Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Fetiales; Arife

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view post Posted on 4/8/2015, 17:34
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in riferimento a Fetiales; abissy

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Ragazza, io ti capisco... davvero. Tu eri soltanto alla ricerca di tuo padre; alla ricerca di un senso per la tua esistenza: non hai mai chiesto niente di tutto questo. Né le illusioni, né gli inganni, né i tradimenti... e così come tu ti affaccendavi per dare uno scopo alla tua inerzia, lo stesso ha fatto Lilith, la tua inseparabile compagna. Lei che è mossa da forze che non sei in grado di comprendere; lei che è lo specchio più intimo dei tuoi desideri, di ciò che vorresti essere e di come vorresti comportarti. Lei che è un demone, come tuo padre, e che sfugge al tuo controllo, come tuo padre. Non hai mai riflettuto su quanto Lilith rappresenti quella te stessa che la superficie di Theras ti costringe a sopprimere? Quella parte di te che tanto più tenti di nascondere, tanto più diventa potente? Dovresti imparare ad accettare ogni sfaccettatura del tuo essere, in armonia, piuttosto che soffocare ciò che non ti piace fino al punto da farlo esplodere.

Ero anche io una donna, sai? Potente, bellissima e intelligente... potevo disporre di più cose di quante ne avrei mai potute desiderare, e ho condotto un intero popolo sull'orlo della distruzione unicamente in ragione delle mie brame. I maegon mi hanno venerato come una dea fino al giorno tardivo in cui non hanno capito che anche in me si nascondeva una corruzione sopita; un decadimento che avrebbe costituito il primo seme della loro rovina; un male che - con un nome antico e dimenticato - noi caduti chiamiamo Tentatio. E lo ravvisiamo in chiunque altro, seppur segregato fra le pieghe del cuore: la tentazione di esprimere la propria identità senza soffocarne alcuna parte; il desiderio di poter essere se stessi in qualsiasi luogo, in piena completezza; la volontà di rispondere a tono quando si viene insultati, di disobbedire a ordini ingiusti, di vendicarci di chi ci ha tradito, di arrabbiarci con chi ci ha fatto del male e di divorare i costumi di una società strangolata da un'educata burocrazia che non fa altro che premiare i più furbi e i più stronzi.

Con me puoi lasciarti andare, poiché che cosa siamo noi caduti, se non gente che si è lasciata andare? Ci chiamano demoni, e io chiamo loro ipocriti. Ci chiamano mostri, e io dico che sono invidiosi. Ci chiamano malvagi, quando noi siamo soltanto liberi. Quando la corruzione mi ha ordinato di salire in superficie per eleggere un quarto Ahriman, io ho subito cercato mio figlio. L'ho trovato seduto sul ciglio dell'abisso, nel Sürgün-zemat, mentre tentava di salvare, l'infida, conformista e perbenista società degli uomini. Ho cercato di slegare il suo cuore; sono penetrata in profondità nel suo animo e ho sperato che un mio intervento fosse sufficiente a sciogliere le catene pesanti di un'istruzione millenaria, ma non ci sono riuscita. Mi ha rifiutato. Ha preferito Theras così come questi farisei l'hanno costruita, piuttosto che lasciarsi andare all'arbitrio individuale e infinito concesso dalla corruzione.

Io offro la possibilità di comportarsi come si preferisce - senza leggi, senza tradizioni, senza costumi, senza educazione - a patto di accettare che anche gli altri caduti abbiano la stessa opportunità, con tutti i rischi che ciò comporta. Ogni individuo è un Dio. Perché mai dovrebbe imporsi delle regole? Perché mai dovrebbe adottare regole imposte da altri, anni prima della sua nascita?

Tu hai del potenziale Lilith, Ririchiyo, o come preferisci che ti chiami...

...lascia che ti osservi meglio.

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« a r i f e »

— m o l t o t e m p o p i ù t a r d i —

dintorni di Taanach, cittadina di Lamia; in riferimento a Fetiales; ab incubis daemonibus


« Come ormai vi dico da diverso tempo, non potete professare qui! »
Ettore era entrato nella falange di Duilio da poco tempo ma, come lo Tsar di Taanach, aveva combattuto nelle arene e nelle carceri dei più ricchi signori dell'Akeran, servendo come schiavo. Per queste ragioni, non provava alcuna vergogna nel mostrare la muscolatura definita del suo torso abbronzato, indossando soltanto un mantello azzurro e un paio di ampi pantaloni di colore bianco, e soprattutto non aveva mai messo in discussione le decisioni del suo generale.
« Voi vestali avete chiuso! Kaput! Finito! » continuò con tono prepotente, rivolgendosi alle due donne dalla carnagione scura. « Duilio in persona ha ordinato che voi vestali cessaste immediatamente i vostri culti e che vi allontanaste da Taanach. Non accetterò altre violazioni di un suo ordine così diretto! »
« Per autorità di chi? »
« Come? Ma che...? » si scosse Ettore, che non si aspettava una contestazione così serafica. « Sua! Di Duilio! Lo Tsar viene nominato dai Beik di Taanach in caso di circostanze particolarmente gravi e l'invasione dei caduti della superficie dell'Akeran mi sembra una ragione più che urgente per... »
« Tribuno Ettore, lei era a conoscenza del fatto che il Beik della Chimera si è scoperto essere proprio un caduto sotto mentite spoglie? Ciò dovrebbe come minimo mettere in discussione la sua autorità all'interno del consiglio, senza parlare delle indagini che il nostro stesso Tsar sta conducendo nei confronti dei restanti Beik. Inoltre... »
e così dicendo indicò la folla di persone che si era riunita attorno a loro; chi incuriosito dalle urla del tribuno, e chi dalla parlantina della ex vestale.

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« ...è proprio in momenti come questi che le persone hanno bisogno di un sostegno spirituale. Vorrebbe forse che i suoi soldati si lanciassero contro le orde dell'abisso senza aver ricevuto un'ultima confessione? Come può negare loro l'appoggio spirituale del quale hanno disperatamente bisogno? Il culto di T'al ha perso ogni ufficialità a Taanach, ma qui - sul confine con il Sürgün-zemat - sarebbe quantomai atroce bandirlo dalle bocche dei fedeli. »
Ettore si guardò intorno. La folla che l'aveva attirato lì inizialmente e che si era riunita per ascoltare la voce delle due profetesse era andata raddoppiando di volume. Inoltre, aveva iniziato a rumoreggiare con voce scontenta. Lui non aveva la minima intenzione di inimicarsi i soldati dell'accampamento, né gli abitanti del villaggio sul quale avevano costruito i loro quartieri, dunque decise politicamente di abbassare i toni. Quelle liti si ripetevano ininterrotte e tutte uguali da diversi giorni, senza che portassero ad alcun progresso, e lui temeva che presto Duilio si sarebbe accorto di ciò che stava accadendo.
Ciò che più lo infastidiva di tutta quella situazione, era il fatto che lui stesso aveva sempre creduto fermamente in T'al, e in passato aveva fatto largo uso dei servigi offeri dalle vestali.
« Due giorni. » disse, alzando indice e medio per rimarcarlo. « Posso concedervi al massimo due giorni per completare i vostri offizi. Vi invito a sbaraccare, nel frattempo; ho già fin troppi problemi a gestire Nereo e le sue continue richieste! »
Quindi si voltò e fece un gesto secco alla folla, che si aprì per lasciarlo passare. Urlando che non c'era nulla da vedere si allontanò dalle vestali, lasciandole libere di professare il loro culto illegale.
Era la vigilia di uno scontro che avrebbe scosso le fondamenta stesse di Theras.



CITAZIONE
Benvenuti nella quest "Arife"! Sarà una quest molto breve, ma utile a sottolineare alcune delle fratture sociali dell'Akeran sviluppare nel corso di Dall'Abisso, nonché le ragioni e il modus operandi dell'Ahriman, il principale antagonista della campagna Fetiales. La quest si inserisce all'interno di un articolato complesso di fatti che sta per raggiungere il suo culmine, quindi ci sono molti riferimenti che non potreste cogliere a un primo acchito. Vi invito perlomeno a leggervi il riassunto di Fetiales a questo link per evitare di essere del tutto all'oblio delle vicende circostanti.

Ciò che è importante sapere, più di tutto, è che a Taanach - data l'invasione di demoni provenienti da Baathos e guidati dall'Ahriman, i caduti - è stato nominato uno Tsar: un generale militare che ha preso il potere per difendere la città e nominato dai Beik, i precedenti reggenti (dei quali si è scoperto uno essere un caduto, nella quest shabāha). Lo Tsar ha bandito il culto di T'al e le vestali (le amministratrici delle funzioni religiose) da Taanach in ragione degli avvenimenti della quest ab incubis daemonibus, ma naturalmente ciò non ha fatto che alimentare le tensioni e le paura delle persone che abitavano la città.

Il primo paragrafo del post, invece, è un discorso diretto che l'Ahriman rivolge a Ririchiyo, il personaggio di Misato Kojima, che è rimasta bloccata nel Baathos al termine della quest abissy. Anche in questo caso ci sono diversi riferimenti al passato dell'Ahriman che non è necessario conoscere per proseguire nella quest; vi rimando al riassunto di Fetiales linkato precedentemente qualora foste interessati ad approfondirli.

La quest non si svolge a Taanach, bensì in un piccolo paese situato nella sua periferia; la cittadina di Lamia. Subito dopo l'emersione dei caduti, Taanach ha fatto acquartierare il suo esercito nella città, poiché situata al confine con il Sürgün-zemat, il territorio dei demoni. Praticamente siete in una città di frontiera, dove la guerra si combatte quotidianamente e i soldati hanno il costante compito di allontanare le orde dei caduti dalla città.
Geograficamente la zona è di tipo simil-mediterraneo (vegetazione scarsa, terra arida, alberi di agrumi, clima caldo e umido) e l'architettura della città e di tipo greco-bizantino, così come il modo di vestire, gli usi e i costumi (pietra bianca o chiara, toghe e tuniche, case quadrate, strade pavimentate similmente a Taanach). La città doveva essere particolarmente grande e ricca, ma mesi di acquartieramento l'hanno sfibrata e i suoi abitanti sono letteralmente sul punto di esplodere. I tre PnG principali che la abitano e di cui dovete sapere sono:

Ettore: il tribuno militare a capo delle truppe di Duilio qui sul confine. È un ex-schiavo arrogante e stupido, dalla barba riccioluta color rame e la testa rasata, molto abile a combattere e particolarmente forte fisicamente. Si aggira per la città a petto nudo (solo con mantello, spallacci e pantaloni - a volte anche con l'elmo d'ordinanza sotto braccio) ed è convinto di detenere autorità assoluta su Lamia. È un ex-fedele di T'al, ma è anche un forte sostenitore dello Tsar Duilio, quindi ciò lo pone in una situazione particolarmente spinosa. La sua principale preoccupazione, comunque, è quella di respingere le orde di caduti e demoni che saltuariamente attaccano le mura cittadine - e in questo si è dimostrato particolarmente bravo, fino a oggi.
Le vestali: Alcmena e Rea sono due vestali dalla pelle nera, i capelli tenuti in acconciature elaborate, vestite di toghe bianche e gioielli di diverso tipo. Sono fuggite da Taanach quando Duilio ha reso la loro professione un reato, e si sono dirette a sud, a Lamia. Qui hanno trovato molte persone disperate e decise a rivolgersi a loro per un po' di conforto, che non si sono sentite di negargli: hanno iniziato a dispensare benedizioni e sermoni cercando di non farsi scoprire da Ettore, ma mano a mano che la folla intorno a loro cresceva, l'attenzione del tribuno si è spostata da fuori dalle mura sino al loro interno. Ormai sono diverse volte che Ettore interviene per chiedere loro di smetterla di professare.
Nereo: Nereo è l'ex-governatore della città, prima dell'acquartieramento militare. È un uomo pavido, obeso, perfettamente rasato, titubante e vergognosamente ricco. Da quando i militari sono arrivati a Lamia, non ha smesso di rompere i coglioni a Ettore ricordandogli di preoccuparsi dei cittadini, che lo usano come intermediario per far sapere al tribuno le loro condizioni. Lui farebbe volentieri a meno di immischiarsi in tutta questa faccenda, ma non vuole rischiare che il suo status di primo cittadino cada, ed è interessato a preservarlo per anche quando la lotta contro i demoni terminerà. Più che calmare le acque, però, i suoi tentativi goffi e inappropriati di approccio non hanno fatto altro che innervosire Ettore sempre di più.

Quindi Lamia va incontro a diversi problemi; qui vi cito solo alcuni esempi:

• La crisi spirituale della città, che ha bisogno di luoghi dove confessarsi nonostante questi siano stati resi fuorilegge.
• Le armate dei caduti che saltuariamente attaccano le mura, così come il pericolo che chiunque all'interno di Lamia possa trasformarsi in uno schiavo dell'Ahriman se dovesse cedere troppo ai vizi.
• I naturali problemi di approvvigionamento: i contadini non possono più recarsi liberamente nei campi (essendoci demoni sul fronte) e ciò rende le risorse alimentari particolarmente scarse.
• Il comportamento dei militari che - sentendosi padroni del luogo - non rispettano le regole di Lamia, né i suoi costumi, e pretendono invece di essere trattati come eroi ovunque vadano.
• Il nervosismo della popolazione, che nonostante tutti questi problemi sa perfettamente che Nereo non è in grado di esprimerli a Ettore (ed Ettore stesso non vuole ascoltare direttamente i cittadini).
• Altro, a vostro piacere, coerente con la situazione.

Ora, qual'è il vostro compito come giocatori?
Innanzitutto, una premessa: l'Ahriman - e quindi i caduti - combatte seminando zizzania. Naturalmente può mandare i demoni a uccidere i nemici su un normale campo di battaglia, ma il suo modo preferito per vincere una guerra è quello di distruggere i suoi avversari dall'interno, facendo in modo che si rivoltino e combattano tra di loro. Questa giocata parlerà proprio di un avvenimento di questo tipo :sisi:

I due giocatori appartenenti alla fazione dei Caduti (Misato Kojima e Lucious) dovranno infatti cercare di seminare quanta più zizzania possibile all'interno delle mura di Lamia. I due giocatori opposti (miky1992 e Ul†ima) dovranno invece trovare un modo per sedare gli animi della popolazione. A seconda di chi si comporterà meglio nel corso della quest, Lamia potrebbe cadere del tutto o sopravvivere; il destino di un'intera città poggia sulle vostre spalle, insomma!

