Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Hatred's End ~ La Volpe e il Leone

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view post Posted on 7/11/2019, 13:13
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Cardine
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Hatred's End
~
La Volpe e il Leone



2Y6lGzd


(...)


    Sedeva da solo nel punto più alto delle rovine. Il tiepido e stanco sole del mattino faticava a riscaldarlo, mentre si celava al di sotto del mantello impolverato. Era quieto; le gambe penzolavano dalla muraglia ma la schiena era curva, come gravata da un peso invisibile. Lo sguardo assente si smarriva nell'orizzonte frastagliato del Talamlith. L'espressione era neutra, le labbra strette appena in una smorfia stanca, ma il movimento degli occhi da un punto all'altro della stretta valle tradiva una tensione profonda e malcelata. Tra le mani, al di sotto di Itinerante, stringeva ancora il dispaccio che non gli aveva fatto chiudere occhio per una notte intera.
    Le parole che la pergamena recava erano state vergate da una mano tremante. Somigliavano più a scarabocchi tracciati in fretta e furia e non recavano sigilli né firme. Frasi confuse e termini gravi dipingevano un cupo presagio che Taliesin, se solo non avesse riposto massima fiducia nei suoi collaboratori, avrebbe liquidato come uno scherzo goliardico. Se lui stesso non avesse udito quella voce, il giorno prima, avrebbe pensato che il messaggio fosse una trovata qualunque per seminare il panico tra le fila dei suoi. Hamek, il vecchio telepate della Ruadh, glie lo aveva consegnato con riluttanza. Nel farlo, i suoi occhi già guardavano altrove: alle spalle del bardo, nel vuoto, verso un futuro che, in una quieta sera di un giorno qualunque, si era tinto di nero. La sua mente era oscurata da centinaia di parole, urla e immagini confuse. Quando gli vennero chieste più informazioni, l'anziano rimase rigido. Allora Taliesin si abbandonò all'ira: lo prese per il colletto e lo scaraventò da una parte, contro un tendaggio che gli crollò addosso con gran fragore. Quello rimase a terra, inerme e tremante sotto il tessuto rosso, ancora troppo impegnato a scorgere figure distanti divincolarsi nel buio. Ci impiegò alcune ore per tornare in sé e mettere in ordine le parole in una frase compiuta. Solo allora, confermati i suoi timori, il bardo stesso gli somministrò una generosa dose di sonnifero e si ritirò riflettere.
    Con lui, a nord, c'erano tre dozzine di uomini più Juan; metà della Ruadh, un manipolo di più di un centinaio tra mercenari, commercianti e avventurieri, stava invece cavalcando a rotta di collo verso nord, attraversando l'Ystfalda e spronando i cavalli al limite delle loro energie. L'ordine di riunirsi in fretta sulle pendici dell'Erydlyss era ormai giunto anche ai membri sparpagliati negli angoli più remoti del continente; in un'altra situazione il bardo si sarebbe persino compiaciuto di tanta efficienza e prontezza dei canali di comunicazione da lui ideati. Il reale significato di tale messaggio era chiaro a tutti: gli uomini troppo lontani per riunirsi alla Ruadh entro qualche giorno di viaggio erano da considerare uomini persi. Avrebbero dovuto provvedere loro stessi alla loro salvezza--e Taliesin non avrebbe potuto contare su di loro per la sua.
    Si perse nel riflettere come lunghi anni erano passati dalle prime scorribande della Ruadh nel Talamlith. Da allora, l'organizzazione si era arricchita e ampliata a dismisura; aveva goduto del caos dilagante nel Dortan e governato, di fatto, numerose strisce di territorio. Si era trasformata da un manipolo di criminali e reietti, perlopiù tagliagole e mercenari occupati principalmente ad arricchirsi e sfuggire alla legge, a una corporazione di avventurieri conosciuta e rispettata quasi ovunque, con propaggini operative verso ogni punto cardinale. Profili diversi ora ne riempivano le fila: commercianti, arcanisti, telepati, esploratori e persino alcuni druidi. Tutti coloro che, come amava ripetere Taliesin, credevano nell'uguaglianza degli uomini ed erano disposti a combattere per la loro libertà. Circa tre centinaia di persone potevano pregiarsi di farne parte ed erano autorizzate a portare sull'avambraccio lo straccio distintivo. Migliaia di persone erano in qualche maniera coinvolte in affari con la Ruadh, ed entrare in affari con essa significava ben più di portare a termine qualche scambio commerciale.
    L'organizzazione era tutto fuorché ferrea e rigida: uomini e donne, litigiosi e ambiziosi, non perdevano occasione di scalare i ranghi facendo valere i loro meriti ai danni altrui. Ma tutti, dal più umile al più pernicioso, ammiravano l'esempio del bardo e tutti, nessuno escluso, temevano gli ordini del beduino. Sotto le loro autorità combinate potevano godere di libertà e uguaglianza e non riconoscere altro signore che se stessi. O così sosteneva il musico. Mantenere le redini di questo enorme carro era spesso un grattacapo per Juan e un fastidio per Taliesin, ma ad anni di sforzi erano seguiti raccolti generosi. Fino a quel giorno.


