« Hai scelto la parte sbagliata, Itzal. »
In un infinito turbinare di ombre l’aere diviene immobile ed evanescente flebile baluginio di morte Nulla si muove intorno a te solo i Primogeniti insieme (una cosa sola) invano contro un nemico immortale immenso innaturale incorporeo Ombre dilaniate e urla senza suono ad uno sfondo di lacrime di vetro Questo è ciò che vedi Un rapido movimento e le gambe sono infine senza forza il corpo sente il freddo dell’eterno vuoto Perdi contatto cadi non ti rialzi guardi in cielo —
Un cielo innaturale, a sfondo di un sorriso deformato. In una terra desolata, senza vegetazione, e senza vita. È l’ultima cosa che vedi, prima che il Kishin si avventi su di te, Itzal, l’ultimo elemento a proteggere
la Sfinge
il sogno stesso
(Eitinel)
la fine
« το τέλος »
—
« Sono felice che tu sia qui. »
Ascolti senza che la voce abbia davvero un volto. Tu e i Primogeniti, insieme, in quella distesa di neve. È davvero reale? Ombre in un mondo che non vi appartiene. Vorreste combattere per mantenerlo in questo modo, quindi? La tua risposta è un guardare in alto, verso la Torre che svetta davanti a te. Verso il Gorgo che la circonda, in un eterno miasma d’oblio. La tua risposta è un passo avanti, nella direzione dal quale sei arrivato. Dalla quale è iniziato tutto. E d’altronde, è l’unica risposta che la tua interlocutrice si aspetta. Non hai altra scelta, senzavita.
« Posso condurti da lei. »
Non la vedi, ma sai che c’è. È lì con te, in qualche modo. Forse non è nient’altro che la terra su cui poggi i piedi ora, Itzal. Una terra vera solamente quanto il sogno che la contiene. I Primogeniti sbuffano, ma, alla pari di te, non hanno scelta. E la Sfinge sa esattamente cosa dirti, per farti avanzare di quel passo, un passo verso il tuo passato, e il tuo futuro insieme. Le poche parole che ti bastano perché ti possa emergere in un sogno da cui non riesci a uscire, da cui non sei mai riemerso. Velta, quella che vedi, adesso, e verso cui ti dirigi. Ma non sei l’unico a vederla.
« Itzal, è sicuro? »
Il Gorgo non dovrebbe essere lì. Velta non dovrebbe essere lì, non più. E allora, perché è tutto ciò che vedete? Perché i tuoi occhi, e le percezioni dei Primogeniti, non mostrano altro che una torre crollata che si sta ricreando dal nulla, un Gorgo turbinante in un mare di neve immobile — e pure camminate in quella direzione, i passi che non lasciano impronte — solamente uno sbuffo di fumo, ogni volta posati sull’effimera pece del Gorgo — sei lì, Eitinel? — Chimerés ride, sa di essere lui tutto ciò che rimane della Dama — ti ha usato, Itzal, è stato lui — la Dama, tramite la sua emanazione, tramite il suo lascito — è ancora lì, in tua attesa. E senti un canto, un canto di morte — ma è qualcosa che hai perso, per sempre. Il sogno, pure, è tutto quello che rimane.
« Apri la porta, Itzal. »
Un attimo di esitazione, perché sai cosa si trova — o si trovava — oltre il portone.
La vita per cui non ti è dato morire.
« Entra nel mio sogno. »
Alla ricerca di qualcosa che hai perso per sempre.
—
Il Kishin è arrivato, e il Sogno è cambiato. Una terra desolata. Ricordi di un futuro vicino, dove ogni essere non avrebbe potere, contro un mondo senza vita. Un unico dio, un modus operandi di convertire il bene e il male nel nulla, un nulla infinito, proprio come la Dama. I tuoi occhi non sarebbero in grado di percepirlo, al contrario della tua realtà. La realtà del sogno, tuo e della Sfinge. Il sogno di Eitinel. Residui di cenere sulle tue mani, che scivolano portati dal vento. Un processo nascosto, che sta per emergere
(in questo preciso istante)
Perché tentare di salvarti, senzavita? Perché tentare di salvare loro? C’è un solo fine per cui vale la pena tutto questo. Una vaga nota a pié pagina di un testo di storia minore. Una qualche breve menzione. Non ci sarà alcun elenco dei caduti. Tutto scomparirà, nello stesso modo di come tutto era comparso. E peggio ancora, ciò che non può far altro che rimanere, esattamente alla pari di te, cambierà. Tutti coloro che non potranno nemmeno morire. Tutti quelli che ne avranno ancora da esistere, dopo la morte della realtà. Come te, senzavita. Il più triste di tutti, per cui ti è ormai negato ogni sentimento. Perciò, cosa cambierebbe nella tua vita?
E chiudi gli occhi, un breve respiro di vita che non ti appartiene. Ma quando li riapri, vedi qualcosa che non ti aspetti. Membra … di stoffa? Un gigantesco cavallo? E sono loro che stanno affrontando il Kishin, inglobandolo in un turbinìo di ombre mentre la neve, per la prima volta, si sta modellando. Il sogno sta cambiando. E non è più in balia della minaccia del Kishin, aggredito dalla violenza dell’attacco di quelle emanazioni, dilaniato da un continuo evolversi di un miasma oscuro—il Gorgo stesso—la Dama?
« Il sonno può attendere, Itzal. In piedi. »
Ed è colui che ti ha risvegliato, e portato dalle profondità delle grotte fino alle porte di Velta, colui che ti ha fornito un tramite per la Sfinge. Un tramite per il sonno perenne di vita. Lui, e i mostri dell’Oneiron. Ne hai sentito parlare, e pure mai visti. Infine, sei quanto più vicino possibile al tuo destino, senzavita. Il sogno eterno. Quanto può durare, quel barlume di speranza? Eitinel, arrivo—
« Non avrai il mio sogno. »
Un boato, e la flebile tensione che tiene insieme il sogno,
intreccio di corpi e ombre
si infrange.
Un passo nel vuoto.
« τη συνένωση των σωμάτων και των σκιών στο όνειρο
διάλειμμα μεταξύ ονείρου και πραγματικότητας »
Note // Dopo essersi diretto verso quella che pare Velta e il Gorgo, in un misto di realtà e sogno, Itzal e i Primogeniti entrano nella torre, per finire in territorio della Sfinge. Dopo un lasso di tempo non troppo definito arriva il Kishin e le sue armate, che non hanno troppe difficoltà con Itzal e i Primogeniti. Quando tuttavia sembra tutto perduto, arriva il Doppio di Jevanni che chiama a raccolta i Mostri dell’Oneiron [link] che finalmente riescono a fermare l’avanzata del Kishin, avventandosi contro di lui. Le frasi in nero nel testo sono pronunciate dalla Sfinge.