutti si erano dati da fare affinché il progetto dello Scorpione prendesse vita.

Dooku si era preoccupata di contattare i mercenari più famosi della città, per convincerli a partecipare alla grande sfida di inaugurazione del Nido. Per alcuni era bastata la promessa di una gloria che avrebbe innalzato il loro nome all'interno dell'intera città, mentre per altri era dovuta ricorrere a metodi meno tradizionali e promesse ben meno ortodosse. I primi guerrieri avrebbero fatto risplendere il nome del Nido.

Novodane aveva ottenuto un discreto successo tra il popolo; si era inoltrato nei quartieri più malfamati e ne aveva sfamato gli abitanti con la sua ottima cucina. Il risultato era stato che l'enorme orco era stato acclamato come una sorta di salvatore e il basso popolo lo avrebbe seguito ovunque, pur di ripagare i loro debiti. Quelli sarebbero stati i primi spettatori e la parte di popolo che avrebbe appoggiato l'idea del Nido. Sapevano fin troppo bene che l'approvazione del popolo era importante, in un progetto del genere.

Arnalds e Cleira si erano preoccupati di ingraziarsi la nobiltà. Avevano discusso per diverse ore con una delegazione di Pari e la stessa si era mostrata oltremodo favorevole alla costruzione di un'arena, che avrebbe permesso loro di intrattenersi in maniera più che dignitosa. Arnalds si era mostrato molto disponibile nell'offrire loro vantaggi di prima categoria e gli stessi in cambio avrebbero offerto allo Scorpione parte del denaro che mancava per la costruzione del loro Nido. I nobili avrebbero rappresentato gli investitori principali del progetto, oltre che parte degli spettatori più assidui e con più influenza all'interno della città.

Losegh, invece, si era preoccupato del progetto architettonico e delle misure di sicurezza affinché il Nido fosse effettivamente un luogo sicuro, impossibile da penetrare da forze esterne. Aveva contattato i migliori costruttori del regno affinché potessero realizzare insieme a lui il progetto dello Scorpione; un'arena a imbuto circondata da due anelli di marmo che chiudevano in un'enorme cappella adornata dai migliori artisti locali che avevano accettato di lavorare senza alcun compenso, purché il loro nome fosse stato pubblicizzato all'interno del progetto. Il vecchio nano si era occupato anche di tutti i permessi e dello studio delle norme del regno di Julien. Aveva messo in regola il loro Nido.

« Costruiremo un'arena abbastanza grande da poter ospitare l'intera popolazione di Ladeca.
Sarà sede di grandi eventi, il sovrano potrà utilizzarla come preferisce. Principalmente, però, il Nido dello Scorpione darà vita a battaglie entusiasmanti e duelli all'ultimo sangue.
Sarà l'arena ufficiale della Capitale, se lo vorrete.
Un luogo adatto a chi vuole assistere a un interessante spettacolo e a chi vuole esserne il protagonista. Una recita che avvicina vita e morte e crea da essi una sola entità.
La battaglia.

Un'arena da battaglia.
Questo è il progetto dello
Scorpione.
»


Nulla da segnalare; utilizzerò un gruppo di PnG chiamato Scorpione.
Il progetto è, come detto, quello di un'arena da battaglia.
 
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miky1992
view post Posted on 4/9/2015, 14:35




Maledizione Bonus
Il demone e la bambina.



La musica era appena cessata segnando la fine del primo spettacolo.
Il pubblico sembrava eccitato, anche se da dietro il telo rosso Stig poteva sentire solo l'eco degli applausi. Le mani tremavano, provò a calmarsi ma non ci riuscì. Merda, ho davvero paura di questo? Fissò le mani scagliose strette a pugno, presto tutti lo avrebbero visto per ciò che era e la cosa lo innervosiva. Fu una sonora pacca sulle spalle, a riportarlo alla realtà.
- Dai rilassati andrai bene. Disse Elisa, squadrandolo dalla testa ai piedi. - Tu hai... il fisico per questo ruolo, andrai alla grande.
Tanto tempo fa... in un reame lontano, viveva una giovane principessa dal cuore puro e amata dai suoi genitori e dal suo popolo. La giovane principessa era felice.
Ma la felicità non dura.
Un giorno un potente demone si accorse della ragazza.

Il segnale. Stig indossò la maschera bianca e sbucò dal passaggio segreto dietro le quinte. Diede un occhiata ai presenti: i bambini si accalcavano ai bordi del palco, lo fissavano intimoriti. Ma la preda sedeva in uno spalto di legno sopraelevato, circondato da servitori e con in mano una coppa di vino. Lord Howard, aveva un debole per le opere teatrali e le voci della città affermavano possedesse più soldi del Re. Se la commedia fosse stata di suo gradimento, molti problemi economici sarebbero stati superati.
Il vento gelido della sera accarezzò la pelle squamata di Stig. L'unico abito che indossava era un pantaloncino bianco e strappato, oltre alla maschera da demone che gli copriva metà volto.
La scena rappresentava la piccola principessa nel giardino del palazzo reale (dipinto sullo sfondo), intenta a curare un vaso di rose. Jane la figlia bastarda di Elisa, indossava un completo bianco e un fiori infilato tra i ricci biondi. Era così naturale in quel ruolo, i movimenti aggraziati e fluidi... anche la dolce musica dei flauti si sposava bene con la scena.
Stig sorrise, un sorriso malvagio, metti in mostra le zanne. Così avevano detto. Stig si sforzò di essere convincente, ma era certo di essere risultato solo ridicolo. - Una principessa così carina... ne nasce una ogni millennio. Disse Stig, sforzandosi di assumere un tono da vero malvagio. - Guarda com'è felice, bisogna tormentarla!
Agli insulti urlati dai bambini, Stig si convinse di essere più bravo del previsto.
Concluse la sua breve scena con una seconda risata, svanendo poi dietro le quinte.

teatro-1


- Sei stato grande, i bambini ti adorano. Disse Elisa. La donna (vestita da serva, con una tunica marrone e logora, i lunghi capelli biondi sporcati con della fuliggine) aveva un grosso sorriso stampato in volto e abbracciò Stig. - Te l'ho detto, tu hai la faccia per questi ruoli.
Stig fece il muso e sbuffò. - Bel complimento.
La donna scoppiò a ridere. - Non disdegnare un talento, c'è chi pagherebbe per avere quello che hai tu e potersi permettere di avere lo stomaco pieno.
- Vero.
La donna gli schioccò un bacio sulla guancia. - Non ci sei fino al terzo atto, riposati, ripassa la parte e cerca di entrare nel personaggio.
Stig annuì poco convinto.
E così... il malvagio demone possedette il fratello del re, un uomo avido di potere e dall'animo corruttibile. Si avvicinò alla principessa, sempre di più. Le tolse i genitori, giorno dopo giorno allungò i suoi artigli sulla principessa. E alla fine la rinchiuse nella torre del castello. La principessa rimase per dieci anni in trappola, mentre il demone attendeva che raggiungesse l'età giusta per poterla divorare.

Mancavano dieci giorni al fatidico momento.

Come da usanza, i preparativi per la festa del sedicesimo compleanno della principessa procedevano veloci. Il demone si era assicurato che nessun pretendente raggiungesse vivo il castello, disseminando trabocchetti lungo il tragitto. Eppure accadde qualcosa che non aveva previsto: il principe di un regno lontano era venuto

- E bla bla bla, il principe azzurro ammazza il demone e vissero tutti felici e contenti. Disse Stig, mimando con la mano una bocca.
- Esatto, allora vai a farti ammazzare. Disse Elisa.
Accompagnato da una nuvola di fumo Stig entrò nel palco. - Maledetto! Mi hai portato via il mio premio! Disse, puntando l'indice contro il principe. Si, sono ridicolo.
Alek ( il principe) allungò la mano a protezione della principessa inginocchiata al suo fianco. - Ti salverò io da questo mostro!
- Non credo proprio. Disse Stig e sferzò l'aria con gli artigli davanti al volto del principe che bloccò il colpo con la lama della spada. - Voi demoni siete creature inutili, orribili! Disse, balzò indietro e puntò la spada contro Stig. - Hai spezzato il cuore della principessa, non ti perdonerò mai!
E questa era la scena finale, in cui io, il brutto e cattivo mostro venivo trafitto dalla spada del principe e sparivo (in una botola) avvolto in una nuvola di fumo.
Al termine salimmo tutti sul palco a ricevere gli applausi del pubblico e naturalmente le offerte.

Jeremia, scrittore e capo della compagnia aveva un espressione trionfante: - Abbiamo fatto più soldi oggi che in tutto il resto dell'anno!
Irina (la principessa adulta) si stava struccando il volto. - Si ma, Howard cosa ne pensa?
Jeremia gonfiò il petto e sorrise: - Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla vostra commedia. Lo disse imitando la voce pomposa del futuro anfitrione.
- Bene allora si beve! Esclamò Alek, versando un bicchiere di vino ai presenti.

Parte I



Stig quella mattina arrancava per le vie di Ladeca, massaggiandosi le tempie e tenendo gli occhi socchiusi per colpa della luce. Anche il solo mettere a fuoco la strada era una tortura, lo stomaco gli si rivoltava a ogni passo e bruciava. La testa gli doleva, era come se qualcuno si stesse divertendo a prendergliela a martellate, mentre un degno compare gli urlava nelle orecchie, ogni volta che qualcuno gli passava accanto senza curarsi di abbassare il tono di voce. Non c'è rispetto per chi soffre di postumi di una sbornia, che inciviltà.
La città brulicava di vita, ovunque Stig poteva vedere cantieri e naturalmente non mancavano gli avventurieri e i disperati pronti a cercar fortuna. Questa concentrazione di mano d'opera era perfetta, trovare bravi uomini volenterosi per avviare il progetto fu semplice. Al solo pensare a come era finito a far da balia a una compagnia di artisti, gli veniva da ridere. Per scroccare un passaggio si era dovuto prestare agli spettacolini della compagnia, di villaggio in villaggio guadagnavano quel tanto che bastava per proseguire il viaggio. Il primo spettacolo fu un disastro: - Sembri una marionetta con le giunture rotte, cerca di muoverti più fluido, più rilassato! Aveva detto Elisa. Ma poi era migliorato e aveva scoperto che recitare poteva essere divertente.
Quindi si era lanciato anima e corpo nell'impresa, per aiutare la compagnia a ottenere un accademia e soprattutto un teatro dove esibirsi. Aveva passato giorni a parlare con muratori, maniscalchi, architetti e mastri carpentieri. Alcuni erano organizzati in compagnie, assoldane una e sei a posto e così fece Stig. Alla fine dopo aver trovato i più volenterosi (ed economici) si mise d'accordo con il loro rappresentante per vedersi al Canto della Sirena e mettere a punto i dettagli dell'incarico. Il piano era semplice: l'accademia sarebbe sorta nel cuore di Ladeca, Jeremia si era già premurato di acquistare un grosso edificio da ristrutturare. Il teatro invece sarebbe sorto da zero, la compagnia aveva già adocchiato alcuni appezzamenti di terreno libero adatti allo scopo.
Aprire l'accademia era fondamentale per attirare nuovi artisti e soprattutto nuovi investitori. Il denaro di Howard, aveva calcolato Jeremia, sarebbe bastato nel migliore dei casi per completare l'accademia. Allora avremmo potuto richiedere fondi al governo di Ladeca e ancora meglio fare leva sulla vanità della classe alta della città. - Faranno a pugni per darci del denaro. Aveva detto. Sarà, io ho i miei dubbi.
Varcò la soglia del locale e si diresse verso l'uomo nerboruto seduto in disparte.
- Bene, veniamo subito al punto. Disse Stig, assicurandosi di avere l'attenzione dell'uomo. - Abbiamo acquistato l'edificio, vogliamo che la vostra compagnia lo rimetta a nuovo, dovranno esserci dormitori, cucine, aule e tutto il necessario per avviare l'accademia. Vorremmo parlare con il vostro architetto riguardo al possibile progetto. Stiamo prendendo accordi anche con l'arredatore e vorremmo concludere l'accademia entro massimo due mesi.
L'uomo annuì e si grattò il mento con fare pensieroso. - Serviranno materiali, per la manodopera mi toccherà assumere almeno altri venti operai, ingegneri... normalmente ce la saremmo cavata da soli, ma due mesi sono pochi. Se volete un lavoro ben fatto ci servono altre mani.
Stig rimase impassibile, aveva previsto un risvolto del genere. I tempi in effetti erano scarsi, ma dovevano raccogliere artisti e fondi il più presto possibile per il teatro e senza accademia le prospettive erano scarse. - Potete trovare in fretta questi operai extra?
L'uomo snudò i denti gialli in un sorriso. - Certamente! Se c'è abbondanza di qualcosa in questo periodo è la manodopera. Certo, nessuno lavora gratis. Disse e strofinò il pollice contro indice e medio.
- Di sicuro non ve lo avrei chiesto. Disse e lasciò cadere sul tavolo un paio di monete d'oro. - Abbiamo chi ci finanzia e gli spettacoli rendono bene. Fate un buon lavoro e vi garantisco il salario per i tre mesi e la prospettiva di poter lavorare a un progetto molto più grande. In realtà non era certo di nulla, ma meglio non farlo sapere anche agli operai, perché turbare il loro animo con simili quisquilie?
L'uomo tirò a se le monete e annuì. - Bene, farò incetta di materiale e dirò ai miei uomini di avviare il cantiere. Il nostro architetto a già buttato giù un paio di bozze, appena possibile le mostrerà al tuo capo.
- Perfetto! Esclamò Stig e concluse l'affare con una vigorosa stretta di mano.
 
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view post Posted on 4/9/2015, 20:21
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La Voce del Regno
Anything you can lose,
I can lose better


Erano già tutti seduti attorno alla lunga tavola al palazzo di Ardeal quando anche lei si unì a loro. Giunse tenendo la propria bambola tra le braccia, sena essere accompagnata, senza mostrare segni di incertezza o debolezza, gli occhi ciechi spalancati su di loro. In silenzio, raccolse con una mano l’ampia gonna a balze cremisi e si accomodò a fianco del proprio lord.
Gabriel li fissava in silenzio, con un sorriso sarcastico sulle labbra. Lei non li degnò di una parola, fissando con insistenza il piatto di fronte a sé, il viso privo di qualsiasi emozione. Si chiedeva perché avessero richiesto di cenare insieme, perché non una semplice udienza. Perché avessero domandato la sua presenza.
Dopo il miserabile fallimento dei Pari nella lotta al potere aveva cercato di scomparire tra le viscere del Consiglio, di farsi notare il meno possibile mentre covava la propria rivincita. Non avrebbero nemmeno dovuto ricordare il suo nome.


I miei cuochi hanno fatto del proprio meglio”.


Il conte sorseggiava quello che pareva vino dal proprio bicchiere, riversando su di loro la propria ironia. Alzò il capo, le labbra chiuse in una linea severa quanto la crocchia candida che portava sulla nuca. La bambola ruotò la testa con uno scatto graffiante e i suoi occhi vitrei cercarono risposte.
Li conosceva entrambi, nonostante loro di lei sapessero poco o nulla. Anche in quel momento, fissandola, probabilmente appariva loro poco più che una pagina bianca. Gabriel aveva intrecciato personalmente piccoli garofani tra i suoi capelli quello, pensò con irritazione, era l'unico indizio che dava loro. Quel piccolo gesto parlava di lei fin troppo, mentre lei avrebbe voluto apparire come un muro di marmo, impenetrabile, senza crepe da rivelare.
Mentre si portava distrattamente una forchettata di carne alle labbra, lasciò che la bambola fissasse il Campione dei Pari. Erein il superbo, Erein lo sfacciato, il commerciante di spezie e il millantatore di vittorie. L’unica cosa veramente interessante di lui era il fatto che si proclamasse re di una terra nel nord, probabilmente una stupida pozzanghera gelida grande quanto una pisciata di cane. Il suo orgoglio era così smisurato che non sarebbe bastato Ardeal a contenerlo.
Stava raccontando dei nuovi progetti di re Julien, delle possibilità che avrebbero potuto aprire loro. Lo ascoltò con un orecchio, mentre con la coda degli occhi di vetro studiava le reazioni di Lady Azzurra.
Lei, al contrario, restava un mistero per l’Oracolo. Una guerriera che si era affiancata alla signora dei draghi nonostante perseguisse una causa del tutto diversa. Apparentemente ingenua e guidata dal solo senso dell’onore, eppure abbastanza astuta da saltare in tempo sul carro del vincitore. Abbastanza temeraria da invitarsi nella casa della lupa affamata. Si concesse un’espressione compiaciuta. Sarebbe stato interessante scoprire per quale motivo fosse lì.