In questo primo post vorrei che scriveste un breve racconto: com'è arrivato il personaggio a Lamia? Come si è inserito nel contesto travagliato della cittadina? Cos'ha fatto per seminare ancora più zizzania/pacificare gli animi delle persone? Quest'ultimo punto vi darà già punti sul calcolo del destino della città, quindi pensateci bene! Potete accordarvi tra di voi per scrivere una presentazione comune, oppure fare ciascuno la propria. Potete essere conclusivo con tutto e tutti, meno che con i tre PnG principali che ho indicato sopra. Se volete interagire con loro, potete farlo attraverso il topic in confronto (in quel topic mi scrivete cosa vorreste fare/dire a quel personaggio e io vi risponderò in sua vece).
Un appunto per Misato Kojima: la missione ti è stata affidata dall'Ahriman stesso per testare la tua forza e il tuo grado di libertà. Vorrebbe soltanto che tu ti lasciassi andare e che tu e Lilith entraste in comunione, ma nulla ti obbliga a comportarti come vuole lei. Durante tutta la quest sarai in contatto telepatico con la Ahriman e potrai conversare liberamente con lei; qualsiasi discussione tu voglia fare, possiamo condurla in confronto: scrivimi lì le tue domande e io ti risponderò.

Siccome mi rendo conto di starvi chiedendo qualcosa di più impegnativo del solito post di quest, avrete più tempo a disposizione del normale: 6 giorni :sisi:



Edited by Ray~ - 4/8/2015, 19:25
 
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miky1992
view post Posted on 9/8/2015, 17:53




Parlato Stig

Prologo.



Camminavo senza una meta, guidato dallo spirito del vento. Devo espiare le mie colpe, trovare la mia nuova via in questo mondo.
Questo posto mi piace, non ci sono troppi alberi a ostacolare il vento. Slacciai il giubbotto e lasciai che il suo tocco caldo mi accarezzi la scaglie, gocce di sudore e umidità si attaccarono alla maglia rendendola appiccicosa. Mi tolgo anche la maschera, il vento mi saluta con uno schiaffo più forte e caldo degli altri. Perché ti nascondi? Sembra volermi dire. Chiudo gli occhi: dimmi dove devo andare. Ma il vento continua a soffiare placido, insinuandosi in ogni fessura del mio abito. Segui il sentiero. Segui il sentiero, è la tua punizione. Da quanti anni seguo il sentiero, quante volte credo di essere arrivato e invece il vento mi spinge a ripartire...
Alcuni cespugli gialli e rinsecchiti costeggiavano il sentiero, in lontananza il profilo di una città. Il bello delle guerre è che c'è sempre da guadagnarci, basta saper cogliere l'occasione.

Parte I l'arrivo in città.


C'era gente nelle strade, meno di quella che mi aspettavo, ma c'era. Nell'entrare ero stato sommerso dalla massa di volontari desiderosi di farsi carico del destino del mondo e da quelli che invece fuggivano dalla battaglia. Tra i due forse i più saggi erano i secondi.
Sul lato opposto della strada passarono tre signore in tunica, due avevano un coprispalle a maniche lunghe. I loro occhi mi seguirono, ma i volti pallidi non si mossero di un millimetro. Da una delle case spuntò un vecchio dal portamento traballante, vestiva una tunica logora e la cucitura sulla spalla sembrava sul punto di cedere. Gli rivolsi un cenno di capo. Non ricambiò.
Un paio di ragazzi sui tredici anni attraversarono la strada, avvertii il peso dei loro sguardi posarsi sui coltelli da lancio per un momento e la loro corsa rallentò fino a fermarsi. Poi la loro curiosità passò oltre e ripresero la corsa.
C'erano anche parecchi soldati. La cosa non mi sorprese, dopotutto eravamo vicini al confine con i territori in mano ai caduti è naturale che vi fosse forte presenza militare sul luogo. Meglio così, forse troverò da lavorare per loro.
Raggiunsi le abitazioni dei contadini, loro di solito sono i più gentili e ospitali con due braccia forti da poter impiegare per i lavori più faticosi. Oltrepassai un mulo intento a rifocillarsi, l'animale sollevo il muso e mi fissò con aria indifferente, poi dopo aver stabilito che non ero una minaccia tornò al suo magro pasto di gramigna e fieno.
All'interno della stalla un vecchio a torso nudo che, con ampie manovre del forcone, trasferiva imprecando nel fienile ammassi di gramigna.
Salve.
Il forcone si fermò a mezz'aria e il contadino si voltò con espressione sorpresa dipinta sul volto. - Salve a te.
Sono appena arrivato in città.
Buon per te. Disse con tono ironico.
Cerco un lavoro, in cambio cerco riparo e cibo finché sarò utile.
Il contadino rimase a fissarmi grattandosi la pelata, fece una smorfia e sbuffò. Di lavoro ce n'è anche troppo. Ma nessuno lavora, nessuno vuole rischiare la pelle.
I caduti.
Complimenti.
Posso proteggervi io dai caduti, le mie condizioni non cambiano.
Gli occhi dell'uomo scesero verso i coltelli e la testa si mosse in un assenso scontroso.
Non abbiamo oro.
Non ne ho chiesto.
L'uomo prese a muovere lo sguardo e ad agitare le dita nervoso. Per quanto tempo vuoi rimanere? Per tutto il tempo che mi vorrete.
Il vecchio uscì, prese le redini del mulo e lo condusse all'interno. Strigliamelo.
Lo strigliai.
Il vecchio grugnì. Li sai usare bene quelli?
Annuii, ne feci scivolare fuori uno con un gesto rapido e fluido della mano e lo riposi con altrettanta velocità.
Sei assunto.

Atto II I caduti.



Siamo sicuri che ci si può fidare di quel tipo?
In effetti, come sappiamo che possiamo fidarci? Magari è un incompetente che vuole scroccarci vitto e alloggio.

Spera di non doverlo mai scoprire.
è una minaccia? Scossi la testa e strappai un generoso pezzo di gramigna dal terreno. Zolle di terra mi ricaddero sul vestito. No, semplicemente vuol dire che per vedermi in azione un gruppo di caduti deve venire qui con intenzioni poco amichevoli, costringendomi a intervenire.
Non sono molto avvezzo al lavoro nei campi, non lo trovo degradante, anzi. Il problema è che non sono pratico, l'unica cosa che posso fare veramente bene è zappare e portare l'acqua. A zappare ci pensano loro e a me tocca portare l'acqua e strappare le erbacce residue. Spero che questo sia il massimo dell'avventura per oggi.
Ti ha zittito. Disse uno dei contadini e scoppiò a ridere. La risata venne soffocata da alcuni colpi di tosse, seguiti dall'espulsione di un generoso blocco di catarro.
Ah, è solo che lavorare per dar da mangiare a quei grandi eroi che ci proteggono dal male non mi entusiasma troppo.
Già, preferirei strapparmi le palle a mani nude piuttosto che dovermi sorbire un'altra delle loro menate.
Scusate se non vi bacio il culo a ogni passo che fate. Disse un altro e mimò un bacio. Gli altri scoppiarono a ridere.
Baciargli il culo non so, però il nostro cibo vedo che lo gradiscono.

Eh, nessuno ha mai detto che la guerra è divertente. Ma se avete grossi problemi con le scorte alimentari perché non andate a lamentarvi? Forse il tribuno vi ascolterà.
L'uomo scosse la testa, prese un sorso d'acqua e ne sputò una parte a terra. Se il caro Nereo facesse il suo dovere oltre a farsi crescere il fondo schiena lo faremmo. Guarda alle volte vorrei proprio Alzò la zappa a mo di arma, rimase così un momento e la calò contro il terreno arido. Ah, lasciamo perdere.

Avevo appena finito di distribuire l'acqua, quando avvertì l'urlo di un contadino. Senza pensarci corsi verso la fonte dell'urlo e vidi spuntare da dietro un altura una creatura, poi un'altra, cinque, dieci... forse di più. Dannazione! Urlai. Fuggite!
Erano vicini, troppo.
Non sapevo se i contadini avessero sentito, non udii nessuna risposta. Richiamai la mia pelle, presi due coltelli da lancio e li scagliai contro due degli aggressori. Erano animali, lupi con ogni probabilità. O almeno questo erano prima di essere corrotti. Il primo pugnale si conficcò nel muso del lupo che stramazzò al suolo, il secondo lupo lo centrai poco sopra la zampa anteriore, vicino al collo. L'animale guaì, ma lo rallentai solo.
Avevo bisogno di un colpo più incisivo per disperderli prima che mi raggiungessero.
Senza perdere tempo grazie alla mia abilità, allungai la mano e scagliai la palla di diamante contro il gruppo compatto di nemici. La sfera viaggiò rapida e precisa, raggiunse i nemici ed esplose. La miriade di frammenti che vennero scagliati in ogni direzione bastò a disperderli, ma non a farli demordere.
Il secondo mi fu addosso mentre richiamavo la lama di diamante. Fu un colpo improvviso, un attimo prima rantolava per il dolore e quello dopo aveva le fauci avvinghiate al mio braccio. Una fitta di dolore lancinante mi attraversò, mentre i denti penetravano nella carne, ma per fortuna la mia pelle mi vene in aiuto. Affondai la lama nel collo della creatura che emise un guaito e lasciò la presa.
Le creature demoniache sembravano sorprese, probabilmente si aspettavano solo un gruppo di contadini inermi e non erano pronti ad un vero combattimento. Ne approfittai per lanciare un altro paio di coltelli. Al loro secondo assalto ero pronto; affondai la lama nel ventre del primo e bloccai l'attacco di un altro con lo scudo. Li trattenni abbastanza da liberare la lama e decapitarne un altro. Uno provò ad azzannarmi al tallone, ma io saltai all'indietro e con la lama di diamante disegnai una mezzaluna sulla schiena dell'animale, schizzi di sangue bagnarono la terra e il lupo prese a gemere disperatamente. Balzai in avanti e lo finì.
Lasciai cadere la lama e lanciai un altra lama centrando l'occhio di un nemico. La creatura prese a contorcersi a terra, gli artigli graffiavano l'elsa dell'arma, spargendo sangue ovunque. Gli altri si persero d'animo, titubanti. Forse sarebbero fuggiti in condizioni normali, ma ero ferito e forse questo dovette dargli coraggio perché gli ultimi due si lanciarono contro di me. I morsi e gli artigli delle due bestie colpirono l'aria, nel mentre balzavo all'indietro, creavo due dardi e li scagliavo contro di loro. Il primo trapassò il collo del nemico facendolo stramazzare al suolo, il secondo invece lo ferii al fianco. Predo un coltello e glielo pianto in gola con un unico, fluido movimento del braccio buono. Era finita.
Woh! Bel lavoro straniero! A quanto pare abbiamo fatto bene ad assumerti.
I contadini mi diedero qualche pacca sulle spalle e mi portarono dell'acqua. Bene, avevo una gran sete e il braccio mi doleva.
Dobbiamo medicarlo o si infetterà.
Non importa. Dissi. Mi concentrai e premetti la mano contro la ferita. Una sensazione di calore si irradiò lungo l'arto ferito, il respiro accelerò insieme al battito cardiaco. Gocce di sudore affiorarono su tutto il corpo ed emettei un verso stanco. La stanchezza mi abbandonò, ma dovevo occuparmi della ferita.
Dovremmo medicarti, pelle verde.
Fissai prima il contadino, poi la pelle squamata che spuntava da sotto il vestito lacero. Forse mi ha scambiato per un meticcio, meglio per me. Anche se avrei voluto che non vedessero.
Il pasto fu frugale quella sera, ma abbondante vista la situazione. Tutti i contadini diedero qualcosa per sfamarmi e il letto di paglia nella stalla era molto comodo. Avevo fasciato la ferita, disinfettata con dell'alcol e adesso non faceva più troppo male.
Credo che rimarrò qui per un po'.

Atto III
Ettore, Nereo, pettegolezzi
.



L'ufficio di Nereo sembrava un tempio. Non tanto per lo sfarzo che l'immensa costruzione marmorea trasmetteva, quanto per l'interminabile coda di cittadini adirati che attendeva udienza. Avevo sentito parlare solo che male di quell'uomo, ma se fosse un menefreghista si comporterebbe così? Ne dubito. Probabilmente è solo la situazione a essere più grande di lui.
Per fortuna visto il mio seguito numeroso non dovetti fare la fila, l'ex governatore mi ricevette subito.
Avanti.
La porta dell'ufficio si spalancò con un cigolio. Nereo occupava tutto lo spazio dietro la scrivania di legno, un immensa montagna di carne tremolante. Ecco cosa mi venne in mente appena lo vidi, in quel momento ritirai ogni bel pensiero fatto su di lui. Grasso, pigro, indolente ecco gli epiteti che mi vennero in mente sul momento.
Uno straniero. Disse guardandomi con sospetto. Ti sei portato dietro un bel comizio, protettore. Cosa vuoi?
Io non voglio niente, i contadini desideravano parlare con te e hanno mandato me in loro vece.
L'uomo sbuffò, si alzò in piedi ( a quanto pare aveva delle gambe sotto la ciccia) e prese a camminare avanti e indietro. Lo so, continuano a venire tutti i giorni e conosco i loro problemi. Non c'è bisogno che mandino qui qualcun altro, la situazione è molto delicata e loro devono capire che certe cose bisogna gestirle con tatto.
La politica è un arte.
Nereo annuì. Precisamente! Disse. Va e riferisci ai tuoi mandanti che le loro lamentele mi sono ben chiare e che andrò subito a riferirle a Ettore.
Il tribuno giusto?
Esatto. Ora, se vuoi scusarmi. Disse, mostrandomi l'uscita con un ampio gesto della mano.
Con tutto il rispetto, vorrei chiederle di poterla accompagnare.
Accompagnarmi? Rimase a riflettere e a grattarsi il doppio mento. Non credo sia fattibile, Ettore... non credo accetterebbe la tua presenza e se lo facesse potresti mettermi in cattiva luce con... Insomma io ho dei doveri, una posizione.
Voglio solo poter riferire ai contadini che le loro lamentele sono arrivate, almeno si calmeranno un poco. Dissi. E magari mi terranno a lavorare per loro ancora per un po'.
Nereo mi fissò con aria pensierosa, poi il volto si distese in un sorriso. Si, in fondo farmi accompagnare dal protettore dei contadini potrebbe colpire favorevolmente Ettore e il popolo.
La ringrazio. Dissi e chinai il capo sorridente.

