Lo Spirito: le sue Armi
[Spada lunga bastarda] [Peso arma 1,2 Kg] [Lunghezza lama 82 cm] [Lunghezza totale 114 cm] [Larghezza lama 3,4 cm]
| Fin dove l'essere umano può spingersi?
« Orizzonte »
La presa salda su una zanna di ghiaccio. La vita che si spegne oltre il punto di fuga, ma che frigida si abbandona al tramonto.
Un destino che sembra calzare su misura, che ricalca le sagome di un dannato che nell'allenamento di una vita ha riversato la propria anima. Il metallo del suo taglio è il tratto di un bizzarro artista, di un folle bendato che invasato da chissà quale divino nume aveva lasciato che schizzi di inchiostro e sangue incidessero le gelide pagine del destino di Jevanni. Fu l'umiliazione di vedere questo frammento d'arte, scorcio di capolavoro incompreso, svilito dal violento incontro con la realtà. In una lama, nel crudo metallo la disillusione di chi aveva assaporato vittorie e sconfitte e le aveva sintetizzato in sillabe di dolore e in cicatrici sul proprio corpo. L'aria che respirava era di piombo, il suo cuore di ghiaccio. E la sostanza della sua immortale anima era di freddo cinismo - almeno finché il suo brando accarezzava la pelle del nemico. Era inevitabile che Orizzonte, l'incarnazione del suo essere lungimirante, alla fine, diventasse un opaco specchio di ciò che il mondo aveva fatto di lui. E il mondo era distante. Distante dal calore del suo cuore, finché non si spense, ardente di borea.
• Il mio sangue; Fante di gelo, mercenario della borea. Carico della neve che il vento gli aveva sputato, vomitato nei polmoni. Figlio di povertà e necessità di essere dato via: che vi fosse in lui la vaga speranza di una vera vita? Forse il mondo aveva dato vita alla perfezione, al più bilanciato compromesso di opposti. Cosa poteva meglio bilanciare il fuoco della sua determinazione, se non sangue freddo? E la poesia della neve che proviene dall'orizzonte ha fatto sì che in lui vi fosse la completezza di chi ha bisogno di sopravvivere a sé stesso e al mondo assassino. Semplicemente grazie ad un banale tributo Basso di energie, egli potrà dissipare la propria forza fisica in cambio di una sovrumana, adrenalinica scarica di magico potere. Lasciare che il sangue che è in lui s'arresti e si congeli come i cadaveri dei suoi nemici, seppelliti sotto mille e più strati di neve. Per un breve istante, Jevanni congela il proprio spirito e il proprio corpo, provocando un annebbiamento e cicatrici lungo le braccia che reggono la spada, entrambe considerabili danni di entità Media rispettivamente al corpo e alla mente. In cambio di ciò, il potere dello spadaccino sarà visibilmente aumentato - in termini di CS, cinque saranno assegnate alla pura forza, e altre cinque saranno assegnate all'agilità. Eclettismo nel carattere, nell'anima, in battaglia. Per difendersi, per attaccare, per uccidere.
• Il mio corpo; Come un'espansione della sua natura, Orizzonte è semplicemente il compagno di viaggio - unico e insostituibile - di un'anima venduta alla propria sorte. E il freddo della sua sorte non è insito solo nel suo sangue, no; è semplicemente parte intera ma completiva del rinato. La sua invernale universalità è anche nel corpo, un corpo così grande da andargli paradossalmente stretto. E il gelo che è insito in lui diverrà una sua appendice, così come lo è Orizzonte: il braccio che impugnerà la spada infatti, con un consumo Medio di energie, verrà ricoperto interamente da una spessa patina gelata e cristalli scintillanti - con tutti gli inconvenienti del caso: il peso dell'acqua congelata, infatti, rischierebbe di spezzare il braccio di chiunque osasse chiedere dal proprio organismo più di quanto esso sia disposto a concedere. Ma con la massa, esponenzialmente accresce la forza d'impatto dell'arto stesso, ormai divenuto un enorme, vitreo pilastro. Una tecnica letale per il nemico quanto rischiosa per chiunque al di fuori di Jevanni: una tecnica di potenza media basata sulla forza fisica, poiché solo un'esplosiva potenza muscolare potrebbe reggere un simile sforzo, lasciando infine una ferita di pari entità sul punto colpito dallo spadaccino.
• Il mio cuore; Per essere solo un pezzo di acciaio battuto sopravvissuto a migliaia di battaglie, senza perdere il filo né l'integrità, si potrebbe dire che quest'arma possieda una volontà a sé stante. Come il Guerriero che sempre è resistito, spezzandosi solo per rinnovarsi, Orizzonte sembra aver assorbito questo aspetto del suo portatore. Come diamante che non viene scalfito, come quercia colpita dalla bufera, l'arma non potrà mai essere piegata o distrutta da mani o artefici umani. Immacolata e incommensurabilmente solida, un baluardo di ghiaccio adamantino nelle mani abili del Guerriero, unico monumento alla sua anima provata da mille e più insidie. E persino quando l'uomo sarà trasformato e plagiato dalle sue paure, quando la fine sarà vicina, quando non ci si potrà che arrendere, la spada rimarrà pura, impossibile da allontanare dal padrone o infrangere, un memento di invincibilità assoluta di fronte alla vita - e alla morte.
• Il mio tocco; Metallo temprato dalle stelle del firmamento notturno, che cadendo hanno portato con sé un frammento del cielo oscuro, dicono taluni; altri dicono che il colore della lama sia solo un pigmento speciale impiegato nella forgia - un segreto perso secoli addietro. Poca importanza per tale mistero, perché il metallo di speciale sembra possedere solo quel riverbero bluastro, come gli abissi dell'oceano. E poi v'è quella strana sensazione, per chi la sfiora, quel brivido incontrollabile e doloroso che lascia il gelo trasmesso dall'arma. Si ironizza attribuendo ciò al distacco immenso dello spadaccino dell'Inverno, ma è innegabile l'impressione che l'acciaio stellare sia stregato. Un soffio di migliaia di spettri che volteggiano attorno al filo, cristallizzando il dolore e il sangue in una morsa glaciale, infusa in ogni movimento del compagno di ghiaccio. Sempre presente, sempre battuta dal freddo, come le tundre popolate dai lupi.
• Il mio respiro; Volontà del Guerriero pulsa nella lama, scorre come sangue nelle vene di un uomo. Un ricettacolo di potere, energia vitale che costantemente riforgia e rafforza ogni componente dell'arma: ecco come poter definire anche solo una minuscola parte del potere che è racchiuso di Orizzonte. Tale è il contatto, il legame fra il Guerriero e la sua arma, che inconsciamente questa si è trovata inondata del suo potere più intimo. Una volta goffo, incapace di concentrare il proprio spirito, la lama incantata ha ora assunto l'abilità di attrarre la Volontà residua nell'aria attorno, uno sforzo Alto, per caricare di pura energia il filo e il piatto della lama, potenziandola vistosamente per sferrare un singolo attacco - uno dei pochissimi in cui la Volontà di Jevanni viene rivelata all'avversario. Liberarsi dall'intorpidimento sarà possibile pur senza tecniche difensive di sorta e subendo l'attacco, ma le ferite si aggraveranno di un ulteriore medio per aver sfidato la tormenta - per un alto totale provocato dalla tecnica. |
« Foschia » Orizzonte ha assaporato la stessa sofferenza, la stessa candida bile di cui Jevanni si è alimentato per tutta la sua secolare, solitaria esistenza: vita compianta fra bufere, tormente, bore capaci di strappare carne ed ossa a pezzi troppo grandi per non essere sofferti. Il dolore che nasconde gelosamente negli angoli più dimenticati della sua anima ha un solo, opaco, aspetto: quello della nebbia che da sempre aveva accarezzato il suo corpo e lo aveva mangiato un morso alla volta. Con un consumo di energie pari ad Alto, Jevanni sarà in grado di richiamare sul campo di battaglia una densa, impenetrabile coltre attraverso la quale è impossibile scrutare. Immacolata come il suo orgoglio, ma non vergine del sangue di incalcolabili vittime. Questa nebbia permarrà sul campo di battaglia per ben due turni di combattimento, e renderà estremamente difficile, se non impossibile, scorgere la figura dell'errante guerriero che, invece, non sarà minimamente affetto dalla tecnica e potrà ancora vedere perfettamente. L'incanto è contrastabile come un'illusione ambientale di livello Medio.