…una fonte di guadagno per tutti. Una simile risorsa è indispensabile per un regno nascente”.
Gabriel annuiva con un sorriso di cortesia sul volto. Si accorse di aver perso il punto fondamentale della discussione. Annaspò, cercando di ricordare cosa avesse udito in precedenza.
Quindi voi avreste intenzione di realizzare un’ambasciata in questa cittadina…
Ladeca”.


I due annuirono e lei sospirò di sollievo. Un’ambasciata. Aggrottò la fronte per un istante, tornando a guardare il cibo che restava nel piatto. Un regno come quello del nuovo sovrano non aveva alcun bisogno di ambasciatori per il semplice fatto che non vi sarebbero stati luoghi in cui collocarli. Quale nobile avrebbe mai voluto un’ambasciata in un territorio che non gli apparteneva più? Quale terra confinante avrebbe riconosciuto la sovranità di un ragazzino investito da un predicatore mascherato da quattro soldi?
Le pareva un’idea talmente folle da farle rizzare i capelli sulla nuca. Stava per dirlo, aveva già le labbra socchiuse, quando un altro pensiero le scivolò nella mente. Strisciò tra le orecchie come un sussurro, morbido e vellutato. Ne poteva quasi sentire il sapore.


Un’ambasciata è un progetto ambizioso”.


La voce di Gabriel proveniva da un punto lontano e indistinto rispetto alla sua mente, dove i pensieri si stavano accavallando uno sull’altro. Spalancò gli occhi, mentre comprendeva le potenzialità di ciò che stava avvenendo in quella sala da pranzo.
Poggiò di scatto una mano sottile sopra quella del suo Lord.


Molto. Ma trovo che sia ciò di cui i Pari hanno bisogno in questo momento”.


Sapeva che Gabriel avrebbe replicato. Chiunque con del buon senso lo avrebbe fatto, magari illustrando per immagini di che cosa i pari avessero bisogno in quel preciso momento. Eppure lei esercitò una delicata stretta sul suo polso. Il suo volto si indurì nuovamente, forzando un sorriso cordiale, coinvolto.
Il sorriso di una giovane donna totalmente estasiata dalla proposta.


Mi trovate totalmente d’accordo, miei signori”.
L’emozione non si comunicò agli occhi, immobili come quelli di un serpente che abbia puntato la presa.
Sono pronta ad investire una consistente parte delle mie sostanze in questo progetto”.
Inclinò il capo in avanti, sollevando le sopracciglia con fare conciliante.
Dopo tutto cosa è del vile denaro rispetto alla grandezza di un regno?


Represse a stento una risata di fronte a quella scena totalmente surreale.



_______________


Le mani cieche
Maybe I'll be myself
when I'm somebody else


Ladeca, Qualche sera dopo

L’uomo sedeva nell’elegante taverna, sprofondato in una poltrona. Due fanciulle erano sedute ai suoi lati, e una gli poggiava voluttuosamente la testa sulla spalla. I loro abiti erano ricchi, ma abbastanza succinti per far comprendere a quale delle molte famiglie di Ladeca appartenessero.
L’uomo levava il calice in alto e altri, attorno a lui, lo imitavano. Le fanciulle andavano e venivano, servendo insieme all’oste e ai camerieri sempre nuovo vino. Era una gran serata, quella, sia per la locanda che per gli invitati al piccolo festino improvvisato.
Rimase a guardarli per qualche istante, in piedi sulla porta. Non l’avrebbero notata subito: il suo abito blu aveva linee troppo castigate e sobrie per rivaleggiare con quello delle altre invitate e i capelli candidi raccolti in una treccia le consentivano di passare inosservata. Indossava un capello dall’ampia falda, con un velo di pizzo che nascondeva il biancore degli occhi agli osservatori più curiosi. Non aveva fretta, anzi provava un sottile piacere nell’osservarli festeggiare. Come una leonessa a caccia osservava le proprie prede.
Il loro sangue ribolliva impaziente, mentre inneggiavano alla rinascita del regno, di Ladeca e ai futuri commerci. Poggiò la schiena contro la parete, assaporando il contrasto tra il calore dell’interno e il legno fresco.
Fu proprio l’uomo a notarla per primo. Nonostante fosse l’organizzatore dei festeggiamenti e il finanziatore di tutto quel ben di dio, era abbastanza furbo da mantenere l’attenzione. La guardò prima di sfuggita per poi ritornare su di lei, come se d’improvviso fosse stato raggiunto dalla consapevolezza.


Ma guardate chi ci fa visita!
Proruppe in una risata calda. Un’altra donna, immaginò, avrebbe potuto definirla affascinante.
Lady Ainwen in persona! Unitevi a noi, signora, c’è vino in abbondanza”.


Inclinò il capo di lato, concedendogli un lieve sorriso. Si sarebbe uccisa piuttosto che fare un passo in più in mezzo a quella marmaglia di arrivisti e faciloni. Ora che aveva tutti i loro sguardi puntati addosso si sentiva incredibilmente a disagio e dovette sforzarsi per parlargli in tono calmo.


Temo di non essere…adatta a questo tipo di feste, Conte Piccardo. Ma se non vi dispiace vorrei interloquire in privato con voi. Sempre che riusciate a liberarvi prima di notte”.


La bambola rivolse un’occhiata alle due donne al fianco del Conte. Avevano gli occhi lucidi e presto si sarebbero concesse entrambe a lui. Dubitava avrebbe trovato del tempo per parlare con lei. sospirò.


Quale ospite sarebbe più adatta della fanciulla che trascorre le proprie giornate e le proprie notti ospite di un nobile con cui non ha legami di sangue? Non siate timida!


Strinse la mascella e per un attimo temette che lui avrebbe notato tutto il disprezzo sul suo volto. Ma fortunatamente gli occhi erano nascosti e riuscì a convertire la rabbia un sorriso gelido.


Il genere di affari di cui vorrei discutere con voi è più…riservato. Immagino che nemmeno voi riuscireste a tappare entrambe le orecchie delle vostre ospiti mentre parliamo”.


I suoi denti candidi scintillarono in una smorfia sarcastica. Lui rise, applaudendo forte e stemperando la tensione che aveva raggelato gli invitati. Si alzò in piedi, facendosi largo tra la folla e prendendola sotto braccio. Rabbrividì mentre lui la conduceva fuori dalla locanda.
La strada era quasi deserta: gli operai si erano ritirati per riposare e i più fortunati festeggiavano all’interno dei locali. Da qualche parte era stato acceso un grande falò, ma le voci giungevano distanti. La mano di lui sopra la stoffa era calda e la sua presa salda. Forse non aveva bevuto quanto si era immaginata.
La fissò negli occhi con cui non poteva vederlo e lei, di rimando, punto il volto della bambola in direzione del suo sguardo divertito. Pareva interessato a quanto aveva da dire. Cercò invano di prendere le distanze dal suo corpo. Odorava di sigari, di alcool e di altre fragranze di cui non voleva conoscere l’origine.


Raccontatemi dunque”.
Il suo alito era pesante, eppure doveva essersi profumato la barba con qualche fragranza esotica.
Forse il Conte Voltura è troppo impegnato per voi ultimamente?


Era rigida sotto le sue dita. Gli rivolse un sorriso forzato. Desiderava che lui le stesse ad una distanza adeguata, in modo da poterlo convincere e studiare con calma. Invece lui sollevò il velo che le proteggeva gli occhi e lei arrossì violentemente. Si schiarì la gola.


Molte cose stanno cambiando a Ladeca. Molti…nuovi progetti”.
Sentiva il fiato di lui contro la guancia. Fece mezzo passo indietro, senza riuscire ad ottenere sollievo. Lui annuì. Qualcuno passò davanti a loro, prorompendo in una risatina.
Personalmente io e il Conte Voltura ne abbiamo appoggiati alcuni. Ma uno mi starebbe particolarmente a cuore”.


Cercava di parlare senza rivolgersi verso di lui, lasciando che fosse la bambola a guardarlo mentre il suo rossore aumentava. Gli occhi di lui scintillavano, forse per l’interesse o forse per il divertimento. Tacque, dandole il tempo di proseguire.


“I Pari siederanno nel nuovo Parlamento. Saranno gli uomini che ho avuto modo di conoscere in questi mesi, gli insetti striscianti i cui nomi mi pare di poter recitare a memoria. Saranno sciocchi. Ingenui”.
La sua voce si fece più gelida, perentoria.
Inadeguati”.
Lui non parlò. Odiava quel silenzio, odiava non capire cosa stesse pensando, essere costretta a stargli a contatto senza che lui avesse la minima reazione.
Verrà edificata un’ambasciata. Un centro di potere. Al suo interno i Pari passeranno come dignitari, politici, rappresentanti. Potrebbero essere della risma degli uomini seduti in Parlamento”.
Socchiuse gli occhi.
O potrebbero essere uomini diversi. Coordinati, controllabili, disposti a muoversi insieme discretamente per un fine comune”.
Luciano Piccardo sorrise.
Il vostro fine”.
Lei rabbrividì di nuovo, ma si era spinta troppo avanti per potersi fermare.
Il nostro fine. Sarebbe folle ed egoista ambire ad un potere così grande senza essere disposti a dividerlo”.


Negli occhi di lui qualcosa era cambiato. Si erano fatti più freddi, più determinati. Erano gli occhi del signore dei mari, del commerciante che cercava di smascherare il punto debole del proprio interlocutore. Ma lei aveva preparato quel discorso con cura, appositamente per lui. Perché lui potesse sentirsi al sicuro tra quelle parole come un falco nel nido.
Forse, al momento opportuno, lo avrebbe preso per la gola. Ma per il momento aveva bisogno di lui.


Perché questa proposta? Qual è il vostro fine, Ainwen l’Oracolo?
Con una mano le ruotò il viso. Inutilmente, visto che non c’era più nulla negli occhi di lei. Non cercò di divincolarsi, ma gli rivolse un sorriso sarcastico.
Lo stesso che abbiamo perseguito strisciando ai piedi di Aedh Lancaster. Lo stesso che ha fatto sopravvivere i Pari fino ad ora. Lo stesso che ci rende alleati”.
Lasciò che il fiato le uscisse dalle labbra in un sospiro.
Il potere, Conte Luciano Piccardo”.
Il mio potere, pensò. Ma non c’era bisogno che lui lo sapesse.
Sorrise, annuendo lievemente.
Serviranno nomi. Denaro. Corruzione. Discrezione. Contatti”.
Lei poggiò una mano sudata sul polso di lui. Un gesto di vicinanza niente affatto spontaneo che le strappò un nuovo brivido.
Sapevo di aver parlato con l’uomo giusto”.


La risatina di trionfo che avrebbe voluto concedersi si interruppe sul nascere. Le labbra di lui gliela sigillarono sul fondo della gola, da cui non sarebbe riuscita a sfuggire. Chiuse gli occhi, serrando le palpebre con sforza. Sapeva di vino speziato e delle erbe che aveva fumato. La sua pelle era calda e screpolata dai giorni passati sul mare. Si abbandonò tra le sue braccia, conficcandogli le unghie nella carne.
Che si illudesse, per quella sera, di averla conquistata. Provò il desiderio di sputare a terra l’incontro tra i loro respiri. Che si convincesse di essere il suo principale alleato. Purchè le portasse quello che le serviva.
E al momento giusto, quando avessero fatto i conti, non si sarebbe scordata della sua impudenza.





CITAZIONE
Ecco il mio post, diviso in due parti:

1. L'ambasciata, che Ainwen collabora ad edificare per il momento promettendo di finanziarla.
2. Una rete di nobili corrotti, che Ainwen si impegna personalmente a costruire per servire scopi più o meno personali all'interno e all'esterno del parlamento.

 
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view post Posted on 5/9/2015, 04:53
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Il cuore del Leviatano ~ Ospedale Generale della Misericordia
« Lo spedale è laddove
gli uomini buoni scelgono di riporre la fiducia
e dove Dio e la forza degli animi ottengono risposte. »

In relazione a Novum Initium Regni - Un nuovo Ordine.

Madre Marianne, la badessa del vecchio orfanotrofio di Basiledra, mi guardò con aria incerta. Dopo essersi unita a me assieme a tutti i suoi ragazzi, a Terra Grigia, non pensava che avessi in mente altro che una vita serena e tranquilla, per lei. Tuttavia era una donna d'incredibile talento in grado di salvare la vita a quasi ciquanta orfani nonostante le deprecabili condizioni imposte dalla Guardia Insonne. Ora più che mai il popolo, Ladeca, aveva bisogno ancora una volta dei suoi servigi come seguace di Dio e insuperabile medico. Sotto i lunghi e lisci capelli corvini quella donna nascondeva una forza invidiabile ed una bravura che non intendevo sprecare in una stanza della rocca Lancaster.

« Marianne, la prego, ci serve il vostro aiuto. »
Quella parve rifletterci un attimo. Era titubante, persino il viaggio da casa sino a Ladeca era stato per lei motivo di enorme turbamento. Nonostante fosse giovanile d'aspetto sapevo che i miei occhi non potevano comprendere appieno né l'età né le esperienze che l'avevano segnata; Zoikar solo sapeva cosa l'avrebbe convinta ad accettare l'incarico. Io potevo solo continuare a provare nella speranza che accettasse.
« Quali sono le vostre paure, volete confidarmele? Siamo solo noi due e la vastità delle praterie ad ascoltare. »
Spaziai con una mano sui campi fuori da Ladeca, come a volerglieli mostrare per la prima volta. Avevo scelto di portarla lì perché non si sentisse oppressa dall'ambiente cittadino, dalla confusione e dal viavai degli uomini. Dopo un leggero pasto a base di pane e prosciutto stagionato l'avevo introdotta al discorso in maniera quasi naturale, ma a nulla erano valse le mie premure, giacché si era chiusa a riccio e non accennava a smuoversi dalle sue idee.
« Ho già fatto il mio. » dissi stizzita. « Due anni facendo la fame, ho dovuto fare cose indecenti per mandare avanti i miei ragazzi. »
« E ce l'avete fatta, ora molti di loro servono l'arma e hanno un futuro, una carriera. Capisco la vostra riluttanza iniziale, ma pensate al bene che potreste fare con i giusti mezzi ed il giusto luogo di lavoro. »
Eravamo sedute vicine, sopra una grossa coperta di cotone amaranto, e quelle parole le appoggiai il mento sulla spalla.
« Un ospedale tutto per voi! »
Sospirò, curvando le spalle sotto il peso della mia testa, sconsolata.
« Mi date un momento per riflettere? »
« Tutto il giorno se desiderate, non c'è fretta. »
Con una mano esplorai l'interno del cesto di vimini con cui avevamo portato le vivande, estraendone una manciata di biscotti dalla forma irregolare. Ne addentai uno offrendone poi un secondo alla donna che, elegantemente con la mano, lo rifiutò. Senza ritenermi affatto offesa dall'abbondanza di dolciumi continuai a mangiarli da sola.

Marianne_zpsicadxxcz
La gente del Dortan aveva vissuto un periodo d'oro sotto l'egida del Re che non perde mai. Molta di quella grandezza era andata perduta, dimenticata, ma l'averlo potuto conoscere, anche se nella sua forma più rudimentale ed idealizzata dal potere di Zoikar, aveva lasciato qualcosa dentro di me. Avevo la certezza, l'assoluta convinzione, che per evitare le sciagure del passato il popolo dovesse sentirsi al sicuro, tutelato e apprezzato per il duro lavoro svolto nella ricostruzione di un regno allo sfacelo. Proprio con questo concetto in mente mi era sovvenuta l'idea di costruire un grosso ospedale pubblico in città, che potesse prendersi cura dei malati, alleviare le sofferenze dei bisognosi e preoccuparsi della salute di coloro che, per ignoranza o povertà, non avrebbero mai potuto permettersi un guaritore. Non volevo costruire il solito lazzaretto dove portare la gente in attesa che la natura facesse il proprio corso: i tempi di quell'inciviltà barbarica erano morti e finiti assieme alla guerra, a Mathias Lorch e a Caino. No, io volevo qualcosa di meglio per il Dortan, qualcosa che potesse ricordare al singolo quanto importante fosse il suo lavoro per il paese. Forse vedendolo da fuori potrebbe sembrare una follia, quella di costruire una struttura incapace di generare qualsiasi profitto, ma ai miei occhi non era altro che l'ennesimo tassello della guerra alla povertà, alla salute pubblica e al radioso futuro tanto bramato da tutti.
Avevo scelto Madre Marianne perché, un anno prima, poco dopo la caduta di Basiledra, aveva difeso i suoi orfanelli con così tanto coraggio e sfrontatezza che nemmeno il più eroico dei cavalieri avrebbe saputo fare. Non si era arresa alle difficoltà, non aveva lasciato che la miseria le ottenebrasse la mente, aveva pianto la fame non mangiando per giorni pur di sfamare i più piccoli, aveva perso gran parte della sua gioventù tra i crampi della povertà... eppure era lì, con gli occhi fissi sui campi di grano, a domandarsi se fosse giusto ottenere un riconoscimento per i suoi sacrifici. Mi scoprii ad invidiare un tale livello di abnegazione. Sorrisi tra me e me, mentre mangiavo avidamente tutti i biscotti rimasti, conservandone solamente uno nel caso la donna cambiasse idea: avevo anche io il mio punto debole, dopo tutto.