Accompagnati dalla folla di contadini ci dirigemmo verso l'ufficio del tribuno. Nereo sembrava soddisfatto di quello spettacolo, si atteggiava come un eroe. Agitava le mani in cenno di saluto e metteva in mostra ampi sorrisi al corteo. Alcuni si affacciavano incuriositi dalle abitazioni, sembravano teschi e le finestre erano le orbite. All'ingresso due guardie ci fecero passare, limitandosi a schioccarci un'occhiata infastidita. Nereo mi guidò a passo sicuro lungo un corridoio spoglio, salimmo una scalinata e raggiungemmo l'ufficio.
Ettore era alle prese con una montagna di scartoffie, alcune erano macchiate d'inchiostro, altre sembravano essere state fatte a pezzi, altre appallottolate e gettate contro la parete opposta alla scrivania. Un elmo era appoggiato sopra una pila di documenti, in equilibrio precario. Ettore alzò gli occhi e dopo averci squadrato sbuffò. Nereo, cosa vuoi ora?
Ecco, io sono venuto per parlarle dei problemi dei cittadini ecco credo che, insomma.
Decisi di prendere in mano la situazione: non ce la facevo a restarmene con le mani in mano ad ascoltarlo balbettare. Signore, con tutto il dovuto rispetto, la situazione dei contadini è critica: sono a un passo dalla fame. Dissi e misi in mostra la fasciatura al braccio. Anche la situazione nei campi è tesa, i contadini hanno bisogno di protezione per poter coltivare la terra. Un uomo da solo non basta per tutti.
Si, infatti come le ho sempre ripetuto bisogna fare qualcosa per proteggere i contadini e non far morire di fame la nostra gente. Aggiunse Nereo.
Si potrebbe chiedere altre risorse alla città di Taanach, più provviste, più
Ettore mi interruppe con un gesto secco della mano. Non è cosi semplice Disse e si massaggiò la pelata. Molte altre città versano nelle nostre condizioni. Semplicemente non ci sono abbastanza risorse per tutti. Aggiunse qualcosa, ma non capii. Un imprecazione, a giudicare dal tono seccato. Ora abbiamo finito, andate. Ci congedò con un occhiataccia e tornando a fissare i documenti davanti a se. Però ho avuto l'impressione che mi ascoltasse, meglio così.
La ringrazio, io continuerò a proteggere i contadini, spero di vedere i vostri uomini al mio fianco. Dissi e mi allontanai.

All'uscita Nereo si mise davanti alla folla di contadini, il petto gonfio e un sorriso trionfante dipinto sul volto. Visto protettore? Ettore mi ha ascoltato. Ascoltate! Disse rivolgendosi alla folla: ho riferito a Ettore i vostri problemi e mi ha assicurato che presto riceverete quanto chiesto: protezione e provviste!
Io annuii. La folla esultò.
All'esterno una folla di cittadini capeggiati da una elfa, una ragazza bionda alquanto esile. Un abitante del posto, o una viaggiatrice? Decisi che non mi importava. L'elfa mi fissò, si avvicinò e mi disse: A quanto pare abbiamo entrambi un buon seguito.
Credo seguano più lui che me. Risposi, credevo che Nereo mi ascoltasse e volevo prendesse fiducia in me. A me basta che mi paghino, di questi tempi i contadini hanno paura anche di coltivare i campi. Ma non sono molto bravi a fare la voce grossa, quindi mandano me in loro vece.
Ascoltai le parole dell'elfa e poi mi voltai verso Nereo.
A quanto pare mi sei stato utile. Disse Nereo.
Si, io continuerò a proteggere i contadini, spero di ricevere aiuto dai soldati. Ovviamente continuerò a tenerla informato di tutto e delle vostre abilità oratorie. Dissi. C'è altro che posso fare per lei?
Continua a proteggere i contadini, senza prendere troppa iniziativa. Sei il protettore dei contadini, continua a esserlo. Disse e si congedò da me.
Decisi che meritavo da bere e il braccio mi faceva un po' male.
Dall'osteria proveniva una musica allegra, l'insegna scorticata era illeggibile. Mi soffermai per qualche istante all'esterno, a guardare dentro. Dietro il banco, uno specchio che rifletteva i suonatori in un angolo. Il banco era presidiato da una barista dai capelli corvini e una tunica blu. Aveva una fascia a coprirle la spalla. Il locale era pieno di soldati, a dire il vero quasi tutti i clienti sembravano essere militari. Quattro o cinque erano seduti in cerchio attorno al tavolo e bevevano, altri tre giocavano a carte. Altri cinque o sei chiacchieravano seduti in fondo al locale. Entrai.
Nessuno fece caso a me. Raggiunsi il balcone e la barista si avvicinò e prese a fissarmi.
Avete qualcosa di forte?
La donna annuì e tirò fuori da sotto il balcone una bottiglia piena di un liquido trasparente. Ecco. La donna mi guardò negli occhi e fece una smorfia. Sei quello dei contadini vero? La guardia del corpo.
Annuii, tolsi la maschera antigas quel tanto che bastava per liberare la bocca e buttai giù un sorso di quel fuoco. Soffocai un colpo di tosse e mi schiarii la gola. Qui ci sono parecchi militari, buono per gli affari.
Loro bevono, io li servo. Disse e prese a pulire il balcone. Così mi tengo informata, sai anche se dicono il contrario molte donne di questa città apprezzano la presenza di tanti begli uomini.
Continuò a parlare fino a quando la ressi, volevo informazioni, ma l'unica notizia degna di nota era stato l'assalto di un orda di ratti alle provviste. Ci mancavano anche i sorci, spero non portino malattie almeno. Mi congedai alquanto brillo dalla barista e tornai dai contadini.

Quel giorno i primi soldati comparvero sui campi, ne fui felice però avevo anche paura che adesso i contadini mi licenziassero. Infondo io che utilità avevo? Una bocca di troppo da sfamare. A questo pensai mentre scivolavo nel sonno, a questo e al fatto che quel grassone di Nereo era pieno di soldi che mi avrebbero fatto un gran comodo.

STIG
Corpo:100%
Mente:75% - 20% 55%
Energia:125% - 35%+20% 110%
CS:0

POTERI PASSIVI
» Emanazione Arcana: Lo studio di un Arcanista si riversa quasi sempre nella creazione di un proprio monile, di un seme del potere in grado di attestare le proprie capacità magiche. Lo studio e la dedizione hanno legato così tanto la personalità dell'Arcanista alle arti magiche da produrre una vera e propria emanazione d'energia in grado di sferrare dardi magici contro l'avversario. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, l'Arcanista sarà in grado di evocare dei dardi magici da utilizzare fino alla fine del turno. I dardi vengono considerati come un'unica arma magica ed i suoi colpi vanno considerati come semplici attacchi fisici. (Numero di utilizzi: 1)

» Studioso Magico: Gli Arcanisti sono maestri della magia, studiosi e discepoli delle arti magiche in grado di sviscerare ogni segreto della dottrina. Tale è la loro dedizione, infatti, che sono in grado di richiamare ed esercitare la magia in maniera istantanea, senza tempi di preparazione o di utilizzo delle abilità. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, l'Arcanista sarà in grado di utilizzare qualsiasi abilità di natura magica in tempi nulli, senza preparazioni di sorta o rituali specifici. (Numero di utilizzi: 1)

Guarigione vigorosa (300G)
Le tecniche di guarigione usate dal campione sono molto più potenti di quelle usate da altri. Consumando un utilizzo di questa passiva, il campione può rendere la propria successiva tecnica di guarigione di potenza pari al consumo. Riprendendo l'esempio fatto precedentemente, se spenderà il 10% in una risorsa per lanciare una tecnica di guarigione, recupererà il 10% in un'altra risorsa. se spendo mente rigenero energia
Consumo: passiva; 1 utilizzi
EVOCAZIONI
Nessuna creatura evocata.

TECNICHE ATTIVE
Pelle di diamante. Con questa tecnica rievoco la mia antica pelle, e la mia antica resistenza. Questa tecnica ha consumo medio e fornisce 4 CS a resistenza. Questa tecnica ha natura magica. 2 pt consuma energia

Lama di diamante. Con questa tecnica creo una lama lunga 30 cm lungo una delle mie braccia. Consumo basso. Questa tecnica evoca la lama per due turni e ha natura fisica. 1 pt consuma corpo

Scudo di diamante. Con questa tecnica creo uno scudo grande quanto me di forma esagonale e trasparente come un diamante, posso manovrarlo a seconda della mia volontà per proteggermi dai colpi nemici. Ha consumo medio e dura due turni. Questa tecnica ha natura magica, produce una difesa bassa a turno 2 pt. consuma energia PROTEGGE DA DANNI FISICI

Palla di diamante. Creo una sfera grande quanto un pallone da calcio di schegge di diamante che verrà lanciata ed esploderà in una miriade di schegge che andranno a conficcarsi negli abiti e nella pelle dei nemici. Questa tecnica ha consumo medio e provoca danni bassi. Questa tecnica ha natura magica ed è una tecnica ad area. 2 pt consuma energia

Cura incisiva (400G)
Il campione è in grado di risanare un danno di moderata entità a se stesso o a un alleato. Al momento dell'acquisto va specificata quale risorsa il campione intenda risanare con questa pergamena. Se si possiede la tecnica passiva "guarigione vigorosa" o equivalenti, questa tecnica permette di risanare un danno Alto, altrimenti risanerà solamente un danno Medio.Ha natura magica
Consumo: alto (attinge da mente e rigenera energia)
OGGETTI UTILIZZATI
Nessun oggetto utilizzato.

NOTE & RIASSUNTO
Un morso al braccio, fasciato.
Avrei voluto prendermi più tempo, ma tanto domani parto quindi niente. spero di non aver dimenticato niente
 
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view post Posted on 10/8/2015, 12:02
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
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Per molti, libertà è la facoltà di scegliere le proprie schiavitù.


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Dentro il buco | Primo giorno | Secondo giorno | Statistiche





Fetiales; Arife - Missione dall’inferno -
Alla fine aveva e sapeva che il voler rimanere lì, in mezzo alle ombre, avrebbe spezzato qualsiasi altra cosa, qualsiasi altro legame alla superficie ma, alla fine, non aveva nessuno per cui combattere, tutto ciò che aveva era laggiù, dove le ombre volevano prendersi possesso di lei, dove intendeva lasciarsi accarezzare senza alcun problema dall’oscurità. L’ahriman l’aveva fatta rifletter su molte cose, su quanto il mondo esterno avesse tentato di plasmarla mentre Lilith voleva solo renderla libera. E lei veva sprecato così tanto tempo a combattere qualcuno che voleva solo il suo bene? Però lo sapeva che il demone voleva sopprimere quell’umanità e voleva farlo in maniera cattiva, non voleva porre scelta come stava facendo quella creatura davanti a lei.

”Io ho combattuto sempre e solo per te.”


In qualche modo riusciva a capirlo, riusciva ad intendere quello che il demone voleva dirle e adesso era pronta a lasciarsi cullare e, finalmente, a combattere insieme a lei. Ririchiyo voleva solo dare un senso alla sua esistenza e forse adesso l’aveva trovato: essere semplicemente ciò che era. Fare le cose che amava di più al mondo e non permettere più a nessuno di reprimere ciò che davvero era. La libertà però non permette di avere padroni allora cosa ci faceva lì? Si stava di nuovo sottomettendo a qualcuno e se prima era il mondo degli umani adesso era quello dei demoni.

”Padroni, che brutta parola. La libertà in sé non esiste Ririchiyo, devi solo capire in quale posto puoi essere te stessa e, sinceramente, qui mi sembra meglio. Almeno possiamo essere Ririchiyo e Lilith e non il demone che si nasconde e la ragazzina che cela il capo per paura di essere scacciata. Qui nessuno ti manderà mai via.”


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Non aveva tutti i torti e lei era pronta a spezzare quelle catene vivendo semplicemente come voleva lei, facendo quello che piaceva lei e, finalmente, cercando solo le cose che potevano fare bene a lei. Non si poteva salvare un’umanità destinata al declino, non si poteva portare in un’oasi sicura un’umanità che non voleva essere salvata e che si crogiolava nella propria ipocrisia. E quindi?

«Tanto vale distruggerli o lasciarli a sé stessi. Tanto tutto quello che toccano muore.»


Con quelle parole era pronta a dire addio a tutto ciò che aveva conosciuto fino a quel giorno, al ricordo di sua madre, alla ricerca di suo padre. Da quel giorno sarebbe stata semplicemente Ririchiyo e avrebbe permesso al demone di essere semplicemente Lilith, era pronta a vivere quella strana dualità e a condividere tutto con quella compagna che fino a quel momento aveva voluto soltanto aiutarla ad essere libera.
Quando l’ahriman finì di parlare lei alzò i suoi occhi verso di lei senza sorridere ma con una nuova consapevolezza che le si poteva leggere dietro i suoi occhi viola, che si poteva vedere in fondo alla sua anima. Si sarebbe lasciata guardare perché era pronta a legarsi con quelle creature che assomigliavano a lei, con quelle creature che finalmente l’avrebbero resa libera.

«Chiamaci con i nostri nomi a seconda della nostra forma. Io sono Ririchiyo….lei è Lilith.»


I giorni nel buco trascorrevano tranquilli per lei che adesso aveva solo bisogno di pensare, di riflettere sulle cosa del mondo e su ciò che stava accadendo intorno a lei. Aveva percepito solo odio verso l’umanità da parte dell’ahriman e in fondo non poteva darle torto. Quelli come loro potevano solo ricevere cose cattive dalla superficie, quelli come lei dovevano solo stare con i propri simili per poter essere capiti. Era stato meglio arrivare lì in quel momento piuttosto che rimanere lassù, diventare potente, essere amata e alla fine tradita. E lo sapeva, prima o poi sarebbe accaduto.
Si stava abituando a quel luogo oscuro, passava molto tempo con Lilith, non l’aveva mai sentita come in quel periodo e aveva anche scritto una lettera per sua madre. Lei avrebbe racchiuso sempre ciò che di puro era riuscita a trovare nel mondo degli umani ma, per quanto le riguardava, quella era la fine del suo viaggio e adesso aveva bisogno di una svolta, di un cambio di vita. Quella lettera l’avrebbe sempre tenuta per potersi ricordare quanto importanti fossero quelle scelte. Ciò che non aveva messo in conto era che stava per diventare un guerriero, forse libero di essere ciò che voleva ma sempre guerriero agli ordini di qualcuno.
L’hariman era tornato da lei e l’aveva di nuovo accolta con prole dolci, persuasive. Le aveva fatto i complimenti perché stava finalmente facendo pace con sé stessa, stava capendo come rimanere in comunione con il demone che era in lei ma era arrivata anche con una richiesta.

«Sapete, Ririchiyo e Lilith, c’è un villaggio, una piccola cittadella che si chiama Lamia. Le legioni demoniache stanno cercando di conquistarla e penso che adesso sia arrivato il momento giusto per portare a termine il tutto. Vi devo chiedere di andare e di portare un po’ di discordia fra quegli uomini che amano giudicare con tanto disprezzo. Normalmente li lascerei nel loro brodo, sicura del fatto che si saboterebbero da soli, però direi che forse si può dare una spintarella alla situazione.»


Un sorriso seguì quella richiesta che, alla fine, celava un ordine. Ririchiyo iniziò a chiedersi quale prezzo potesse avere la sua “libertà” ma in fondo di quella gente che stava in superficie a lei non importava. Distruggere gli uomini e il loro impero per lei significava solo poter andare dove voleva senza essere additata e, a questo punto, scegliere non era difficile.

«Ci pensiamo noi, cercheremo di fare un buon lavoro.»