    Il Beduino risalì il pendio e giunse dal Bardo. Solo allora si tolse il turbante scarlatto che gli copriva gran parte del volto. La pelle arsa dal sole e la barba ispida e incolta esasperavano un'espressione già turbata e sinistra.
    «Eccomi» gli fece, grave. Taliesin lo squadrò con aria smarrita. «Mi hai detto di tornare all'alba» aggiunse. Il bardo annuì e raddrizzò la schiena.
    «Certo. Juan, amico mio. Siediti accanto a me» mormorò. Gli fece posto sulla muraglia. Il beduino vi si inerpicò con uno scatto vigoroso e gli si sedette accanto. Rimasero così, in silenzio, per qualche istante.
    «Abbiamo fatto così tanta strada, vecchio mio. Non è vero?»
    «Non ricordo quanti stivali ho dovuto cambiare, ma ricordo che ogni volta era un paio più comodo del precedente. Cosa c'è di diverso, adesso?» gli chiese, mentre la sua espressione si rilassava appena. Udì un sospiro uscire dalla bocca serrata del bardo: non succedeva mai.
    «Il Kishin.»
    «Abbiamo provviste e risorse a sufficienza, il sostentamento non ci manca. Con la magia di Herbert possiamo attraversare il passo di Calon Iâ in qualche giorno appena e con centocinquanta uomini possiamo occupare una fortezza dell'Ystfalda. Non è la prima volta che provano a spazzarci via. Siamo pronti a questa eventualità e non c'è esercito che possa prenderci per fame o per--»
    «Forse» lo interruppe, «forse dovremmo prendere due dozzine di uomini, i migliori, e scappare verso la costa. Arrivare a Noatun e lasciarci il continente alle spalle. Io e te. Forse dovremmo.»
    «So che non diresti mai una cosa del genere, se non fossi disperato» gli rispose Juan.
    «Prima che ci conoscessimo, fratello mio, ero solito immischiarmi negli affari del Nord. Prima che questo posso si chiamasse Edhel, quando ancora vi era una Regina a cui prestare fedeltà. Conosco ciò che cosa sta arrivando. Questa, Juan, potrebbe essere la fine.»
    Il bardo non era solito farsi prendere dallo sconforto. Il beduino non sapeva bene come comportarsi. Dopo essere rimasto zitto per qualche istante ancora strinse i pugni e incrociò lo sguardo del compagno.
    «E allora non perdiamo tempo, Taliesin» ruggì.
    Rimasero a discutere sul da farsi per quindici minuti. Il beduino fece il punto su uomini e risorse a disposizione, mentre l'altro ponderava le opzioni e gli indicava come procedere. Il bardo prese poi a raccontargli del Sorya, di Alexandra e dei Leoni: non era la prima volta che lo faceva ma in questa situazione il suo tono era privo del solito orgoglio. Non indugiava sui dettagli e sorvolava su ciò che era accaduto tanto che, se il beduino non avesse già udito quella storia una dozzina di volte, avrebbe fatto fatica a seguire il discorso. Quando infine si zittì, a Taliesin parve di trovarsi in un luogo sconosciuto ed essere giunto lì per caso.
    «La Ruadh ti segue, Taliesin. Lo sai» gli fece infine Juan, e tali parole parvero ridestarlo.
    «La Ruadh segue il denaro. Solo io e te siamo mossi da ideali, amico mio. Forse è questo a spaventarmi.»
    Prese a spirare un vento freddo, e Taliesin si rinfrancò nel calore del mantello.
    «Dì alla Ruadh che ci incamminiamo nel giro di un'ora.»
    «Ho svegliato tutti all'alba. Siamo pronti a partire in dieci minuti.»
    Il beduino saltò giù dalle rovine e riprese la sua espressione truce e minacciosa. Taliesin sorrise appena.
    «Juan!» gli fece, da lontano. Quello si voltò. «Sapevo cosa sarebbe diventata la Ruadh dal momento in cui ti ho conosciuto. Ho visto un bagliore in fondo ai tuoi occhi: l'ho visto con grande chiarezza e ho immaginato fino a dove quel bagliore potesse spingersi. Questa è la Ruadh, in fondo. E un bagliore simile lo ho intravisto in tutti coloro che abbiamo deciso di portare con noi.»
    «Conosci ciò che penso. Solo tu sai come mi sono sempre fidato del tuo giudizio. Andremo avanti!» rispose, indugiando appena prima di continuare. «Fratello mio, è giunto anche per Taliesin il momento della fiducia. E senza fiducia nella Ruadh, verremo spazzati via come foglie secche. Ricordo bene il momento in cui lo dicesti tu a me.»


