Cardine ······· - Group:
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| "Il mantello di un viaggiatore è tessuto da lana, storie da narrare e polvere da scuotere. Ecco perché questo straccio ti sembra risplendere come quello di un re." ―Sconosciuto La gente finì di sedersi ai tavoli, chi iniziando a bere e chi già pulendosi con le maniche la bocca colma di schiuma. I bambini si erano sdraiati, pancia a terra e gomiti puntellati al pavimento di pietra della taverna per reggere la testa. Gli ubriachi ronfavano, i gatti andavano a reclamare il pizzo al proprietario arrampicandosi lungo il bancone. Fuori era una pioggia tremenda, ma lì dentro il tepore era accogliente come non mai. Quella era una delle notti più calme e belle nella vecchia Stamberga dei tre corvi, questo tutti lo avrebbero confermato. Un momento di pace, accompagnato dalle corde di liuto pizzicate dall'uomo seduto sul bordo della finestra, una gamba penzolante e l'altra distesa lungo il davanzale. L'attenzione della gente era catalizzata sul suo volto affilato incorniciato da boccoli biondi legati in una treccia, e dalla sua voce dolce come il miele che mormorava una melodia rilassante. "Allora?" ruppe infine l'attesa uno dei bambini, scalpitante, facendo ondeggiare le gambe. "Di cosa parli stasera?" e il bardo smise di accordare lo strumento, concedendo un largo sorriso al bambino. "Avete mai sentito parlare di Samarrien, detto Capparossa?" Alcuni scossero il capo, ma uno dei presenti - un uomo corpulento avanti con gli anni, un'iride strabica e colpita da cataratta - annuì battendo il boccale sul tavolo, ad un soffio dalla testa di uno degli avventori mezzi addormentati che sobbalzò. "Certo, il diavolo!" disse, e l'uomo accanto gli diede ragione con un cenno del capo. Invece una bambina dai capelli spettinati e gli abiti lerci, una mendicante probabilmente, protestò: "Non è vero! La mia mamma mi diceva che è lo spirito buono di un ragazzo cattivo che ora vuole redimersi!" "Beh, tua madre è una bugiarda allora" replicò il bambino che le stava accanto, guadagnandosi uno spintone rabbioso della piccola. "Non è vero!" "Sì invece!" Ma il suono della corda più acuta chetò la cagnara in un baleno, attirando l'attenzione dei due infanti proprio come avrebbe fatto lo schiarirsi della gola di una madre in procinto di rimproverare. Eppure non v'era severità negli occhi dorati del musicante, bensì il suo solito caldo sguardo capace di sciogliere il cuore di una fanciulla. "Buono e cattivo? Sono facce di una stessa moneta, miei piccoli, e starà a voi giudicarlo. Io, personalmente, definirei il principe Samarrien un individuo affascinante."
All'udire quel titolo, inaudito, alcuni si scambiarono occhiate stranite - e l'uomo alla finestra se ne accorse, compiacendosene. Le dita scorsero sulle corde dello strumento, lasciando nell'aria le prime note della sua storia. "È vero, Samarrien è famoso per via della sua bella cappa. Rossa come le foglie d'autunno, tessuta dalle dita della primavera come velo per separare la rabbiosa estate dal triste inverno. Questo ci dice la leggenda. Fu proprio Samarrien, poltergeist schiavo della propria vanità, a rubare quella cappa e farla sua, rendendo le estati tanto ardenti e gli inverni tanto freddi, a dispetto delle altre due stagioni a far da intramezzo." Il camino scoppiettante venne riattizzato dal proprietario della stamberga, che una volta pulitosi le dita sul grembiale si unì alla folla. "Quindi è grazie a quel bastardo che ho persino le stalle piene in quei periodi?" chiese, scatenando ilarità nella sala. E il bardo pure sorrise, inclinando di lato il capo. "Certo, così ci dice la leggenda. Ma gli dei furono meno contenti di te di questo gesto, e decisero di inseguirlo sino ai termini del Midgard ed oltre, in posti scoperti o meno da noi umani. Quando vediamo qualcosa, e poi voltandoci non lo scorgiamo più, noi diciamo 'Capparossa' perché stiamo avvertendo gli dei che il miserabile ladro è qui. Nevvero?" Molti annuirono, tranne la bambina che rimase crucciata. Ma il bardo, grattandosi il mento con una mano e poggiando il liuto sul proprio grembo con l'altra, non aveva finito. "Io ho sentito diversamente, però."