• Il mio panico; Ed è nel pallore della confusione, nel grigiore di un fato non definito che l'uomo è solito perdersi, abbandonarsi alle paure. Ma quando si riesce a domare questa innata fobia, si emerge dalle proprie ceneri più forti di prima, più completi, più coraggiosi, animati da uno spirito divino che trova sorgente nell'abbandono del proprio precedente Io. Dopo questa spirituale rinascita, si è in grado di piegare il nemico con quelli che prima erano i propri incubi, con quelle che prima erano le superstizioni di chi non sapeva vedere oltre il sole calante. E sì, non è possibile vedere nell'incertezza della propria perdizione: solo se la precedente tecnica, Foschia, è attiva e una sola volta per duello, adoperando un consumo Nullo di energie è possibile far vedere al nemico decine di confuse ombre danzare in vista del banchetto di sangue. Un banchetto la cui pietanza principale consiste nel suo cadavere. Una tecnica psionica di potenza Bassa infida, cagionante un danno di pari entità alla mente con lo scopo di far palpitare il fragile cuore del rivale e di farlo annegare nel nero oceano del suo dolore interiore. « Nasconditi, finché puoi. » • Il mio orizzonte; Libero dal gelo del crudele creato, ci si proietta verso un limpido futuro, abitato solo dalle immagini più solenni e limpide dei sogni. Sobrie e disilluse, come il secolare guerriero dei ghiacci. Un futuro costruito sulla base della maestria di spada, le cui fondamenta affondano nella morte di chi ha osato arrendersi alla propria debolezza e ai propri indugi. Dopo l'imperscrutabilità dell'incertezza, il chiarore di un nuovo mondo libero dalle catene del timore. Un mondo in cui il sole bacia un orizzonte non più definibile tale poiché parte dell'eternità stessa. Solo se la tecnica Foschia è attiva, una sola volta per duello e spendendo un consumo Alto di energie, Jevanni potrà ritagliarsi il proprio posto nell'utopia delle sue speranze: colpendo un preciso punto della coltre nebulosa, attingendo ogni singola goccia di abilità marziale dal suo corpo, sarà in grado di condensare la stessa e muovere un'immensa massa di vuoto ed aria compressa. L'agglomerato di potere sarà così potente da spazzare via, trascinare con sé tutta la nebbia generata artificialmente, ma traendo potere da questa esso sarà considerabile al pari di una tecnica di livello Critico. Non è magia, soltanto un controllo magistrale del proprio corpo, dei propri mezzi: una tecnica che basa la propria efficacia sulla maestria nelle armi del portatore. Dopo la rinascita, non esisterà più nebbia del presente. E la Foschia se ne andrà con essa.
« Stelle del Tramonto »
[Set di coltelli da lancio][Totale coltelli 11][Peso singolo 75g] [Lunghezza lama 15 cm][Larghezza lama 2,2 cm]
"Stella del Tramonto è il nome dato al pianeta Venere che risplende nel cielo prima che il Sole tramonti del tutto. Da ciò la connotazione della 'luce prima dell'oblio', quindi dell'ultima cosa che l'uomo vede prima della fine". Questo Jevanni lesse in un libro, questo Jevanni pensò mentre con un rudimentale pezzo di grafite disegnava su una pergamena un'arma estranea alle spade ricevute, e alle mani dei fabbri esperti che sapevano come bilanciare e costruire armi vere e proprie. Lui infatti non sapeva nulla - sapeva a malapena disegnare, e ancor di meno sapeva come costruire e forgiare le stesse armi che impugnava e di cui si prendeva cura regolarmente. Però aveva un obiettivo, e questo era creare un'arma che fosse ideata da lui. Ma, era un sogno. Tutta l'idea, tutto il progetto, era rimasto un sogno. Il fabbro, stranito, aveva guardato il disegno dello shuriken abnorme e chiesto se era serio e se aveva coscienza del fatto che fosse inutilizzabile. Ma il Guerriero rispose che lui l'avrebbe resa utile. E così, come tante altre volte nella vita del Guerriero, non fu. Perché dovete sapere che la realtà è dura, e i sogni diventano raramente tangibili. L'arma che questi aveva creato, per celebrare il proprio legame con l'Inverno, si è spesso rivelata un peso e mai un qualcosa di veramente utile. E passò il tempo. E passarono giorni. E mesi. Quando giunse il tempo, nel Guerriero si accese la consapevolezza di aver dato voce ad un sogno - una delusione, che l'aveva solo rovinato. L'impatto con la realtà non aveva frantumato l'arma, ma il sentimento ch'egli aveva verso la stessa. Il sogno s'era infranto, e per risolvere il tutto Jevanni decise di infrangere anche la Stella. "Dalle schegge di questo sogno, costruisci uno strumento capace di tramutare altri sogni in realtà", disse al Fabbro di Vento d'Oriente quando il demone Crystal si prese la sua libertà. E questo fece: dai frantumi della Stella del Tramonto, il fabbro creò dodici coltelli di fattura -due da ogni punta- quasi migliore del precedente artefatto. Suddivise i dodici pugnali in quattro gruppi a seconda delle decorazioni, dedicate ai quattro dèi dei punti cardinali nelle religioni locali: Nordri, Sudri, Austri, Vestri; infine, del materiale rimasto fece i foderi vari sistemati e assemblati in funzione dell'armatura. Ma, proprio come la retta via viene smarrita quando si inseguono i sogni, una delle Stelle del Tramonto è andata perduta nel mondo onirico di Velta durante gli eventi dell'Extirpanda.
Via Domus Ma il fabbro fece di più: grato al Guerriero per la somma di denaro elargita per un lavoro che avrebbe richiesto molti meno soldi, infuse una benedizione nei pugnali - e nel riforgiarli, incastonò in quattro di loro una pietra ritenuta magica da generazioni nella loro famiglia - forse un portafortuna. Il potere di quelle pietre era innocuo, ma simbolico. Esso permetteva alle armi di prender vita, librarsi a mezz'aria e indicare i luoghi e le persone che l'utilizzatore cercava. Qual'era la benedizione, vi chiedete? "Possa tu trovare la strada di casa". [Pergamena vuota "Esplorazione". Ad un consumo Medio, uno o più pugnali prenderanno vita e come una bussola punteranno in direzione di un bersaglio che può essere una persona o un oggetto o una direzione interpretabile come meglio si crede. Ha valenza di auspex per due turni su distanze particolarmente elevate.] |
Nelle terre pericolose dell'Edel, fra ombre e draghi e demoni, esistono quelle strade conosciute come "Vie del gelo". Quello che pochi ricordano, è che una volta erano note dai più con un nome quanto mai bizzarro: le Vene di pietra. Come capillari che portano sangue e ossigeno alla mente, queste erano - e ancor adesso sono - le vie principali delle lande piagate dell'Edel; battute da viandanti piegati dai venti funesti e popoli nomadi da ogni dove, consci delle minacce che li circondano in qualunque regione si trovino, su di esse girano le storie più disparate. Molte tragiche, molte inquietanti, mortificanti...e infine alcune rinfrancanti. Una di queste riprende le gesta di un'antica generazione di uomini e donne, privi di una casa, stirpi diverse e origini ancor più varie come una bandiera tessuta da colori e fili sparpagliati - ma accomunati da un unico scopo: vigilare le Vene. Sentinelle ammantate e armate per fare della propria veglia una vita costante, esse erano sparpagliate per le vie principali fungendo da scorta per i gruppi di persone che intendevano transitare le zone più impervie della regione chiedendo in cambio ben poco: cibo per mangiare e riparo al fuoco per le notti. Ognuno era diverso per temperamento e principi, e qualcuno era più esigente di altri, eppure la volontà a consacrare la loro vita a battere i sentieri era l'unica cosa a non mancare di certo a nessuno fra loro. Ciascuno per ragioni diverse, ciascuno con casacche e abiti diversi, nessuno stemma a raccoglierli: nemmeno un nome che definisse la loro identità come gruppo. Ci si riferiva a loro con lo stesso nome che gli elfi avevano dato alle pietre sulle quali marciavano.