    Quando Juan sparì dietro a un rudere, la luce prese a cambiare. Il sole si fece ancora più tiepido e stanco mentre una foschia gelida risaliva il pendio. Dapprima Taliesin non se ne curò: continuò ad accarezzare la lama di Fabula, perso nei suoi pensieri. Rivedeva le ali di Ashardalon e scorgeva le profondità della terra con straordinaria vividezza, nonostante fossero passati lunghi anni. Udiva voci lontane, prive di un volto, che urlavano la carica in nome di ideali ormai dimenticati. Emise un lungo sospiro.
    Fu solo quando un brivido di freddo gli percorse la schiena che tornò a guardarsi attorno, improvvisamente all'erta. La nebbia aveva ormai avvolto ogni cosa.

Giocata riservata, parte integrante del ciclo Hatred's End e prefazione a ciò che seguirà in Dark Matters. Saluto con affetto i miei due compagni di viaggio. Mi sembra di essere stato anche troppo reader-friendly nello spiegare trama e trascorsi, ma per chi volesse approfondire ulteriormente la trama della Ruadh, qui i link a Ruadh - Prologo; Ruadh - I e, dall'altra piattaforma, Il Lord di Forte Rosso. Qualche informazione è reperibile anche nella scheda di Taliesin. Più informazioni su certi riferimenti arriveranno nel post vero e proprio. Tornare a scrivere è un piacere.
Edit 7/11, 19:19: inserito link (...) al primo capitolo di Hatred's End


Edited by Hole. - 7/11/2019, 19:19
 
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view post Posted on 7/11/2019, 20:25
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« Una gran bella combriccola, menestrello. »
emerse la voce, il volto celato dal grigiore.

Taliesin sobbalzò e cadde dal muretto, alzando lo sguardo spaventato verso l'origine. L'uomo portato dalla nebbia gli si avvicinò a passo lento, fino ad essere a pochi passi dal bardo. Dopotutto, era un ospite inatteso.