Lanciò una furtiva occhiata alla folla, e rimase soddisfatto nuovamente dell'interesse della gente. Nuovamente imbracciò il liuto, sfiorando le iniziali incise in cima con fare pensoso, prima di tornare a suonare lo stesso motivo di prima - ma leggermente più lento, diverso dal tono allegro di prima. Un suono volto a far volare con la mente i presenti, più in alto che mai. "La storia che io conosco dice che Samarrien era un uomo come tutti noi, bellissimo e dotato di una lingua arguta. Secondo alcuni un principe, esiliato spontaneamente per fuggire dal padre tiranno; la cappa non l'aveva tessuta altri che l'amata, una contadina della quale s'era invaghito da ormai tanto." "E si sposarono?" chiese la bambina, ma l'espressione che il giovane le riservò fu quella volta triste. Gli occhi si socchiusero, ma la musica rimase a rimbalzare saldamente nelle pareti del locale, tanto convinta che parve quasi che le gocce cadessero solo per complementare gli accordi. "Gli dei furono crudeli anche con questo Samarrien, e gli derubarono la popolana malata. Il padre di lui non la aiutò, anzi allontanò il figlio dalla fanciulla, forse persino accelerando la sua dipartita." Esalò un sospiro, scuotendo il capo, per poi riprendere. "Samarrien partì il giorno successivo al suo ultimo fiatare, portando solamente con sé quel mantello, prezioso a nessuno fuorché lui. Non ori, né armi affilate ad accompagnare il suo viaggio, ma solo quel drappo scevro da fronzoli. A quel punto nessuno avrebbe potuto riconoscerlo come principe, no?" Ridacchiò, ruotando il capo a guardare di fuori i viali bagnati e battuti dalla brezza della notte che stava soltanto iniziando. "Troppo triste per mettere in mostra il proprio fascino, egli teneva il cappuccio alzato a coprire il proprio viso - ed è risaputo che nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente." ["Nessuno farà domande a chi si nasconde allo sguardo della gente"; Passiva: qualora lo desiderasse, il mantello potrà celare sotto di esso le aure, proteggendole da auspex passivi.]
"Ma anche tu hai un mantello!" disse un bambino, tirando un lembo della cappa, scura e rattoppata che avvolgeva il bardo per poi penzolare assieme alla gamba. Lui parve per un momento contrariato, strappandogli di mano il lembo repentinamente, poi si ricompose con il suo solito sorriso all'espressione sorpresa del piccolo. "Ah, ma io sono felice di lasciare che le belle fanciulle mi ammirino" si giustificò, ammiccando alla giovane cameriera che lo aveva fissato sino a quell'istante, la quale arrossì nascondendosi dietro agli altri "Però il povero Samarrien, lui aveva un volto fin troppo riconoscibile. Vedete, la stirpe del principe aveva occhi speciali: l'occhio destro era del colore del padre, quello sinistro era uguale a quello della madre - sempre e comunque - e i loro capelli erano sempre neri come le piume di un corvo, tanto da non riuscire quasi a distinguere le ciocche! E il giovane non voleva esser visto come il figlio di suo padre, per ripicca e per timore che il popolo oppresso si vendicasse. Egli cambiò il proprio nome, e con esso lasciò che le ombre del mantello creassero un nuovo viso e mostrassero un corpo nuovo, tramite artifici e mezze menzogne, dando vita ogni giorno ad una nuova persona." "Ma quindi non gli piaceva dire la verità?" chiese la bambina, e il bardo rimase qualche attimo in silenzio prima di risponderle: "A volte, vedi, esistono tante verità. Come le facce della luna, che cambiano ogni notte, o la faccia mostrata dalla moneta. Puoi chiamarti Faldin o Luder, ma ciò non cambia ciò che sei, no?" ma ella non parve convinta. "Tu dici sempre la verità?" Lui sfiorò le corde del liuto, occhi vacui a fissare le profondità della notte. "Quella che vedo come tale." ["Quella che vedo come tale"; Bassa: il personaggio riesce con il semplice potere della sua voce e/o della sua dialettica a convincere un qualsiasi bersaglio di ciò che sta dicendo, a prescindere da ciò che è verificabile semplicemente guardando la realtà, a meno che non ci si difenda con un'adeguata tecnica. Natura psionica, malia.]