Gwenithfaen o Wythïen, Le vene di pietra.I Leoni dell'Eden, che valorosamente si sono cimentati nella grande stagione di caccia indetta da Lady Alexandra, hanno ripercorso inconsciamente le stesse vie di questo antico manipolo di sentinelle vaganti. Gli esploratori e gli storici al servizio della Regina hanno, per l'occasione, disseppellito e fatto riforgiare a nuovo le armi appartenute una volta alle Vene. Sarà destino dei più fedeli fra i cacciatori prendere una sola fra queste armi, dono della Regina.
Le Vene di pietra sono armi incantate, artefatti la cui forma dovrà essere decisa dal ricevente al momento dell'acquisizione. Non sarà possibile cambiarla in seguito. Sarà possibile ottenere una singola arma o un gruppo (armi da lancio), non coppie di spade e via dicendo. Il possessore di una delle Vene sarà noto in tutte le terre come uno dei cacciatori che più ha abbattuto nemici del Sorya, e che più è sopravvissuto all'Edel infido, rimanendo anonimo e irriconoscibile sino a che non paleserà la Vena. Sangue per sangueLe Vene erano combattenti eccezionali e spietati, determinati nell'abbattere tanto i mostri quanto i banditi che si insidiavano ai passi e ai crocevia delle grandi strade di loro già perigliose. Non avevano l'addestramento e la disciplina dei soldati, né la guida di capitani e generali o numeri da far invidia agli eserciti. Avevano dalla loro solo la loro capacità di sopravvivenza e la conoscenza delle terre che calpestavano e i sentieri che seguivano, consci che questi - più delle loro armi - erano i veri strumenti a propria disposizione per arrivare alla fine della giornata. E quando nemmeno quello bastava, quando si doveva necessariamente estrarre le armi e difendere sé stessi e gli altri, non esisteva freno alla ferocia di una spada appartenuta alle Vene o un bersaglio mancato da una loro freccia. Sangue per sangue era un loro modo di dire ricorrente, simbolo della determinazione sfrontata e assoluta nel voler perseguire il loro scopo di liberare l'Edel e le strade dai mostri che piagavano le strade che portavano a quelle che - una volta - erano state le loro case. Versar sangue per ripagare il sangue versato.
Con un consumo Basso e infliggendosi una ferita al corpo (come un piccolo taglio) di entità bassa per bagnare l'arma di una goccia del proprio sangue, il personaggio potrà sferrare un attacco tramite la Vena. Questa si impregnerà di un'aura luminescente, che renderà il prossimo attacco al pari di una tecnica media di natura magica dalla quale bisogna difendersi come tale. La tecnica provoca un danno basso alla mente per due turni, compreso quello in cui si subisce l'attacco, da interpretarsi come profondo timore che porterà la vittima per quella durata a ritrarsi dallo scontro e cercare di non fronteggiare l'aggressore. L'attacco provocherà anche una ferita fisica dovuta all'attacco effettivamente subito in aggiunta all'aggravante mentale, ma la portata della prima sarà a differenza dell'ultima regolata dal confronto fra CS e dalle circostanze dell'attacco stesso.
Lo Spirito: il suo carapace
« B r i n a » Le armature sono ritenute la seconda pelle dei guerrieri, ed è raro che essi non le utilizzino, compreso durante gli allenamenti. Se è raro invece che esse vengano idolatrate quanto le armi, il motivo è più che comprensibile. È raro che le armi diventino pezzi di latta che imprigionano l'individuo e lo ostacolino in battaglia. Brina è il nome della compagna di guerra che Jevanni ha trasportato in ogni battaglia, compresa quella in cui morì. La corazza protegge abbastanza bene dagli attacchi comuni, e comprende parti in tessuto che rappresentano la divisa dell'esercito in cui aveva combattuto. Precedentemente scolorito e parzialmente rovinato, ora lo stesso tessuto e i pezzi d'armatura sono state rinnovate e riparate in occasione della battaglia contro il Re che non perde Mai, mutando il guanto sinistro aggiungendo borchie e placche per rinforzarlo, rendendolo una vera e propria arma. Sulla cintura è presente un sigillo, dalla forma inequivocabile: è il simbolo adoperato da Jevanni, ed è marchio della sua esistenza da Guerriero dell'Inverno. Significa "Neve". L'armatura è poco ingombrante, come già detto, e ha anche un'enorme mobilità caratterizzata dalla struttura a maglio leggero che non impaccia i movimenti. Non è il genere di guscio che spezza le armi quando tentano di fare breccia, ma è quanto basta per dare protezione moderata da armi ordinarie di potenziale medio/basso, quando il guerriero non può difendersi da solo.
[Armatura Media][Peso 5,24 Kg] [Spallacci][Bracciali][Guanti][Usbergo][Cintura]
Alle spalle di una notte pari a tante altre l’occhio si desta dal buio che lo avvinghia, che lo tiene legato al mondo di sogno dal vago sentore di incenso in un prospetto onirico assolutamente mutevole e cangiante. Debole, basta poco a infrangerlo come lastra di vetro o uno specchio la cui abilità sta nel distorcere i pensieri, tramutarli in emozioni e incarnarli in sensazioni. Vivide, tremendamente reali. E con naturale lentezza tutto ha fine. Riconosce le prime luci, le ombre si addensano su profili inizialmente confusi; gradualmente paiono plasmarsi con ordine, si modellano attorno a quanto c’è di reale. Poi subentrano i colori, orgiastiche combinazioni di probabilità che assumono il nome di sfumature, tonalità, graduazioni. Ognuna è la somma di fattori diversi, come di un intero scisso e ricomposto un’infinità di volte garanti di un risultato sempre uguale e costante, senza alcuna variante. E infine tutto è chiaro, nitido; la percezione delle cose assume un senso vero: un senso proprio. Così vicino da poterlo tangere con mano, trattenerlo nel pugno o lasciarlo andare. Così concreto da poterlo annusare, assaporare, udire in ogni sua voce frammentaria protratta in un’azione, come un’eco infinito trascritto nel tempo. Ma il Clan Sorya non ha spiegazione, non ha logica che possa essere riassunta in una definizione più o meno completa. È voce inudibile, spettro invisibile, amarezza insapore. È miasma inodore e materia intangibile. Discernere l’illusione dalla realtà è cosa assai facile in altri contesti, ma giustificare la realtà fra le mura di una Clan perso nell’oblio dell’Eden può rassomigliare a follia, o meglio ancora: a blasfemia. In molti la chiamerebbero fede o semplice accettazione di un ché inspiegabile; o ancora fiducia nell’ignoto, in attesa di risposte che mai giungeranno se non muniti di spirito abbastanza forte da inseguirle e agguantarle. Nel sibilare del vento che incurante sfiora i crostoni lamellati del baratro conosciuto come Gorgo le voci corrono raschianti come minacce di morte, ed è non ascoltandole - non potendo - che in molti raggiungono la sua gola perdendosi nella follia, nel vaneggio dell’inconoscibile, per cedere ai ricatti di quell’essenza smarrita e diluitasi a ben altro. Ma il Sorya - o chiunque vi sia dietro - sa anche chiamare e amare, scegliere i campioni che, pur disconoscendolo, lo accettano senza molte pretese. Così accadde che nel pieno di una guerra, nel ripiegare di un conflitto ancora più grande, la terra brulla antistante la linda passerella si macchiò di sangue vermiglio ed altro più scuro e denso come pece. Abomini frustrati da anni di prigionia calcarono le lande vuote e stanche di un Clan parimenti vuoto nella sua essenza, ma non meno letale, non meno pericoloso. Non era nella robustezza e nella possanza dei torrioni che quel Clan vantava la sua forza, ma nei suadenti bisbigli che accarezzano l’anima prim’ancora che la carne. False promesse, lussuriosi accordi, parole lusinghiere quanto vuote e traditrici. Mentre la Flotta Icaro perdeva coscienza e cognizione della macabra natura offerta dall’avido Doctor, un’altra anima veniva avvinghiata e incatenata, seppure in modo meno brutale. Non in apparenza. « don't bother stopping, child of Winter, sweet child of ours rush onward for your sister, whom body withers yet her heart stands strong bring her to us, come and take shelter you won't part with her, for your destiny and hers are bound » ● H E R E S Y