« J-Jevanni Glacendrangh? Sei tu? »
Un cenno d'assenso, appena visibile nei lineamenti smussati dalla foschia.
« Sì. Hai una buona memoria »
rispose il Guerriero con tono basso, squadrandolo.
« Ricordi anche qualche giuramento? Una regina, ora sparita? »

H-END-volpeeleone

Mikhiel rispose allo sguardo interrogativo di Jevanni con un'occhiata dura. « Che vuoi ora? » L'altro sollevò le spalle « Vi siete sparsi ai quattro venti battendo diversi sentieri, tutti tranne uno. Lo avete ignorato. Perchè? » La Lanterna borbottò qualcosa come furbacchiotto e sputò nella neve. Il Guerriero si accigliò. « Come? » L'uomo resistette al suo sguardo inquisitore per uno, forse due minuti, prima di finalmente cedere sbottando. « Quante storie, miseria! Non vogliamo avere a che fare con i traditori, ok? » si grattò la spalla nervosamente e continuò a camminare cercando di lasciarsi dietro lo spadaccino. Purtroppo per lui i suoi compagni avevano intrapreso strade diverse, rimanevano solo loro due a condividersi la via ancora per un po'; doveva dire che se da un lato avrebbe preferito star da solo piuttosto che trovarsi alle calcagna il bastardo che li aveva convinti a darsi una mossa, la sua presenza era certamente comoda. Nessuna bestia aveva avuto la faccia tosta di aggredirli.

« Non che ce ne siano pochi, di quelli che decidono che la vita da Lanterna non fa per loro. E poi c'è lui. Un giorno se n'è scappato, e nel giro di poco il bastardello si è fatto una fortuna. Ha dimenticato il suo giuramento e ora si sta facendo la sua bella vita, mentre noi... » con un gesto eloquente indicò le terre gelate che li circondavano, come per dire noi abbiamo questo gran schifo. Jevanni non faticò a comprendere nè il fortunello nè la sua quasi cocente, quasi a tratti comica, invidia. Trovava comunque ammirabile il suo essere rimasto lì nonostante tutto. Senso del dovere? Paura di tradire? Forse altro. In ogni caso, non potè che silenziosamente approvare di quel burbero bruto incapace di sputare veleno al suo prossimo. « Non tutti son fatti per combattere. » sentenziò lo spadaccino fissando il bastone di Mikhiel, di un legno grigio cenere con un'estremità curvata in una piccola spirale tinta di punti bianchi che man mano coprivano del tutto la vera e propria fine. « Vero. Non rende quel bardo della malora meno irritante, specialmente ora che è tornato qui » replicò l'uomo, gelido. Jevanni aggrottò le sopracciglia, memorie che iniziavano a risvegliarsi. « Un...bardo, dici. » rallentò il passo e volse lo sguardo verso il Talamlith. Immagini sfuggenti di una cappa scarlatta e una spada troppo lunga per il suo fodero: una recluta forse poco affidabile sul campo di battaglia. « Cosa, vuoi che ti parli di quel pischello? » il Guerriero tornò a fissare la Lanterna, che contraccambiava svogliato. E abbozzò un sorriso grato accennando di sì.

. . .

« La regina, certo, ricordo. » si strinse nel mantello, con circospezione, indietreggiando senza ancora rialzarsi. « Ricordo anche villaggi ridotti in cenere e ali nere oscurare il sole. Per non parlare di ciò che sta nelle profondità della terra. » Il suo sguardo si era lentamente indurito col riaffiorare dei ricordi, il terriccio stretto dalle dita come artigli affondò lasciandogli unghie nere. Lo spadaccino rimase impassibile davanti all'ostilità del bardo. « E ricordo di aver imparato a non immischiarmi nelle cose del Nord che non riesco a descrivere o comprendere. »

Una storia familiare. Al posto di un giovane ambizioso c'era un uomo spaurito, un mantello rosso sostituito da un'armatura ormai logora e piena di segni. Avevano preso però due vie diverse: uno aveva scelto di rimanere solo, l'altro si era circondato di uomini e donne. Ruadh, si chiamavano. Il Guerriero inspirò profondamente.