Le note si affievolirono per un istante, per poi vibrare serenamente ancora una volta ad allietare le orecchie della folla, chi già adagiatosi fra le bracci di Orfeo sotto quelle note e chi ancora deciso ad ascoltare la novella sino alla fine. "La verità che io vi narro è che Samarrien che vaga ancora su questa terra, ammantato di rosso, non è un ladro per propria crudeltà o cupidigia. Egli sì, amava appropriarsi di ciò che egli non possedeva di proprio diritto, ma lo faceva perché non aveva modo diverso di vivere. Egli era divenuto un vagabondo privo di casa, un viandante seguito dall'ombra scarlatta come le sabbie aspre dell'Akerat - e nessuno più di lui sarebbe stato in grado di armarsi meglio di quei viaggi. La sua astuzia era la sua arma, poiché mai s'era dilettato nel governar spada o arco, e lì dove nemmeno le magie delle fate avrebbero potuto aiutarlo lui aveva sempre qualcosa in tasca, qualcosa che gli sarebbe inevitabilmente servito, avendolo lui già trovato prima ancora che il problema si proponesse. Le sue tasche erano piene, colme di ogni bene che potesse aiutarlo." "Non si stancava mai di portarsi dietro tutto quanto?" chiese polemico un bambino, ma il bardo lo fissò con occhi dorati perplessi. "Che senso avrebbe avuto per lui portare al proprio seguito ciò che non gli sarebbe servito più del benestare del proprio fondo schiena?" La faccia del giovane spettatore si tinse di un rosso pregno di vergogna per quel dubbio sì sciocco. ["Qualcosa che gli sarebbe inevitabilmente servito"; Nulla: il personaggio tira fuori da una delle tante tasche del mantello un oggetto a sua scelta, anche non posseduto. Nel mantello ci sono oggetti comodi per ogni situazione e risorse spesso inaspettate, sebbene mai armi non possedute e/o troppo grandi, oppure oggetti magici sempre non posseduti. Ci si rimette al giudizio del Qm per un utilizzo improprio di questa tecnica, oppure in caso questi trovi giusto che un determinato oggetto utile alla scena sia in possesso del personaggio all'utilizzo della tecnica. Non è impiegabile in combattimento.]
"Davvero ne aveva per ogni occasione?" insistette la bambina, e l'uomo annuì dando tregua alle proprie dita. "Per ogni occasione, piccola mia." Lei si sporse appena in avanti, gli occhi sgranati "E sapeva utilizzare tutto ciò che portava con sé?" "Tutto." "Tutto tutto?" e il bardo annuì di nuovo, solennemente. "Tutto." ["Per ogni occasione"; Alta: il personaggio tirerà fuori dalle tasche degli oggetti, che scaglierà contro il nemico per ferirlo. Ciò provocherà danni Medi da contusione o taglio a seconda della natura degli oggetti stessi, oltre a danni Medi alla psiche dovuto allo shock per una mossa talmente imprevista e ridicola. Gli oggetti potranno essere anche innocui, come sassolini da lanciare in faccia o biglie da gettare in terra perché gli altri vi scivolino - subendo al fine di tutto quanto niente più che i danni pattuiti. Va affrontata come una tecnica Alta di natura fisica.]