« Se dovessi farlo, Azzurra... dovrei lasciare i piccoli. »
Nei suoi occhi castani si dipinse il più triste degli sguardi. Non voleva separarsi dai ragazzi che aveva cresciuto come figli, anche se alcuni di loro avevano già diciotto anni compiuti. Non riusciva a lasciarli andare, e non avrei mai osato chiederle una cosa del genere.
« Preferirei demolire Ladeca pezzo per pezzo che togliervi i vostri ragazzi, Marianne. Io voglio che li portiate con voi, soprattutto le ragazze che non hanno desiderio di entrare negli Artigli. Vi aiuteranno, impareranno un mestiere da voi. Recluteremo altri medici, altro personale... io stessa verrò a darvi una mano quando possibile. »
Mi lasciai andare ad una piccola risatina.
« Sono pur sempre una donna, mi vedreste bene con questo vestito di seta a batter ferro nella nuova ferriera? »
Lei ridacchiò di rimando, scuotendo il capo con fare divertito.
« Credo che nemmeno un dardo nel cuore riuscirebbe a uccidere il vostro modo di vedere il bello in ogni cosa. »
« Beh, se quando verrò colpita ci sarete voi in ospedale, magari, avrete modo di constatare questa teoria in prima persona! »


Mi guardò, inclinando appena la testa e sforzandosi di trovare delle parole che non le affioravano alle labbra. Non riusciva a credere a quello che le stavo offrendo, ma sapevo che in cuor suo avrebbe voluto esprimermi la sua gratitudine per la fiducia che le stavo dimostrando. Se solo fossi stata più accorta, un anno prima, e non avessi rischiato tanto per convincerla, non avrei conosciuto Jeanne e metà degli Artigli. Era quella la vera sfida della vita, saper cogliere l'occasione.
Non stavo facendo altro che restituirle un regalo che, involontariamente, mi aveva fatto lei stessa.
Presi il biscotto e lo porsi nuovamente in sua direzione. Stavolta allungò la mano e lo prese, stringendolo nel palmo per qualche istante, prima di morderne un piccolo pezzo socchiudendo gli occhi.

« Madre Ospitaliera Marianne, enchanteé! »
L'apostrofai, facendo un buffo inchino mentre lei arrossiva sulle gote.

[ ... ]

Il giorno seguente, mentre Marianne faceva tutto il possibile per iniziare a diffondere la notizia, nel ceto meno abbiente, della possibile apertura di un ospedale pubblico. Contattai alcuni dei lavoratori che stavano costruendo le case nuove di Ladeca chiedendo quanto e come sarebbe stato possibile realizzare un edificio in grado di accogliere dalle cento alle duecento persone. Nella nostra discussione dissi loro che non stavo cercando qualcosa di elegante o che fosse sfarzoso, ma solo funzionale. Doveva avere lo spazio per quante più persone possibili, a prescindere dal costo che avrebbe avuto. Parlammo a lungo, in particolare che data la natura dell'ospedale sarebbe stato meglio costruirlo sul limitare dell'abitato, sia per moderare l'impatto ambientale sia per, eventualmente poterlo espandere qualora la città fosse cresciuta. Non avevo pensato a questa eventualità, ma il capomastro dei cantieri mi spiegò in poche parole quali rischi correvamo a edificare all'interno della zona storica. A me alla fine non interessava: il dover fare trecento metri per giungere all'ospedale era un'inezia, rispetto al morire di stenti nel proprio letto di casa. Rimanemmo in sospeso riguardo al prezzo dei lavori, quello era un progetto che tutti avrebbero potuto usare una volta giunto a termine, ed ero fiduciosa che alcuni si sarebbero offerti di prestare manodopera, materiali e altro gratuitamente o a prezzi molto ridotti. Volevo avere fede nell'umanità, una volta di più.
Marianne lavorò molto bene, distribuendo anche dei piccoli manifesti per reclutare operai e medici itineranti disposti a lavorare nell'ospedale e al servizio della gente comune. Nel mentre mi dirigevo a recuperare una carrozza per raggiungere Ardeal, dove avrei dovuto incontrare i miei vecchi signori, ne recuperai uno.
Sopra, senza troppi fronzoli o disegni - dato che realizzarli avrebbe richiesto altri costi - c'erano poche significative parole.

- Ospedale Generale della Misericordia -
Si cercano volontari per la costruzione ed il mantenimento del nuovo ospedale di Ladeca.
Occorrono speziali, dottori, alchimisti e guaritori, oltre a inservienti e a persone di buon cuore desiderose
di servire la comunità con ogni mezzo a loro disposizione. I lavori inizieranno al più presto.
Madre Marianne, che potrete trovare nei quartieri popolari, sarà la vostra referente.


Lo arrotolai, infilandolo dentro una delle balse del vestito.
Lei aveva fatto il possibile, ora toccava a me giocar bene le mie carte.
Salii nella carrozza dirigendomi verso Ardeal.

[ ... ]

Il cuore del Leviatano ~ La Voce del Regno
« Cosa sono i soldi,
rispetto alla grandezza di un regno? »

Ardeal, cena con Gabriel, Ainwen e Erein.

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Con la mano feci oscillare delicatamente il bicchiere di cristallo, osservando il vino dondolare al suo interno. Ainwen e Gabriel avevano gentilmente ospitato un piccolo ritrovo in onore dei vecchi tempi, quando ancora lottavamo tutti per la stessa bandiera, ma nessuno sembrava voler accennare al fatto che io, più di altri, avessi scavato la fossa sotto i piedi del consiglio dei Pari. Mi sentivo a disagio in quella situazione, perché anche se rimanevo convinta che Zeno avesse ragione su tutta la linea, quelle persone erano, in qualche modo, amici. Non ero stupida, sapevo benissimo che la bella dama di Ardeal nascondeva un serpente, sotto quell'apparente strato di innocenza, al pari del buon conte che ad ogni parola sembrava soppesare diecimila possibilità e sceglier quella vincente. Eppure non avevo mai avuto desiderio di nuocere alla loro agiatezza, né alla loro vita. Avevamo idee contrastanti, ma erano anche idee figlie di un mondo che non esisteva più. Potevamo andare avanti e ritagliarci tutti quanti un posto nel futuro, assieme.
Mentre le parole di Erein e Gabriel iniziavano a riempire il vuoto imbarazzante che precedeva l'arrivo della padrona di casa, lo sguardo mi sfuggì su una sedia vuota dall'altra parte del tavolo. In fondo, tristemente, non eravamo tutti.

Scacciai il brutto pensiero, concentrandomi sui discorsi che venivano fatti a tavola e preferendo godere del buon cibo piuttosto che interrompere con le mie parole. Non ricordavo nemmeno l'ultima volta che mi era stato concesso di mangiare tanto bene: oramai la mia vita era un continuo susseguirsi di spostamenti, razioni militari essiccate, selvaggina cotta sui bivacchi e frutta. Prelibatezze di quel tipo erano una rarità che non valeva la pena perdersi.
Ero andata lì per supportare Erein, l'idea di fondare un'ambasciata poteva essere valida per evitare problemi con i nostri vicini e aprire le porte al dialogo con Edhel e Akeran. Forse la sua era un'idea visionaria, ma non necessariamente sbagliata; per quello e per il profondo rispetto che nutrivo per la sua figura mi ero sentita in dovere di perorare la sua causa. Nondimeno avrei fatto la mia mossa di lì a breve, sperando che tanto tempo passato in mezzo alla gente comune e lontano dalle corti non avesse inasprito il mio tatto.

« Sì, avete tutti quanti ragione, signori. » per la prima volta mi rivolsi a loro senza dire miei prima di signori. Una piccolezza, ma mi fece sentire bene, come se potessi vederli, in qualche modo, più vicini a me. « Ma i Pari appartengono al passato, così come Arconti e Corvi Leici. »
Poggiai il bicchiere per poter parlare più comodamente, senza paura di rovesciarne il contenuto gesticolando inavvertitamente.
« La nobiltà ha bisogno di ridare lustro al proprio nome e farsi benvolere dal potere di maggioranza, che è in mano al popolo. Abbiamo già sperimentato l'inefficacia della forza bruta, ma l'idea di costruire un'ambasciata diplomatica potrebbe mostrare a Sua Altezza Reale Julien il nostro impegno in tal senso. »
Annuii sottolineando quella frase quasi come se fosse scontata.
« Devo ancora risolvere un paio di problemi con mio fratello quindi non potrò sostenervi economicamente, ma spargerò la voce sul mio incondizionato sostegno al progetto. Sono certa che avere la fiducia di qualcuno che ha tanto lottato per il popolo non passerà inosservato. »
A quel punto feci la mia mossa, con eleganza. Era rischioso ed ero assolutamente pronta a ricevere una sonora risata come risposta, ma tentar non nuoceva. Per quanto potessero disprezzarmi non avrei mai creduto al fatto che mi volessero morta.
« Sto costruendo un ospedale pubblico a Ladeca. » mi accarezzai nervosamente le mani, l'una con l'altra. « Se riuscissi a ricevere un generoso finanziamento da parte vostra, in modo da poter apporre i vostri nomi in bella vista all'ingresso dell'edificio, tutti gli uomini e le donne che verranno a curarsi sapranno chi ringraziare per aver avuto salva la vita. »
Mi passai l'indice sulla punta affusolata del naso, come un piccolo gesto nervoso.
« Questo è uno di quei casi dove vincono tutti: la gente ottiene l'ospedale, voi ottenete il rispetto della gente. Torneranno a fidarsi di voi. Vi prego solamente di pensarci, sono solo soldi come ha detto dama Ainwen... »
Afferrai nuovamente il calice bevendo una sorsata di ottimo vino.
« ...cosa sono i soldi rispetto alla grandezza di un regno? »



Ecco il secondo progetto e l'adesione al progetto proposto da Ainwen. Ho voluto legare anche questo nuovo progetto, l'ospedale, ad un png che avevo introdotto all'inizio della mia carriera sulla piattaforma (link all'inizio). Spero che vi piaccia questa cosa, non mi piace buttare via occasioni così belle per usare pezzi di storia creati da me (Marianne) o da altri (Lenigrast)! E ovviamente Azzurra non ha lesinato sul fare i suoi fantomatici magheggi da Svizzera anche alla cena di Ardeal.
Ricapitolando sono PP per:
• La voce del Regno (Ambasciata)
• Ospedale Generale della Misericordia (Ospedale)
Sì, il nome è quanto di più classico ma Azzurra l'è credente, ci si può far poco.
 
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view post Posted on 5/9/2015, 12:05
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I Regni del Leviatano - Campagne di Ladeca
«Pecorelle Smarrite»

Prendersi cura di un gregge, piccolo o grande, non è affatto facile come si pensa. Innanzitutto ci vuole una sana dose di dedizione, qui non si parla di costruire archi o forgiare lame, questo è il genere di compito che comporta la più alta delle responsabilità, il prendersi cura di un altro essere vivente. Di pessimi pastori ce ne sono a bizzeffe, specialmente chi è in possesso di un gregge talmente grande dal rendere la morte di una o due pecore un dettaglio. Eppure la componente umana è quasi secondaria, rispetto al lavoro compiuto dai cani. Non semplici cagnolini da città, quelli sono buoni solo a tenere compagnia. Cani da pastore, grossi come orsi, da pelo folto e lungo come quello di una fiera. Ogni pastore sa che un gregge non ha ragione d'essere senza un buon cane, non solo di razza buona ma anche ben addestrato nel suo lavoro. Deve essere sempre vigile, assicurarsi che nessuna pecora si allontani dal gregge o si esponga in alcun modo al pericolo derivante da lupi e banditi. Il pastore, dal canto suo, deve comunque essere in grado di difendersi. Una pecora non sa difendersi da sola, ed anche il numero non fa poi una così grande differenza. La crudeltà della loro sopravvivenza sta nel fatto che i predatori, in passato, non dovevano mai mangiarne così tante dal causare la morte del gregge stesso. Esistere col solo scopo di servire da pasto per qualcosa che si trova poche spanne più in alto di te nella catena alimentare. L'essere umano, invece, è profondamente diverso. Così come le altre razze umanoidi, che sono abituate a considerarsi in cima a questa piramide di potere. Troppo arroganti per accettare che ci sono creature, come me, che si ergono comunque un paio di gradini al di sopra di loro. Come sicuramente ci sarà qualcuno al di sopra di me, che mi costringe a guardarmi le spalle, assicurandomi di non essere mangiata al primo passo falso. Perché, in fondo, questa è la realtà dei fatti. Non importano le grandi opere, le conoscenze o le conquiste che l'uomo ha compiuto nel corso della storia. Non importa quanto siamo vicini alla cima della piramide, al punto dal poter allungare la mano per cercare di afferrarla. Ci sarà sempre qualcuno, o qualcosa, pronti a divorare quella mano in un sol boccone.



« Tu cosa ne pensi, Fifì? Ti piace la tua posizione nella catena alimentare? » Da quando ho ottenuto questo piccolo gregge, ancora non c'è stata alcuna nascita. In compenso l'unico agnello, da me nominato Fifì, è sempre stato li. Un pelo raso e bianco, un musetto rosa e delle morbide orecchie così piacevoli al tatto che a volte spendo anche più di un'ora a massaggiarle. Un soave belato fa da risposta alla mia domanda prima che Fifì torni a saltellare spensierata in mezzo al gregge. « Già, dovevo immaginarlo. »



Il modo in cui le ho trovate, poi, è qualcosa di assai curioso. La colonia al Nord si stava dimostrando un mezzo fiasco, trascinatì dall'avidità di Ramira i coloni sono stati decimati nel disperato tentativo di scavare miniere troppo profonde, facendole divenire le loro tombe. Azzurra ha compreso l'imminente fallimento del suo progetto, lasciato a marcire nelle mani di una vecchia svampita accecata dal desiderio di ricchezza. Inutile a dirsi, non avevo certo intenzione di rimanere in quel decadente tentativo di espansione, così me ne sono tornata nel Dortan non appena ho saputo che Azzurra aveva già levato le tende per conto suo. Sicuramente in cerca di una scappatoia per il suo piccolo progetto, lei non è tipo da rinunciare con tanta facilità a qualcosa. Comunque, avevo appena superato le foreste della Roesfalda quando ecco che vedo una colonna di fumo in lontananza. Ho corso al meglio delle mie possibilità, il che significa quanto un cavallo al galoppo se sono giustamente motivata. Alla fine la colonna di fumo si rivelò essere una fattoria in fiamme, razziata da uno dei rimasugli della guardia insonne. Nessun superstite, quelli che non erano bruciati all'interno della struttura probabilmente erano stati fatti prigionieri. Le donne, in particolare, gli servono per diletto e per cucinare. Fui sorpresa nel notare che non avevano sprecato tempo nel prendere gli animali, forse il timore imposto dalle vicine forze della resistenza li aveva spinti a desistere. L'unica cosa che ho potuto fare è stato seppellire i corpi carbonizzati in tombe senza lapide, per poi liberare gli animali in modo che potessero dirigersi a sud. Fu allora che le notai, in un pascolo non molto distante, non curanti di quanto fosse accaduto. Da li l'idea di prenderle con me. Un gregge misto composto da una quarantina di pecore ed un paio di montoni. La cosa curiosa era che queste pascolavano insieme a una decina di caprette, in maniera piuttosto pacifica visto che di solito le due specie tendono a litigare tra di loro. Ed io volevo concedermi una pausa. Quindi, eccomi qui, una piccola pastorella solitaria a capo di un gregge misto di cinquanta e passa ovini. Nessun cane, non ne ho bisogno, in fondo io ho l'animo di un lupo! La gente di Ladeca potrebbe persino pensare che io sia una strega, o magari un Druido! I lupi si tengono lontani, percepiscono il pericolo e sanno cosa gli farei se provassero ad azzannare anche uno solo dei miei tesorini. Le pattuglie della resistenza dedite alla protezione di ladeca e delle campagna adiacenti sembrano avermi preso in simpatia, dandomi persino dei consigli su come al meglio la lana di pecora ed il latte di capra. Con l'autunno ormai prossimo il latte e la lana faranno gola a parecchi, ma per la posatura dovrò attendere l'arrivo della primavera, altrimenti moriranno tutte di freddo! Beh, vista l'abbondanza di pascoli verdeggianti e la vicinanza di corsi d'acqua potabili, se non altro non dovrò preoccuparmi per il benessere del mio gregge. Se qualche malintenzionato volesse usare la notte per provare a rubarle, poi, potrei anche concedermi un piccolo spuntino. Ah si, questa piccola vacanza nella nascente Ladeca si prospetta davvero interessante!