« Una scelta saggia » deliberò infine sciogliendosi in un'espressione malinconica.
« Solo, poco lungimirante. Proprio come quelle di tanti altri come te. »
Un vuoto allo stomaco.
« E come me. »
I grandi erano tutti quanti fuggiti, man mano lasciando che l'Edhel fosse in balia di sè stesso; ma una bestia selvaggia sarebbe rimasta tale se non disciplinata.

« Ed eccoci qui »
disse infine,
più un pensiero espresso ad alta voce sfuggito alla mente che altro.

Taliesin lo fissò a lungo con sospetto, prima di prendere la mano e rialzarsi. « Non mi stai biasimando, quindi. » Si scosse le vesti con qualche pacca. Il mantello si smosse alle prime folate di vento gelido, iniziando a diradare la nebbia. Taliesin potè finalmente vedere a dovere il Guerriero: doveva essere mutato parecchio dall'ultima volta che l'aveva visto. Un uomo più vecchio, il volto più scavato e qualcosa di meno saldo nella sua postura, meno autoritario. « Non è mio dovere, nè diritto » sancì - non senza un fugace momento di vergogna. Una volta avrebbe dispensato con più severità un giudizio, forse una forma di punizione; essendosi macchiato degli stessi disonori, essendo ormai pari a coloro che ai tempi avrebbe disprezzato, non stava più a lui impartire una sentenza. « Ma questo non sconta nè me nè te da quello che ci aspetta » riprese mutando tono, assumendo un'espressione tanto grave che Taliesin avvertì al volo l'atmosfera e si irrigidì. Jevanni si guardò attorno. « Andiamo in un posto più...tranquillo. »

La gente doveva aver sentito le voci, nel frattempo, e man mano che tornava la visibilità aveva iniziato ad avvicinarsi al Guerriero e al bardo; questi annuì, e fece un cenno ad un suo compare che tuonò al drappello di curiosi di tornare ai loro doveri. « Seguimi » disse infine, e lo guidò nelle rovine labirintiche appartenute a chissà quale fiera popolazione passata.

Magari prima ancora che Eitinel scoprisse Velta, e aprisse il suo potere sull'Edhel. Prima ancora che Jevanni tornasse in vita. O ancora prima che fosse mai nato. Di loro non rimaneva che ossa bianche, mattoni e guglie e abitazioni di ogni sorta che cercavano di arrampicarsi ancora ed ergersi dal suolo per non sentirsi ancora vinte dal passaggio del tempo.

Jevanni e Taliesin le passarono tutte, camminando al loro fianco senza poter indugiare nè osservarle a dovere: erano finiti i tempi in cui gli uomini potevano ammirare le pietre dell'antichità e sognare come la vita fosse stata diversa, una volta. Giunti al limitare delle rovine e del grande accampamento sparso lungo tutt'esse, il bardo giunse ad una grande tenda isolata ed invitò con un gesto lo spadaccino ad entrare.

La luce smorzata dalle pareti della tenda era compensata da una lanterna posta dal lato opposto all'entrata, che proiettava la sua fioca luce su uno stuolo di almeno una dozzina di libri dalle più variopinte copertine e fogli poggiati alcuni alla rinfusa in un baule, alcuni in pile poco di fianco; un liuto era poggiato su una branda improvvisata, assieme ad un cuscino rudimentale da cui spuntava qualche piuma pareva esser stato tempestato da pugni per tenerlo in forma. Forse, pensò Jevanni, anche per sfogare i mostri che si annidavano nel petto. Non erano poi così tanto diversi, in fondo.

« Perdona l'accoglienza, ma da noi si usa sedere per terra. Ci muoviamo spesso. » Taliesin si era unito a lui e si era seduto dal lato opposto del gran tappeto di pregiata fattura che ricopriva gran parte del suolo. Jevanni lo imitò senza mostrare particolare disagio nell'adagiarsi a gambe incrociate sulla stoffa pregiata - era abituato a peggio.