La pioggia non dava cenno di voler dar tregua alla compagnia della mezzanotte riunita nella locanda, ma pochi erano granché intenzionati a varcare la soglia. Lo stesso locandiere aveva deciso di non scacciar nessuno, forse troppo beato dal calore e dalla musica per voler infrangere quelle scene tanto rare. "Samarrien visse per tanto tempo lontano dalla sua terra, amò tante donne, ma mai ebbe la stessa passione che provò per colei che gli aveva dato l'ombra: v'era qualcosa che continuava a sopire nella più recondita delle pieghe nel suo cuore, e quella altro non era che il dolore d'aver subito un torto mai meritato, e di aver dato forse lui stesso la morte a colei che gli aveva dato una vita. E la gente che giorno per giorno lo riconosceva smetteva di odiarlo per chi lo aveva generato e lo compativano per ciò che era, per poi infine glorificarlo per ciò che teneva nel petto: un battito che spergiurava un pareggio di conti che troppo a lungo era rimasto sigillato. Giunse il dì in cui adombrò la soglia della corte del padre, ancora aspro tiranno, ma non si presentò come Samarrien." Il bardo sentì lo sguardo ripieno di rimprovero della bambina, indi si girò a fronteggiarla con la sua solita bocca piegata gentilmente. "Perché sapeva che il padre non aveva gradito la sua fuga, e ciò che non lo aggradava veniva punito con la morte. Un uomo dal cuore così malvagio mai avrebbe potuto avere come prole un ragazzo dal cuore tanto dolce, eppure -lo sappiamo- gli dei sanno creare l'eccezione più assurda nel più improbabile dei luoghi. Egli si proclamò Maràs, o Capparossa come dicevano le voci nei bassifondi del regno, venuto a portare notizie del figlio. Disse che egli era defunto, ma il padre non gli credette - al ché egli gli fece notare il colore della cappa, e le guardie la riconobbero. Un silenzio tristissimo calò nella sala, giacché il figlio era ancora amato persino dopo la sua scomparsa. Il padre versò una lacrima solitaria, ma poi ordinò che gli venisse restituito il mantello poiché ultimo nonché unico memento di colui che era stato suo figlio. Samarrien era titubante, in quanto non era sua volontà separarsi da quel dolce oggetto, ma al di là di ciò sapeva che esso era l'unica cosa che gli avrebbe permesso di mantenere viva quella menzogna. Si era dimenticato di quanto suo padre non avesse mai apprezzato i rifiuti, e quella fu la sua rovina: ordinò alle guardie di catturarlo e gettarlo nelle segrete, riportandogli il mantello." "E cosa successe?" incalzò uno dei bambini, snervato dall'improvviso silenzio dell'uomo - che si stava rinfrescando la gola arsa dal racconto, come se fosse stato lui stesso in quei regni immersi della sabbia rovente. In realtà stava aspettando che qualcuno gli implorasse di continuare, e prontamente calò il boccale sul davanzale e si aggiustò meglio. "Le guardie si avventarono su di lui, ma egli gettò a terra una strana biglia rubata ad un alchimista prima che potessero raggiungerlo. E tanta fu la loro sorpresa! Perché nessuna di loro aveva sospettato l'esistenza di altre tasche ben più recondite in quel maledetto mantello." ["Nessuna di loro aveva sospettato l'esistenza di altre tasche ben più recondite in quel maledetto mantello." Bassa: il personaggio ottiene due biglie per il resto della giocata. Queste biglie, decise al momento dell'utilizzo della tecnica, dovranno essere scelte fra gli oggetti offensivi in Erboristeria. Anche se non utilizzate non saranno inseribili in scheda. Le biglie, da quel momento della giocata in poi, saranno utilizzabili come se fossero stati acquistati regolarmente - non avranno valenza di tecnica né consumeranno slot o energie oltre a quanto richiesto dall'attivazione di questa abilità, la quale ha lo scopo di evocarle. Natura magica.]
"Ma una guardia fu più lesta, ritraendosi dalla nuvola di fumo e intercettando l'incappucciato ch'era in procinto di scagliarsi contro il sovrano, e lo tirò per il mantello - tanto arrestando la sua corsa che quanto rivelando la sua vera identità. Al riconoscerlo gli astanti trattennero il fiato, confusi da quello che stava succedendo, e il tiranno stesso rimase paralizzato per qualche primo istante sul suo trono nello scorgere le fattezze di un figlio tanto cresciuto, e un'espressione tanto indurita nei suoi confronti. Esigeva una spiegazione, era chiaro nonostante stesse farfugliando con il volto paonazzo, ma il suo unico figlio non gliene diede alcuna. La mano da sotto il mantello rosso tirò fuori una spada, quasi dal nulla, e ciò fece trasalire i presenti: solo dopo la sentinella che poco prima l'aveva afferrato si rese conto che era la sua, sottrattagli dal fodero senza che se ne fosse minimamente accorto." ["E ciò fece trasalire i presenti"; Bassa: il personaggio utilizza il mantello per celare una singola azione, tecnica o meno, perché nessun occhio umano possa realizzare cosa accada al di sotto di esso. Conta come malia di distrazione di livello basso, dalla quale bisogna difendersi in maniera consona. Natura psionica, causa danni bassi.]