Voce ancora inascoltabile, che ammalia il cuore e trascura il pensiero. Discernendo tra amici e nemici, tra vinti e vincitori, quel qualcosa raggiunse Jevanni posandovi una mano tremante. Sul dorso di un destriero scuro come la notte, mentre traeva in salvo un’adepta di quel Clan fiondandosi nella sua gola, lo ingraziò di un dono. Concesse lui una parte infinitesimale del suo potere, così che fosse egli stesso ad avvicinarsi al Sorya e non viceversa. Alla ricerca di risposte magari, o per piegarsi alla suprema volontà di un’entità complicata e ignota, parimenti insuperabile. Torre. Falsa prospettiva, tenace premessa. ●
Lì dove quella coniugazione di arcano e umano ebbe inizio, lì dove il potere si strinse all’acciaio di Brina, armatura di ghiaccio, lì qualcosa si agitò in tumultuoso silenzio. Un potere oscuro e corrotto mascherato da beltà e virtù; resistenza senza fine intrisa di volontà. Indossando l’armatura, il corpo del portatore sarà in grado di subire fino a due mortali prima di collassare sotto il peso dei colpi. Ciò tuttavia non pregiudicherà la pericolosità dei danni subiti; un danno di entità critica corrisponderà alla perdita di un arto così come un affondo diretto al cuore decreterà la morte. Un dono da utilizzare con maestria, un omaggio per il campione scelto quel giorno: nel momento di un eroico salvataggio. {Abilità passiva} Ma la nuova entità che scorre dentro Brina non ingrazia il corpo che la indossa della sola vigoria, della sola robustezza, ma di una rigenerazione che si estende nello strumento come mezzo, un mezzo tramite il quale esercitare la volontà del Sorya. Questo potere entrerà in azione - non prima di un dispendio energetico Basso - con venature scure come ossidiana e brillanti di riverberi porpora che percorreranno l’acciaio di Brina; esse partiranno dall’altezza del cuore e si estenderanno come rami sulle piastre laminate dell'armatura. Lo stesso tetro ricamo comparirà sull'oggetto di interesse - o sui suoi resti - che dopo essere stato distrutto o sottratto ritornerà nella sua forma originaria nel palmo del caster, come nuovo. Quando ciò accadrà, quel nucleo ignoto di potere pretenderà ulteriore forza ed energia, che sottrarrà dal corpo del portatore quasi fosse una pretesa, un danno di entità Bassa al cuore per ricordare che nessun dono viene offerto senza pegno. In termini di gioco la tecnica cura un danno all'equipaggiamento. {Tecnica di potenza Media} Gorgo. Solenne riscatto, tenebrosa paura. ●●
Accettando quel nuovo compagno fra le proprie fila, accogliendolo come campione e non come uno dei tanti, fu necessario svelare lui l’illusione del Gorgo. Come nebbia al mattino essa si diradò ai suoi occhi mostrando il baratro tanto buio quanto profondo; ed un’unica strada, un’unica avorea passerella a segnare il tracciato per il cuore di Matkara. Ma lì dove il miasmatico Gorgo sovrastava ogni cosa agitandosi e non lasciando scampo ad alcuno, ora non restava che un vuoto incolmabile. L’illusione può ben poca cosa una volta svelata, eppure qualcosa restò su Brina, come un ricordo marchiato a fuoco sull’acciaio, un’impronta a segnarne la rinnovata identità. È sufficiente svelarlo, destarlo con un consumo Medio di energie, per ripresentare qualcosa di altrettanto letale. L’armatura verrà percorsa da filamenti smeraldo contornata da tratti carbone, riflessi proiettati a costituire un’aura tetra e lucente attorno a colui che la indossa. Chiunque sarà nelle vicinanze del personaggio avvertirà come se qualcuno o qualcosa gli sottraesse il respiro, come se artigli uncinati sprofondassero nella sua gola per abbrancare le viscere e stritolarle con forza. Il danno provocato, nonostante la sintomatologia fisica, sarà di natura psionica e constaterà di un Basso mentale a turno. La tecnica, inoltre, sarà utilizzabile in sola chiave offensiva; se l’avversario volesse ingaggiare battaglia a stretto contatto col portatore in fase d’attacco, sarà come se la tecnica non fosse stata attivata, per poi tornare attiva e soffocante nel turno seguente. È affrontabile come abilità psionica di livello basso per ciascun turno, prevenendone gli effetti con adeguate difese. {Tecnica di potenza Media} Ma se quello stesso abominio dovesse invece esprimersi all’interno del corpo del portatore, allora non potrebbe che agire in un unico modo. Sempre per mezzo di un consumo Alto di energie, le sue capacità fisiche verranno potenziate, come se nelle vene scorresse rinnovata energia. L’armatura verrà percorsa da venature pallide come il ghiaccio più puro, cristallino come una mattina d'inverno; raggiunto questo stato le Capacità Straordinarie relative alla preponderanza fisica del portatore aumenteranno di 2 unità per turno, per un totale di quattro turni complessivi. Eppure l’instabilità, la voracità del Gorgo ora nella carne dell’indossatore potrà richiamare a sé quella mutevolezza che tanto caratterizza il Clan Sorya. Autoinfliggendosi un danno Basso al fisico infatti, pegno di sangue - e non consumando slot tecnica aggiuntivi - sarà possibile cambiare l’attribuzione delle CS fornite dalla tecnica. La forza potrà divenire agilità, e quest’ultima intelletto; estremamente plastico, un tumulto dominato dalla volontà e dal sacrificio. {Tecnica di potenza Alta} Abisso. Riprovevole baratro, perdizione di speranza. ●
L’ultimo dono da concedere al campione, è la stessa rappresentazione e la stessa illusione che ammanta l’ignoto del Clan Sorya. Vuoto incolmabile dove un tempo fluiva la quintessenza della corruzione, oscurità tanto densa da parere liquida e scorrere fra le dita come miele. Spendendo un quantitativo Critico di energie, il portatore sarà in grado originare la medesima atrocità dandogli forma e potenza. La terra verrà scossa da fremiti insistenti in un crescendo senza fine sino ad essere leso da fenditure più o meno profonde. Il cielo verrà ammantato da coltri nebulose scure e pronte a liberare la tempesta peggiore; in gran fretta si porranno in circolo e vorticheranno, lasciando un vuoto circolare largo diversi e diversi metri. L’armatura si colorerà di nero e lucenti riflessi ebano, captando su di sé la vera essenza del 'Clan che non esisteva'; e nel turno di gioco seguente, sarà sufficiente sollevare le braccia al cielo - come ad evocare ed invocare qualcosa - perché da quello spiraglio circolare nel vuoto assoluto piombi una colonna di oscurità sul punto prescelto. Con naturalezza, come se l’apocalisse scatenata per mero capriccio fosse un pavido ricordo all’ombra della dimenticanza, il cielo tornerà ad essere quel che era. Ciononostante, la la terra ricorderà il piovere di quel male nel cratere aperto e nella distruzione infiammata. La tecnica provoca danni inferiori al consumo se a subirla è un avatar notturno, mentre provoca danni maggiori se la vittima è un avatar diurno; il suo elemento è sacrilego. {Tecnica di potenza Critica}
« Sinistra di Cristallo, dita della Volontà »
[Guanto sinistro d'arme] A parte va considerato il guanto d'arme della mano sinistra, rinforzato rispetto al gemello destro con borchie e placche per conferire una ragione in più per voler evitare in combattimento lo spadaccino, anche una volta disarmato; degno di nota persino rispetto all'armatura nel suo intero dopo esser stata toccata dall'anima del Sorya. Un intrico di cupe ramificazioni che si arrampica per l'acciaio volto a proteggere lo spadaccino, se non proprio per quell'ultimo barlume di luce emanato dalla gemma incastonata sul bracciale che costituisce la protezione estrema dell'arto mancino. Essa prende il nome di "Sinistra di Cristallo", in quanto adornata da una pietra preziosa e lucente, che pare reagire alla Volontà del Guerriero mutando le screziature mentre egli esercita il proprio dominio su ciò che lo circonda. È possibile, anzi, che essa risuoni proprio con lo spirito di un Jevanni che sempre più si sta abbandonando e lasciando sfaldare - quello che un giorno potrebbe persino diventare l'ultimo barlume di speranza e forza di ciò che una volta egli era stato.