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {75%} ~ Mente {75%} ~ Energie {150%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (6/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (6/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (6/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (6/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (6/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (6/6)


Attive:

//






Progetto: Le pecorelle Smarrite

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Edited by Lucious - 6/9/2015, 21:31
 
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view post Posted on 5/9/2015, 14:22

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« Pecunia non olet »




“Il danaro, il vile danaro, assolve a molti nobili scopi…
Conquista, soggioga, sgomina chi resiste. Blandisce, corrompe, premia chi accondiscende.
Unge gli ingranaggi del potere e permette di scivolarvi attraverso. Finanzia molte cose, la maggior parte utili al bene comune e … A volte, rende persino felici.”
Erein di Deyrnas


Banca del Tempio


L’edificio doveva apparire sobrio ma maestoso, elegante ma senza fronzoli inutili. Marmo, questa era stata la scelta. Ricco e appariscente eppure infuso un’impalpabile dignità. Unico vezzo concesso il portone, titanico, rivestito d’oro e sorvegliato da due energumeni che avrebbero fatto tremare le ginocchia solo a guardarli. Doveva essere diviso in tre settori: il deposito, rigorosamente segreto e nascosto nelle viscere della città, la banca vera e propria e una casa d’aste in cui poter vendere i preziosi che la gente aveva impegnato senza essere più in grado di recuperare.

« Ci vorranno anni …» - protestò l’emissario Loghan Ember quando gli fu concesso di scrutare i progetti - «… ma che dico lustri! »
Erein di Deyrnas lo fissò con un sorriso obliquo sulle labbra - « Quindici giorni, sedici al massimo dipende dall’efficacia delle rune e dalla posizione degli astri nel cielo … E’ un rituale sfiancante e complesso ma ci permetterà di risparmiare almeno una trentina d’anni. »
Magia! Era questo che voleva usare? L’emissario Ember era un uomo che non s’impressionava facilmente, in fondo non puoi permettertelo se di mestiere hai sempre fatto l’esattore delle tasse, ma proprio non riusciva a controllarsi quando sentiva parlare di magia.
« U-userete qua-qualche stre-stre-stregoneria…»
Il patetico balbettare dell’uomo strappò al Re Stregone una risata di gola - « Più d’una se voglio sbrigarmi in tempo. Tu che dici padre?»
Gwalch Glass non si aspettava di essere coinvolto nella faccenda ma non s’era tirato indietro quando il figlio gli aveva chiesto di aiutarlo in quell’impresa. Costruire una banca, una vera banca… Non il solito banchetto in cui i topi di fogna prestano denaro ad usura. Quella, quella si era un’ottima idea.
« Dovrai incidere rune protettive sulle porte del deposito e l’edificio che hai in mente è grosso quanto un palazzo … Ci vorrà più tempo temo …»
L’emissario si tolse il cappello di seta e si asciugò la pelata con un fazzoletto.
« Se posso permettermi… A prescindere da quanto tempo ci vorrà dobbiamo metterci al lavoro e subito …» - tossicchiò un poco ma entrare nel suo campo di conoscenza l’aveva reso più coraggioso - « Innanzitutto ci vuole un capitale …»
« Tre milioni di monete d’oro bastano?» - chiese Erein come se parlasse di sassolini.
L’ometto sgranò gli occhi. « Tre… milioni ?»
« I miei affari vivono un momento di particolare grazia…» - minimizzò Erein muovendo la mano come se scacciasse una mosca fastidiosa. « Ora sputa fuori qualche buona idea, non ti pago per balbettare!»
L’emissario prese fiato - « Innanzitutto manderò i miei uomini in giro per la città … Nuovi progetti ed attività spuntano come funghi e TUTTI hanno bisogno di una base di partenza o di un capitale extra su cui dormire tranquilli.»
Erein annui e fece un cenno come a dire “prosegui”.
« Potremmo poi proporre di assicurare case ed edifici contro il rischio di crolli o incidenti improvvisi e non prevedibili … In pratica chiediamo ai clienti di versare una somma che verrà loro restituita con qualche interesse in caso di disastri. »
Erein si fece un po’ pensieroso. - « Gli edifici bruciano come paglia, specie nelle grandi città… Non voglio che un incendio mandi in fumo i miei affari.» - l’ex esattore assunse un’espressione sorpresa e un po’ delusa - « Tuttavia la tua idea non è malvagia. Applichiamola al commercio sia per terra che per mare. Il mercante verserà una quota rappresentativa del valore della merce, dei mezzi di trasporto e degli animali … Se il viaggio riesce perderà la somma versata per cauzione. Se invece le cose dovessero andar male … Non perderà la sua attività perché noi provvederemo a risarcirlo di tutto con un piccolo extra.»
Il volto dell’emissario si illuminò e prese ad annuire convintamente- « Questo mi fa venir in mente una cosa…»
Raccontò di ciò che aveva visto fare ad un gruppo di mercanti confederatesi in una gilda. Disse che quegli uomini avevano affari in ogni dove su Theras e che spesso erano costretti a viaggiare con molto oro addosso esponendosi agli assalti di tagliaborse e briganti.
« Così decisero di scrivere l’ammontare delle somme di cui necessitavano su un foglio debitamente firmato, quel foglio veniva consegnato una volta giunti a destinazione ad amici fidati a cui avevano lasciato ingenti somme di denaro… Il denaro viaggiava così tramite quei cartigli. Lettere di credito le chiamano.»
« I miei agenti e mercanti potrebbero servire allo scopo… Domattina farò partire le lettere ed entro la settimana cinque navi cariche d’oro e strapiene di uomini armati fino a denti partiranno per trasferire danaro nei luoghi in cui verranno riscosse le lettere di credito. » - rivolse poi uno sguardo gelido al banchiere - « Fino ad ora mi hai servito bene ma… se dovessi venir derubato, ingannato, semmai dovessi fallire per colpa della tua incompetenza. Avrò la tua testa. »


La Maschera della Pietra Lunare ~ Donne e complotti.



La donna arricciò le labbra in un sorriso e chiese –« C’è qualche puttana qui tra noi?» - camminava sui preziosi tappeti con cui Lord Erein aveva adornato il pavimento in legno. I suoi passi erano silenziosi e leggeri come seta che scorre su altra seta.
« In tal caso questo non è posto per lei …» - aprì le braccia e un profumo intenso, penetrante di rose e violette invase la stanza come da un variopinto, sensualissimo fiore - « Nessuna puttana metterà mai piede nella Maschera della Pietra Lunare. Le ragazze che lavoreranno qui saranno artiste, accompagnatrici, intrattenitrici e … se adeguatamente corteggiate e retribuite: amanti.»
Aveva dinnanzi a se dodici bellezze, dodici donne esperte nelle arti amatorie e in altre arti ancora.
Mihako, dall’est, sapeva parlare sette lingue, danzava divinamente, cantava altrettanto bene e sapeva uccidere un uomo in settanta modi diversi. Conosceva punti del corpo in grado di anestetizzare qualsivoglia dolore, di fornire un piacere che nessun’amplesso avrebbe mai concesso, di immobilizzare, addormentare e uccidere. Un dono di Dama Dalys, che Regina non sapeva come Lord Erein era riuscito a strapparle … anche se aveva qualche idea circa il prezzo pagato dal suo signore.
Leila, donna del nord, aveva frequentato praticamente tutte le corti dei Lord della Roesfalda conservando l’aria di innocenza e purezza che aveva avuto la prima volta. Cantava come un angelo ed era una delle menti più argute della sua terra. Si mormorava che fosse stata persino l’amante di uno dei Lorch, uno di quelli caduti in disgrazia prima ancora di diventare famoso e si malignava dicendo che la causa della disgrazia fosse stata proprio Leila profumatamente retribuita da qualche misterioso agente al servizio del Leviatano. Le altre dieci non erano da meno, ognuna di loro era un fiore, un fiore bello e incredibilmente prezioso … E come tutti i fiori di quel genere dotato di spine.
« Chiarito tutto questo non mi rimane che presentarvi il nostro benefattore e mecenate...»
Fece qualche passo indietro lasciando che Erein, Re di Deyrnas, facesse il suo spettacolo.
Il nobile era di buon’umore. Elegante, sorridente, perfetto. Gli occhi violetti, i tratti statuari, la forma snella e i modi da perfetto cortigiano suscitarono più d’un’occhiata bramosa tra le ragazze. Regina non dubitava che quello era un cliente che sicuramente non sarebbe dispiaciuto a nessuna di loro.
Vedevano l’esca ma non il predatore, le sciocchine. Ma Regina, lei la sapeva ben più lunga e non vedeva l’ora di scoprire cosa portava un nobilotto arrogante ed esperto di cose di fede ad immergere le mani nel torbido. Un torbido incredibilmente costoso e profumato, quello della Maschera della Pietra Lunare, ma pur sempre torbido era …
« Visto che siamo in vena di confidenze sia chiara una cosa: non sono un benefattore, non qui, non oggi almeno.» - sorrideva eppure nel sorriso di un fascino disarmante Regina intravedeva le fauci della fiera, pronta al balzo - « Vi sarete certamente chieste come mai ho scelto di finanziare questa … Locanda? » - chiese gettando un’occhiata furtiva alla maitresse.
« Circolo per gentiluomini » - lo corresse lei con aria volpina.
« Circolo per gentiluomini…» - acconsentì lui - « Comunque lo si chiami rimane un bordello. E perché mai un nobile dovrebbe aprire un bordello ? »
« Denaro?» - chiese Leila con la voce di chi tiene un coltello nascosto dietro le spalle.
« Quello non fa mai male ma no … » - rispose Erein mostrando loro un piccolo libricino nero - « … potere. Il sublime, intossicante potere derivante dal possedere informazioni e poterle usare per corrompere, minacciare, complottare …. Voi non siete nulla di ciò che la nostra cara Regina vi ha detto. Non siete puttane, non siete artiste, non siete amanti. Voi, voi mie care dame, siete lo specchietto con cui attirerò le allodole. Allodole che dovrete preoccuparvi di far cantare, fino allo sfinimento. Fatto ciò annoterete la loro bella canzone su questi libri che consegnerete a me e a me soltanto …» - le guardò tutte, una ad una - « Domande?»
« Il mio è un lavoro in cui non si fanno domande.» - rispose Leila.
Avrebbe fatto strada la ragazza, pensò Regina, una di quelle scivolose che portano dritte all’inferno.

Progetto n°1 ~ Banca del Tempio:
PG: Erein Dewin + Emissario logan Ember (Png, banchiere) 1 Pi

Progetto n°2 La Maschera della Pietra Lunare (Bordello)
PG: Erein + Madama Regina (Png, tenutaria) 1 Pi
PNG: Dalys 1 P1



Edited by Malzhar Rahl - 6/9/2015, 12:18
 
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~ D a l y s
view post Posted on 5/9/2015, 16:34




La Maschera della Pietra Lunare
Con un nome così lungo,
Cerca di non essere breve


Nessuno giungeva dalla capitale nel mio regno da molto tempo”.
Le labbra morbide, scarlatte, si piegarono in un sorriso divertito.
Ora ne capisco il motivo”.


I denti candidi fecero capolino, mentre la lingua li inumidiva lievemente. Le sue ciglia ebbero un tremito nella brezza tiepida che si insinuava sotto il mantello di lui e nella veste di lei. La sua pelle era ambrata, sfiorata dal sole del primo pomeriggio ma senza un velo di sudore. Un forte profumo di fiori emanava da tutto il suo corpo. Indossava un abito di seta che le scopriva vezzosamente una spalla.


E poi senza alcun preavviso giungi da me. Un re delle montagne che parla come un damerino e ha le idee di un conquistatore”.


Passò un dito sulle labbra, gettando all’indietro il capo in un’onda di capelli corvini. L’onda scura rivelò il disegno che le ornava la schiena, una traccia indelebile di quello che era stata. Si abbracciò la vita con le mani dalle lunghe dita e rivolse vecchio di lui uno sguardo acciaio e smeraldo. I suoi occhi erano penetranti come lame, e lentamente gli stavano scavando dentro, depositando i propri semi.


Avevi destato la mia attenzione, Erein del Dortan. Campione dei Pari. Grande Cavaliere”.


Ruotò su se stessa, aggraziata come in una danza. Indossava un paio di eleganti scarpe rosse che la portavano quasi alla sua altezza. Gli si appoggiò sul petto, fissandolo dal basso in alto. I suoi occhi erano bagnati come petali coperti di rugiada. Scandì le parole con lentezza, mentre prendeva tra le dita il colletto del suo manto.


Lo avevi fatto nel momento in cui hai varcato la mia porta senza timore”.


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Inarcò la schiena, premendogli contro. Il suo vestito era leggero, così sottile che lui non avrebbe potuto fare a meno di notare ogni minimo dettaglio del suo corpo. Compreso il fatto che non vi era alcuna traccia altra di stoffa al di sotto della seta.


Ma poi mi hai mostrato le tue ambizioni. Così limpide”.
Poggiò la bocca contro il suo orecchio. Aveva il fiato tiepido come la fiamma di una candela. Gli solleticò la pelle con la lingua.
Così volgari. E ora hai la mia attenzione”.


Si scostò da lui, agilmente, evitando che potesse trattenerla. Nel suo giardino non c’erano spettatori. Raccolse con un gesto fluido il mantello che aveva abbandonato a terra poco prima, scarlatto e ornato di disegni floreali d’oro. Se lo cinse sulle spalle, premendolo contro il collo. Per un attimo parve più solenne, ma poi proruppe in una risatina.
Un cerchio d’oro le adornava sghembo i capelli.


È così noioso, qui. Ci sono grandi ricchezze e piccoli progetti”.


Gli rivolse le spalle allargando le braccia, quasi a comprendere il suo piccolo regno in un abbraccio. Le leggende parlavano ancora di lei, di tanto in tanto. Dicevano che non potesse invecchiare e che il suo desiderio fosse insaziabile, al punto da averla condotta alla follia. Che il passare delle ere l’avesse racchiusa in una prigione dorata di nostalgia e ricordi. Occhieggiò verso di lui da sopra le spalle.


Invece i tuoi progetti sembrano belli grossi”.


Tornò a guardare avanti. La aspettava una lunga giornata di udienze, consultazioni, concessioni. Forse un ballo, non appena fosse giunta la sera. Una serie di danze quando sapeva già che sarebbe stata la migliore. Chinò un attimo il capo, come se stesse riflettendo. Gli rivolse un’occhiata di sfuggita.
Poi camminò a passo deciso verso di lui. Nel giardino si udiva il frinire dei grilli e il cinguettio incerto di qualche piccolo volatile. Quando fu abbastanza vicina scivolò fuori dalle scarpette rosse e gli avvolse le braccia attorno al collo. Era parecchio più bassa di lui ora, eppure pareva ancora più bella. Ogni curva era perfetta, ogni fremito del suo corpo era un invito.


Mi chiedo se sapranno convincermi”.
Sospirò, piegando un poco la testa e rivolgendo provocatoriamente gli occhi di lato.
Erein…


Tornò a fissarlo. Le sue labbra si distesero in un sorriso felino. Le sue braccia fecero forza, invitandolo a chinarsi verso di lei, che nello stesso momento si lasciava andare verso il prato. Atterrò con la schiena nell’erba asciutta, con lui poco sopra. Avvolse le gambe sotto il suo mantello.


…mostrami con quale lancia ti sei guadagnato il titolo di campione”.
Si sollevò un poco, per potergli parlare ancora all’orecchio.
O forse ho troppe poche corna per essere un alce?
Non aspettò la sua risposta. Un secondo dopo già cercava le sue labbra con le proprie.


_______________


Andrai nella nuova capitale…La..de...ca


Aggrottò la fronte per un istante, ma senza sforzarsi troppo. La perfezione scivolò sui tratti del suo volto come d’abitudine. Era seduta sulla sedia nel piccolo studio, le gambe poggiate su un bracciolo e il corpo mollemente disteso contro l’altro. Sollevò la testa per guardare la propria interlocutrice, una giovane donna dal volto fascinoso e impassibile.
Sarebbe stato ingenuo dire che le piacesse. Non provava alcun interesse per le donne, se non una fastidiosa irritazione quando si rivolgevano a lei. Eppure nutriva un certo interesse per quella giovane.


Porterai con te il mio denaro e ti consegnerai a Erein. Sostiene di essere un re. Assecondalo”.