"Doppia fu la collera del genitore, che ordinò nuovamente alle guardie di sottometterlo, ma quella volta esse non si mossero di un passo. Solo una timidamente tentò di prenderlo alle spalle, ma il principe gli gettò addosso il mantello - ed esso come una rete appesantita dagli oggetti che conteneva lo lasciarono dimenarsi come un folle, con un rigonfiamento nell'ampissima cappa che mimava i suoi comici tentativi di liberarsi." Il bardo lanciò un'occhiata al bambino che prima si era lamentato, e questi si nascose dietro un tavolo per sfuggire a quello sguardo dorato. ["Come una rete appesantita"; Media: il personaggio getta l'ampio mantello in faccia all'avversario, avvolgendolo e derubandolo per l'intero turno della vista e rendendo goffi e faticosi i suoi movimenti; in termini tecnici conta come un'illusione che rabbuia la vista e attutisce i suoni, a cui si somma un rallentamento parziale dei movimenti di entità bassa. Va considerata una tecnica fisica da affrontare come tale. Non cagiona danni.]
Soddisfatto, l'uomo continuò a pizzicare le corde sempre più lentamente, come per sincronizzarsi al respiro teso degli spettatori ancora rimasti desti. "Egli era benvoluto, sicuramente preferito al presente sovrano, e questo divenne chiaro a quest'ultimo quando le guardie lasciarono cadere le loro armi per terra e si inginocchiarono di fronte al giovane Samarrien. Colto dall'odio più profondo per il proprio seme, il tiranno estrasse la propria sciabola e lo aggredì. Ma la lama oltrepassò il mantello, e quando Samarrien si spostò con un piccolo balzo indietro, nemmeno una goccia del suo sangue lordava l'acciaio del padre. Egli partì all'assalto ancora, più e più volte, ma il mantello era troppo grande ed ampio, e il figlio era divenuto troppo magro perché egli riuscisse a colpirlo: perché era come combattere semplicemente guardando una testa muoversi, priva di corpo, e il padre non sapeva dove colpire. Quando riuscì a farsi coraggio e tentò di decapitarlo, però, fu troppo tardi: Samarrien gli si avventò improvvisamente contro con una spallata infida, facendolo cadere all'indietro, e gli puntò la spada contro. Era finita." ["Era come combattere una testa muoversi, priva di corpo"; Alta: per due turni il personaggio riesce a rendere imperscrutabili i movimenti del proprio corpo sotto il proprio mantello, ergo impedendo ad un avversario colpirlo tramite attacchi fisici - ergo sarà in grado di far mancare ogni colpo lasciando che passi lungo o attraverso il mantello pur lasciandolo intatto, schivando quasi senza che lo sembri. Durante la durata della tecnica il personaggio potrà contare su 2CS aggiuntive, assegnate all'Agilità. In termini di gioco, dunque, la tecnica consiste in una difesa a 360° dagli attacchi fisici, a cui si aggiunge un power-up di potenza media suddiviso nei due turni. Natura fisica.]