Lo Spirito: la bisaccia nel mantello
« Tasche del viaggiatore »
Per un viandante, avere a disposizione oggetti di ogni genere può risultare particolarmente utile. Armi 'anticonvenzionali', biglie alchemiche, pozioni: piccoli assi nella manica per non ingaggiare battaglia e vivere giorno per giorno. Sfruttare risorse quali le polveri, veleni e miscele elfiche le cui ricette gli sono state conferite da Seyrleen è divenuto vitale.
Baghram ur' Nveh, o Astro di Fuliggine | [Biglia esplosiva] Biglia di vetro contenente polvere magica, di colore nerastro (da qui il nome 'Fuliggine'); la formula è talmente intricata che molti si chiedono perché non si utilizzi una miscela più simile alla polvere da sparo. I Predatori di Neiru fanno poco uso di queste sfere, per via degli ambienti angusti che potrebbero crollare in seguito ad un impiego massiccio delle stesse. Infatti la polvere è estremamente instabile una volta lasciata all'aria aperta, motivo per il quale essa è rinchiusa e sigillata in una biglia di vetro. Una volta infranto, questa esploderà in una modesta deflagrazione che provocherà ustioni di basso conto sull'avversario. Da qui la nomenclatura dell'oggetto: Baghram significa 'drago'. Raìz ur' Nveh, o Astro di Folgore | [Biglia accecante] Biglia di vetro contenente polvere magica, di colore biancastro (da qui il nome 'Folgore'); non ha componenti particolari, oltre a reagenti pseudo-magici misti a una sapiente raffinazione della cenere di Fuoco Fatuo, noto per illuminare senza bruciare. Armi di offesa malfamate all'interno dei bui cunicoli degli elfi, sono molto efficaci su chi ha una vista troppo abituata all'oscurità. Una volta che l'ossigeno viene a contatto con la polvere, questa rilascia tutta la brillantezza delle fiamme magiche condensata in un singolo istante. Questa polvere ha proprietà magiche affini a quelle dei Paladini, che cacciano i demoni rispedendoli nella forma umana. Da qui la nomenclatura dell'oggetto: Raìz significa 'Flagello dell'Ombra'. Muna ur' Nveh, o Astro di Foschia | [Biglia fumogena] Biglia di vetro contenente polvere magica, di colore perlaceo (da qui il nome 'Foschia'); le esalazioni dei gas sotterranei, provenienti dalle miniere negli strati più profondi, vengono rinchiuse in sfere di modeste dimensioni per essere trasformate in armi. Particolarmente fitte e nere, le ombre gettate dai fumi sono in grado di accecare la vista degli altri per qualche istante. Infatti questi gas sono incapaci di mantenersi consistenti per più di qualche secondo, a contatto con l'aria aperta o comunque estranea ai cunicoli di Neiru. Problematiche al punto giusto, queste biglie formano un'ottima distrazione in momenti critici, in quanto tendono a disorientare il nemico. Da qui la nomenclatura dell'oggetto: Muna significa 'Firmamento spoglio'.
Der'nak ir Blem, o Distillato di Schiavitù | [Miscela debilitante] Boccetta di veleno che va infranta sulla spada. Rosmarino, timo, campanule e denti di leone sono mescolati in un calderone di argento in senso orario e poi in senso antiorario per il numero di giorni passati dall'ultima eclissi. L'effetto di questo veleno è il risucchio delle energie arcane che mantengono integro il corpo e l'anima, effettivamente sciogliendo quasi tutto quanto in frammenti infinitesimali incapaci di legarsi fra loro. La parola che denomina questo intruglio mortale è 'Schiavitù', in Neiru traducibile anche come 'Controllo', e quindi capacità di disporre della creazione e distruzione della materia. Il Distillato, reso enormemente più innocuo, ha capacità di attenuare le CS dell'avversario di una unità per ogni attacco fisico andato a segno per i due turni di effetto a seguito dell'applicazione della miscela. Imallan, o Resina dell'albero custode | [Erba ricostituente] Esile boccetta contenente una bevanda dal colore leggermente rosato; l'unico ingrediente utilizzato conosciuto è la resina dell'albero custode delle foreste nell'Eden non ancora corrotte dal Gwathlàiss, governate e protette dagli elfi. Jevanni ha avuto a che fare con loro durante i suoi viaggi, perlopiù con i loro mercanti, ed ha deciso che questa è la sua bevanda preferita. Il sapore, acre, riesce comunque ad avere un retrogusto dolce che gli ricorda a tratti -inspiegabilmente- i tempi in cui viveva con Visilne. Simile all'alcol per come riscalda, con questo liquido è però veramente difficile ubriacarsi - si tratterebbe di berne otri su otri, per poter iniziare a sentire i cenni di ubriachezza. Ma, a berne otri su otri, si limiterebbe a rimetterne la vescica. Ha proprietà particolari, in merito agli effetti che ha sul corpo. Gli elfi li utilizzano nelle medicine e nei propri rituali, mentre Jevanni e più in particolare gli umani lo bevono per una ragione precisa: le energie di chi si disseta con questo liquido vengono rigenerate del 5%. La ragione per la nomenclatura dell'oggetto è interessante: Imallan significa 'Focolare'.
« G a l e »
"Voglio i loro nomi!" urlò il balivo, con un rivolo di bava che colava dall'angolo della bocca. "Quali nomi, eccellenza?" chiese il cancelliere. "Chi sono costoro che osano fare questo? Chi sono?!" Il balivo, arroccato sul suo alto scranno, si sporse in avanti, le mani artigliate sui bordi dello scrittoio. "Sono esseri capaci di sacrificare la propria esistenza per sé stessa, per ottenerne il controllo" rispose il cancelliere, con le labbra livide tirate in un sorriso sinistro. "Hanno un nome?" "Qualcuno li chiama eroi, ma sono semplicemente guerrieri." Un suono esplose, coprendo ogni altro. Era cupo, costante, squarciava in eguale maniera il silenzio ed il cielo. "Cos'è?!" domandò ancora il balivo, timoroso. "E' il Tuono di Lanycha" disse il Cancelliere, "significa che sono arrivati: i Guerrieri sono qui."