Poggiò Orizzonte con cura al proprio fianco e lanciò un'occhiata ai libri; alcuni erano scritti in simboli a lui sconosciuti, magari appartenenti alle lingue antiche, quelle che nessuno aveva mai sentito il bisogno di insegnargli. Non per il suo scopo: le lingue avevano ben poche applicazioni per chi avrebbe passato buona parte della sua vita a combattere. Jevanni Glacendrangh lo sapeva, e per questo non se n'era mai interessato. Visilne, d'altro canto, era stregata da tutto ciò che esulava dalla noiosa lingua comune. Sarebbe andata diversamente se l'avesse accompagnata nei suoi viaggi, invece di cercare di metter su casa?

Lo sguardo di attesa del bardo era rimasto incollato su di lui, mostrando sprazzi di impazienza.

« Avevi un piano? » chiese infine.
Il tepore della tenda, al riparo dai venti funesti e scaldata dalla lanterna, era un piacere che gli era mancato.
Ma non poteva indugiare.

« Per tutto questo, dico.
Per quando il Kishin sarà qui.
»

 
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view post Posted on 11/11/2019, 08:46
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Cardine
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    «La mia combriccola, dicevi. Un centinaio di persone stanno dall'altra parte delle montagne. Riuniremo le forze a metà strada e...» Taliesin si interruppe. Pensò a quanto fosse distante da lì il porto di Noatun. Immaginò il profilo dei drekar e le onde gelide del mare. Già sentiva il suo odore e quello del vento freddo che gli graffiava le guance.
    «E che gli Dèi ci assistano. Come se ci fossero alternative. Non sono uno stolto. Jevanni, questa è la fine, vero?»
    «Un centinaio. Non male.»
    Jevanni parve smarrirsi nei suoi pensieri. Sembrò tornare in sé solo dopo qualche istante.
    «La fine? Oh sicuramente.» aggiunse, con sorprendente candore. «È la fine di qualcosa, di tutto, di niente - questo lo decidiamo noi.» Si prese un altro istante per riflettere, forse per soppesare meglio le parole. «Lo abbiamo sempre deciso noi.»
    Il guerriero dell'inverno aveva un aspetto diverso da quello che il bardo ricordava, ma se ne accorse solo dopo quelle parole. Quanti anni erano passati, in fondo? Era un uomo cambiato dal condottiero che, con la medesima lunga spada al fianco e sfoderando una voce ruggente, aveva spronato i Leoni a seguirlo verso Pietradisole. Ricordava persino il tono con cui la folla, dopo le sue parole, urlò Viva la Regina! e ricordava di essere rimasto in silenzio, nel mezzo dell'euforia generale. Ma gli occhi del Jevanni che era giunto fino a lui quella mattina erano occhi di pietra. Era evidente che il tempo fosse stato inclemente nei suoi confronti.
    «La più grande fortuna e il più grande peso. Alla fine di tutto, noi siamo riusciti sempre a scamparla. Anche io e te.» Solo allora guardò il bardo diritto negli occhi, provocandogli un brivido di soggezione. «Lasciarsi tutto alle spalle quando il nemico è troppo forte è una scelta furba. Saggia... non lo so più oramai. Poco lungimirante. Non trovi?»