"No!" esclamò la piccola, balzando in piedi. "Non deve ucciderlo!" "E perché? Se lo merita!" replicò il bambino al suo fianco, protestando. "Lui è buono! I buoni non uccidono i propri genitori!" Il bardo pizzicò le ultime corde, chiudendo la storia. La bambina si voltò, speranzosa "È vero che non lo uccide, signore?" L'uomo scese dal davanzale, pulendosi i pantaloni con qualche pacca, prima di incontrare i suoi occhi. "Samarrien odiava il padre, piccola mia. E lui gli aveva fatto del male. Era stato anche cattivo con il suo popolo." "Ma poteva chiedere scusa! Se avesse chiesto scusa..." ma lui la fermò poggiandole una mano sulla testa, una piccola carezza. "La verità è quella che vedi come tale." Lei rimase in silenzio per un attimo, i lineamenti nel volto a metà fra il confuso e l'assonnato che aveva tentato di mascherare sino ad ora. "Quindi...?" L'uomo annuì, ma prima che potesse dirle altro venne interrotto dal locandiere, pure lui assonnato ma abbastanza grosso da rimanere quasi spaventoso. Stava tendendo la sua mano grande. "La tua storia l'hai detta. Ora lo paghi il conto o no?"
Il bardo rimase in silenzio per un istante...poi elargì un sorriso enorme e una bomba di fumo esplose ai suoi piedi. Joran, il proprietario della stamberga, sibilò una bestemmia fra un colpo di tosse e l'altro, e si disse di non fidarsi mai più di un fottutissimo bardo. Mai più. [Malus: le tecniche dell'artefatto hanno livello inferiore se utilizzate due volte sulla stessa persona nella stessa giocata.]
L'uomo l'aveva schermata col proprio mantello dall'ondata di cenere emanata dalla biglia, quindi l'aveva posata sul davanzale perché non si facesse del male e potesse respirare aria fresca. "Samarrien era buono" si limitò a dirle, i suoi occhi non più d'oro ma verdi, e i suoi capelli castani e più corti, e fuggì nella notte con il suo liuto e il suo mantello, rosso come le foglie dell'autunno. Un'ombra scarlatta che svaniva nel cuore della notte piovosa, lasciando come memento del passaggio del viandante solo le imprecazioni del proprietario - e una nuova storia nel cuore degli avventori della Stamberga dei tre corvi. Nelle terre pericolose dell'Edel, fra ombre e draghi e demoni, esistono quelle strade conosciute come "Vie del gelo". Quello che pochi ricordano, è che una volta erano note dai più con un nome quanto mai bizzarro: le Vene di pietra. Come capillari che portano sangue e ossigeno alla mente, queste erano - e ancor adesso sono - le vie principali delle lande piagate dell'Edel; battute da viandanti piegati dai venti funesti e popoli nomadi da ogni dove, consci delle minacce che li circondano in qualunque regione si trovino, su di esse girano le storie più disparate. Molte tragiche, molte inquietanti, mortificanti...e infine alcune rinfrancanti. Una di queste riprende le gesta di un'antica generazione di uomini e donne, privi di una casa, stirpi diverse e origini ancor più varie come una bandiera tessuta da colori e fili sparpagliati - ma accomunati da un unico scopo: vigilare le Vene. Sentinelle ammantate e armate per fare della propria veglia una vita costante, esse erano sparpagliate per le vie principali fungendo da scorta per i gruppi di persone che intendevano transitare le zone più impervie della regione chiedendo in cambio ben poco: cibo per mangiare e riparo al fuoco per le notti. Ognuno era diverso per temperamento e principi, e qualcuno era più esigente di altri, eppure la volontà a consacrare la loro vita a battere i sentieri era l'unica cosa a non mancare di certo a nessuno fra loro. Ciascuno per ragioni diverse, ciascuno con casacche e abiti diversi, nessuno stemma a raccoglierli: nemmeno un nome che definisse la loro identità come gruppo. Ci si riferiva a loro con lo stesso nome che gli elfi avevano dato alle pietre sulle quali marciavano.
Gwenithfaen o Wythïen, Le vene di pietra.I Leoni dell'Eden, che valorosamente si sono cimentati nella grande stagione di caccia indetta da Lady Alexandra, hanno ripercorso inconsciamente le stesse vie di questo antico manipolo di sentinelle vaganti. Gli esploratori e gli storici al servizio della Regina hanno, per l'occasione, disseppellito e fatto riforgiare a nuovo le armi appartenute una volta alle Vene. Sarà destino dei più fedeli fra i cacciatori prendere una sola fra queste armi, dono della Regina.