C'era due volte un libro. Due volte perché questo stesso libro era stato prodotto in sole due copie, poste ai due angoli differenti del continente, più di mille anni fa: "Il Suono e la Furia", questo l'enigmatico titolo. Una delle copie era gelosamente custodita da Asmus Bergsonn, Generale dell'Accademia dell'Astro Rosso; quest'uomo, a capo di quella che era una vera e propria forgia di uomini, riteneva preziose quelle pagine ingiallite perché racchiudevano un grande segreto: quello dei due Suoni Assoluti. Una leggenda, tramandata per molti lustri, che voleva esistessero due corni da guerra, uno di Ossidiana ed uno d'Alabastro, nominati rispettivamente Gale e Elag. Gale era scuro, pieno di sfaccettature, con finimenti d'oro bianco, lavorato in maniera apparentemente rozza, tanto affilato in certi punti da riuscire a piagare le mani che avessero tentato di stringerlo: era il Corno della Distruzione. Elag, bianco e perfettamente liscio, era invece capace di produrre il suo della Creazione. Di Elag nulla si sapeva, se non che era stato per lungo tempo custodito dalla Loggia dei Filosofi, che tuttavia sembrava ormai sparita da anni. Gale, al contrario, proprio per la sua natura distruttrice, che lo rendeva una potente arma, appariva nei racconti di tante guerre e battaglie, sempre con nomi differenti -così come differenti erano le descrizioni; tutte le narrazioni, tuttavia, convergevano su un particolare: il suono di quello strumento era in grado di operare grandissime cose. Fra tutte le cronache di guerra raccolte nel libro, una in particolare suonava conosciuta, quella del Tuono di Lanycha. Lanycha era una città fortificata, posta al centro di quella che veniva definita la Piana dei Giganti -l'odierno Plakard. La città, governata da un tiranno scarsamente incline alla clemenza, era ridotta alla fame; per questo, due fratelli, fuggiti dalla città, avevano vagato per il continente fino a raggiungere il Nord. Lì avevano trovato il famoso monastero dei Guerrieri Nuvola, e agli adepti avevano chiesto aiuto. Questi, commossi dal racconto dei due fratelli, avevano accettato di liberare Lanycha dal suo tiranno. I due fratelli, tuttavia, erano totalmente incapaci come uomini d'arme, e tutto l'apporto che furono in grado di dare per l'imminente scontro fu consegnare ai loro salvatori un corno da guerra con cui dare il segnale d'inizio per la battaglia.
Ciò che accadde sorprese certamente i Monaci ed il nemico, ma ancor di più i due fratelli: al suono di quel corno le mura di Lanycha tremarono, centinaia di mostri sguinzagliati dal tiranno per proteggere la sua città si rivoltarono contro i loro domatori, le difese delle truppe si infransero. Più che una battaglia, fu una disfatta. I due fratelli, per ringraziare i Monaci del loro munifico coraggio, donarono loro il corno, che da quel momento accompagnò ogni combattimento dei Guerrieri Nuvola -precisamente, ottenne il dono il Maestro Fuku Occhio-di-Tigre, che portò con sé il Tuono, nel profondo nord, fra i ghiacci e la neve.
Così, Asmus teneva con sé quel librò, sfogliandolo di tanto in tanto, e bramando di recuperare Gale, il Suono della Distruzione. Perché lui ne era il legittimo proprietario: era l'unico ed ultimo discendente di quei due fratelli che, 300 anni prima, avevano salvato Lanycha. E a sua volta era a capo dell'Accademia dell'Astro Rosso. C'era due volte un libro. Due volte. Forse, una di troppo.
―Il Tuono di Lanycha―
"Chi lo portava doveva esserne degno, ché in molti avevano provato a poggiare le loro indegne labbra, soffiando con quanta forza avevano in corpo; pure, i loro polmoni sembravano costretti a perdere la sfida con quell'oggetto nero d'ossidiana, che piagava la bocca degli incauti che gli si avvicinavano, e sembrava aspirare via dai loro polmoni sia l'aria che l'anima, lasciandone nient'altro che involucri privi di vita. Così, chi fosse riuscito nell'impresa di produrre un suono con quel demoniaco strumento, sarebbe stato considerato alla stregua di un eroe, personaggio con un posto nella historia." [Abilità Passiva: chi porta con sé il corno, per il fatto stesso di possederlo, viene ammantato in un'aura di solennità e rispetto. La sua voce risulta stentorea, sempre convincente, capace di mandare in visibilio la folla: una voce adatta al comando. Chiunque ascolti questa voce sarà portato a prestarle fede e vorrà seguirne gli ordini. Abilità Passiva: Il corno non può essere suonato che dal suo possessore, finché questi è in vita. Chiunque altro provi a suonarlo andrà incontro ad una morte atroce, per asfissia. Non può essere derubato né distrutto in alcuna maniera in post autoconclusivi, inoltre. Abilità Passiva: Ogni volta che Gale emette un suono, questo è rincorso da un eco violentissima, tanto che riesce a coprire ogni altro suono.]
"Chiunque udisse esplodere il ruggito di Gale, non poteva in alcun modo sottrarsi al dolore che attanagliava l'udito, tanto era violento il ripercuotersi di quell'unica nota, sempre la stessa. Gli uomini tremavano, afferrandosi il capo, in alcuni casi divenivano momentaneamente sordi, altri ancora rimanevano paralizzati dal terrore, ché quello non era un semplice corno, sembrava volesse annunciare la fine del mondo, imminente ed inevitabile. Si spezzavano gli incanti, ogni scudo sembrava incapace di reggere il contrasto, tutto si infrangeva e cessava di esistere, di fronte ad un suono che era un castigo divino." [Consumo Medio, potenza Media: suonando il corno si produce un suono capace di atterrire i nemici, provocandogli danni bassi all'udito e al contempo una costrizione di potenza bassa, dovuta al terrore ispirato dal tuono apocalittico. E' da considerarsi una tecnica psionica, e come tale va contrastata. Consumo Alto, potenza Alta: emettendo un suono particolarmente potente e profondo, si può letteralmente spezzare una tecnica magica o psionica di potenza pari o inferiore.]
"E per assurdo accadeva che, improvvisamente, non c'era più alcun rumore. Tutto spariva, e non soverchiato dalla potenza di un suono più grande, ma annullato, cancellato, divelto. Era l'annichilirsi di ogni cosa, il silenzio assoluto che si propagava assordante, fastidioso. Era l'ultima grande difesa, un modo per dire che non poteva esserci nient'altro che Gale e il suo possessore, un'unica parola ed un'unica via da seguire. La vita è una forgia: c'è chi fa armi e chi armature." [Consumo Medio, potenza Bassa: risucchiando l'aria all'interno del corno è possibile aspirare tutti i suoni. Per l'intero turno di utilizzo, il possessore del corno sarà l'unico in grado di emettere suoni -se lo vorrà- mentre qualsiasi altro verrà compresso all'interno di Gale. La tecnica dura due turni e non funge in alcuna maniera da difesa di sorta da abilità attive basate sul suono.]
"Infine, si propagò l'ultima nota, quella che scandiva la marcia funebre del mondo. Non c'era ritmo, solo il vibrare di quell'unico suono che sembrava essere rigurgitato nelle orecchie di tutti con mestizia e compiacimento, parimenti. Nell'udirlo, non esisteva bestia, reale o illusoria, naturale o magica, che non perdesse del tutto il senno, rivoltandosi contro chi la possedeva: così chi aveva evocato un mostro ora doveva fuggire, e i draghi disarcionavano i loro cavalieri, e nessuno era al sicuro nemmeno dal proprio cane." [Consumo Critico, potenza Alta ad area: all'emissione di questo suono, il più potente e distruttivo, tutte le evocazioni ed i famigli si rivoltano contro i loro evocatori e padroni. Va considerata un'offensiva psionica Alta rivolta alle evocazioni che non cagiona danno e va affrontata come tale da loro; ha l'effetto di indurre le evocazioni di potenza massimo Alta a rivoltarsi contro il padrone, permettendo al portatore del corno di impiegarle a proprio favore - ma non a scopo difensivo. Evocazioni di potenza Media saranno controllabili per due turni, mentre se Basse sarà per quattro turni.]
"Eppure un potere tanto grande chiede sempre qualcosa in cambio, per concedersi. Nemmeno Gale faceva eccezione, ché non era affatto facile trarre un suono da quello strumento che affaticava il fisico e che tanti uomini aveva stroncato, bramosi di possederne le capacità. Così anche il prescelto, il solo che era in grado di far cantare le note della distruzione, pativa gravemente." [Malus: ogni volta che si utilizza il corno si prende un danno basso ai polmoni; se si utilizza un complessivo di energie pari a critico con le abilità di Gale, si subisce un ulteriore danno medio.]