La giovane non mutò espressione. Lei si concesse un vago sorriso. Conosceva uomini come lui, rubava i loro segreti nel susseguirsi dei loro respiri affrettati. Instillava la propria immagine tra i loro sogni. Sarebbe tornato, prima o poi, più assetato di prima. Era solo questione di tempo.
Nemmeno lui le interessava particolarmente. Decine di samurai e ronin si presentavano alle porte del suo minuscolo possedimento. Le varcavano con altrettanta decisione e credevano di averla stregata. Poichè lei era Myako, credevano di poterle conquistare entrambe con un solo colpo.
Era un uomo giovane, prestante. Sarebbe potuto essere un amante interessante, con quei capelli biondi in cui intrecciare le dita. Forse con il tempo avrebbe perfino intuito come compiacerla. Ma non avrebbe esitato a dimenticarlo se non fosse stato per quel particolare fastidioso.
Ladeca.
Gettò indietro il capo.


Aprirà un bordello. Cercherà informazioni e potere. Tu glieli darai entrambi. Gli darai ogni cosa che ti chiederà, ti farai trovare già inginocchiata ai suoi piedi prima che varchi la tua porta”.


Lei annuì. Addestrata come la Signora si era aspettata. Allungò la mano, alla cieca, raccogliendo un acino d’uva da una cornucopia posata tra le pergamene. Lo infilò lentamente tra le labbra.


Nei giorni d’inverno lo accoglierai sulla porta. Nei giorni d’estate spoglierai il suo mantello. Ascolterai e memorizzerai ogni cosa che lui viene a sapere. E un giorno ti confiderà i suoi segreti. Il giorno dopo il suo amore. E infine sarai la sua unica amante”.


Levò il capo, guardandola negli occhi. Ancora nessuna emozione, ed era un bene. Una come lei non poteva permettersi di stupirsi. Era solo un guscio dipinto, una serpe nascosta sotto le sabbie. Lo stupore aveva rovinato molte donne come lei. La Rosa storse le labbra, ripensando agli errori del passato.


Non ti innamorerai di lui. Mai. E farai in modo che lui lo capisca, perché solo così potrai conoscere ogni cosa di lui e del nuovo regno”.


Un fruscio lieve le comunicò che la ragazza aveva annuito. Con un movimento fluido si mise a sedere, sporgendosi in avanti. Il pesante kimono era morbidamente aperto sul petto. Avrebbe voluto andare di persona, ma l’avrebbero riconosciuta. Per lei non era più il tempo di camminare nella capitale, quale che fosse. Ecco perché perfino quella ragazza la irritava, perché nella sua piccolezza sarebbe arrivata dove a lei era proibito. Represse la stizza.


Mi scriverai ogni cosa. E aspetterai i miei ordini. Non importa per quanto tempo”.
Tese una mano e accolse quella dell’altra nella propria.
Agirete prima o poi, mia signora?
Le sorrise. O forse sorrise di se stessa. Una ciocca di capelli scuri le ricadde sulla guancia. Tutto attorno la luce tiepida della mattina rendeva quella scena surreale, quasi quieta.
Al momento giusto lo saprai”.


E anche lui lo avrebbe saputo. Poteva ancora sentire il suo calore tra le cosce.
Erein Dewin.
Una luce folle le scintillò nello sguardo. Ancora non lo sapeva, ma non si sarebbe dimenticato facilmente il loro patto.






CITAZIONE
Secondo post: aiuto con Dalys (usata come png) Erein a costruire il bordello.

 
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view post Posted on 6/9/2015, 00:05
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Città di Hender, Accademia.
Qualche tempo prima.


La stanza era immersa nella semioscurità del crepuscolo, lasciando spazio ai mobili ed agli strani oggetti sparsi un po’ ovunque di creare ombre contorte sulle pareti e sugli scaffali carichi di vecchi tomi e pergamene arrotolate. Un trespolo sbilenco si appoggiava ad una scrivania, a sua volta accostata ad un grande baule di legno fasciato in metallo, come si poteva arguire dai riflessi smorzati a cui la poca luce delle finestre consentiva di prendere vita.
Era così che Lovissar la preferiva, misteriosa ed invitante, disposta a suggerire piuttosto che a mostrare. Un semplice incantesimo di illusione, reso permanente da pochi giorni, la rendeva tale anche all’attuale luce brillante del mezzogiorno.
Sulla scrivania vi era un leggio aperto e, sopra questo, un foglio fittamente scritto che il mago prese in mano per la decima, o centesima, volta quel giorno chiedendosi che tipo di uomo era uno che aveva in mente di realizzare un tale progetto. Una persona ambiziosa di certo, un Pari che non si accontentava di mordere il freno imposto dall’autorità indiscussa di Re Julien e che cercava altri modi per riguadagnare l’influenza perduta con il decadere dell’autorità nobiliare.
Aveva idee interessanti comunque, promesse allettanti di un’influenza sul futuro dispiegarsi degli eventi ... restava da vedere quanto sarebbero state effettivamente realizzabili.

Mastro Lovissar Furdenbarg, salve!
Sono Shimmen Kasumaki, Lord del feudo di Vallegelida e figlio della nobile Famiglia Kasumaki della Corte d’Oriente. Vi scrivo sperando di trovare in voi un orecchio attento ed una mano pronta a stringersi alla mia, in un accordo che frutterà grandi vantaggi nel reciproco interesse e nella speranza di influenzare per il meglio le sorti di un Regno che ha appena ritrovato la sua unità dopo anni di guerre intestine. Ladeca è stata scelta come nuova capitale di questo Regno, di certo lo sapete, e sapete anche che un gran numero di persone da tutto Dotran vi si stanno trasferendo in cerca di opportunità e ricchezza, singoli individui o gruppi più grandi ed organizzati. Coi vostri talenti e le mie conoscenze dovremmo essere in grado di comprendere cosa ciascuno di loro ha da offrire o desidera e mettere gli uni in contatto con gli altri, dietro dovuto compenso ovviamente. Nel frattempo così facendo saremo informati di tutto quello che succede, o stà per succedere, nella città e, col tempo, in tutto Dotran: una posizione di indubbio vantaggio che ...


Riappoggiò il foglio sulla scrivania, allontanandosi dalla finestra a cui si era avvicinato per leggere. Si, erano promesse davvero invitanti e meritavano sicuramente di essere approfondite: da tempo desiderava screditare due suoi colleghi che sapeva, senza poterlo provare, che avevano rubato i frutti di alcune sue importanti ricerche sul mondo dell’Oneiron, spacciandole come se fossero loro e prendendosi la gloria delle scoperte. Se fosse riuscito a scoprire di più sul loro conto, aggirando le loro difese mistiche contro le indagini arcane nel passare per altre vie, avrebbe potuto avere la vendetta che meritava.
Si crogiolò con quel pensiero, accarezzandolo gelosamente con le mani delle sue segrete speranze, prima di riporlo nel cassetto della sua mente dal quale l’aveva estratto, metaforicamente parlando.
Più tardi avrebbe risposto a quel Lord Kasumaki, dicendogli che desiderava incontrarlo per discutere faccia a faccia della questione.

Ladeca, una settimana dopo.

Shimmen camminava lungo la Via del Commercio coperto dal mantello marrone che teneva ben stretto a sé, un po’ per non farsi immediatamente riconoscere, vista la natura confidenziale della sua passeggiata, un po’ perché l’aria era frizzante e fresca dopo la pioggia della notte precedente.
Aggirò un carro che avanzava lentamente, carico di botti di vino, e superò una pozzanghera con un balzo. Ladeca aveva ancora molta strada da fare per trasformasi nella capitale che il Re desiderava. Ricordò con nostalgia le strade lastricate di Basiledra, le sue arene, le sue piazze imponenti. Però col tempo anche quel villaggio sperduto, servito a Zeno per portare alle rappresentanze di Pari ed Arconti la voce del Popolo, sarebbe diventato una grande e bella città.
Arrivato in fondo alla via svoltò a destra, passando davanti alla locanda del Corvo Parlante che quel giorno era insolitamente frequentata da cavatori, fabbri e maniscalchi. Si diceva che qualcuno di importante aveva organizzato un incontro quel pomeriggio per gestire un grosso carico di materiale grezzo, proveniente dai nuovi territori del nord. Svoltò ancora a destra, in una strada secondaria tra le baracche dove l’aria si faceva fumosa a causa del gran numero di bracieri accesi per riscaldare la decina di negozi e bancarelle di alimenti che lì erano situati. Un’occhiata bastò a trovare la persona che stava cercando, un vecchio compagno di avventure che ora si manteneva facendo il cantastorie, e fu questione di pochi minuti che si ritrovarono entrambi ad esaminare una serie di terraglie, apparentemente chiacchierando e raccontandosela come due persone senza pensieri al mondo. Non appena però il rubicondo proprietario del negozio, che rispondeva al nome di Golos “Ammazzacani”, andò a servire un altro cliente gli sguardi si fecero seri.
Allora Enteri, cosa mi dici di quel che succede qui intorno? Ho visto adesso al Corvo Parlante ed avevi ragione.
Fece Shimmen prendendo in mano una graziosa tazza e fingendo di esaminarla.
Un cavatore a cui ho offerto un bicchiere mi ha accennato al fatto che possa centrare con la Ystfalda. E pare che Re Erein di Deyrnas e Dama Ainwen siano in città. Senza contare il fatto che il fratello di Sir Galadon … si proprio lui … ieri sera si è giocato metà dei suoi beni alla sala da gioco. Beni che, per inciso, sono non esattamente suoi …
Shimmen posò la tazza e si grattò pensieroso la guancia.
Fuori dalla città ci sono altre costruzioni in opera, oltre alle abitazioni.
Sapeva che varie persone stavano incontrando chi possedeva ricchezze in città, rappresentanti dei Pari per la maggior parte e qualche facoltoso mercante, per farsi prestare fondi a vario titolo. Un’arena, forse una specie di Accademia, costruzioni in generale. Non era sorprendente che chi poteva permetterselo destinasse dei soldi alla costruzione di strutture che sarebbero diventate importanti nel prossimo futuro, era una forma di aiuto sociale ed anche di propaganda.
Si, un ospedale. Cercavano volontari, medici o finanziatori. Ho come idea che la scudiera della figlia dei Lancaster sia a costo di fondi ma non certo di idee per migliorare la vita alla povera gente.
Enteri sorrise, chiaramente entusiasta della cosa.
E’ una brava donna, un bravo soldato che si preoccupa dei compagni.
Il Kasumaki sbuffò lievemente, un po’ infastidito: non poteva negare le parole del suo amico ma non approvava del tutto questa “bontà” così sbandierata. Gli sembrava impossibile che non nascondesse un secondo fine ma conoscendo Azzurra sapeva che era la verità. Si spostò ad esaminare il resto della mercanzia.
L’altra credo sia una specie di fonderia.
Niente altro?
No, per ora no. Direi che ci si vede domani Shimmen, al Corvo Parlante. Così magari riesco a scoprire cos’hanno deciso in quell’incontro dal vecchio Dellinger.
Annuì, soddisfatto.
Molto bene, a domani!

Strada di ingesso a Ladeca.

Ehi tu! Si, dico a te.
Il suo istinto l’aveva guidato verso la strada che faceva da ingresso alla città, in crescita tropo rapida per anche solo pensare di costruire una cinta difensiva provvisoria. La folla era numerosa e vivace come al solito, piena di facce sconosciute e conversazioni che non aspettavano altro che essere ascoltate. Parecchi intraprendenti artigiani avevano tirato su bancarelle per sfruttare quel flusso di gente e da un lato alcuni giocolieri facevano numeri con clave di legno incuranti del fango che schizzavano tutto intorno. Insomma, tirava quasi aria di festa nonostante la maggior parte dei presenti avessero un’aria indaffarata. Alcuni però sembravano semplicemente intenti a guardarsi in giro vagamente spaesati, nuovi arrivati o visitatori concluse, nel rivolgersi ad uno di questi che gli sembrava familiare.
Sei nuovo a Ladeca vero? Hai una faccia familiare.
Attese la risposta.
Ah, capisco. Montu. Io sono Lord Shimmen Kasumaki. Mi pareva infatti di averti visto accanto a Kuro … si, è un bene che i Lorch siano caduti …
Seguirono alcuni minuti di conversazione, al termine dei quali i due uomini si strinsero la mano e si diressero alla locanda del Falco d’Argento, dove Shimmen aveva preso alloggio.
Gli aveva spiegato in breve che persone cercava: gente abile a cavarsela e a recuperare informazioni prima e meglio degli altri. Mettere in contatto le persone e le organizzazioni che avevano bisogno l’una dell’altra sarebbe stata la loro facciata, informazioni più riservate e preziose sarebbero state passate al vaglio per capire le conseguenze che poteva avere divulgarle e, nel caso, a chi sarebbero maggiormente servite. Per il bene del regno, ovviamente.
Trovava che la cosa avesse una certa ironia … negli ultimi tempi aveva assistito a così tante opinioni su quale fosse il “bene” del regno che quella definizione poteva avere significati diversi a seconda di come uno la interpretava. Ed era esattamente in quel senso che l’aveva usata. Per lui, ed era il motivo per cui aveva deciso di costruire quel gruppo di spie insieme al desiderio di potere ed influenza personali, il bene del regno passava per l’accettamento della nuova, debole, forma di governo anche se il suo orgoglio di nobile ne soffriva alquanto dato che non gli era consentito fare quello per cui era nato: fungere da guida ed esempio per quelli sotto di lui. Ormai però era un dato di fatto che non si poteva cambiare. Questo non significava che, lavorando dall’interno, non si potesse assicurare solidità e compattezza al sistema in attesa di cambiarlo nel modo che avrebbe ritenuto più opportuno. Sperava solo che Montu fosse della sua stessa idea.



Progetto di Adel-Numèstara (dopo il tramonto scintillante, un riferimento al tramonto di Basiledra, trasformata in ghiaccio dalla spada di Mathias Lorch e poi distrutta): all’esterno si presenta come un’organizzazione con lo scopo di accumulare, scambiare e vendere informazioni, con l’intenzione di costruire una rete crescente di contatti in tutti gli strati della società, oltre a questo mettendo in contatto gruppi e singole persone che possano beneficiare della reciproca collaborazione. A capo vi è, per ora, Shimmen con Montu (RamsesIII) come suo socio. Altri membri (png) per ora sono Lovissar (un mago ambizioso) ed Enteri (il mio primo pg, un bardo errante dal passato di assassino)
Lo scopo effettivo dell'organizzazione però è il potere di influenzare la nuova gestione del potere, facendo in modo che la (debole secondo Shimmen, in quanto formata da individui senza esperienza di governo) democrazia abbia al suo capo qualcuno di capace e cercando di realizzare il reciproco vantaggio delle varie parti in gioco. Altri opbbiettivi secondari dipenderanno dagli sviluppi futuri.

I punti descritti in questo post sono le prime fasi della realizzazione del progetto, ovvero l'inizio dei recultamenti dei due PNG Lovissar ed Enteri (quest'ultimo mostrato già in fase avanzata), e l'incontro con Montu (pg) che sarà mio socio. Inoltre vi è la prima base di spiegazione, stringata, del perchè Shimmen abbia deciso di creare questo gruppo di spie: a parte il potere personale che le informazioni gli danno Shimmen si rende conto che dopo tanti anni di guerra il regno ha bisogno di stabilità. Non approva la democrazia che si è instaurata, crede fermamente che i Pari siano più adatti a governare in quanto dotati di tradizioni e di esperienza di governo ma comprende che con l'attuale potere di Re Julien ed il favore che il popolo ripone in lui la demorazia in sè non sono non è reversibile ma tentarlo equivarrebbe alla distruzione completa dei regni degli uomini, ovverosia un suididio. Il suo è un tentativo quindi di consolidare da un lato la stabilità del nuovo modo di governo, percepito come debole, e dall'altro di influenzarlo nella direzione a lui più congeniale.