Le Vene di pietra sono armi incantate, artefatti la cui forma dovrà essere decisa dal ricevente al momento dell'acquisizione. Non sarà possibile cambiarla in seguito. Sarà possibile ottenere una singola arma o un gruppo (armi da lancio), non coppie di spade e via dicendo. Il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena. Sangue per sangueLe Vene erano combattenti eccezionali e spietati, determinati nell'abbattere tanto i mostri quanto i banditi che si insidiavano ai passi e ai crocevia delle grandi strade di loro già perigliose. Non avevano l'addestramento e la disciplina dei soldati, né la guida di capitani e generali o numeri da far invidia agli eserciti. Avevano dalla loro solo la loro capacità di sopravvivenza e la conoscenza delle terre che calpestavano e i sentieri che seguivano, consci che questi - più delle loro armi - erano i veri strumenti a propria disposizione per arrivare alla fine della giornata. E quando nemmeno quello bastava, quando si doveva necessariamente estrarre le armi e difendere sé stessi e gli altri, non esisteva freno alla ferocia di una spada appartenuta alle Vene o un bersaglio mancato da una loro freccia. Sangue per sangue era un loro modo di dire ricorrente, simbolo della determinazione sfrontata e assoluta nel voler perseguire il loro scopo di liberare l'Edel e le strade dai mostri che piagavano le strade che portavano a quelle che - una volta - erano state le loro case. Versar sangue per ripagare il sangue versato.
Con un consumo Basso e infliggendosi una ferita al corpo (come un piccolo taglio) di entità bassa per bagnare l'arma di una goccia del proprio sangue, il personaggio potrà sferrare un attacco tramite la Vena. Questa si impregnerà di un'aura luminescente, che renderà il prossimo attacco al pari di una tecnica media di natura magica dalla quale bisogna difendersi come tale. La tecnica provoca un danno basso alla mente per due turni, compreso quello in cui si subisce l'attacco, da interpretarsi come profondo timore che porterà la vittima per quella durata a ritrarsi dallo scontro e cercare di non fronteggiare l'aggressore. L'attacco provocherà anche una ferita fisica dovuta all'attacco effettivamente subito in aggiunta all'aggravante mentale, ma la portata della prima sarà a differenza dell'ultima regolata dal confronto fra CS e dalle circostanze dell'attacco stesso.
Il Flauto di Cenere
Un giorno, tutte le razze si inchineranno al suono del flauto. Un giorno, persino la guerra dovrà inginocchiarsi dinnanzi al tenebroso rintocco delle note di cenere. Scandendo la fine della vita.
Do della selezione Non commettere l'errore, Bardo, di considerare questo oggetto come un semplice strumento musicale. Esso è stato ricavato dalle ossa di un dio della morte e ti è stato donato per continuare la sua opera nel tuo mondo. Ti ha lasciato in eredità un compito importante: guidare le razze alla rovina. Sarai tu a scegliere la specie da corrompere con il suono mortale del Flauto di Cenere. Le sue note saranno efficaci soltanto sulle creature che hai designato come tuoi nemici. Imposta la missione, agisci e modifica l'artefatto in base alle tue esigenze. Lo spettro del dio ti accompagnerà, fluendo dalla musica come il suono di una campana che, tintinnando, allungherà la sua mano sulle terre, i mari e i monti. Attento, il suo potere ti darà la forza di mutare il destino di molti e ti lascerà l'anima spezzata a metà. [Passiva. Una volta acquisito l'artefatto, Taliesin dovrà scegliere due razze tra quelle conosciute su Asgradel. Il flauto si ingrandirà o si rimpicciolirà in base alla decisione presa dal bardo. La prima sarà selezionata, la seconda sarà scartata. Razza selezionata: Umana. Razza scartata: Progenie dei demoni.]