Fetiales; Arife - Le sacerdotesse di Lamia -
Aveva indossato il suo mantello da viaggio ed era uscita dal buco per prendere la strada verso la cittadella indicata dall’Ahriman. Per una come lei che era abituata a viaggiare non era difficile trovare le strade giuste, chiedere le informazioni giuste, inoltre man mano che si avvicinava a quel confine di guerra, la presenza di persone si faceva sempre più alta. C’era chi andava, c’era chi veniva e poi c’erano quelli come lei che in superficie una casa non ce l’avevano, forse poteva unirsi a loro. Una viandante senza meta e senza provenienza, una girovaga che non aveva uno scopo, in fondo fino a poco tempo prima era stata proprio questo, perché non calarsi nuovamente in quel ruolo? Prima di unirsi a quelle persone si calcò bene il cappuccio sulla testa per assicurarsi che le corna non spuntassero fuori tradendo la sua identità e la stessa Lilith cercò di ridurre al minimo il suo potere per non rischiare di farsi scoprire da chi, magari, possedeva particolari sensibilità verso le aure, magari quelle demoniache. Lo scopo della ragazzina era quello di introdursi in città, magari trovare parti in conflitto e poter quindi fare leva su quella cosa.

”Ne sei propri sicura? Che fine ha fatto il classico entro e distruggo?”


Chiese Lilith, quasi borbottando, da dentro la sua anima. Ririchiyo dimenticava sempre quanto quel demone sapesse essere diretto eppure era stata proprio lei a insegnarle l’arte dell’inganno, come poteva proprio in una simile circostanza dire una cosa del genere?
Riuscì ad arrivare a Lamia di buona mattina e, appena ne varcò le porte, cercò di orientarsi per capire dove puntare e cosa fare. Prese a vagabondare per la città osservando qualsiasi cosa, fermandosi addirittura a mangiare in un piccolo chioschetto che dava sulla strada quando, improvvisamente, due uomini le passarono accanto con aria accigliata, preoccupata.

«Sembra che ci siano guai. Il Tribuno Ettore è sceso di nuovo per scacciare le vestali. È davvero inaudito, come possono lasciarci così, senza guida?»


Ad orecchie normali tutto ciò sarebbe passato piuttosto inosservato ma la cosa non valse per Ririchiyo che, invece, tese bene i suoi padiglioni auricolari per capire meglio cosa stesse succedendo. Non era difficile da capire. Culti religiosi in pericolo potevano solo voler dire una popolazione facile da sollevare. Un’altra cosa che aveva imparato di quei piccoli esseri umani era anche che non sapevano agire senza una guida, non erano in grado di andare avanti se venivano rotti i loro idoli, anche la persona più atea di questo mondo non poteva vivere senza credere in qualcosa. Non si curò nemmeno di aver finito il piatto, semplicemente si alzò per pagare il conto e cercare di seguire i due uomini senza dare nell’occhio. La gente che camminava per le strade era tanta ma mai folla fu più grande di quella che riuscì a scorgere quando arrivo nei pressi di quello che probabilmente era il posto dove le due sacerdotesse praticavano il loro culto. Un uomo dalla pelle abbronzata e dura con il torso nudo e a coprirlo solo un paio di larghi pantaloni e un mantello, stava parlando a due donne vestite con abiti piuttosto sfarzosi dal suo punto di vista e sembrava quasi che le stesse sgridando. Iniziò a sgomitare fra la folla e riuscì a sentire proprio le parole dell’uomo che le invitava a concludere i loro offizi e a togliersi dai piedi. Due giorni. A lei sarebbero bastati per quello che le stava venendo in mente.
Quando l’uomo, Ettore aveva sentito dalla folla, se ne andò, la gente cominciò ad andarsene, diradandosi. Alcuni erano rimasti per trovare conforto nelle sacerdotesse mentre altri, quelli lì per pura curiosità, se ne erano andati senza nemmeno voltarsi. E lei? Lei sentiva che doveva allearsi con loro, sentiva che quelle donne potevano essere un punto importante per la sua missione. Rimase ancora per un attimo ferma a fissare le due donne che stavano continuando il loro lavoro quando un giovane uomo, che probabilmente aveva appena iniziato a radersi, si avvicinò a lei con un mezzo sorriso.

«Ciao ragazzina. Hai bisogno di parlare con le nostre vestali? Vuoi avvicinarti a loro? Non ti ho mai vista prima, sei nuova?»



Ririchiyo alzò il suo sguardo ametista fino ad incrociare gli occhi color cielo del giovane. Sembrava gentile e davvero pronto a darle una mano.

”Usalo.”


L’eco del demone questa arrivò forte e quasi Ririchiyo voleva ridere di lei perché l’avrebbe fatto, anche senza il suo consiglio. Cercò di assumere la migliore aria da bimba sperduta di cui era capace, prima di sorridere in maniera piuttosto disarmante e annuire.

«Si, mi piacerebbe poter parlare con loro, cercare un qualche tipo di conforto in questi tempi bui. Essere sola in un mondo dove vige la regola del più forte non è facile, soprattutto quando si è soli.»


Lilith le aveva insegnato ad essere davvero un’ottima attrice e il giovane non ebbe alcuna remora e sorridere di nuovo a farle strada.

«Allora andiamo, non essere timida, sono persone estremamente gentili.»


Così iniziò a camminare avvicinandosi di più alle due sacerdotesse e alle persone che erano lì ad ascoltare e non solo. Alcuni non nascondevano la loro tristezza, confidando anche che avrebbero voluto che loro restassero anche se non potevano. Si stava iniziando a discutere pacificamente della cosa e a naso Ririchiyo capì che forse poteva essere il momento giusto per introdursi.

«Scusate se mi intrometto, sono appena arrivata in questa città apposta per incontrarvi e poter trovare conforto nelle vostre parole…davvero ve ne state andando?»


Chiese la ragazzina con quella sua finta ingenuità. Era davvero diventata brava, una vera faccia di palta. Purtroppo al contrario del giovane le due sacerdotesse non la guardavano con trasporto ma sembravano più misurate, quasi come se fossero sempre all’erta, in fondo non dovevano essere delle sprovvedute, probabilmente nemmeno il faccino di una ragazzina poteva abbassare le loro difese ma alla fine non erano solo loro il mezzo, c’era anche di meglio.

«Purtroppo è così, ma non rammaricatevi, sono sicura che troverete la forza, in ogni caso non è la prima volta che ci invita a lasciare il nostro posto e sono sicura che non sarà nemmeno l’ultima.»


Ecco le parole che tanto attendeva. La scintilla della guerra scoppiava sempre con questo genere di discorsi. Un potente signore che voleva imporre a tutti i costi la propria autorità e il povero popolo soggiogato. Avevano bisogno di qualcuno che aprisse loro gli occhi, di qualcuno che li spingesse a sollevarsi, di qualcuno che potesse indicare loro la via e chi poteva farlo? Non certo lei.
Assunse un’aria piuttosto triste prima di far scivolare il suo sguardo verso il giovane che l’aveva accompagnata e che in quel momento stava parlando con alcune delle persone che erano ferme con le sacerdotesse. Forse lei non poteva avere la forza o i mezzi ma magari lui si, le sembrava abbastanza giovane e focoso perché non si lasciasse scappare la possibilità di combattere per la causa giusto. Idealisti. Approfittarsi di loro era sempre facile e piacevole. Rimase a parlare a lungo con la gente che era ferma lì. Parlò un po’ di sé, di aver perso la famiglia nella guerra scoppiata tra i caduti e la fazione che li combatteva e alla fine ricamò un po’ sulle sue rocambolesche avventure prima di giungere lì e trovare finalmente riparo, inoltre riuscì anche a capire che alcuni dei capi si erano scoperti dei caduti, beh il seme del dubbio era sempre un buon mezzo per poter sollevare le persone.
Si fece sera ben presto, probabilmente troppo velocemente e le persone che erano ferme a parlare con loro trovarono presto la strada di casa finchè, in quel luogo, non rimasero soltanto le sacerdotesse, Ririchiyo e quel giovane dagli occhi color del cielo.

«Ririchiyo, credo che per te sia giunto il momento di andare, ormai l’ora è tarda.»


Annuì una delle sacerdotesse ma la ragazzina le guardò piuttosto dispiaciuta prima di rattristarsi tanto da rendere i suoi occhi lucidi, come quando si è sull’orlo del pianto.

«Mi spiace…io non so dove andare….non ho un riparo per a notte…»


Stava facendo tremare le labbra nella maniera giusta e cercò di nascondere il volto sotto al cappuccio ben tirato fingendo profonda depressione, proprio allora il giovane, Jean si era fatto chiamare, intervenne allungando una mano verso la ragazzina.

«Se non hai posto dove andare io e la mia famiglia potremmo esserti d’aiuto, cosa ne dici?»


Ririchiyo lo fissò per un ungo istante prima di sorridere con dolcezza e annuire.

«Va bene…ti ringrazio davvero tanto.»


Usarlo si stava rivelando fin troppo facile.

separatore


La casa di Jean era carina, piccola, semplice e accogliente. La tipica dimora che Ririchiyo aveva sempre desiderato avere, magari con sua madre e suo padre ma questi desideri puerili c’erano prima di sapere tutto, di conoscere la storia della sua vita e di subire il dolore della diversità sulla propria pelle. Il giovane viveva con i suoi due anziani genitori che si prendevano amorevolmente cura del figlio. Erano uguali lì, la stessa gentilezza, lo stesso sguardo, la stessa anima. Non si poteva non vedere che fossero imparentati.

«Perché non le mostri la camera degli ospiti mentre io preparo la cena?»


Alla domanda il figlio accettò subito, facendo strada alla ragazzina. Dalla cucina, prima stanza che si trovava appena varcati la soglia, i due salirono su una piccola scala a chiocciola di legno fino ad arrivare ad un pianerottolo sul quale si affacciavano tre stanze.

«Da questa parte.»


Continuò il giovane sorridendo e aprendo la porta davanti a loro. Entrarono quindi in una piccola stanza luminosa e arredata semplicemente di un comodo letto, una piccola scrivania e un armadio. Ririchiyo la fissò per un lungo istante e le si strinse il cuore. Le ricordava tremendamente la camera in cui l’avevano ospitata Soushi e sua moglie quando era fuggita per raggiungere l’Akeran.

”Ricordati perché sei qui.”


In effetti non doveva dimenticarselo, non doveva tirarsi indietro e non doveva farlo ora. Sentì la porta chiudersi alle loro spalle e, ripresasi da quei ricordi dolorosi, si voltò di scatto verso il giovane che le sorrideva con gentilezza.

«Mi spiace, non è esattamente una reggia ma è tutto ciò che possiamo offrire, pensi che possa andare bene?»


Era evidente che fosse preoccupato di poter offrire una buona ospitalità e Ririchiyo questo l’aveva capito. Si avvicinò quindi a lui muovendosi in maniera calcolata per non far cadere il cappuccio che ancora celava il suo capo e si alzò sulle punte per prendere il volto del ragazzo fra le sue mani.

«Non ti preoccupare, sono sicura che andrà benissimo.»



Disse con semplicità, tenendo il volto di Jean fra le sue mani poi, alla fine, successe tutto velocemente, troppo velocemente.

”Questo è il momento.”


Gli occhi di Ririchiyo trasfigurarono completamente, l’innocenza venne strappata via da quelle iridi ametista, lasciando solo tutta la crudeltà di cui lei e il demone erano capaci pur di raggiungere i propri scopi. Jean ebbe paura ma sentiva uno strano potere inondarlo, qualcosa da cui non poteva sottrarsi.

«Tu sei mio e farai tutto ciò che io ti ordinerò.»


Lentamente a giovane lasciò andare la presa dal volto del ragazzo e questo, come un bambolotto senza anima, la guardava con occhi vuoti.

«Si mia padrona.»






Fetiales; Arife - Una piccola scintilla -


«Perché le sacerdotesse dovrebbero lasciare questo posto? Tu lotterai per loro e per la libertà che meritano di professare dove meglio credono. Non dovrai mai dire a nessuno che io sono la tua padrona e se lo farai sarai lautamente ricompensato….se proverai a fregarmi io ti uciderò.»


Jean era ancora sotto il controllo di Ririchiyo il mattino dopo ma nessuno avrebbe mai potuto pensare che ci fosse qualcosa di diverso. Lui si comportava come sempre, era gentile e al mattino andò con la ragazzina esattamente nella stessa locanda di tutti i giorni. Tutti sapevano delle idee che aveva il giovane, della libertà di poter combattere e morire come meglio si voleva, che chi voleva diventare un soldato doveva avere la libertà di farlo in qualsiasi circostanza senza mezze misure o senza preamboli e, soprattutto, era sempre stato contrario al fatto che Ettore dovesse mandare via a tutti i costi le vestali. E Ririchiyo avrebbe fatto leva proprio su questa cosa. I due erano entrati nella locanda e subito il biondino si era messo a parlare con gli altri senza problemi. Subito erano andati a sedersi tutti insieme in un grande tavolo che il locandiere teneva per loro tutti i giorni, anche la ragazzina li seguì, continuando a recitare la sua parte di brava ragazzina e sempre con il suo cappuccio tirato sul capo per non far scoprire la sua vera natura.

«Io non trovo giusto che le sacerdotesse se ne debbano andare. Per osa poi? I grandi capi sono decisamente più corrotti di quelle due donne che sono qui solo per aiutarci.»


Iniziò a dire il giovane appena scesero in argomento. Il più anziano del gruppo lo guardò un po’ perplesso. In verità era una cosa che pensavano un po’ tutti ma nessuno aveva il coraggio di dirlo, nessuno aveva la forza di ribellarsi perché pensavano di essere deboli.

«Io dico che piuttosto che far andare via loro manderei via tutti gli altri. Qui continuano a parlare dell’orda di caduti che cerca di penetrare nella città ma siamo sicuri che sia la verità? Andiamo quanto terreno stiamo guadagnando? A me non sembra che le truppe se la stiano vedendo bene eppure continuano a tacere la situazione preoccupandosi solo di due povere donne. Io dico che è il momento di ribellarci, di riprenderci questa città e di combattere davvero il male con i nostri mezzi. Credete che non saremmo in grado? Io so che tra di noi ci sono molti ottimi guerrieri…»


Lo stesso anziano che lo stava guardando male precedentemente si schiarì la voce per prendere parole e scuotere la testa. La sua lunga barba e i capelli candidi come la neve facevano capire a Ririchiyo che quel personaggio non solo aveva una veneranda età ma che aveva anche molto credito verso quel popolo. Forse avrebbe dovuto prendere lui però non era sicura che ne sarebbe stata in grado, Jean era decisamente più manovrabile.

«Jean sei sicuro di quello che dici? Insomma noi siamo deboli, cosa pensi che potremmo fare? Secondo me è una foll….»


Il vecchio non fece in tempo a finire la frase che Jean sbattè il pugno destro sul tavolo con tutto l’impeto con cui era conosciuto. Era una che ci metteva sempre passione. In tutto, anche in una ribellione.