Edited by vulcano1 - 8/9/2015, 10:04
 
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view post Posted on 6/9/2015, 12:57

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~ Il Tempio ~




“Ho gettato le fondamenta di ciò che diventerò ...
Se si dimostreranno solide avrò costriuto una nuova Era.
Se fallisco potrei non rialzarmi più dalle mie stesse macerie”
Erein di Deyrnas




Sorella Rose e Fratello Mark erano sempre stati molto devoti, non fu difficile convincerli a marciare verso la nuova capitale con il nobile fine di evangelizzare le masse ignoranti.
Ai tempi erano Mark il Mercante di stoffe e Rose l’Erborista … Mark era un uomo dalla lingua di miele, capace di vendere sabbia ad bedouin. Affascinante, belloccio, carismatico capace … Ma con un piccolo problema con il gioco d’azzardo. Quando uno dei suoi creditori gli spappolò la gamba con una mazza, gli tagliò due dita e gli strappò la lingua Mark il Mercante divenne Mark il Mendicante e fu’ per pura fortuna (?) che per la sua strada passasse Lord Erein. Il Re Stregone era famoso e temuto, alcuni ne parlavano come di un nobile arrogante, senza scrupoli, devoto solo alla sua ambizione. Altri dicevano che fosse un potente mago in grado di scagliare strabilianti incantesimi, spaventosi sortilegi e di esaudire qualunque desiderio.
Mentre molti scapparono a nascondersi, incapaci di scegliere se considerare Erein un malvagio o un eroe, Mark scivolò ai suoi piedi e iniziò a supplicarlo …
Fu come precipitare in un vortice di sogno e quando si risvegliò, quando riprese coscienza era tornato il Mark di un tempo … No, non lo stesso uomo di una volta. Si era reso conto che doveva dedicare la sua vita ad un bene superiore e Lord Erein gli aveva indicato la via. Gli disse che si stava dirigendo a Ladeca, la città che sarebbe diventata la capitale dei Regni del Leviatano. Gli parlò degli Dei che in quella terra non avevano patria. « Vorrei tanto aiutare altre persone … » - diceva - « … ma il potere degli Dei in quella terra è quasi nullo. Il culto del Sovrano è una vera e propria tirannide. Un culto basato sulla sopraffazione e la violenza. In nome del Sovrano si sono indette guerre, si è perseguitato … Io voglio porre rimedio. Voglio portare la luce degli Dei a Ladeca … Vuoi venire con me? »
Mark aveva accettato senza esitare. Sapeva di fare la cosa giusta.
Ora si trovava in una delle piazze della nuova capitale e usava il suo fascino, la sua abilità con le parole per glorificare gli Dei. Non era da solo: molti altri fratelli e sorelle si erano uniti a loro.
Vestivano una semplice tunica grigio chiaro. Portavano al collo un frammento di specchio e a differenza dei Corvi non nascondevano il loro volto dietro una maschera. Il loro compito era convincere la gente a visitare il Tempio. Li i poveri sarebbero stati sfamati, i malati curati, gli inquieti placati e chi aveva fede a sufficienza poteva sperare di veder realizzate le proprie preghiere. Fratello Mark sapeva, era certo che l’alba di una nuova era stava per venire. Un era in cui gli Dei dimenticati avrebbero risanato il Mondo.


Un edificio circolare di pietra. Semplice, modesto privo di fronzoli. Quello era il nucleo intorno a cui sarebbe sorto il Tempio. Quella sarebbe stato la sua personalissima sala dal pranzo. Non c’erano statue, effigi o arazzi sulle scabre pareti. Non c’erano canti inneggianti a quel dio o a quell’altro. L’altare era di semplice, nuda roccia. Dietro quest’ultimo uno specchio … Lo Specchio.
Era stata una scelta azzardata collocare un artefatto così potente e raro in pubblico, alla portata di chiunque ma Erein non aveva molta scelta. Doveva nutrirsi e doveva farlo subito.
Più il tempo passava e più le cose precipitavano. Giorno dopo giorno sentiva il suo potere affievolirsi, il suo corpo mutare, la sua fiamma indebolirsi. Gwalch Glass lo aveva avvertito doveva trovare una soluzione oppure ….
In ginocchio dinnanzi all’altare il Re Stregone rifletteva. Cosa sarebbe accaduto se avesse fallito?
Semplice sarebbe morto. Ma prima sarebbero accadute cose anche peggiori. Innanzitutto avrebbe perso il controllo. Già accadeva, sempre più spesso … Le sue emozioni non erano mai state facili da controllare ma di recente era diventato persino più difficile. Erano loro, i tre garanti ad influire negativamente.
Ecco perché aveva scelto di portare lo Specchio delle Ombre a Ladeca. Coloro che i suoi nuovi sacerdoti avrebbero convinto a visitare il Tempio si sarebbero accostati all’artefatto e avrebbero scrutato nella propria anima. Avrebbero visto le loro ambizioni, i loro desideri, le loro paure prendere forma. Avrebbero scambiato quelle immagini per una qualche divinità e … Forse, forse si sarebbero convertiti.
Da li la strada era in discesa. Avrebbero pregato ed Erein avrebbe potuto nutrirsi.
La mensa per i poveri, il conforto per gli affranti, il contributo al nuovo ospedale che Lady Azzurra stava edificando erano solo un’esca.
Erein si proponeva di mostrare loro la strada verso le divinità ma loro non sapevano, non potevano sapere che l’unico dio di cui Erein si curava era quello che sarebbe diventato se il suo piano avesse avuto successo.

~ Il Tempio ~
PG: Erein di Deyrnas + Fratelli e Sorelle del Tempio (png)

 
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Stella Alpina
view post Posted on 7/9/2015, 01:37







Quattro Regni, Contea di Ardeal, tempo attuale



La porta della stanza si chiuse con uno schiocco appena attutito, controllata attentamente dal vampiro convocato. La figura avanzò fino nel mezzo della stanza e si mise in attesa di ricevere istruzioni. Gli occhi sbatterono ripetutamente nel tentativo di abituarsi alla nuova e scarsa illuminazione proveniente dal basso fuoco nel caminetto. Fuori dalla finestra l'oscurità premeva sul vetro, la luce della luna coperta dalle nuvole scure. Un silenzio surreale regnava su quella contea, come d'altronde ogni notte accadeva.
Gabriel si alzò dalla poltrona su cui sedeva e si voltò in tutta calma, senza sentirsi in dovere di accogliere il nuovo arrivato. I suoi occhi si incrociarono con quelli del vampiro convocato per un attimo, poi senza troppe cerimonie gli indicò una sedia appoggiata ad una parete, abbastanza lontana dal fuoco. L'altro non se lo fece ripetere due volte, in un attimo era già accomodato. Un leggero brivido gli si mosse nel corpo, ma non di paura, piuttosto di eccitazione. Sapeva che il suo signore l'aveva convocato per qualcosa di importante e la sua attenzione in quel momento tendeva completamente al vampiro in piedi davanti alla finestra.
Il conte appoggio una spalla ad uno dei lati della finestra e piegò la testa leggermente di lato, scrutando con attenzione il vecchio seduto.


« Da quanto tempo ci conosciamo, Alastor? »


Il vecchio attese qualche istante prima di rispondere, per assicurarsi non fosse una domanda che non richiedeva intervento da parte sua.


« Saranno circa duecento anni Gabriel. »


Il conte abbozzò un sorriso a quella risposta e annuì divertito. Era vero, conosceva quel vampiro da quando era un ragazzetto. E all'epoca Alastor era uno dei servi più fedeli e anziani della contessa.


« Già... ne abbiamo passate tante insieme. Questo è il motivo per cui ho scelto te per questa particolare... missione. Ho bisogno di qualcuno che comprenda l'importanza del portare a termine quest'impresa, qualcuno di cui io possa avere fiducia cieca. Ma prima di arrivare al punto, per permetterti di capire al meglio, vorrei raccontarti una storia. Me lo concedi? »


Alastor alzò lievemente le spalle e fece un gesto con la mano ad indicare di proseguire, poi si accomodò meglio sulla sedia preparandosi ad ascoltare.


« Molto bene... dunque, non molto tempo fa e non molto lontano da qui, in una contea sperduta e poco considerata, governava un conte. Un uomo qualunque incaricato di mandare avanti la baracca, se capisci cosa intendo. Come ogni potente, faceva i suoi propri interessi e considerava la gente del popolo giusto il tanto che bastava a tenerli calmi. La poltrona sotto il culo ce l'aveva insomma. »


Il vecchio sussultò e si lasciò scappare un sorriso che il conte notò ma senza dargli troppo conto. Gabriel era stato educato ad usare un linguaggio appropriato, ma a volte, quando si trovava in intimità con gente di cui si fidava, si lasciava andare un po'.


« Beh, questo conte pensava di essere al sicuro da ogni tipo imprevisto. Aveva le sue guardie a proteggerlo e a tenere a bada situazioni spinose, aveva i suoi lacchè sempre pronti a servirlo e riverirlo in ogni suo capriccio, aveva amanti in grado di soddisfare i suoi bisogni giornalieri e persino incaricati di appagare i suoi appetiti smisurati. Quel conte era a casa sua e nessuno l'avrebbe disturbato. Almeno secondo lui. »


Gabriel si allontanò dalla finestra e si spostò dietro la scrivania, alle cui spalle vi era una portafinestra aperta che dava su un balcone.


« Con tutta questa gente al suo servizio, quel conte così sicuro di sé, non si accorse della polveriera che stava per esplodergli in casa. Bastò l'arrivo di un semplice straniero. Un uomo dalle dialettiche appropriate, dal giusto intuito e dall'ambizione scalpitante. Aggiungerei anche qualche potere fuori dal comune, ma questo non è conosciuto ai più. In poco tempo la massa scoordinata di popolani si riunì sotto un unico proposito: liberarsi del loro conte per trovarne un altro in grado di salvaguardare i loro interessi. Le guardie mantennero il sangue freddo e affrontarono la massa incontenibile. Ma il pericolo più grande per il conte non arrivava da loro, bensì dallo straniero che silenziosamente si era introdotto all'interno del palazzo. »


Alastor a quel punto della storia aveva ben capito di cosa il suo conte stesse parlando, ma per curiosità resse il gioco.


« Ho una brutta sensazione per questo povero conte... cosa gli accadde? »


Gabriel, che fino a quel momento aveva osservato il paesaggio al di là del balcone, si voltò verso il vecchio con un sogghigno stampato sul viso.


« Oh beh... ha fatto un tuffo di testa dal balcone della suo salotto. Comprendi dove voglio arrivare, Alastor? »


Il vampiro si alzò dalla sedia e si avvicinò al suo signore fissandolo dritto negli occhi.


« Credo di si, stiamo parlando di controllo e gestione della situazione. »


Gabriel sorrise genuinamente ed annuì velocemente.


« Esattamente! Molto bene, vedo che mi hai seguito. Se questo conte invece di badare ai suoi piaceri avesse fatto più attenzione ai dettagli, sarebbe ancora in vita probabilmente... no in realtà nel suo caso non aveva molte possibilità, ma la questione è un'altra. Informazioni. Sono la chiave di tutto. Più informazioni si posseggono, più controllo sulle situazioni si può avere. Più controllo si ha, più potere si ottiene. Ma più di ogni altra cosa, più tempo la testa rimane sulle spalle. Tu sei già a capo della mia rete di informatori qui ad Ardeal e devo dire che finora hai svolto un lavoro egregio. Ma il centro di potere si è spostato altrove. Ardeal non basta più ahimè. Per assicurarsi un posto nel mondo bisogna guardare un po' più in là del proprio orto. Dati gli ultimi eventi, il Re ha deciso di stabilire la nuova capitale del regno a Ladeca. Si tratta di una misera cittadina che però in breve diventerà il centro di tutto. Ora... se voglio restare nel gioco di potere, avrò bisogno di quante più informazioni possibili... »


Gabriel non terminò la frase perché Alastor già si era messo in azione. Aveva preso una piuma dal calamaio della scrivania, un pezzo di carta, ed aveva cominciato a scrivere qualcosa.


« Vuoi che io crei una nuova rete di informatori al tuo servizio nella città di Ladeca? »


Il conte si accomodò sulla sedia dietro la scrivania e osservò bene il vecchio vampiro.


« Precisamente. Ma il gioco lì è molto più importante che nella semplice contea di Ardeal. Ci saranno in gara poteri molto più grossi e pericolosi. Ho bisogno di poter riporre una fiducia incrollabile negli informatori e nelle informazioni che mi arrivano. Sai cosa vuol dire questo? »


Alastor smise di scrivere poggiando la piuma delicatamente nel contenitore. Alzò lo sguardo dal foglio lentamente per portarlo ad incrociare quello di Gabriel. Rifletté qualche istante su quelle parole e quando intuì dove voleva arrivare sorrise, genuinamente, mostrando in bella vista i canini appuntiti e assetati di sangue da vampiro.









Quattro Regni, Contea di Ardeal, tempo attuale


« Molto bene. Cosi sia allora. Sia io che Ainwen parteciperemo economicamente alla costruzione dell'ambasciata a Ladeca. »


Lo sguardo del conte si spostò da un ospite all'altro. Davanti a lui Azzurra e Erein sedevano comodamente gustandosi i resti della cena. Al suo fianco Ainwen, vestita di cremisi, forse per far piacere ai suoi occhi. Era stata lei a chiedergli di tenere quella cena lì ad Ardeal e lui non aveva saputo dirle di no. Non vedeva di buon occhio l'idea di scialacquare a quel modo il suo patrimonio, ma i vantaggi erano abbastanza evidenti e loro, in quanto nobili, non potevano permettersi di rimanere nell'ombra. Bastava poco per perdere il potere acquistato fino a quel momento, bastava un niente per cadere in disgrazia o peggio essere dimenticati. Contribuire nella creazione di un centro di potere comune avrebbe innalzato il loro nome notevolmente.
I suoi occhi si incrociarono con quelli di Erein. Un piccolo rigurgito di fastidio gli venne su dal petto, ma riuscì a trattenerlo prima che potesse attirare l'attenzione. Ricordava bene l'atteggiamento avuto da quel borioso orecchie-a-punta non molto tempo prima nel mondo parallelo in cui erano stati trasportati durante il comizio a Ladeca. Ricordava ogni dettaglio della sua insolenza e ogni promessa di vendetta che si era fatto quel giorno. L'unico motivo per cui ancora non aveva agito era che sentiva non era ancora giunto il giusto momento. Inoltre il suo recente avvicinamento a Ryellia aveva complicato ancora di più le cose, costringendolo a far attenzione persino alle parole pronunciate. La vendetta è una pietanza che va servita fredda, si era detto. Inoltre di tempo, lui, ne aveva in abbondanza. L'accorgimento più immediato era stato quello di permettergli di partecipare alla cena. Tieni i tuoi amici vicino e i tuoi nemici ancora di più. Era un detto piuttosto appropriato per l'occasione. Buon appetito Erein.
Lo sguardo si spostò poi su Azzurra. Altro grande punto interrogativo della serata. Quella donna sembrava acquistare fama ogni giorno di più. Interveniva in ogni questione con la spigliatezza di un predicatore di fronte ai suoi seguaci. Inoltre anche lei era strettamente collegata a Ryellia, il che rendeva pure lei intoccabile. Se si considerava anche Aedh, la famiglia Lancaster stava mettendo i bastoni tra le ruote a Gabriel in ogni questione.


« D'altronde se c'è qualcuno in grado di far partire questo progetto siamo proprio noi seduti qui a questa tavola, non vi pare? »


Un silenzioso sospiro seguì a quella frase assolutamente di circostanza. Azzurra attendeva risposta alla sua proposta e Gabriel cercava di prendere tempo, perché sapeva che dalla frase successiva altri soldi avrebbero preso il volo.


« E per quanto mi riguarda, prenderò parte finanziariamente anche al progetto dell'ospedale della magnanima Azzurra. Contribuire ad un pensiero così bello mi sembra quasi un obbligo. »


Sotto il tavolo, la gamba si accostò a quella di Ainwen premendo con abbastanza forza da spostarla ma senza farle male. Doveva capire che il suo animo era più teso di quel che sembrava. Gettare i suoi soldi al vento per quattro straccioni bisognosi di abbracci era davvero l'ultimo dei suoi pensieri, ma un vantaggio poteva essere tratto persino da quella oscenità.
Infine si alzò dal tavolo prendendo con sé il bicchiere pieno di liquido rosso che vino non era e lo portò in alto.


« Propongo un brindisi a questi meravigliosi progetti, sperando che riescano a prendere il volo per allietare il popolo di Ladeca. »


Bevve dal calice gustando il metallico sapore del sangue e in quell'istante rifletté meglio sulle prospettive. Portò il bicchiere davanti agli occhi osservando il liquido denso ondeggiare all'interno e sorrise. Forse quella serata non era poi tanto male come aveva pensato.