Re del controllo La prima nota per la tua opera. Impugna il Flauto di Cenere e posiziona il dito indice sul primo foro. Soffia nel becco una sola volta. La tua musica cambierà e uscirà dal corno come una sentenza. Sbuffi di vapore grigio si alzeranno come le esalazioni del vulcano più feroce dell'Inferno, contaminando l'area circostante con il suo veleno. La razza che avrai designato come tua nemica respirerà questo fumo e la mente sarà sconvolta dalla tua parola. Tutti gli altri, tuoi alleati o meno, non risentiranno dell'effetto, nemmeno si accorgeranno della sua presenza. Ma quelli colpiti non potranno agire, si sentiranno bloccati a terra da catene pesanti quanto l'anima. Quando soffierai nel flauto, le tue energie si prosciugheranno e la tua volontà sgorgherà dal nulla su ali di tenebra. [Alta, magica, area. Taliesin soffia nel flauto, generando una nube di cenere. Questa nube, se respirata dalla razza designata dal Do della selezione, cagiona danni Alti alla mente sotto forma di debolezza e disorientamento. La seconda razza scelta ne è immune, le altre subiscono danni normali. Contrastabile con una opportuna difesa Media.]
Mi squarcio l'anima La seconda nota della condanna. Impugna il Flauto di Cenere e posiziona il dito medio sul secondo foro. Soffia nel becco esattamente due volte e la tua anima sarà squarciata dalla musica. Questo potere, infatti, richiederà un sacrificio di sangue, il tuo sangue. Le note che usciranno dal corno saranno cremisi e possiederanno la forza del tuo spirito. La razza designata come tua nemica, ascoltando questa melodia infernale, si sentirà debilitata, scossa e privata delle energie. Le note penetreranno nella mente come coltelli ghiacciati e bloccheranno le capacità combattive dei tuoi nemici. Soffia con cautela in questo stadio, poiché pagherai il prezzo della sinfonia. [Autodanno Alto alla mente, psionica, area. Taliesin soffia nel flauto, generando note di colore rosso udibili dalla razza scelta dal Do della selezione. Queste note penetreranno nella mente dei nemici, privandoli di quattro CS a scelta del Bardo. La seconda razza scelta ne è immune, le altre subiscono danni normali. Contrastabile con un'opportuna difesa psionica Media.]
Fa male al cuore La terza nota dell'abisso. Impugna il Flauto di Cenere e posiziona il dito anulare sul terzo foro. Soffia nel becco del flauto per un totale di tre volte e genera la nota devastante del dolore. La musica questa volta si comporrà di un singolo suono grave che spezzerà la mente della razza designata come tua nemica. Attraverso un dispendio energetico soddisfacente, questa sinfonia provocherà un dolore indicibile in un punto focalizzato dai tuoi occhi, uno qualunque. Il dolore sarà insopportabile, come una fiamma interna che divora la carne e impedisce alla vittima di ragionare con lucidità. Questo effetto danneggia anche la mente dell'individuo colpito dalla nota. [Medio, psionica. Taliesin soffia nel flauto, generando una singola nota. Questa nota colpirà un punto precedentemente scelto dal bardo, causando un dolore indicibile alla vittima e un danno Alto alla mente, ma solo ad un individuo di razza scelto dal Do della selezione. La seconda razza scelta ne è immune, le altre subiscono danni normali. Contrastabile con un'opportuna difesa psionica Media.]
Do dell'ecatombe La nota della Morte. Impugna il Flauto di Cenere e posiziona le dita per coprire tutti e quattro i fori presenti sul fusto. Non devi soffiare nel becco, poiché la Morte lo farà per te. Basterà un minimo di concentrazione e un pensiero distruttivo nei confronti della vita per richiamare lo spettro nero che impugnerà il flauto e produrrà la melodia finale. Le note prodotte in questo modo saranno nere e accompagneranno la razza designata come tua nemica alla meta finale: l'Oltretomba. Attraverso questa azione, le tue energie saranno risucchiate dall'evocazione. La canzone penetrerà nella mente della vittima, sinuosa e dolce come un fischiettio. Una volta ascoltata, tuttavia, strapperà l'anima dell'individuo con la forza di un incubo, cancellando definitivamente l'esistenza presente in quel corpo. Attento a ciò che fai, Bardo. Questo suono sarà l'ultimo che sentirà quella persona. [Critico, psionica. Taliesin evoca la Morte che soffia nel flauto per lui. La canzone prodotta in questo modo, per un individuo appartenente alla razza designata dal Do della selezione, provoca un danno Mortale alla mente. La seconda razza scelta ne è immune, le altre subiscono danni normali. Contrastabile con un'opportuna difesa psionica Critica.] |
Edited by Hole. - 9/7/2014, 20:43
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