«È proprio di questo che parlo. Da quando il popolo è debole? Noi dalla nostra abbiamo il numero, dovremmo almeno provarci. Insomma, non avete sentito cos’hanno detto ieri le due sacerdotesse? Beik della Chimera, gi altri Beik…..chi ci dice che lo stesso Ettore non sia un demone che vuole solo dannare le nostre anime impedendoci di poter avere il conforto spirituale che ci occorre? Io non voglio buttarmi a morire contro di loro però vi invito a pensarci. Se mi ribellassi solo io verrei probabilmente sconfitto e trucidato ma se lo facessimo tutti insieme secondo me sarebbe efficace, magari non si arriverebbe nemmeno alle mani, dovremmo solo mostrarci palesemente schierati verso le sacerdotesse e soprattutto smetterla di farci sfruttare da loro o di subire le angherie…voi avete davvero intenzione di continuare a vivere in questo modo?»


Chiese alla fine il ragazzo con lo sguardo pieno di rancore verso quella gente. Il silenzio calò sul tavolo lasciandosi inghiottire dal chiacchiericcio che c’era in giro. Una rivoluzione per la propria libertà, era proprio questo di cui le aveva parlato l’Ahriman. Ririchiyo sospirò appena cercando di assumere l’aria persa che avevano tutti.

”Anche queste creature cercano la libertà nonostante non siano in grado di vivere senza qualcuno che dia loro ordini.”


Pensò, sfiorando la coscienza di Lilith e facendola scoppiare a ridere, facendo schernire quelle deboli creature dal demone che era dentro di lei e che in quel momento stava anche controllando Jean.





CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico: Indenne
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 125/125 %


    Mente 125/125%


    Corpo 50/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare 2/6
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

Passive attive
Affascinare:
    » Gli ammaliatori hanno sviluppato naturalmente un'influenza tale sugli altri da essere in grado di condizionarne la volontà semplicemente con la loro presenza. Essi potranno emanare un'aura attorno a loro influenzando qualunque persona sia presente nei dintorni, inducendoli a non contraddire l'ammaliatore o a seguirlo, o ancora a temerlo. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, dunque, l'Ammaliatore sarà in grado di emanare un'aura di ammaliamento che conta come un'influenza psionica passiva con effetto da personalizzare liberamente, purché non si discosti troppo dai principi enunciati.«


Specchietto riassuntivo
Utilizza la passiva per poter utilizzare Jean come un suo fantoccio.



code by Misato Kojima ♥ don't copy


CITAZIONE
Mi sono fermata qui per non essere troppo autoconclusiva e rimanere abbastanza fedele a ci che era stato deciso in confronto ossia che comunque i popolani non sembrano particolarmente convinti e non si sbilanciano perciò lasciò a te il preseguio della cosa ossia se Jean riesce o non riesce a convincere tutti. Inoltre il suo comportamento non da molto nell'occhio perchè è sempre stato uno così passionale, sta solo esponendo chiaramente ciò che ha sempre pensato.

 
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view post Posted on 10/8/2015, 12:46
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Sürgün-zemat - Lamia
«Sette Giorni per Morire»

Gli incubi si fanno sempre più frequenti, mi addormento in un luogo solo per svegliarmi in un altro senza ricordo alcuno di quanto successo. La mia sola certezza è che mi sto dirigendo a Nord, verso il Dortan. Luogo del giorno? Apparentemente un magazzino ben fornito, al suo interno provviste e cibarie in quantità più che modesta. Fuori da questo un vociare tendente al caotico, tanti passi misti al familiare suono scricchiolante della sabbia sotto i piedi. Un paio di ratti passano vicino a me, uno si sofferma sulla mia figura coricata, avvicinandosi quel tanto che basta per annusarmi. Le vibrisse mi solleticano il volto mentre un leggero sorriso si dipinge sul mio volto. Mi arrampico su una delle colonne portanti per farmi un'idea di ciò che mi circonda, sbirciando fuori da una delle finestre. Una città di modeste dimensioni, mura alte e pesantemente fortificate che proiettano lunghe ombre sulle molte case delle affollate vie cittadine. Una delle città stato fin troppo comuni nell'Akeran, eppure i soldati locali non sembrano essere semplici schiavi armati. Formazioni serrate, testa alta e armi affilate. Guardie ben addestrate, le stesse che ho visto a Tanaach. Se sono qui allora la posizione della città è pericolosamente vicina alle orde dei Caduti, il luogo importante a sufficienza per scomodare l'esercito regolare dello Tsar. Una volta persa nel caos della comune posso osservare con calma l'interezza del luogo. Lamia, questo il nome del luogo in cui mi fermerò per qualche giorno. Ormai sono sfinita, ho disperato bisogno di nutrirmi e continuare a marciare verso il Nord. E di certo la città non è a corto di problemi, per niente. L'esercito riesce a tenere a bada le orde demoniache, ma all'interno i cittadini sono spaventati, innanzi tutto. Inoltre il recente editto che ha portato al bando del culto locale sembra solo aver innervosito i cittadini ancora di più. Vorrei saperne qualcosa in più, ma la gente è troppo impegnata a proseguire nella sua travagliata vita di tutti i giorni per dar peso ad una bambina curiosa. Se non altro l'architetto dl posto sembra aver strutturato bene la disposizione della stessa. Ben difendibile, ricca di truppe e cibarie. Inoltre il coraggio delle sacerdotesse locali misto alla permissività del Comandante di turno permettono ai cittadini di avere un appiglio di fede a cui reggersi, probabilmente il solo motivo per cui la gente del luogo non ha ancora ceduto alla corruzione. La situazione rimane comunque tesa, per quanto stabile. L'unico problema in tutto ciò sembra essere il governatore locale, un tale di nome Nereo. Non così diverso dalla maggior parte della nobiltà Dortaniana, più preoccupato al suo benessere che a quello del popolo. Fortunatamente questo coincide con il desiderio di mantenere la città sicura, ben protetta da qualunque minaccia. Una vera fortuna, vista la natura della corruzione. Eppure per quanto saranno in grado di resistere? I soldati sapranno anche il fatto loro ma i comuni cittadini sono in grave pericolo, troppo preoccupati dal perdere tutto per preoccuparsi della loro stessa vita. Devo trovare un modo per farli andare via, lasciare che siano le truppe locali a gestire l'interezza dell'operazione. Ma come si convince la popolazione di un'intera città ad andarsene, lasciandosi alle spalle le proprie case e il luogo dove più di una generazione ha vissuto e prosperato? Semplice, basta togliere ciò che rende questa terra prospera. O meglio, spostarlo, costringendoli a seguirlo.



[...]



Una notte di novilunio, particolarmente buia e silenziosa. Le guardie pattugliano le strade con regolarità e attenzione, ma non abbastanza dal notarmi mentre scivolo fuori dalle mura e mi dirigo ai vicini campi coltivati. Con la presenza demoniaca i raccolti procedono a rilento, ma i contadini riescono comunque a procedere nel lavoro di mietitura e semina. Una risorsa di cibo rischiosa ma comunque capace di mantenersi costante, un valido motivo per correre il rischio di rimanere qui con la minaccia dei Caduti che si fa sempre più incombente giorno dopo giorno. Ho visto i magazzini interni, sono abbastanza forniti da mantenere la cittadinanza e la forza militare sfamata per svariati giorni. Oppure per mantenere la sola potenza militare a stomaco pieno molto più a lungo. Se succedesse qualcosa ai campi, il forzato razionamento delle cibarie spingerà la maggior parte delle persone ad andarsene verso nord. Il sultanato è una terra ricca e prospera, comunque, il che significa che la loro manodopera sarà sfruttata anche meglio del previsto. Inoltre quel fesso del Comandante ha avuto la brillante idea di mettere buona parte dei suoi uomini a guardia dei campi, sminuendo la forza militare complessiva della città. Un errore del genere potrebbe provocare la caduta dell'intera zona e concedere ai caduti ancora più truppe di quante già non dispongano. La distruzione dei campi limiterà la loro disponibilità di cibo, ma spingerà l'esercito a concentrare i suoi sforzi nel difendere le carovane in partenza dalla città e le mura stesse. Un fuoco però darebbe fin troppo nell'occhio, quindi mi sono portata dietro un paio di centinaia dei miei amichetti per prendersi cura delle coltivazioni. Sono silenziosi, voraci e col pelo nero come la notte più buia. Le guardie semplicemente troppo impegnate a cercare caduti o ladruncoli per pensare a qualcosa di tanto subdolo. Prima che il sole sia sorto i ratti si saranno già ritirati nelle fognature entro le mura, lasciando poca scelta all'esercito se non quella di ritirarsi entro le mura. Questo o le truppe sono composte da stermina-ratti professionisti. Già, alquanto improbabile.



« Questo dovrebbe bastare, spero. » Mi passo una mano fra i capelli, sospirando mentre trattengo un colpo di tosse. Poi un coniato di vomito mi costringe a riggettare del sangue nero e denso, la cosa si fa sempre più comune. « Non ne avrà ancora per molto... »



Faccio scorrere la mano sulla cintura, stringendo una piccola boccetta riempita di un liquido denso ed incolore. Sospiro, soffermandomi sull'osservarla come ho già fatto più di una volta durante gli ultimi giorni. Ed ogni volta tutto ciò che mi viene in mente è Richtofen con il suo buffo accento, sottolineando più e più volte la composizione di quello che per molte persone sarebbe solo acqua sporca. IN realtà si tratta di acqua prelevata dalle sorgenti benedette dell'Edhel, le poche sopravvissute ai tempi dell'Inquisitrice. Trattata con argento e infusa di energia divina dai paladini dell'Ordine di Zoikar. Una morte lenta ed agonizzante, ma al contempo purificante. Lui invece ne parlava come fosse qualcosa di semplice. Sarà come fare un bel sonnellino, potresti perdere la memoria recente e risvegliarti con tanta di quella fame da voler sbranare un gladiatore! Almeno per l'ultimo problema ho già provveduto, nascondendo una scorta considerevole in un posto sicuro. Ed ormai mi è rimasto poco tempo, non posso attendere oltre. Scalo le mura e provvedo a rifugiarmi nuovamente nel magazzino ove sono rinvenuta sta mattina. La boccetta illuminata da un fascio di luce lunare gli donava una strana colorazione bluastra. Il solo stapparla riempie l'aria di un odore acre, talmente forte da farmi lacrimare gli occhi e portarmi sul punto di vomitare un'altra volta. Ma non ho scelta, devo assumere la pozione finché ho ancora coscienza di me. Chiudo gli occhi, tappo il naso con la mano libera e mando giù l'interezza del suo contenuto. Un lungo attimo di dolore, il ventre pare come incendiarsi mentre si contorce nel vano tentativo. Vorrei urlare, ma la gola brucia a tal punto dall'impedirmi persino un gesto semplice come un rantolo di aiuto. Poi tutto diventa buio, e il dolore cessa. Domani è un altro giorno.



[...]



L'ultima cosa che ho visto prima di svenire era il pavimento sabbioso che mi veniva in faccia, ed è esattamente ciò che mi sono ritrovata davanti al mio risveglio. Il veleno sta facendo il suo corso, il dolore non sembra svanire anche se il corpo sembra essersi abituato alla bruciante sofferenza. Il processo di per se richiederà tra i quattro e i cinque giorni, giorni nei quali il mio corpo continuerà a soffrire e a deteriorarsi sempre di più fino a portarmi alla morte. Quando questo succederà avrò bisogno di un luogo sicuro ove potermi risvegliare senza essere disturbata. Sarà una questione di ore, come un lungo sonnellino, ma comunque ore in cui sarò vulnerabile ed indifesa. Inoltre, se qualcuno mi trovasse e decidesse di seppellirmi dovrei spiegargli perché sono spuntata fuori dalla mia stessa tomba come una margherita a primavera. Davvero sconveniente, meglio non rischiare. L'unica nota positiva sembra risiedere nel fatto che la mia mente sembra essersi sgombrata da qualsivoglia pensiero sconveniente. Ed ora che ci penso... sta notte non ho avuto alcun incubo. Non so neanche se il mio lavoro ai campi sia andato a buon fine, ma non mi importa, davvero. Penso proprio che userò questa giornata per rilassarmi un po, in attesa della fine. La vita nella cittadina sembra procedere senza grandi intoppi, qualcuno sembra agitarsi per via dell'incidente ai campi ma, se non altro la prospettiva di abbandonare la città per pascoli di lunga più verdeggianti e prosperi. Mi dirigo in piazza, il passo rallentato dalla costante sofferenza, ma comunque non ancora in grado di disabilitare il mio fisico. Giungendo nella piazza centrale noto un gruppo di bambini e bambine, intenti a giocare con una piccola palla di cuoio. I loro volti sono cotti dal sole, ma sui loro volti la preoccupazione del conflitto sembra essere completamente assente. In fondo... ma si, perché no? Mi dirigo verso il piccolo gruppo, composto da tre bambini e due bambine con i tratti tipici delle popolazioni locali. Carnagione scura, capelli castani o completamente neri, piuttosto robusti nonostante l'età. Non appena mi notano si fermano, guardandomi con quella tipica curiosità di un bambino che vede qualcosa per la prima volta in vita sua.