    Un affondo ben assestato che colpì l'orgoglio del musico. Certo: aveva abbandonato i Leoni dell'Eden cercando fortuna più a sud. E di fortuna ne aveva trovata tanta, ora che centinaia di persone lo seguivano e pochi osavano sfidarlo. Si rendeva conto di ciò, come del fatto che molti a nord ricordavano la sua improvvisa defezione e lo consideravano un traditore. Sapeva che nonostante ciò nessuno si azzardava mettergli i bastoni fra le ruote. Pochi cavalieri erranti erano in grado di farlo. Ma quella nomea non gli pesava affatto: in fondo a sud delle montagne ci si riferiva a Taliesin con termini meno lusinghieri di traditore. E non era il solo né il più importante a essere scomparso di punto in bianco.
    «La fai facile, Glacendrangh. Come se a questo punto io e te contassimo qualcosa. Se anche solo un decimo di quello che ho sentito è vero, ciò che sta arrivando per noi è più grande di qualsiasi cosa mai vista.»
    Taliesin vinse la soggezione e guardò Jevanni con aria severa.
    «Se il nostro destino è già deciso, io dovrei galoppare da solo verso la costa. Dovrei salpare e sperare che il vento mi sia amico, mentre tutto quel che ho costruito viene spazzato via. E tu mi parli della differenza fra astuzia e saggezza, quando l'unica cosa lungimirante è avere salva la vita. E la Ruadh è persino fiduciosa che io li tiri fuori da questa palude» rispose, per poi alzarsi in piedi. «Sei passato a salutare un vecchio compagno, Jevanni, o c'è dell'altro?»
    Quello non parve sorpreso dalla reazione del bardo. Anzi, sorrise. E il suo era un sorriso mesto, intriso di quella malinconia che come una patina uniforme rivestiva ogni sua parola.
    «Per salutare, dici. È la fine del mondo Taliesin--se non posso bussare ora alla tua porta, quando potrò mai farlo?» rispose, scuotendo il capo. «Io non conto niente. E tu nemmeno. Io e te contiamo... un po' di più. Poi i più coraggiosi nella Ruadh. Poi l'Ordine delle Lanterne...»
    La voce del guerriero calò a poco a poco, finché non si spense del tutto assieme a uno stanco gesto accennato dalla mano, per enumerare le opzioni. Rimase immobile.
    «Non ho il cuore di ingannare chi mi accoglie. Né le energie per riuscirci--non te, che non sei nato ieri. Per questo ti dico, senza timore di dire una sciocchezza, che qualunque scelta non verta sul fermare il Kishin adesso sarà quella più semplice--ma non la migliore» aggiunse, tornando mortalmente serio e privo di ogni tono confortante.
    «Finito l'Edhel, toccherà al Dortan. Le porte di Baathos si aprono anche nell'Akeran. Quanto credi che ci metterà il Kishin a distruggere, dopo quello che hai amato e odiato, anche tutto ciò che ti è rimasto?»
    Le sue parole travolgenti piegarono lo sguardo di Taliesin verso terra. Dopo quale attimo si risedette e prese ad ascoltare cosa il vecchio compagno aveva in serbo per lui.