Lo Spirito: il bacio di Velta
Ilthan Cadere nel vuoto
Ricorda Velta. Ricorda i suoi giorni gloriosi, dolci canti ed abissi infiniti a serpeggiare come sussurri nella soave eclissi dell'Oscurità. Bianco marmo il suo colore, Nero corvo il suo animo, perle di tempo ad intrecciarsi nel suo infinito Esistere e mai Perire.
Ricorda, Velta. Che ogni cosa è solo ombra, è solo orrore se non vi è il Sogno. Se non vi è tale voce, tale melodia fugace a tradire la tua esistenza, il tuo sopravvivere, desolata gabbia di sospiri.
Poichè è solo nel venir meno di ogni certezza che la ragione, che la verità può finalmente mostrarsi nella propria più pura essenza, nel proprio più vero aspetto. Che ogni cosa venga meno.Che il sogno si corrompa e la verità si distorca, e con esse il tempo e lo spazio e tutto ciò a cui essi si legano. Poichè con me anche il Sorya svanisce laddove alcuno potrà mai più trovarlo. Poichè, con esso, anche l'incubo vien meno ed insieme a lui, la possibilità di destarsi dalle sue orribili visioni. |
Parole di condanna. Parole d'orrore e di terrore scavate nel solco di una maledizione senza perdono, senza scampo. Parole di una mente morente, oscuro monito di un animo prossimo dallo spegnersi e con esso anche la speranza, la volontà, il lottare. Pochi ricordano chi fu a pronunciarle, se la Dama, l'Asgradel, se il muto coro di ombre che, nel veder Velta scomparire, altro non seppero fare se non gridare e svanire in un sol attimo come spiriti della notte scacciati dal sorgere del sole. Ma come opporsi all'avversarsi di ogni parola, di ogni tetro predestinarsi? Nello sprofondare oscuro di tutto ciò che del Sorya era stata gloria e potenza poco importa ora chi fu l'autore del maleficio. Gelido il cammino. Vitreo il quieto giacere di laghi e fiumi, specchi di una vita ora lungi dall'esistere potente come un tempo. Solo sussurri e mormorii a sgusciare da buchi e anfratti ove ancora, nell'oscurità, la turpe quiescenza dell'orrore sembra trovare di che perdurare. Poco importa, poichè anche pur potendo puntare il dito e su quell'unico responsabille scaricare la colpa di ogni cosa, alcuna certezza si avrebbe che quel sogno, che quell'incubo ove ora il Sorya giace avrebbe infine termine. Svegliarsi, dice un vecchio motto, non vuol dire smettere di sognare. Non vuol dire trovare pace e lucidità poichè anche nella veglia, anche nella vigilanza, è probabile che alcuni sogni, quelli più vividi e terribili, riescano a seguire la coscienza e li ancora tormentarla, in eterno, con la tenacia che solo le cose peggiori possono avere. Sogno o son desto? Che difficile è addentrarsi nella verità quando la menzogna pare tanto vera, tanto reale. Che l'occhio dell'incubo non mi abbandona ora che anch'egli, nel buio dell'anima, ha infine saputo trovarmi.
Manifestazione surreale, oscura metafora della corruzione di ragione e percezione, Velta non permette a coloro che in essa dimorano di passare avanti indenni dal suo maleficio, dalla sua presenza. Crogioli d'orrore le sue mura, ricettacoli di turbamento le sue sale, la sua maestosa struttura che tutto racchiude, perfino i confini dell'immaginazione. Ella è ciò che di più potente resistette alla violenza della Guerra, dell'Asgradel e di Eitinel stessa e malgrado ora il suo esistere non sia nulla più che un frenetico ticchettio di secondi, vi è ancora abbastanza potere in lei da concederle il privilegio di turbare, irretire ed in ultimo segnare l'animo di qualunque visitatore che la violi. Ed è come un respiro, il suo tocco. Come uno sfiorarsi il suo nome. Come un simbolo il ricordo che ella imprime sulla pelle degli a lei sopravvissuti così che essi non possano dimenticare mai, obliare per nulla al mondo, che Sogno e Realtà altro non sono che le due facce della stessa medaglia a seconda di come le si guardi. Sul corpo del vincitore di Extirpanda sarà impresso un tatuaggio liberamente personalizzabile. Esso non avrà una forma definita ma cambierà costantemente seguendo la psiche e la volontà del personaggio. Tale simbolo potrà essere controllato ma di quando in quando esso parrà agire seguendo una propria volontà. Cambiare gli stati del simbolo non comporterà alcun costo o consumo di energia. Sogno o son desto? Tre sono i passi che conducono dalla veglia al sogno. Tre gli stadi che la coscienza deve discendere prima di poter infine giungere laddove Velta e le sue remote vestigia ancora possono sussistere senza che il turbamento della realtà e della ragione possano turbarle. Ma dove, esattamente? Dove si trova Velta? I più direbbero da nessuna parte, poichè nella realtà la sua struttura altro non è che ombre e potere cui solo la volontà potrebbero dare forma. Altri ipotizzerebbero nel Mondo dei Sogni, l'oscuro reame dove tutte le fantasie e l'immaginario si dirigono all'assopirsi di coscienza e veglia, ove tutto è possibile poichè non esistono limiti per la mente e l'immaginario. Terra di spiriti e memorie, dove solo l'incorporeo può sopravvivere nel tempo di un sogno o di un ricordo. Difficile però rispondere. Poco o nulla se non lo stupore hanno accompagnato la prima comparsa di Velta. Stupore ed incredulità nello scoprire che il luogo ove le sue vestigia dimorano altro non parrebbe se non una dimensione mutevole, sconfinata, plasmata per intero della sua assenza tanto da rendere impossibile intuire se la Torre sia il piano in sé o solo una sua ospite. Velta è distrutta, ma insieme ad Eitinel il suo ricordo non smetterà mai di perseguitarci. Non fino a quando continueremo a sognare. Velta si trova nelle "Terre del Sogno", una dimensione ancora sconosciuta dove, secondo, ambientazione, dimorano ricordi, memorie e volontà.