« Bonjour! » Congiungo le gambe, alzando timidamente una mano per esprimere un semplice gesto di saluto. « A cosa state giocando? »

« Che pelle strana che hai. » Sentenzia il membro più grande del gruppo, scrutandomi con occhi curiosi come se avesse appena visto la cosa più strana del mondo. « Anche i tuoi occhi sono strani... »

« Uh? Ah, si! Vedi... la mia mamma era un'elfa, ma il mio papà era umano! » Sentenzio annuendo al capetto, dondolandomi sul posto con fare infantile e rilassato. « Però non ci sono elfi qui, quindi forse non ne hai mai visto uno fino ad ora! »

« Qualcuno ne parla, ma no, non ne ho mai visto uno. » Il capetto fa spallucce, i suoi occhi curiosi continuano a scrutare le mie fattezze senza il minimo briciolo di vergogna. « Io mi chiamo Günfer. Loro sono Lemi e Ulu, i miei fratelli minori. »

« Hey, ci siamo anche noi, sai?! » La più piccola delle due bambine spintona il capetto, semplicemente mettendolo al suo posto con uno sguardo misto tra la rabbia e la severità. Poi si volta verso di me, sorridendo come nulla fosse successo. « Io sono Funda, e lei è mia sorella gemella, Kamelya. Tu come ti chiami? »

« Io mi chiamo Odette, piacere di fare la vostra conoscenza. » Istintivamente mi esibisco in un fluido e grazioso inchino verso il quintetto. Di ritorno loro mi guardano con fare ancor più incuriosito, probabilmente non abituati a tali usanze. « Kamelya... come il fiore! Che bel nome che hai! »



Al contrario della sua gemella, Kamelya sembrava essere una timidona di prim'ordine. Al mio complimento si ritrasse istintivamente dietro la sorella, probabilmente imbarazzata dalle mie parole. Il resto delle giornata sembrò proseguire senza intoppi, spesa per lo più giocando con quella curiosa pallina o rincorrendoci. Il mio arrivo sembro stabilire una nuova divisione, quel classico conflitto infantile tra maschi e femmine che si consuma ogni giorno tanto tra i bambini quanto tra gli adulti. Col calare della sera il piccolo gruppo sembra dirigersi di comune accordo verso la parte alta della città, scoprendo con mia sorpresa che fanno tutti parte di un orfanotrofio cittadino. La cosa mi sorprende in maniera piacevole, di solito gli orfani vengono venduti come schiavi o semplicemente lasciati a morire. Se non fosse stato per l'influenza positiva che il sultanato ha avuto sulla società dell'Akeran, forse sarebbe stato proprio così. A quel punto mi chiedono dove sia la mia famiglia, una giusta curiosità. Alla mia onesta risposta sul fatto di essere un'orfana tanto quanto loro, non ci pensano due volte ad invitarmi all'interno, chiedendomi di rimanere con loro. A quanto pare in città ci sono due Sacerdotesse di T'al, forse le stese di cui ho sentito parlare il giorno prima. Sembra che siano proprio loro a gestire il benessere degli orfani presenti in città, il cui numero è aumentato sostanzialmente in seguito alla guerra contro i caduti. Eppure loro sono così generosi, così felici del semplice essere insieme, nonostante tutto ciò che sta accadendo. Mi avvicino a Kamelya per chiederle qualcosa quando una fitta bruciante fa suo il mio corpo, i sensi si fanno flebili e grigi, quasi inesistenti. Ancora una volta il pavimento mi viene incontro, e tutto si fa buio. Domani è un altro giorno.






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Riassunto

CS { 0 }

Fisico {Leggermente Ferita - 55%} ~ Mente {Mal di Testa - 55%} ~ Energie {140%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (5/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (5/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (5/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (5/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (5/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (5/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (5/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (5/6)


Attive:

Occultamento: La mia istruzione nelle arti magiche è stato altrettanto esemplare. In molti non lo sanno ma il vampirismo ha una natura strettamente legata alla magia, permettendo verosimilmente ad ogni vampiro di apprendere le arti magiche con grande rapidità e semplicità rispetto ad un essere umano o a qualunque appartenente alle razze comuni del Thedas. La magia si suddivide in varie scuole e la mia preferita è senza ombra di dubbio quella dell'Illusione. La prima capacità che io abbia mai appreso è stata quella di divenire completamente invisibile, e vi assicuro che la cosa non è semplice come sembra! Ci vogliono settimane di pratica, senza contare il fatto che il corpo all'inizio non riesce ad orientarsi se non riesce a vedersi. Può suonare strano ma è la pura e semplice verità! Certo la fatica è remunerativa quando puoi semplicemente sparire in un battito di ciglio e lasciare il tuo nemico li, imbambolato come un babbeo.
La pergamena è una tecnica di invisibilità di natura magica che rende il caster invisibile per l'intero turno in cui viene utilizzata. Questa però non è in grado di annullare un qualunque suono prodotto dal proprio corpo o le tracce lasciate dal proprio passaggio. [Media]







Sostanzialmente Odette spende la prima giornata ad ambientarsi dopo essersi risvegliata all'interno della città, ormai consumata dagl'incubi e incapace di mantenere un flusso temporale costante. Dopo aver constatato lo stato della città decide di colpire i campi di granaglie esterni ad essa, guidando una piccola legione di ratti a sgranocchiare il raccolto, risparmiando però quanto fosse già stato mietuto. Conclusa la sua azione si reca di nuovo al magazzino, nel quale ingerisce una complessa pozione purificatrice distillata da un'alchimista di sua conoscenza. Essendo la pozione prodotta con componenti divine essa agirà su di Odette come un veleno, eliminando il 10% di Corpo e mente ogni giorno di gioco effettivo. Questo danneggiamento procederà finché il danno non la ucciderà, permettendo al suo corpo di rigenerarsi in virtù della sua immortalità vampirica. Con tale processo spera di epurarsi dalla corruzione, rendendo al contempo il suo corpo troppo debole e stanco per agire se questa riuscisse, anche temporalmente, ad avere il sopravvento. Il secondo giorno invece fa la semplice conoscenza di un gruppo di orfanelli, spendendolo in maniera infantile a giocare con loro senza però stancarsi più del dovuto. Col calare della sera va insieme a loro nell'orfanotrofio che ho deciso essere gestito dalla due sacerdotesse. Si tratta di un piccolo dettaglio che spero non sia infattibile in merito alle due figure sacre.

A livello tecnico Odette usa l'attiva di invisibilità e tutte le passive di Acrobata, ladro e razza per agevolarsi nel suo operato notturno.

Questo è quanto :sisi:


 
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view post Posted on 10/8/2015, 18:58




ҒetiaLes ~ ɅƦifє


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Day 1


Il sole del Sud decisamente non faceva per lui; stava sudando da parti del corpo che nemmeno sapeva potessero sudare. Non era semplicemente stato concepito per quelle temperature, tutto qui, e in cuor suo cominciava a rimpiangere l'implacabile gelo del Nord. La pelle – già di carnagione scura – si era ormai annerita tanto da farlo sembrare un genuino cittadino dell'Akeran, rendendolo - ironicamente, vista la scarsità di vestiti – più Lupo Nero di quanto fosse mai stato. Stava addirittura arrivando ad odiare le proprie armi, compagne di tante battaglie, visto che il loro acciaio si surriscaldava facilmente, scottandogli la schiena.
Anche peggio se la cavava l'esile figura al suo seguito, avvolta in diversi strati di veli colorati per ripararla dai raggi solari. L'elfa, a differenza sua, era di carnagione pallida e forse anche più nordica di lui, il che la rendeva estremamente sensibile a quel clima. Doveva però ammettere – con un certo compiacimento – che la bionda non si era mai lamentata più di tanto, seguendolo nel suo cammino nonostante la fatica e il fisico decisamente meno temprato e allenato.
Sheila era con lui da quasi tre mesi, ormai, e benché avesse smesso di provare a levarsela dai piedi, non aveva cessato di minare la sua convinzione quando possibile, continuando a mettere alla prova la sua volontà. All'inizio del loro viaggio Rayleigh era convinto che la giovane si sarebbe arresa ben presto, incapace di tenere il passo di un uomo abituato da sempre a viaggiare e sopravvivere nelle terre selvagge; immaginava che sarebbe scappata dopo aver incontrato qualcuna delle bestie della foresta, che si sarebbe stancata dei modi del Cacciatore o più semplicemente che il suo corpicino avrebbe ceduto alle fatiche di quella vita. Eppure eccola lì ritta al suo fianco, a fissare sollevata la stessa cosa che vedeva anche lui: il profilo della città di Lamia.

Non era neppure mezzodì quando il duo raggiunse il cuore del centro cittadino: una fastosa piazza marmorea in puro stile tradizionale, ornata di colonnati, gradinate e palazzine scultoree. Per Rayleigh quella vista non era nuova, ma per l'elfa al suo fianco quello era un mondo del tutto estraneo e magnifico; l'assenza di agglomerati urbani nel Nord l'aveva lasciata all'oscuro di un mondo fatto di strade trafficate, edifici monumentali e bellezze architettoniche.
La giovane era così presa dal guardarsi intorno in preda allo stupore, da non accorgersi del dettaglio più palese in fronte a sé: una folla di gente ammassata attorno a una piattaforma rialzata, sopra la quale due donne e un robusto uomo dall'aspetto importante stavano discutendo. Il Cacciatore non riuscì a distinguere bene il motivo della disputa, ma intuì avesse a che fare con la presenza delle due nella città; prima che potesse capire di più, però, il dibattito cessò e l'uomo ammantato si fece prepotentemente largo fra la folla, seguito da alcuni soldati.
« Che succede? »
Chiese ad alta voce la bionda al suo fianco, evidentemente ripresasi dal suo primo impatto con il luogo.
« Ettore è venuto di nuovo a disturbare un sermone, lui e gli stupidi decreti dello Tsar... “Duilio comanda!” “Duilio ordina!” “Duilio dice!”, ma perché non se lo sposa il maledetto Duilio e smette di rompere le palle a noi? »
Una fervente voce alle loro spalle, appartenente a uno dei tanti cittadini amareggiati dall'accaduto. Nell'incontrare gli sguardi confusi del Lupo e della sua compagna il rubicondo ometto osservò: « Voi non siete del luogo, vero?
Quello – l'uomo a petto nudo – era Ettore, il tribuno militare; lui e i suoi hanno preso il controllo della città, per proteggerci dicono, e almeno in quello ci sono riusciti finora. Ultimamente ha cominciato a prendersela con le Vestali, sapete, quelle di T'al, il culto che è stato bandito a Taanach...? Comunque, quelle due gentili signore sono le uniche che ancora portano un po' di ottimismo e pace da queste parti, e quel beota barbuto non vuole capirlo. Lui e i suoi se ne vanno in giro tutti spavaldi, senza rispettare i nostri costumi – cosa vuoi che ne capiscano quelli della capitale di una città di confine – e facendo i prepotenti solo perché hanno le armi. E cosa pensate faccia quel grassone di Nereo al riguardo? Un cazzo, ecco cosa. Essendo l'ex-governatore si presenta come il garante del popolo, ma non ha abbastanza spina dorsale per andare contro il pelatone nudista.
Ah... siete arrivati in un momento turbolento, stranieri.
»
Concluse severo, per poi disperdersi anche lui come il resto dei presenti. Il duo restò alquanto colpito dallo sproloquio dell'anziano; Rayleigh per primo, che apprese quelle notizie con sentita gravità.
« Ora che si fa? »
Abbassò lo sguardo su Sheila.
« Ora cerchiamo un alloggio. »

Trovarono una locanda poco lontano dal foro principale; la camera era mediamente economica e sufficientemente grande per tutti e due. Il Cacciatore si abbandonò immediatamente su una soffice poltroncina, buttando gli occhi al cielo.
« Cosa ne pensi di quello che ha detto quell'uomo? »
L'elfa aveva imparato a riconoscere l'espressione seria del suo compagno, perciò sapeva che questi non avesse preso a cuor leggero la situazione. Personalmente era preoccupata dal fatto che vi fossero molte altre persone come quel vecchio, scontente e innervosite dalla situazione; era comprensibile vista la presenza delle truppe demoniache ai confini del loro territorio, ma un clima ostile anche all'interno delle mura avrebbe sfiancato lo spirito dei cittadini.
« Quando ci si trova in guerra non sono ammissibile spaccature interne. » Cominciò lapidario. « In un clima di tensione come questo il minimo alterco può causare un incendio. Non possiamo permetterci lotte intestine, non se le voci sull'Ahriman sono vere; in tal caso le nostre forze armate avranno già il loro bel da fare nel salvarci dall'annientamento. »
Lei non se ne intendeva di politica o tattiche di guerra, ma era abbastanza intelligente da capire le preoccupazioni del Cacciatore. La domanda era: cosa si poteva fare al riguardo?
« Voglio parlare al tribuno. »
Corrugò la fronte. « Cosa? Perché? »
« Per discutere della situazione, magari dargli qualche consiglio utile. »
Rayleigh s'era già alzato, sgranchendosi il collo.
« Pensi che ti ascolterà? Siamo dei semplici forestieri! »
« Ho un piano. » tagliò corto, rivolgendole uno sguardo impavido, uno di quelli che spesso preannunciavano guai.
« Prima però pranziamo. »
E senza attendere risposta si fiondò fuori dall'appartamento. Sheila si limitò a scuotere sconsolata la testa, per poi alzarsi e seguirlo lentamente giù dalle scale: quando il Cacciatore si metteva in testa qualcosa era dura fargli cambiare idea.


[...]


Si presentò alla guardie domandando di vedere il tribuno, annunciandosi come un cacciatore di demoni venuto a combattere le armate dell'Ahriman; offriva la sua esperienza, la sua spada e i contatti di alcune sue conoscenze che avrebbero certamente rafforzato il fronte.
Prontamente la sua richiesta fu accolta, ed ora stava percorrendo a passo veloce i corridoi della Caserma guidato da un arcigno spilungone in armatura. La palazzina militare era più curata di quello che si sarebbe aspettato, dagli ambienti spaziosi e areati, decorati con incisioni murarie e drappi colorati; Lamia poteva anche essere una cittadina piccola, ma non si faceva mancare i suoi sfarzi.
Al cospetto del tribuno lo trovò nella stessa veste in cui l'aveva visto quella mattina: petto nudo, avvolto in un mantello celestino e l'espressione imbruttita dal peso che la politica stava avendo su di lui. Pur non essendo un esperto nel giudicare il carattere di una persona, persino Rayleigh poteva intuire il rispetto che l'uomo attribuiva alla propria pratica militare. A giudicare da come fissava con pigro disgusto i documenti abbandonati sulla scrivania davanti a lui, inoltre, era chiaro che la diplomazia lo annoiasse.
« Se vuoi andare a morire là fuori non ti fermerò di certo. »
Esordì l'uomo dalla pelle imbrunita, imponendo il tono sbrigativo e scontroso che l'avrebbe caratterizzato nei dialoghi a venire.
Rayleigh non si lasciò impressionare: non si era mai aspettato un'accoglienza calorosa, tutto ciò che voleva era l'attenzione del tribuno; ed evidentemente riuscì nell'ottenerla quando – per presentarsi – si slacciò il panciotto che lo copriva, rivelando anch'egli il proprio busto nudo. Era convinto che se l'ex-schiavo non avesse rispettato la sua figura di forestiero, almeno avrebbe riconosciuto il valore delle sue cicatrici, testimonianze delle battaglie passate. Un semplice cenno della testa confermò al Cacciatore di aver avuto ragione.
Sorrise mentalmente, facendo un passo avanti.
« Perdoni l'impudenza, ma desidero parlare da guerriero a guerriero, se posso. »
Non si prestò alle formalità cerimoniali, cercando di trattare con Ettore in qualità di suo pari. Una mossa azzardata, doveva ammetterlo, ma se voleva essere ascoltato era necessario porsi sullo stesso piano dell'interlocutore.
« Non ho potuto fare a meno di notare la scena di quest'oggi in piazza, e la reazione della gente coinvolta. E' bastato poco per capire che i cittadini sono sotto pressione: la presenza di nemici alle loro porte; il recente insediamento militare; il cambio nella direzione del governo... » si avvicinò di qualche passo «Sono certo che capirà l'esigenza di tenere a bada il popolo. In momenti di tensione una qualunque crisi non farebbe che creare problemi inutili; problemi che una persona già impegnata a combattere una guerra non può permettersi. »
Finora il tribuno l'aveva ascoltato in silenzio, con una sempre crescente severità nello sguardo; era il caso di arrivare al punto.
« Mi chiedo, non sarebbe più comodo lasciare qualcun altro a occuparsi di queste questioni? Potreste usare l'ex-governatore Nereo perché si occupasse della burocrazia e dei problemi del popolo, lasciando così a voi il tempo e le energie per dirigere le vostre truppe. Avreste ovviamente diritto di veto su ogni sua decisione, perciò l'ultima parola spetterebbe comunque a voi, ma perlomeno alleggerireste il vostro piatto da questioni secondarie. »
Questa era la conclusione a cui era giunto il Cacciatore – ora abbastanza vicino da poter toccare lo scranno - e che sarebbe servita ad illudere i cittadini di una maggiore libertà dall'influenza armata.
I vantaggi di una simile manovra, però, non parvero interessare il tribuno, che seccamente rispose: « Non intendo fare nulla del genere. »
Nei suoi occhi poteva intravedere disapprovazione, e forse una punta di delusione.
« L'ex-governatore Nereo è un incompetente ed uno sciocco, più interessato a mantenere il suo titolo e le sue ricchezze che a salvare il suo popolo. Non lascerò ad un simile individuo alcun potere, fintanto che sarò responsabile di questa città. »
Un totale rifiuto non era quello in cui aveva sperato, ma ad abbattere realmente il suo ottimismo era la cocciutaggine che l'uomo dimostrava.
« Ci sarebbe un'altra questione... » cominciò cautamente « … riguardo la presenza delle due Vestali. Mi rendo conto che le loro orazioni vadano contro gli ordini diretti dello Tsar, ma queste hanno un forte impatto sui fedeli. Una guida spirituale non serve solo a placare l'animo delle masse, ma anche a garantire il rispetto della morale, soprattutto considerando la corruzione che l'Ahriman cerca di instillare nel cuore degli uomini. » Non riuscì quindi a trattenere un sorrisetto beffardo, per far da contrappunto alla sua furbesca proposta: « Se le sacerdotesse ufficiassero in maniera... meno vistosa, si potrebbe chiudere un occhio, non trovate? Dopotutto lo Tsar non potrebbe avere disturbo da un paio di vestali in una cittadina di periferia, ed una volta che il conflitto terminasse potreste occuparvi di loro come più preferite. »