    Juan intravide Taliesin mentre usciva dalla tenda. Doveva essere passato un quarto d'ora o poco più.
    Alle spalle del beduino, sparsi in mezzo alle intricate rovine, la Ruadh aveva da poco finito di smontare il campo. Una dozzina di persone erano raggruppate in un chiassoso capannello, intente a giocare con dei dadi. Altrettanti, in punti diversi del complesso, avevano scelto di posare la schiena a terra e cercavano di guadagnare qualche minuto di sonno, prima di una marcia che sapevano sarebbe stata lunga e faticosa, nonostante la loro esperienza e i rimedi degli arcanisti alle intemperie. Altri membri ancora passeggiavano nervosamente da una parte all'altra del sito, svolgendo le loro mansioni; solo un piccolo gruppo di apripista, tra cui Herbert e Solomon, era già in cammino verso il passo di Calon Iâ.
    Ai piedi di Taliesin il beduino scorse una piccola sagoma, alta giusto un paio di spanne. Venne allora colto da un brivido e ascoltò il suo istinto: quell'uomo dal volto malinconico e dagli occhi gelidi non era portatore di buone nuove. Fiducia, mormorò, allontanandosi a lunghi passi. Con un urlo minaccioso prese a radunare gli uomini.
    «La tempesta vera deve ancora colpirci. Sii pronto» fece Jevanni, osservando il cielo che si stava rannuvolando.
    «Ma di tempeste come questa non ne ho viste molte» incalzò il bardo, guardando anch'egli in alto ma senza trovare alcun conforto.
    «Seguimi, ti prego» fece poi all'amico. Bastò un gesto perché dalle rovine partisse un drappello di uomini che avrebbero smontato la tenda in qualche minuto. Condusse allora lo spadaccino giù per il pendio, nella direzione opposta alle rovine, così da essere lontano da occhi e orecchie indiscrete.
    «La Ruadh si sposta in fretta. Partiremo tra pochi minuti e saremo sul passo più vicino prima dell'imbrunire. Entro domani centodiciassette uomini si uniranno alle nostre fila. Una volta lì non perderò tempo, anche se non so ancora da dove cominciare. Gli Uomini di Pietra sono gentaglia del peggior tipo.»
    I due si fermarono. Il Talamlith si estendeva verso l'orizzonte nuvoloso. Fu allora che Jevanni alzò un braccio. Un riflesso involontario spinse il bardo a sottrarsi al colpo, ma l'altro fu più rapido. Il guerriero gli diede una pacca sulla spalla, e poi ci posò sopra la mano.
    «Ricordati cosa hanno perso. Cosa cercano. E chi può darlo.»
    La tensione di una notte intera crollò in quel momento addosso alle sue spalle. Nella stessa maniera in cui Jevanni si era concesso un gesto di amicizia, cosa rara a giudicare dai suoi modi freddi, Taliesin si lasciò andare allo sconforto. In quel luogo il resto della Ruadh non poteva vederlo e, con la mano del guerriero a stringergli la spalla, gli sembrava che qualcosa lo avrebbe sorretto anche nel caso in cui le sue forze sarebbero mancate.
    «Juan mi ha detto che è arrivato il momento della fiducia. E spero tu abbia ragione, Jevanni. Spero di farcela. Ma la fiducia non basta contro il Kishin.»
    «Cosa, credi che abbia un asso nella manica?» rispose l'altro, scuotendo il capo e facendosi scappare una risata colma di amarezza. «Fiducia, speranza, coraggio, chiamale con il nome che ti suona meglio. Da sole non bastano nemmeno a darti la forza di sollevarti dal letto e affrontare la giornata--figuriamoci un duello. Una battaglia. Una guerra. La fine di tutto. Ma è tutto ciò che abbiamo» aggiunse, fissando il bardo. «È tutto ciò che abbiamo.»
    Taliesin non fece in tempo ad annuire.
    «Possiamo riunire tutti quanti e affiancarci alla Sfinge, ma solo se abbiamo fiducia in noi stessi. Perché la pasta di cui siamo fatti, ci servirà tutta fino in fondo. Quella di tutti noi. Non abbiamo altro.» gli fece, ammiccando poi in direzione della bestiola ai suoi piedi. «A parte te. Tu hai anche qualcuno che ti ricorderà il dovere. E dovrai proprio essere quella persona per gli altri, per tutti coloro che ti seguiranno.»
    La sagoma ai piedi del vagabondo era quella di una volpe. Le proporzioni erano quelle di un animale qualunque. Normale sarebbe stato anche l'aspetto, se solo il colore della bestiola non fosse stato simile a quello della pece e i tratti del muso non fossero stati completamente indistinguibili.
    «È tutto, Jevanni?»
    Quello prima guardò la volpe, poi fece di sì col capo.
    «Sii cauto.»
    Strinse la mano a Taliesin e prese a camminare verso nord.
    Il vagabondo avrebbe tanto voluto concedersi ancora qualche attimo di solitudine, magari seguendo l'amico con lo sguardo, fino a quando la sua figura sarebbe diventata indistinguibile dal brullo orizzonte del Talamlith. Ma quella stretta di mano aveva suggellato un accordo. E l'accordo prevedeva che non ci fosse riposo alcuno, fino alla fine.
    Taliesin si inerpicò su per la salita. La prima di tante che di lì a poco avrebbe dovuto affrontare.

(...)


A breve segue il post nel lascito, a cui aggiungerò il link. Cya.
Edit: link aggiunto.


Edited by Hole. - 11/11/2019, 12:01
 
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