Quattro Regni, Ladeca, tempo attuale


Adametrio sfogliava stancamente la pila di fogli accatastati sulla scrivania senza darci veramente troppa attenzione. Non era la prima volta che li sfogliava, a dire il vero era tutto il pomeriggio che non faceva altro. Non poteva credere ai suoi occhi. Aveva ricevuto quantità sproporzionate di ordini, progetti e proposte per la costruzione di nuovi edifici a Ladeca. Non avrebbe mai potuto immaginare un tale aumento di lavoro. In un solo giorno era quintuplicato e aveva il terrore potesse aumentare ancora il giorno dopo. La sua ditta si occupava di costruzioni di abitazioni ma aveva ricevuto ordini di costruzioni di ogni tipo. Aveva ricevuto l'ordine di costruzione persino di un bordello, ordine che aveva prontamente rifiutato stracciandolo in mille pezzi. Non costruiva quelle cose là lui.
La sedia scricchiolava sotto il suo peso e il tavolo non sembrava in condizioni migliori sotto tutti i fascicoli dei progetti. Non aveva tempo per tutta quella roba. Non sapeva come uscirne, dove avrebbe trovato il tempo per tirar su tutte quelle costruzioni? E gli uomini per costruire sarebbero bastati?
La porta si spalancò improvvisamente facendolo sussultare, per la felicità della sedia che prese a soffrire ancora di più tra scricchiolii vari. Un paio di fogli svolazzarono a terra per la folata d'aria proveniente dall'esterno, ma Adametrio non si sforzò nemmeno di piegarsi a raccoglierli, potevano rimanere pure lì per quanto lo riguardava.
Di fronte a quell'omaccione si profilava la sagoma controluce di una donna, i cui abiti rilucevano particolarmente sotto l'illuminazione, quasi brillavano. Un misto di curiosità e di inquietudine lo prese mentre osservava la donna avanzare in tutta calma nel centro della stanza, di fronte alla scrivania dietro cui stava rifugiato lui. Non sembrava avere intenzioni negative, per sua fortuna, non avrebbe sopportato un ennesimo tentativo di minaccia per il completamento dei lavori.
La donna si osservò intorno soffermando lo sguardo appena sulla pila di fogli ammucchiati sul pianale in legno. Lui percepì un sorriso sul suo viso per quanto non riuscisse bene a guardarla in faccia. In tutta calma lei si voltò e chiuse la porta, lasciando fuori i raggi di sole. Il vestito si fece meno brillante e il viso della donna finalmente fu più definito. Era una bellissima donna, dai tratti delicati e dagli occhi provocanti. I capelli corvini avevano un che di esotico, un tocco che rendeva perfetto l'aspetto.


« Siete voi il mastro costruttore Adametrio Costa? »


Una piccola risatina maliziosa seguì quella frase, risuonando quasi come abbellimento conclusivo. L'omone cercò di ricomporsi dandosi un contegno.


« Ce-ce-certo sono io Adametrio Costa! Come no! Io in persona! In cosa posso esservi utile mia signora? »


Una mano passò velocemente sulla fronte imperlata asciugandosi il sudore in eccesso, mentre l'altra scattò verso il basso a sistemare la camicia dentro i pantaloni.


« Oh per fortuna, finalmente vi ho trovato! Vi ho cercato a lungo, sapete? »


L'uomo ingoiò al volo l'ammasso di saliva che gli si era bloccato in bocca e si agitò sulla sedia.


« Mi-mi-mi cercavate da molto? Oh, cielo... sono sempre stato qua! He-he... Per cosa mi cercavate? »


La donna sorrise nuovamente, delicatamente, poi si avvicinò ad un passo dalla scrivania. Solo in quel momento l'uomo si accorse che portava con sé un piccolo insieme di fogli.


« Beh io avrei un ordine di costruzione da consegnare, con la specifica di assicurarmi sia il primo ad essere costruito. Sapete è un palazzo molto importante e mi hanno detto che voi siete certo il migliore! »


La donna poggiò i fogli sulla scrivania proprio sotto il naso del mastro costruttore e si allontanò di nuovo.


« Il mi-mi-migliore? Si si, ovvio! Ma vedete io... »


« Oh, forse non potete? Ma certo, che sciocca, voi sarete così impegnato con altri progetti! »


La donna si rattristò in modo abbastanza evidente da far sussultare sulla sedia nuovamente l'omone.


« Oh n-n-no! Ma santo cielo, certo che posso aiutarvi! Ci mancherebbe... »


In un attimo il volto di lei cambiò espressione tornando serena e sorridente all'udire quelle parole.


« E sarà il primo ad essere costruito? »


« S-s-senz'altro! Ci potete contare! »


Il sorriso di lei si spalancò enormemente illuminandole il viso.


« Che meraviglia! Grazie mille allora! Ci risentiremo dunque, vi lascio al vostro lavoro. Con permesso. »


La donna si voltò elegantemente e si avviò verso la porta dando le spalle all'omone.


« v-v-vi farete risentire? Eh beh certo, se no io come... ecco. Ma...! Voi come vi chiamate? »


Non si voltò neanche nella risposta, le bastò lanciargli uno sguardo da sopra la spalla per accontentarlo.


« Adelia. »

E uscì.









Quattro Regni, Ladeca, tempo attuale


La taverna si era svuotata da poco e gli avventori si erano dileguati lasciando appena una manciata di ospiti all'interno del salone. Il locandiere sistemava le sedie intorno ai tavoli mentre una cameriera passava uno straccio sui pianali in legno per pulire il lerciume sparso qua e là. Un uomo dal fisico asciutto e muscoloso appoggiato ad un tavolo contava il numero di firme presenti su di un foglio e annuiva ad ogni nome che indicava, cercando di ricordare a chi appartenesse. Accanto a lui un altro uomo, più in carne ma comunque ben formato si occupava di scolarsi le ultime gocce di quella birra dal sapore appena decente ma pur sempre gradita. Lo sguardo si spostò sul compagno concentrato a contare e con un movimento del boccale verso di lui attirò la sua attenzione.


« Beh come siamo messi? »


L'altro riportò lo sguardo sul foglio e finì in quell'istante il conteggio delle firme.


« Siamo arrivati a cinquantatré uomini in tre giorni di arruolamento. Direi che non è male. Se continuiamo a questo ritmo, tra qualche giorno dovremmo concludere le iscrizioni. »


Batté velocemente con le dita su un paio di nomi e poi ripiegò il foglio infilandolo nella saccoccia.


« Diavolo, non è affatto male! Un buon inizio senza dubbio. »


L'altro annuì allegramente e si sporse sul tavolo a prendere il boccale rimasto dall'altra parte del pianale. Finì la birra in un sorso veloce e poi sbatté il boccale con forza sul legno. Il boccale tremò ma rimase intatto.


« Su, è ora di coricarci, domani ci aspetta un'altra bella giornata come questa. »


Senza aspettare la risposta del compagno, l'uomo si avviò su per le scale in direzione della stanza presa in affitto nella locanda.


« Si, si, tu vai pure. Io rimango ancora un po' qui in compagnia della mia bella. »


La mano passò delicatamente sul boccale, accarezzandolo come fosse il corpo formoso di una donna. L'altro rise intuendo al volo cosa intendesse, senza neanche voltarsi a guardare il suo gesto. Lo conosceva troppo bene.
Le scale lo portarono su un corridoio stretto e ben illuminato da candele sospese sui ganci attaccati alle pareti. Contò quattro porte da destra e poi infilò la chiave nella serratura della quinta. La porta si spalancò in relativo silenzio e di fronte a lui comparve la stanza, una spartana camera con scrivania e armadio, oltre alla brandina al lato dell'ingresso. Chiuse la porta dietro di sé e senza neanche spogliarsi si stese sul lettino. Entrava appena, gli venne da ridere nell'immaginarsi il compagno sdraiarsi sul suo letto. Non sarebbe entrato, forse sarebbe caduto durante la notte al primo accenno di movimento. Gli occhi fissi sul soffitto bianco della camera, lasciò andare i pensieri cullandoli nel buio. Forse finalmente con quel lavoro avrebbe fatto qualcosa di buono nella vita. Basta stupide risse nelle taverne e scommesse andate male. Ora un futuro si prospettava davanti a lui. Un mercenario al soldo dei più ricchi, una compagnia creata da lui e dal suo compagno. La migliore di tutte quelle presenti in Ladeca e chissà, magari se la fortuna girava bene, il loro nome sarebbe arrivato anche al di fuori della futura capitale. Da qualche parte bisognava pure cominciare no?
Un brivido gli percorse la schiena e i peli delle braccia gli si rizzarono. Spostò la testa di lato a fissare il resto della stanza. Cos'era quella strana sensazione che gli era presa? Aveva imparato a fidarsi delle sue percezioni. C'era qualcosa in quella stanza. Si mise a sedere sul letto osservandosi attorno. Avrebbe voluto impugnare un'arma ma ancora non erano arrivate quelle da lui ordinate. Sembrava tutto apposto, nessun rumore strano o ombra sbagliata. Sbatté gli occhi un po' di volte per accertarsi di non essersi sbagliato, poi si sdraiò nuovamente. Il soffitto bianco ritrovò il suo sguardo. Sarebbe stata davvero una bella avventura, ne era sicuro.
Una mano si appoggiò pesantemente sulla sua testa bloccandone il movimento, un'altra sul suo petto impedendogli di alzarsi. Si spaventò a morte ma non riuscì a reagire in tempo. Una forte fitta al collo lo fece tremare. Il suo corpo si contorse, tra uno spasmo e un altro. Gli occhi gli si rivoltarono all'indietro lasciando visibile il bianco della sclera. Un rivolo di sangue calò verso il basso sporcando appena le lenzuola pulite.
Così come era arrivato, l'essere si staccò. L'uomo non riuscì più a muoversi, aveva dei tremori costanti e qualcosa che lo paralizzava. Tutti i sensi però funzionavano. Sentì una voce calma e profonda rivolgerli la parola.


« Non vi preoccupate, siete ancora vivo e lo resterete per un bel po'. Non sapete ancora cosa vi succede ma presto capirete. Benvenuto nella mia famiglia. Bene... ora che abbiamo svolto i convenevoli credo sia il caso di passare al punto principale della conversazione. Vi chiederete il perché di questa intrusione. Diciamo che mi sono particolarmente interessato al vostro progetto e ci tengo in modo sincero a che voi lo portiate a termine. Ho solo dei piccoli appunti da fare che credo capirete e accetterete in tutta tranquillità. Il reggimento che state creando prenderà il nome di "I sanguinari di Ardeal". E' un bel nome, non trovate? D'effetto senza dubbio. Resterete voi al comando, come avevate prospettato, ma voi sarete sotto il mio. Servirete me e la mia contea. Deciderò io il destino del reggimento. Sarete ufficialmente la mia guardia personale e sarà mio piacere decidere se e a chi concedere i vostri servigi in caso di occorrenza. Ogni decisione del reggimento dovrà prima passare da me, insomma. Ci sono obiezioni? No? Come immaginavo. Bene, ora dormite e rimettetevi presto, noi ci rivedremo a breve. »


La stanza tornò ad essere silenziosa, i tremori del corpo pian piano diminuirono fino a finire del tutto. Gli occhi dell'uomo si chiusero, il sonno arrivò in un istante. Un sonno pieno di strane immagini e di sangue, molto sangue.



Questi sono i miei infiniti 5 progetti:

Scena prima:

- bloody cobweb ~ Una rete di informatori Vampiri, notare bene Vampiri, in tutta Ladeca a più livelli sociali. Tutti trasformati appositamente per questo lavoro in modo da dare fedeltà assoluta alla famiglia.

Scena seconda:

- La voce del regno ~ Collaborazione di Gabriel per la creazione dell'ambasciata.

- Ospedale Generale della Misericordia ~ ... wtf ma che nome! :V Comunque collaborazione di Gabriel per la creazione dell'ospedale.

Scena terza:

- Dove c'è Ladeca c'è casa ~ Costruzione del palazzo personale di Gabriel, sede distaccata a Ladeca. (casa sua è comunque Ardeal ;D)

Scena quarta:

- I sanguinari di Ardeal ~ Creazione di un reggimento di Vampiri, notare bene Vampiri, al servizio di Gabriel. Tutti trasformati appositamente per questo lavoro in modo da dare fedeltà assoluta alla famiglia.




 
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miky1992
view post Posted on 7/9/2015, 12:53




Dopo aver aiutato la compagnia teatrale ad avviare il progetto Stig decise che doveva darsi da fare e trovare un lavoro vero per guadagnarsi da vivere in città. In teoria di lavori in una città in espansione se ne trovavano parecchi, ma ora che ne aveva la possibilità voleva trovare qualcosa che valorizzasse le sue qualità. O per meglio dire: che lo aiutasse a farsi un idea più completa della società di Dortan e comprendere appieno ciò che avrebbe voluto fare nel futuro. Doveva prendere una decisione, capire come voleva comportarsi con quelle creature. Aveva bisogno di un obbiettivo, oltre a una fonte costante di denaro per finanziare le sue ricerche. Fare il mercenario rende, ma rischiare ogni volta la pelle non è esattamente uno spasso. L'occasione si presentò sotto forma di un piccolo manifesto appeso al muro di una taverna:
Ospedale Generale della Misericordia -
Si cercano volontari per la costruzione ed il mantenimento del nuovo ospedale di Ladeca.
Occorrono speziali, dottori, alchimisti e guaritori, oltre a inservienti e a persone di buon cuore desiderose
di servire la comunità con ogni mezzo a loro disposizione. I lavori inizieranno al più presto.
Madre Marianne, che potrete trovare nei quartieri popolari, sarà la vostra referente.

Stig lo strappò dalla parete, lo accartocciò e se lo infilò in tasca. Devo trovare questa Madre Marianne. Lavorare come curatore non era un opzione che aveva mai preso troppo in considerazione, non per mancanze tecniche, semplicemente non gli era mai capitato di prendere seriamente l'idea. Eppure le capacità di base le aveva, se ne era reso conto anche dopo lo sfortunato incidente con Ettore. In fondo curare il prossimo è un compito nobile e in linea di massima spezzare vite è meno gratificante che salvarle. Trovare Madre Marianne non fu difficile, trovati i quartieri popolari bastò fare il suo nome per essere indirizzati verso la referente. Trovata la donna Stig educatamente si presentò e disse: - Sono pratico delle arti di guarigione e sono disposto a mettermi al servizio dell'ospedale per apprendere il mestiere e aiutare come posso nella sua realizzazione. Ditemi cosa devo fare e lo farò. Rimase in silenzio per un istante, poi continuò. - Io torno alla compagnia, mi rifarò vivo. Se vi servo cercate il cantiere dell'accademia dei bardi. Disse e se ne andò.



Si, il post è ignobile. Mi dispiace.
allora il mio primo post di cui questo sarebbe la conclusione tratta della costruzione dell'accademia dei bardi e di un teatro per loro. In questo il mio pg si mette al servizio del futuro ospedale. :sisi:
 
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view post Posted on 7/9/2015, 16:10
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Dama Ainwen, che piacere incontrarla.
Shimmen in realtà si sentiva a disagio in sua presenza, ed era sicuro che lei lo sapesse dietro quel suo sorriso freddo: ancor più di molte altre esponenti del gentil sesso la trovava inquietantemente scaltra e manipolatrice. Sempre in grado di sgusciar via tra parole e graziosi saluti sembrava odiosamente in perenne controllo della situazione, sicura di sé.
Tuttavia secondo le sue informazioni era lei la mente dietro alla formazione di certi schieramenti dei Pari nel nuovo Parlamento ed a lui premeva sapere se quelle voci corrispondevano a verità primo, e secondo poteva essere una potente alleata nel conoscere cosa succedeva nella politica ed anche nell’influenzarla. Voci dicevano che lei ed un suo amante, un uomo dal fisico possente nonostante l’età avanzata, avessero già versato somme consistenti nelle borse di certe persone in cambio di favori.
Il silenzio si stava allungando, denso come fango tenace. Ma gli era difficile iniziare una conversazione e la presenza di lei, del suo leggero odore sul sottofondo di quelli della locanda, lo inibivano in un modo che non avrebbe saputo spiegare.
Come vanno le cose qui, per il meglio spero?
Una frase di circostanza, un modo per rompere il ghiaccio.
Un altro sorriso freddo.
La nuova capitale è caotica quanto la precedente. Mi auguro si riveli più utile.
Non gli avrebbe reso le cose più facili, proprio no. Le sorrise a sua volta, un sorriso che non aveva calore ma tensione e si accomodò alla meglio sulla sedia davanti a lei.
Senza dubbio.
Lasciò pesare quella parole come un macigno.
Un altro lungo silenzio.
Trovo il nuovo sistema di governo abbastanza … instabile. Lascò cadere apposta l’allusione, sapendo che lei era abbastanza arguta da coglierla al volo. Che esperienza di governo potranno mai avere persone che fino ad ieri erano in strada? Macellai. Fabbri. Contadini. La tensione lo faceva parlare quasi per monosillabi, e dentro di sé si impose di essere più rilassato, di seguire il piano che aveva pensato. Sono sicuro che ci voglia qualcuno che si prenda la briga di indirizzare le cose per il verso giusto. Altra allusione.
Congiunse le dita, protendendosi appena sul tavolo. Era il momento di raccogliere l’amo che aveva lanciato.
Chi meglio di noi Pari potrebbe farsene carico, dico io? Ho sentito che vi siete già messi all’opera e ritengo di poter essere d’aiuto, anche se la politica non rientra tra le mie ambizioni.
Provò un piccolo moto di orgoglio nel vedere un'espressione sorpresa sul volto della sua interlocutrice, fuggevole come uno sbuffo di fumo sul volto di quella donna potente e subdola, sosituita subito da un altro dei suoi sorrisi di ghiaccio.
Il popolo governa con la pala e con la corda, la stessa che stringe al collo di chi sede sul trono, in bella vista. Ma quella persona, Lord Kasumaki, fortunatamente non sarò io.
Non potè fare a meno di chiedersi se fosse una velata minaccia alla sua persona, alle sue ambizioni passate di essere la mente dietro il trono della Shogun Dalys e che aveva dovuto ridimensionare, capendo di non essere affatto tagliato per il governo, o forse era una dichiarazione di intenti. Strinse la mascella, deciso a non farsi intimorire.
Qualsiasi aiuto vogliate darmi nei miei futuri … progetti … in tal senso sarà dunque bene accetto. Dopo tutto l’unione fa la forza.
Potrebbe interessare sapere che il fratello di Sir Galedon ha perso una consistente parte della sua rendita, proprio l’altro ieri, proprio in una certa casa da gioco nelle vicinanze? Shimmen assunse un’espressione astuta. Ormai era chiaro che Ainwen non voleva esporsi pubblicamente, assumere un ruolo aperto nella vicenda, e che avrebbe ricordato il favore e chi glielo aveva fatto anche se l’idea di rivederla presto … brrr!. La notizia non è ancora trapelata, Sir Galedon deve esserne furioso ed amareggiato insieme … magari tale notizia non avrà bisogno di essere resa pubblica. Da qualche parte potrebbe spuntar fuori un benefattore a salvare la situazione …
Anche lei ormai aveva un sorriso scaltro stampato sul volto. Viaggiavano allo stesso ritmo adesso.
I corsi e ricorsi del fato, in effetti, sono sempre mirabili, Lord Kasumaki. Sono certa che insieme avremo modo di commentarli spesso.
Era fatta. Era fatta. Ora via da li in fretta, meno stava in sua compagnia meglio sarebbe stato. L’attimo di empatia si dissolse mentre si alzava, ben lieto di allontansrsi da una delle persone che nel regno lo mettevano più a disagio, e lo attiravano però per questo, più di molti altri pericoli.
Sarebbe davvero un piacere, Signora. Si accomiatò.
La vostra è una compagnia che certamente non manca di arguzia e spirito.