Seppe di aver pestato una mina quando per tutta risposta gli occhi del tribuno si gonfiarono d'ira. L'uomo finora contenuto – ancorché nervoso – si tinse di rosso, alzandosi in piedi e sbattendo i pugni sul tavolo.
« Inaccettabile! » Tuonò. « Gli ordini di Duilio sono assoluti, ed in quanto suo rappresentante designato in questa città è mio solenne compiti farli rispettare! Non accetterò alcuna insubordinazione da un qualche sconosciuto viandante che dà fiato alla bocca! Ed ora sparite dalla mia vista, prima che vi faccia arrestare per attentata cospirazione! »
Prima ancora che il Cacciatore avesse modo di realizzare cosa fosse appena accaduto, due soldati l'avevano già preso di forza e scortato fuori dall'edificio.
Impiegò l'intero tragitto dalla Caserma alla locanda per schiarirsi le idee. L'amarezza era un nodo alla gola che non riusciva a mandar giù; nella testa si alternavano imprecazioni ed insulti, prettamente rivolti alla figura del barbuto militare che lo aveva preso a pesci in faccia. Farsi ascoltare era diventata una questione di principio, ora.


[...]


Sheila stava diligentemente rassettando dei tessuti colorati stesi sul letto, quando Rayleigh entrò.
« Ho fatto un po' di spesa! I viveri erano troppo cari ovviamente, ma la sartoria era ottima e tutti i nostri vestiti sono rov... perché sei nudo? »
Nel voltarsi era rimasta sbigottita dal trovare il compagno ritto sulla porta a petto nudo e con in volto un'espressione inquietante. Per diversi secondi fu più cosciente che mai di trovarsi sola in compagnia di un uomo molto più forte di lei, ed anche se non si aspettava che Rayleigh le potesse fare del male, qualcosa la metteva in agitazione.
« Lunga storia. »
Commentò lui semplicemente, ignorando il suo sguardo e cercando con gli occhi la fibbia di Stroja.
Mentre si allacciava la spada dietro la schiena riassunse in breve il suo fallimentare incontro con Ettore, cosa che – a sua insaputa - dissipò la tensione dal cuore della ragazza. Nulla di cui preoccuparsi, il Lupo non l'avrebbe azzannata quel giorno.

« Quindi ora che hai intenzione di fare? » Chiese infine dopo aver ascoltato il racconto dell'uomo.
« Intendo richiamare la sua attenzione. »
Quella risposta non le inspirava grande fiducia, ma ancora una volta non disse nulla; segretamente sperava che il Metaumano imparasse un po' di buon senso, a forza di scontrarsi con cose più grandi di lui. Sapeva che fosse una persona intelligente e capace, ma i suoi metodi erano spesso troppo bruschi e improvvisati, soprattutto considerato che trattavano di politica, qui.
« Io proverò a parlare con le Vestali. »
Annunciò lei di rimando, poco prima che Rayleigh uscisse nuovamente a fare chissà cosa; questi la squadrò indifferente facendo spallucce.
« Come vuoi. Mi passi una maglia? »
Gli lanciò una camicetta celeste, che l'uomo fissò con disappunto.
« Il blu ti dona. » Commentò divertita.
Per tutta risposta il Cacciatore lanciò esasperato gli occhi al cielo, si infilò la sgargiante veste e uscì in tutta fretta.


[...]


L'incontro con le sacerdotesse andò inaspettatamente bene.
L'elfa si presentò come una viaggiatrice venuta a sostenere Lamia nello scontro con i caduti, e venne prontamente accolta dalle due donne, che la fecero accomodare su un soffice triclinio imbottito. Rivolse prontamente loro le sue preoccupazioni per i cittadini, che vedevano minacciato il culto che sosteneva le loro speranze in quella guerra; spiegò che credeva nella necessità di un sostegno spirituale, nonostante questo andasse contro le direttive dello Tsar, e cercò una motivazione a questa persecuzione. Così come Rayleigh, Sheila voleva trovare una soluzione che consentisse al popolo di mantenere il loro credo, nonostante l'intromissione di Ettore e dei suoi soldati.
Piacevolmente colpite dall'onestà della giovane, le Vestali non ebbero remore a raccontarle degli eventi che avevano portato al bando del culto di T'al, confessando che nel loro viaggiare si fossero insidiate a Lamia unicamente per portare conforto ai suoi cittadini. Purtroppo, però, nulla potevano contro l'autorità del Tribuno che intendeva cacciarle; più volte si erano rivolte a Nereo in cerca di aiuto, ma questi si rifiutava di riceverle e le rabboniva con promesse che non avrebbe mai mantenuto.
« Vi ringrazio per avermi dato ascolto. »
Fece la giovane per congedarsi, sapendo ciò che avrebbe dovuto fare.
« Porterò io le vostre preghiere all'ex-governatore, sono sicura che non potrà ignorare la richiesta dei fedeli e del popolo. »
Quindi le due la salutarono porgendo le loro benedizioni e speranze.


[...]


Era già calata la sera quando tornò all'abitazione. Varcata la soglia la prima cosa che le saltò all'occhio fu la figura di Rayleigh, accasciato sulla medesima poltrona del mattino a fissare senza vita il soffitto.
« Tutto bene? » Chiese meccanicamente pur conoscendo la risposta.
« Odio questa maledetta città. » Il tono completamente privo di energia. « Niente va come dovrebbe. »
« Si può sapere che è successo? »
« Beh è semplice, ho passato più di due ore a cercare di sfidare a duello delle guardie. » Gli occhi ancora fissi al soffitto. « Ho pensato che se le avessi sconfitte avrei fatto un po' di confusione e attirato l'attenzione del pelatone, ma quei codardi fottuti non hanno accettato nessuna provocazione. Quando hanno minacciato di sbattermi in prigione mi sono finalmente arreso e sono tornato qui. »
Infine si degnò di guardare direttamente l'elfa ora seduta in fronte a lui, incontrando un'espressione di pura incredulità.
« … sei idiota per caso? »
Parole come frecce al cuore, tanto più perché lui stesso aveva cominciato a crederlo, nell'ultima ora. Non riuscì a ribattere, limitandosi a distogliere mestamente lo sguardo e mormorare qualcosa di inaudibile.
« Comunque, ho parlato con le sacerdotesse ed ho scoperto delle cose interessanti... »
Alché la giovane elfa raccontò con crescente eccitazione ciò che aveva appreso: del culto di T'al, degli eventi a Taanach e dell'attuale situazione delle Vestali a Lamia.
Quanto più la ragazza parlava, tanto più il Cacciatore si sentiva sconfitto: certo era impressionato dalla compagna, ma il suo successo non faceva che far apparire anche più abissale il fallimento sperimentato. Da quando l'aveva conosciuta aveva duramente imparato una lezione o due sull'umiltà, e qualcosa gli dava a pensare che ve ne sarebbero state molte altre. Quella ragazza era la sua rovina, in un certo senso.

« … quindi ho pensato che sarebbe valsa la pena parlare con Nereo. Domani intendo radunare qualche fedele e chiedere udienza; se l'ex-governatore è così ben disposto ad aiutare la gente come vuol far credere, allora non potrà ignorare una richiesta diretta dei cittadini. Che ne pensi? »
Pensava che fosse un maledettissimo buon piano, ecco cosa, ma era troppo testardo per ammetterlo ad alta voce. Quel che fece fu schioccare la lingua compiaciuto, annuendo col capo.
« Speriamo che ti ascolti allora, con un po' di fortuna il governatore sarà meno irascibile e testardo del pelatone. Io ne approfitterò per controllare la situazione in città, se troverò le prove che le guardie abusano della propria autorità potrò presentare a mia volta il caso al caro Nereo. Ho rinunciato a parlare direttamente col tribuno, quel tipo mi fa solo girare le palle. »
Quindi compì d'istinto un gesto che mai avrebbe pensato: tese la mano e arruffò allegramente i dorati capelli della compagna. Quell'unico moto di spirito lasciò stupefatti tanto Sheila quanto lui stesso, ma tacitamente entrambi concordarono di non darvi peso e si alzarono per andare a cena.


______________________________



Day 2


Il mattino del secondo giorno Rayleigh si alzò di buona lena, prese con sé la Dama e inforcò la porta determinato a terminare l'incarico che si era assegnato. Non si ebbe più traccia di lui per il resto della giornata.
Sheila invece fece colazione con calma, preparò il più bello tra gli abiti acquistati il giorno prima, e si avviò in direzione della piazza dove si sarebbe incontrata con alcuni volontari che si erano offerti di accompagnarla da Nereo. Nel foro vide radunato un accalorato gruppetto di circa dieci persone, tra uomini e donne di età diverse; subito si scambiarono i convenevoli di luogo, poi l'elfa chiese che le facessero strada fino all'ufficio dell'ex-governatore.
Nel passare in mezzo alla scalpicciante cittadina più che mai sveglia, la bionda notò con piacere che la gente al suo seguito andava lentamente aumentando quanto più la destinazione si faceva vicina. I fedeli delle Vestali parlavano fra loro, salutavano vecchi amici e incoraggiavano gli altri cittadini a seguirli perché anche loro dessero voce alle proprie richieste. Così, quando finalmente arrivarono alla scalinata di accesso al comune, il numero di persone era raddoppiato da dieci a venti.
L'elfa non poteva negare che tutta quella gente la mettesse sotto pressione: dopotutto chi era lei, se non una giovanissima ragazza che aveva vissuto la sua intera vita in qualche insediamento a Nord, priva di una prospettiva sul mondo reale? Per qualche ragione quelle persone le attribuivano un carisma che lei non sentiva proprio, unicamente perché aveva avuto le palle di dire "no, questa situazione non va bene" ed agire di conseguenza; sorrise un po' nervosa, pensando tra sé "se questo è il carisma allora non è una cosa poi tanto speciale".
Quando finalmente aveva raccolto il coraggio per salire le scale e domandare di incontrare il diplomatico, tuttavia, fu preceduta dall'uscita di un riccioluto ragazzo mingherlino, che le corse in contro avvertendo con voce squillante che l'ex-governatore non era nei suoi uffici, ma che si era incamminato giusto qualche minuto prima verso la Caserma per parlare con il tribuno. Appresa la notizia furono immediate le repliche dei cittadini annoiati, che a gran voce gridarono "Alla caserma!".
Non osando scontentare ulteriormente il suo seguito, Sheila appoggiò la mozione, capeggiando una seconda marcia in direzione del centro militare, lo stesso da cui il Cacciatore era stato sbattuto fuori il giorno prima. Onestamente i racconti del compagno sul conto di Ettore l'avevano lasciata abbastanza intimidita, e avrebbe di gran lunga preferito avere a che fare il meno possibile col tribuno; con un po' di fortuna si sarebbe limitata ad aspettare che Nereo uscisse per poi rivolgere le questioni a lui. Sperava solo che tutto andasse per il meglio.