First_Come fantasia e realtà, dormiveglia dell'irreale. Quand'ancora le due metà di un intero si trovino divise, esse non smetteranno di avvertirsi e attrarsi a vicenda. Ovunque esse siano, ovunque si trovino. Due esistenze spezzate e inevitabilmente destinate all'unione per poter sopravvivere l'una nell'altra, l'una nella sua speculare rappresentazione. Egualmente, sonno e veglia parrebbero entità divise, finite e distanti, eppure sussiste fra di esse un vincolo indissolubile tale da renderle l'una radice dell'altra. Un varco sottile, una sfumatura vaga e mutevole come sinfonia il cui solo vibrare, solo tremare permette ad ognuna di esse di non perdersi mai, di non dimenticare la propria anima. Tale è la dormiveglia, fuggevole frangente di pensieri e sogni dove ad ognuno di essi è permesso per la frazione di un istante, l'intrecciarsi di un secondo di sfiorarsi, toccarsi, confondere il proprio profumo con l'altro. Dormiveglia è avvertire tale imperscrutabile limbo quand'anche nessun altro sia in grado di farlo. Portando su di sé il simbolo di Ilthan diviso in due parti finite il Portatore di Ilthan sarà in grado di sentire, toccare e sfiorare tutto ciò che per chiunque altro non sarà nulla se non un vago riverbero di luce. Il portatore vedrà nel mondo reale alcuni scorci del mondo del sogno. Tali frammenti potranno per alcuni secondi sovrapporsi alla realtà come visioni fugaci, miraggi, apparizioni surreali. In più egli vedrà ombre e spettri della dimensione onirica invisibili a tutti gli altri. Potrà toccarli e avvertirne la consistenza, rimanendo ciononostante sempre e comunque invisibile e impalpabile agli stessi. Potrà inoltre avvertire se le persone addormentate stanno sognando e sentire sussurri e voci di quei sogni. Si tratta di un effetto scenico liberamente personalizzabile.[Passiva] Fra tutto quel miasma di entità spettrali il portatore potrà chiamarne a sé una (o un insieme) affidando alla stessa un Nome e un Ordine preciso. Il Nome assegnato servirà per determinarne l'aspetto vero e proprio della creatura: forma e apparenze saranno lasciate completamente all'immaginazione del portatore a cui basterà solo "visualizzare" l'immagine per renderla istantaneamente reale. Dire "Drago", dunque, potrà dare vita ad un Drago come lo si conosce o ad una creatura completamente differente e immaginaria. Una volta pronunciato il suo Nome, tale entità sarà obbligata ad eseguire un comando la cui esecuzione potrà prolungarsi a tempo indeterminato e potrà comprendere azioni generiche -seguire qualcuno-, attaccare, ma mai compiere azioni difensive. Nemici e personaggi non potranno vederla nella sua interezza ma solo intravederne la sagoma scura -come attraverso un vetro opaco -e, nettamente, l'ombra proiettata sul terreno. Durata un turno. I danni inferti varranno come fisici. [Variabile]
Second_Come unico segreto, come solo spirito Ma cosa accadrebbe se le due metà infine si unissero? Se i due frammenti di quell'unica essenza riuscissero infine a trovarsi ove comporre l'intero più perfetto, l'unione più vera? Tutto diverrebbe infine uno, chiaro e nitido mondo senza sbavature, senza incertezze. Come velo dissipato, come foschia diradata. Eppure arduo sarebbe allora definire quale delle due dimensioni, Onirico o Realtà, sia dunque ancora esistente nella sua finitezza. Che l'intreccio ha una sua forma perfetta, ma imperfetto è lo sguardo di colui che in esso si inoltra senza sapere cosa guardare, che pista seguire. Il portatore potrà unire le due metà del proprio simbolo onde trasformarle in un'unica entità intera. Nel momento in cui deciderà tale azione gli effetti di First si intensificheranno con un'aggiunta: ogni entità del mondo onirico diverrà in quell'istante capace di vedere e percepire il portatore. Non potranno però toccarlo e parlargli ma saranno in grado di udire la sua voce e raramente interagire con semplici azioni con effetti puramente scenici. Tutte quante però, nel notarlo, lo chiameranno Ilthan Ahil, Portatore di Ilthan. Durante Second nessuno a parte il portatore sarà in grado di vedere o avvertire o vedere tali presenze salvo che per una sensazione di freddo latente, di movimento soffuso al limite del campo visivo. [Passiva] Cosa sarà accaduto? Semplicemente, pur nella sua finitesima capacità, il Portatore non avrà fatto altro che avvicinare di un poco -quasi sfiorarsi- il mondo reale con quello del Sogno, dando loro la possibilità di coesistere abbastanza vicini da intrecciare i lembi l'uno dell'altro. In tale situazione surreale, egli potrà facilmente scostare i fili di quelle trame ove appartenere contemporaneamente all'una e all'altra dimensione. Egli non potrà entrare nel mondo del Sogno, ma al contempo non apparterrà nemmeno a quello reale. In quell'attimo, semplicemente, egli diverrà impalpabile ed inconsistente e gli sarà impossibile interagire con qualunque oggetto esistente; potrà camminare liberamente ma non effettuare alcuna azione che abbia una ripercussione diretta On-Gdr. Egualmente, durante quegli attimi qualunque individuo che avesse memoria di lui lo dimenticherà all'istante -vedendolo, non lo riconosceranno- e riguadagnerà ogni ricordo allo sciogliersi della tecnica. [Difesa assoluta. Medio. Durata un turno]. Avvicinare i due mondi, le due metà che mai dovrebbero trovarsi commiste comporta però un prezzo: due dimensioni distanti mai potrebbero unirsi se fra di esse non intercorresse un punto di congiunzione, un passaggio. Qualcosa, cioè, la cui esistenza determini un anello di congiunzione sfruttabile a seconda delle necessità. Per Ilthan, tale anello consiste nello creare uno Specchio fra le due dimensioni, una copia cioè di se stesso che esista contemporaneamente sia nel mondo onirico che nel reale. Uno, Ilthan nel mondo reale. L'altro, Ilthan esistente nell'altro mondo. Essendo una la medesima essenza dell'altra, le due metà hanno dunque permesso ai due piani di specchiarsi l'uno nell'altro, entrando in contatto. Dotato di un frammento della medesima qualità, il Portatore inizierà dunque a possedere un proprio Doppio nel medesimo istante in cui sperimenterà per la prima volta il potere di avvicinare il mondo reale con quello onirico. Tale Doppio altri non sarà che un png, risiederà nel mondo del Sogno ma sarà dotato dei medesimi poteri conferiti da Ilthan. Egualmente, la sua Pericolosità dovrà sempre essere eguale a quella del Portatore, incrementando o diminuendo di pari passi con la sua. I due potranno avvertirsi attraverso i mondi, consapevoli della reciproca presenza. Aspetto, indole e scheda sono lasciati alla piena libertà di personalizzazione salvo un unico vincolo: la volontà del Doppio sarà inizialmente quella di raggiungere il Portatore e ucciderlo onde allontanare per sempre -ciò che dovrebbe essere diviso-: Sogno e realtà. In seguito tale volontà e atteggiamento potranno modificarsi secondo libera personalizzazione.[Passiva/Malus] Attenzione però: dovessero il Portatore o il Doppio morire, allora l'artefatto Ilthan si dissolverà nel nulla nel medesimo istante senza lasciare alcuna traccia né di sé né dei suoi poteri.[Malus]
Third_ Come viva entità, come essenza presente. Esiste eppure una parte ancora più profonda del sogno, un oscuro luogo ove chiunque vi si trovi abbia di che smarrire le concezioni dell'ora e del dove, del quando e del perchè. Poichè colui che nel sogno vaga e vi si accompagna smette di comprendere le leggi della natura per apprenderne di nuove e diverse egualmente affascinanti e consequenziali nella propria assurda perfezione. Ma, dicono i saggi, Colui che con il sogno viaggia e nel sogno si attarda non deve temere il risveglio dell'animo se tali illusioni gli sono favorevoli e dolci lo accompagnano in terre chiare. Tale sarà l'ultimo stadio di Ilthan, fase in cui il simbolo scomparirà magicamente dal corpo del Portatore per concretizzarsi in una figura vera e propria capace di spostarsi e sussistere nel mondo reale. Ella non sarà altro che un compagno animale utilizzabile sul campo di battaglia, completamente personalizzabile, e potrà cambiare ogni volta che egli utilizzerà Third -animale, umano, spirito etc-. Tale compagno possiederà un'aura psionica di timore attorno a sé [Passiva psionica]. Inoltre, coloro che si ritroveranno a scrutare negli occhi del compagno animale abbastanza a lungo da intravedere il proprio riflesso nelle sue iridi mutevoli, distintamente percepiranno l'esistenza di un altro mondo ad osservarli, di un'altra realtà nascosta nella zona d'ombra della loro coscienza. Una finestra fino a quel momento ignorata ma che, viceversa, non li aveva affatto ignorati dando la possibilità ad uno sguardo, ad un occhio molto umano e cosciente, di scrutarli a loro insaputa più attentamente di quanto sia lecito fare. Da quel momento in poi, essi diverranno dunque consapevoli dell'esistenza del Mondo Onirico e soprattutto del Doppio del portatore ma, a loro volta, saranno dallo stesso percepiti in uno scambio di sguardi. Dura due turni e causa danni bassi ad ogni turno, è contrastabile con una difesa di livello Medio o Basso per sopprimerla solo un turno. [Tecnica psionica Media. ] Il compagno animale possiederà inoltre un'ulteriore, oscura, capacità. Entrando in contatto con qualunque personaggio, egli sarà in grado di conferirgli per sempre e permanentemente la capacità passiva di First, quella cioè di vedere nel mondo reale Ombre e frammenti del mondo onirico. Tale capacità potrà essere utilizzabile solo in scene autoconclusive o concordate. [Nullo] |
Ghiaccio nelle sue mani
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