Mi unisco al progetto di Ainwen (Majo Anna), per la costruzione di una coalizione di nobili corrotti, con il mio PG. La modalità è quella di fornirle un'informazione che le consentirà di corrompere un esponente della nobilità il cui fratello ha sperperato buona parte delle sostanze della famiglia in una spericolata sera al tavolo da gioco.
Spero di aver ruolato bene il malus di timore nei confronti delle donne (malus RoW).
 
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Ashel
view post Posted on 7/9/2015, 18:55






Ladeca non era altro che un agglomerato confuso e informe di casupole di legno, di recente costruzione, priva di qualsivoglia grazia o attrattiva.
A lungo aveva sentito parlare della nuova capitale dei Regni del Leviatano, che occupavano gran parte del territorio occidentale di Theras e per secoli avevano costituito la più florida e fiorente società del continente, sfibrata e consumata dalle guerre intestine e da colpi di stato susseguitisi nel corso delle generazioni per l'ottenimento del potere. Di quella porzione di storia Cassandra non possedeva che informazioni frammentarie, spesso filtrate dai racconti dei marinai che interpellava nelle bettole di Dorhamat, i quali non facevano che infarcire i loro resoconti di elementi leggendari e di aneddoti fantastici.
Aveva viaggiato a lungo per raggiungere Ladeca, affiliandosi a una carovana di mercanti e semplici curiosi in partenza dalla città portuale, ma nonostante la totale assenza di comodità e pulizia era riuscita a stringere amicizia con alcuni nani che la informarono brevemente dei progetti di Re Julien per la nuova capitale del Leviatano.
Cassandra si era ripromessa di non sprecare la possibilità che le sue sorelle le avevano dato, così, una volta arrivata a Theras, aveva deciso di viaggiare il più possibile; la priorità della sua missione era certamente quella di indagare sui fatti dell'abisso, ma molte cose l'avevano portata lontana dalle città costiere dell'Akeran, nel corso di quei lunghi mesi di permanenza sulle terre emerse: nelle profondità del Surgun-Zemat, sulle coste del Matkara selvaggio, in una isolata e dimenticata porzione del Plaakar...
Erano molti i luoghi che aveva visitato e molte le informazioni che aveva riportato sul suo diario di viaggio con lo scopo di scrivere un resoconto completo, una volta tornata a Oltremare, e compilare un atlante di Theras che potesse finalmente porre rimedio alla condizione di assoluta ignoranza delle sirene rispetto ai territori e ai popoli della terraferma.
Il viaggio per Ladeca, quindi, non le era costato molta fatica e si era anzi sottratta con grande sollievo dal suo odioso soggiorno a Dorhamat. Ne aveva sentito parlare da alcuni marinai appena sbarcati in città: non i soliti scolabottiglie qualsiasi, ma navigatori esperti che si scambiavano informazioni ad ogni discesa a terra e che tenevano le orecchie bene aperte su nuove possibilità di ingaggio e di affari. Uno di loro le aveva parlato di una cittadina in costruzione su un territorio vergine, ricca di possibilità e di occasioni per arricchirsi o, più semplicemente, per rifarsi una vita. Molti marinai, stanchi dei viaggi per mare, avevano lasciato la compagnia navale per impiegarsi come uomini di fatica al soldo di un certo Smith, che a Ladeca progettava di costruire case, palazzi e tutti gli altri servizi di cui una capitale degna di questo nome avrebbe dovuto fornirsi.
Cassandra non era interessata a queste cose, ma le sarebbe piaciuto visitare di persona, e solo per amore della curiosità, questa città di nuova fondazione; un luogo che molti nelle bettole di Dorhamat dipingevano come un nuovo eldorado in cui era facile trovare lavoro e fare soldi, comprare una casa e mettere su famiglia: i lavori sarebbero durati anni e c'era per tutti la possibilità di costruirsi una vita dignitosa e di guadagnare una buona paga settimanale.
Un marinaio della compagnia, però, aveva manifestato un certo disappunto. Era un uomo non più giovane ma ancora robusto e pieno di energia, che vestiva con abiti esotici e portava uno spesso turbante rosso sul capo.

- Pensate tutti a come fare soldi con questa opportunità... Ma siete sicuri che le voci che vi sono giunte non siano, appunto, soltanto voci? Lasciare la vecchia via per la nuova... Chi vi dice che a Ladeca non verrete sfruttati peggio di quanto non avviene ora?

Ma nessuno aveva badato a lui e il discorso si era chiuso con un'alzata di spalle. Cassandra, invece, gli si era avvicinata.

- Voi siete già stato a Ladeca?

- Certamente. Io non sto mai in uno stesso posto troppo a lungo. Mi sono impiegato alla compagnia navale da circa un mese, ma solo per viaggiare per l'Oceano. Mi avevano detto che avremmo compiuto dei viaggi esplorativi per tracciare nuove rotte, e invece non abbiamo fatto altro che seguirne di vecchie e conosciute., disse, buttando giù la sua birra in un sol colpo, Questa gente manca di fegato e pensa a una paga sicura piuttosto che al brivido dell'avventura.

- Parlate come se foste un avventuriero.

L'uomo l'aveva guardata con rinnovato interesse e con una strana luce negli occhi.

- E voi sembrate troppo interessata, signorina, a questa nuova città, per essere una semplice curiosa.

- Anche a me piace viaggiare, si schernì lei, non volendo fornire più informazioni di quanto non fosse necessario.

- Lo vedo. Il vostro aspetto non mente. Di strada per arrivare fin qui ne avete fatta tanta.

Su di loro era calato uno strano silenzio pieno di domande e di aspettative.
Cassandra si era appoggiata allo schienale della sedia e aveva allungato le gambe, mettendosi comoda. L'uomo aveva tutta l'aria di saperla più lunga di lei, ma non voleva dargliela vinta.

- Dubito che possiate anche solamente immaginarlo.

- Avete ragione, sì, disse, ridendo, non ho mai potuto viaggiare così in profondità nell'Oceano. Ma se pensate che voi siate la prima che incontro, vi sbagliate di grosso.

A quel punto la giovane non aveva potuto fare a meno che bere dal suo boccale senza replicare. Non era saggio continuare quella conversazione e aveva pensato che fosse meglio trovare un modo per troncarla o per cambiare discorso, ma lui l'aveva preceduta.

- Perdonatemi, non volevo mettervi in imbarazzo. Comunque, andrò anch'io a Ladeca, domani. I sedicenti conquistatori che organizzano spedizioni da Dorhamat non sono altro che volgari predoni in cerca di facili guadagni, non importa se diretti nell'Edhel o negli oceani sconosciuti. Purtroppo il mestiere dell'avventuriero è uno dei più sottovalutati e molti pensano di poterlo svolgere da dilettanti.
Personalmente preferisco un altro approccio.
Se la cosa vi interessa, signorina, potete raggiungermi a Ladeca tra quattro giorni, oppure rimanere qui e pensare a come impiegare il vostro tempo.


Le aveva rivolto un sorriso indecifrabile prima di alzarsi sistemandosi il turbante e lasciando scivolare dalla tasca qualche moneta.

- Aspettate, io...

- I miei omaggi.

A quel punto si era lisciato i sottili baffi neri che contribuivano a dipingerli in viso un'espressione sorniona e irritante, e aveva quindi guadagnato l'uscita della taverna rapidamente e senza guardarsi alle spalle.
Cassandra, pensierosa, era rimasta immobile tra la calca, in preda a una misteriosa forma di agitazione.

~

A Ladeca aveva preso alloggio presso uno dei pochi alberghi presenti in città, un edificio totalmente spoglio che si differenziava dagli altri per l'insegna e per le volgari tendine appese alle finestre dei piani superiori. La stanza era piccola e scomoda ma il letto era pulito e a Cassandra non serviva altro.
Nessuno fece domande: gli stranieri andavano e venivano ed erano molti a raggiungere la città per la prima volta per trovare lavoro o per fare affari.
Il primo giorno lo aveva dedicato a visitare la cittadina, che era in effetti un grande cantiere a cielo aperto, e a cercare notizie dell'uomo che l'aveva invitata a raggiungerlo laggiù. Ritrovare una persona della quale non si conosceva il nome era praticamente impossibile, a Ladeca; non con tutti quei nuovi visitatori arrivati da ogni angolo di Theras. In prevalenza, notò Cassandra, si trattava di umani e di qualche ricco nano dal forte accento akeraniano, sintomo che, diversamente dalle aperte e multirazziali città costiere del Meridione, in Occidente le cose andavano in un'altra direzione.
Per tutta la durata del soggiorno aveva provato a non dare troppo nell'occhio o ad attirare l'attenzione sul suo aspetto, coprendosi con una mantellina che aveva acquistato al mercato cittadino.
Per due giorni non ebbe notizie dell'uomo che cercava. Lo ritrovò in una delle locande del corso principale, Il Fante di Spade, un postaccio frequentato da soldati e viaggiatori appena arrivati in città; fu lui, piuttosto, a ritrovarla, mettendole una mano su una spalla e salutandola con un breve cenno della mano.

- Siete venuta.

- E voi siete in ritardo.

- Perdonatemi, ho avuto qualche questione da sistemare.

Solo allora notò la ferita sul suo viso, un lungo taglio diagonale che per puro caso aveva solo sfiorato l'occhio destro.
L'uomo era solo e indossava una casacca bianca e il medesimo turbante rosso di Dorhamat; ma questa volta al fianco portava anche una lunga scimitarra dall'impugnatura dorata.

- Sapete, sono un po' confusa circa il vostro invito.

- Lo capisco. Ho parlato di voi a Viviane e si è dimostrata molto interessata alla vostra storia.

- Quale storia?

- La vostra, naturalmente... La vostra presenza qui, a Theras, è già un fatto sufficientemente intrigante, per lei.

- E chi sarebbe questa Viviane? Perché è così interessata a me?

- Potrete chiederglielo di persona, se vorrete seguirmi.
Vi spiegherò lungo la strada.


~

Percorsero un paio di vicoli maleodoranti e superarono un paio di botteghe dall'aria losca, prima di imboccare una strada laterale già provvista di fognature e sufficientemente luminosa rispetto alle altre di quel quartiere.
Non si erano detti molto da quando avevano lasciato Il Fante di Spade, ma Cassandra non aveva più molta voglia di parlare. Temeva di aver fatto uno sbaglio a fidarsi di quell'uomo che nemmeno conosceva e che per di più aveva dimostrato di conoscere la sua identità e la sua provenienza; avrebbe dovuto senz'altro evitare di seguirlo in una città sconosciuta e pericolosa come quella.

- Viviane appartiene a una famiglia nobile della Roesfalda, un casato che per secoli ha governato quelle terre. Ma lei non parla volentieri delle sue origini. A quanto ne so, è rimasta invischiata in un complotto di corte e da allora non ha più rapporti con la famiglia.
Da sempre è appassionata di esplorazioni e ha organizzato moltissime spedizioni nei territori sconosciuti e selvaggi di Theras. E' stato in uno di questi viaggi che ci siamo conosciuti.


L'uomo tacque, pensieroso.
Proseguirono a lungo per quella strada, prima di fermarsi all'improvviso davanti a un edificio che, a differenza di tutti gli altri nei paraggi, era stato costruito usando mattoni squadrati e grossi lastroni di pietra.

- Da allora siamo stati compagni in molte avventure. Ma, come forse sai bene anche tu, a Theras non tutti gli avventurieri sono persone per bene. Molti di loro cercano solo di arricchirsi alle spalle dei più deboli disponendo come vogliono dei territori che per loro sono da considerarsi "vergini". Nient'altro che dilettanti o semplici furbacchioni, talvolta veri e propri criminali che resteranno, però, del tutto impuniti.

Quelle parole le fecero pensare alla spedizione dell'Ammiraglio per il Matkara e al fabbro e alla sua compagnia di arrivisti che volevano fondare nuove città sterminando la popolazione indigena.
Entrarono nell'edificio imboccando la tromba delle scale, che per il momento era illuminata solo da una piccola finestra laterale.

- Così, con il tempo, Viviane ha avuto un'idea. Creare una gilda a cui esploratori e avventurieri possano affiliarsi per avere mappe e indicazioni aggiornate e verificate, finanziamenti per i loro viaggi e rifugi sicuri su tutto il territorio a cui appoggiarsi. La gilda si occuperebbe anche di organizzare delle spedizioni esplorative a scopo pacifico per raccogliere informazioni sul territorio e sugli usi e costumi degli autoctoni. La gilda sarà riconosciuta dal governo centrale e dotata di una propria autonomia.

L'uomo fece una pausa.

- In altre parole, Viviane vorrebbe cancellare le spedizioni dei sedicenti conquistatori senza scrupoli screditandole agli occhi del potere costituito.

Entrarono da una porta di legno che dava su una grande sala quasi completamente spoglia, fatta eccezione per una gigantesca mappa appesa alla parete e una piccola scrivania sovrastata da un numero indefinibile di fogli e pergamene.
Seduta al tavolo vi era una donna dalla pelle chiara e dai folti capelli bruni lasciati crescere appena sopra le spalle: si alzò in piedi accogliendo i due visitatori con un largo sorriso.

- Ah, sei arrivato, Federico.
L'hai portata, quindi.


Indossava abiti da uomo, un'uniforme blu con un panciotto bianco e un pregiato doppiopetto rosso, stivali di cuoio nero e una lunga sciabola legata al fianco.
Nonostante il suo aspetto sembrava dotata di una grazia e gentilezza straordinaria nei movimenti e il suo viso pulito e luminoso emanava una tranquillità e sicurezza assolute. Tutto in lei faceva pensare a una nobildonna dai modi garbati e dall'educazione di prestigio, ma era chiaro che era tanto brava con i convenevoli da signora quanto con la spada.

- Piacere di conoscerti, io sono Viviane.
Benvenuta alla Compagnia degli Esploratori di Ladeca!


Cassandra si guardò intorno disorientata.
Per contrasto, la loro ospite non fece che guardarla con fierezza, visibilmente soddisfatta.



Bene, ecco il mio progetto, come indicato in Confronto: una gilda di esploratori ufficializzata dal Re che possa fornire a tutti gli affiliati il necessario per compiere esplorazioni a scopo scientifico. Insomma, gli scopi per ora sono abbastanza chiari e non credo sia necessario dilungarsi troppo.
Con il tempo verranno alla luce novità circa gli obiettivi della Compagnia, ma per ora ho scelto di non mettere troppa carne al fuoco. ;)
 
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