Alla Caserma lei e i cittadini vennero fermati da delle guardie, dividendoli da un altrettanto numerosa folla che stava in attesa fuori dall'edificio. Nessuno di loro sapeva cosa ci facesse quella gente lì, ma un paio di persone al suo seguito ebbero modo di riconoscere alcuni contadini che normalmente si occupavano dei campi fuori Lamia, ma che negli ultimi tempi non avevano più potuto lavorare a causa dei demoni sul fronte.
Poco dopo il loro arrivo il portone d'ingresso si aprì, e da esso fuoriuscirono due figure: la prima era un grasso omone rivestito d'oro e gioielli, che lo rendevano più pesante e pacchiano di quanto un umano avrebbe mai dovuto essere; la seconda invece era del tutto antitetica, un uomo completamente rivestito di cuoio e vesti nere - un po' com'era solito usare Rayleigh - soffocanti, e a coprirgli completamente il viso una strana maschera di fattura a lei sconosciuta. Non sapeva sinceramente dire chi dei due la inquietasse di più.
« Visto protettore? Ettore mi ha ascoltato. Ascoltate! Ho riferito a Ettore i vostri problemi e mi ha assicurato che presto riceverete quanto chiesto: protezione e provviste! »
Il panciuto essere si mise solennemente ad incitare la folla sotto di lui, presentandosi in tutto il suo splendore - letteralmente, splendeva - come salvatore dei cittadini; quel tipo doveva essere Nereo di certo. Chi attirò più l'attenzione della giovane fu però l'altro individuo, che non solo era stato presentato come "protettore", ma evidentemente era anche quello a cui erano maggiormente rivolti gli esulti degli astanti.
Dopo lo scompiglio iniziale, i gregari della bionda si fecero avanti, prendendo rapidamente il posto dei contadini che avevano iniziato a sparpagliarsi. Lei invece era rimasta un po' indietro, decidendo sarebbe valsa la pena scambiare due parole con quella misteriosa persona; gli si fece vicino e sorridendo disse: « A quanto pare abbiamo entrambi un buon seguito. »
Attirò così l'attenzione dello sconosciuto, che cinicamente rispose: « Credo seguano più lui che me. A me basta che mi paghino, di questi tempi i contadini hanno paura anche di coltivare i campi. Ma non sono molto bravi a fare la voce grossa, quindi mandano me in loro vece. »
Una tipica risposta che avrebbe visto bene sulla bocca di Rayleigh.
Diede in un sorrisetto ironico. « Buona fortuna col lavoro allora, credo avremo modo di rivederci. »
Non dubitava che se quella persona avesse continuato ad intervenire per conto dei cittadini, allora lei e il Cacciatore l'avrebbero incontrato nuovamente, e magari avrebbero anche potuto lavorare insieme per aiutare Lamia.
Quando finalmente l'individuo mascherato fu congedato, Nereo divenne conscio del gruppo di persone che ancora stavano di fronte a lui, forse nemmeno accorgendosi che non fossero gli stessi contadini di prima. Inaspettatamente il corpulento riccone cominciò a sudare per il nervosismo, evidentemente non aspettandosi un'imboscata di quella portata.
« E-e voi cosa volete? »
Chiese cercando di mantenere il contegno che il suo ruolo richiedeva. Per tutta risposta metà dei presenti chinò rispettosamente il capo, mentre l'altra metà vociferava all'unisono producendo solo frasi sconnesse che l'ex-governatore non avrebbe potuto decifrare Fu qui che intervenne la ragazza, che giudicando il comportamento dell'uomo si era fatta improvvisamente più sicura di sé. Aveva le idee chiare su come trattarlo.
Si portò davanti a lui, sfoggiando il più sereno sorriso che il suo bel viso le consentisse, cercando di tranquillizzare il diplomatico, prima di inchinarsi a sua volta.
« Il mio nome è Sheila, mio signore e sono al vostro cospetto in qualità di portavoce delle Vestali e dei fedeli che vedete in fronte a voi. » Il governatore si tranquillizzò alle belle maniere dell'elfa, ma si irrigidì un poco quando ella parlò delle sacerdotesse. « Come sapete il tribuno Ettore intende mettere fine ai loro uffizi e cacciarle dalla città, senza però tenere conto del duro impatto che questo avrebbe sugli animi dei cittadini e seguaci di T'al. »
E qui alzò astutamente gli ipnotici occhi blu mare, rivolgendosi a lui con parole solenni.
« Ci presentiamo a voi in cerca di aiuto, mio signore. Il popolo guarda a voi come difensore della fede e della morale, e solo voi avete il potere di aiutarlo. Vi prego di ascoltare le suppliche dei cittadini che non vogliono altro se non la possibilità di confessarsi e tenere stretto a loro il proprio credo. Siate il campione della loro ragione. »
Era cosciente di star manipolando quel semplice uomo facendo leva sul suo orgoglio di presunto salvatore dei cittadini, ma sinceramente non provava alcun rimorso. Non era una entusiasta del manipolare gli altri, non come lo era Rayleigh perlomeno, ma una cosa su cui andavano d'accordo era la convinzione che spesso il fine giustificasse i mezzi; certo non era crudele quanto il Cacciatore sapeva essere, ma neanche si considerava la più retta delle ragazze.

Il piano funzionò a meraviglia.
Lì, sugli spalti della gradinata militare, il robusto petto dell'ex-governatore Nereo si gonfiò tronfio, mentre con voce scenicamente accalorata annunciava alla folla: « Non sia mai! Io! Nereo! Vostro garante, protettore e guida fedele non permetterò che vi sia negato il diritto fondamentale della fede! Non temere ragazza mia, parlerò io stesso al tribuno e lo convincerò a recedere dalle sue intenzioni, non per niente sono il governatore designato dal popolo. Ah! »
Non c'era dubbio che tutto quel discorso fosse rivolto a richiamare l'approvazione della gente e soprattutto la sua, ma fintanto che l'uomo avesse fatto ciò che prometteva non le interessava di quanto fossero fondate quelle parole. Non gli negò quindi un alquanto ammiccante sorriso, prima che scomparisse nuovamente dietro le mura della Caserma in direzione degli uffici di Ettore.
Non passò molto tempo prima che giungesse loro la notizia che Nereo avesse concesso alle Vestali un luogo sicuro in cui professare, lontane dalla persecuzione del tribuno.


[...]


Rayleigh e Sheila si reincontrarono solo più tardi a cena, davanti a un piatto di zuppa appena tiepida.
Il Cacciatore era di umore decisamente più brillante della sera prima, se non che dopo appena due giorni cominciava già ad essere stanco della vita di città: strade strette, gente dappertutto in continuo movimento ed ogni sorta di rumore o odore ad urtare i suoi troppo sensibili sensi. Non era abituato ad avere molta gente intorno, figurarsi un'intera città.
« Buonasera. » Il caloroso sorriso della compagna gli risollevò un po' lo spirito. « Com'è andata la ricerca? Trovato informazioni interessanti? »
« Qualcuna. » Rispose sedendosi in fronte a lei. « Domani intendo andare a parlare con Nereo. L'hai incontrato? Sei riuscita a farti ascoltare? »
Sinceramente non aveva grandi aspettative, perciò non si sarebbe stupito se la ragazza gli avesse detto di no; invece questa alzò orgogliosa la testa, fissandolo con un ghigno compiaciuto: « E' stato facile, è bastato sbattere un po' le ciglia e convincerlo della sua posizione di guida assoluta, perché promettesse di risolvere la situazione. »
Non fu sicuro di quanto tempo spese a fissare l'elfa da sopra il piatto di minestra, con ancora il cucchiaio stretto in bocca. Non sapeva se scoppiare a ridere o fischiarle dietro, perciò rimase imbambolato a guardarla ammirato: poteva per la prima volta dirsi genuinamente felice di avere con sé la giovane.
« Ah. Ho anche incontrato un uomo che potrebbe aiutarci. Diceva di proteggere i contadini, quindi magari ha il nostro stesso obbiettivo. »
Qui addentò il cucchiaio; gli occhi come due fessure.
« Un uomo? » Ripeté con interesse.
« Un tipo strano. » Commentò lei semplicemente.
Il Cacciatore lasciò volutamente cadere l'argomento, tornando a concentrarsi sul cibo.

Per il resto della serata i due non toccarono più argomenti di una qualche importanza, perdendo tempo come possibile fino al calare della notte. Quando poi Rayleigh fu certo che l'elfa si fosse addormentata, prese la chiave e uscì lentamente dalla stanza, immergendosi nel buio di Lamia.




Finalmente! :scl:
Sorry per il ritardo, ma annuncio con sollievo che sono finalmente tornato in possesso della linea, quindi non dovrei avere più problemi. Si spera. :laserone:
Per contestualizzare vi rimanderei alla giocata in cui è introdotta Sheila, ma è ancora incompleta causa internet orfano.
Chi fosse interessato troverà tutto qui: link
Inoltre questo è l'aspetto dell'elfa che accompagna Rayleigh (tranne gli occhi, di cui devo cambiare il colore): link

Per riassumere il tutto. La mattina del primo giorno Rayleigh e Sheila arrivano a Lamia, dove incappano nelle Vestali ed Ettore e vengono aggiornati sulla situazione dalla gente del luogo. Deciso ad evitare che Lamia cada sotto il giogo dell'Ahriman a causa di qualche semplice problema interno, Rayleigh decide di parlare col tribuno riguardo la situazione, ma fallisce e viene cacciato. Più tardi il Cacciatore decide di provare a richiamare l'attenzione del tribuno sfidando i suoi guerrieri, ma anche qui fallisce. Nel frattempo Sheila parla con le Vestali, che la direzionano da Nereo.
Il secondo giorno Rayleigh lo passa a cercare informazioni e prove riguardo i presunti abusi militari in città, mentre Sheila ed un gruppo di sostenitori delle Vestali vanno da Nereo per chiedere aiuto. Qui c'è un breve incontro tra l'elfa e Stig, e nella promessa di Nereo di intervenire, che porterà alla protezione del culto delle sacerdotesse.

Infine perdonate la lunghezza del post, ma la capacità di sintesi non è una delle mie grandi qualità. Sto cercando di migliorare. Spero non sveniate sulla tastiera leggendo. :gk?:
 
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view post Posted on 11/8/2015, 14:05
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in riferimento a Fetiales; ʤɛna e Fetiales; Ιανός

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Molti credono che la trasformazione in caduto sia un processo mostruoso, deformante, doloroso e aberrante in parti uguali; eppure così non è. I miei servi vivono ovunque, sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi forma, alcuni persino incoscienti di esserlo. Ci sono umani che si trasformano in caduti senza perdere le proprie fattezze; altri che lo sono sempre stati, sin da bambini, senza che nemmeno i loro genitori se ne rendessero conto. I demoni esistono dappertutto, nascosti come polvere tra le pieghe della vostra società; i demoni e i caduti non sono che una blanda metafora. Il punto culminante della mutazione fisica in demone avviene soltanto quando l'individuo realizza e accetta ciò che gli sta accadendo: abbandona tutte le proprie costruzioni, barriere e limiti, rifiuta l'universo che l'ha partorito e decide autonomamente di lasciarsi andare, slegandosene radicalmente.
Questo significa essere un caduto.

Il mio compito in quanto Ahriman è solamente quello di mostrare questa verità a chi si è già abbandonato ai propri istinti, e suggerirla a chi è sull'orlo dell'indecisione. Questo fa di me una creatura tanto mostruosa?

Tutti hanno un padrone; io stessa sono padrona di centinaia di migliaia di anime, che ho istruito a disobbedire ai loro precedenti burattinai.
Il mio è la corruzione. Nel suo ciclo ho visto una verità che trascende ogni concezione mortale e al cui paragone gli equilibri di Theras paiono giochi infantili. È la Tentatio a muovere le mie carni, a dare voce alle mie labbra e a permettermi di articolare i pensieri: essa è divenuta il motore stesso della mia esistenza, ed io mi sono offerta a lei di buon grado, poiché la sua verità era di gran lunga superiore a quella offerta dalla mia precedente percezione terrena. Mi è stato ordinato di salire in superficie e l'ho fatto. Mi è stato detto che la mia presenza avrebbe spinto i caduti nascosti a uscire allo scoperto, e a completare la loro trasformazione, e così è stato. Mi è stato imposto di proclamare un successore: un quarto Ahriman che avrebbe dovuto condurre le armate di nuovi caduti nel Baathos, e io ho scelto mio figlio.
La corruzione non ha mai preteso di estendere la sua influenza su tutta Theras; non ha mai desiderato la distruzione o la conquista della superficie: tali patetici propositi possono essere concepiti solamente da una mente umana, e non certo da una forza divina. Ha nominato un Ahriman perché qualcuno parlasse con la sua voce, e l'ha mandato in superficie per raccogliere i suoi proseliti, anche tra chi non era a conoscenza della sua esistenza. Tra di essi sceglierà il suo quarto comandante, lo educherà e lo farà maturare nel Baathos, per poi mandarlo in superficie a compiere lo stesso mestiere al quale sono stata assegnata io.
Mio figlio ha rigettato questo compito... ha deciso di combattermi.

Gli esseri umani sono come il baluginio di una candela che illumina l'oscurità. La luce delle loro conoscenze non gli permette di vedere al di là di ciò che ne è direttamente illuminato, tenendoli all'oscuro dalle verità che si celano nella stanza e illudendoli che l'intero mondo sia contenuto in quella piccola biglia di barlume.
Ma il piccolo Rubio... ho sperato che fosse diverso. Più simile a me, piuttosto che a suo padre. In fondo nessuno di noi era umano, neppure in origine, e sono certa che se avessi avuto la possibilità di scegliere sua sorella al posto suo, lei sarebbe ceduta esattamente come ho fatto io in passato. Ma in questo momento è distante, persa tra le nevi e i ghiacci dell'Erydlyss.

...Non mi resta molto tempo. Un nemico antico e temibile si appresta a combattermi, e il suo intervento scuoterà le fondamenta del mondo. L'unico nemico che la corruzione considera tale. Iανός, lo strumento dei Fetiales. L'eredità di un popolo estinto che mi perseguita ancora oggi, infestando il mondo come lo spettro di un amico rancoroso. Temo che né la mia forza, né quella di tutti i caduti siano sufficienti a fronteggiarlo; dovrò battere in ritirata, e la mia invasione terminerà in quel momento.
Prima di allora, devo eleggere il mio erede.

Ma chi?

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Lamia, due giorni dopo~

Apparentemente, la situazione sembrava essersi distesa per tutti tranne che per Ettore. Il tribuno era profondamente insoddisfatto delle decisioni che aveva dovuto compiere negli ultimi due giorni e non riusciva a liberarsi dalla sensazione di aver commesso qualche errore le cui conseguenze non era in grado di calcolare; ciò lo aveva reso sempre più nervoso, al punto tale da spingerlo a riprendere un'antica abitudine che lo aveva sempre aiutato a rilassarsi, sin dai tempi del suo addestramento: uscire di pattuglia.
Con la scusa di aver spostato troppi soldati nelle campagne, Ettore dichiarò che voleva schierarsi in prima fila nella difesa della città, così che anche chi lo riteneva inadatto a quel ruolo si rimangiasse le proprie parole. Ciò ebbe in effetti il risultato di diminuire la folla di gente che lo attorniava di continuo e di fargli dimenticare degli ultimi inconvenienti accaduti in città: presunti eroi del popolo e un'infestazione di ratti nelle campagne lo avevano costretto a riempire scartoffie e a rispondere a domande per due intere giornate. Odiava il fatto di non poter combattere i dissapori con la spada; odiava quell'acquartieramento e odiava la politica. Se non fosse stato per gli ordini dello Tsar, si sarebbe già dimesso da quella posizione.
Tuttavia non era così stupido da non capire che anche gli altri vertici di quel fragile triangolo erano altrettanto nervosi. Una spinta sarebbe stata sufficiente per far cadere Lamia come un castello di carte, e lui non aveva la minima intenzione di restarvi coinvolto. Rea e Alcmena erano accecate dai loro bisogni spirituali, ma avevano dalla loro il favore di un popolo stanco e spaventato a cui fornivano un servizio ritenuto immancabile; Nereo era più interessato a se stesso che a qualsiasi altra cosa, ma senza di lui gli sarebbe mancato quel filtro che smistava le richieste incessanti dei cittadini.

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Perso in queste riflessioni, si rese conto di aver raggiunto il magazzino dismesso che aveva indicato il giorno prima alle due vestali come luogo atto ai loro sermoni. Era sera tarda e nessun rumore pareva provenire dall'interno, così penso che potesse essere una buona occasione per fare un controllo senza che nessun curioso interferisse. Fece cenno ai suoi soldati di attenderlo all'esterno ed entrò, annunciandosi a gran voce. Nessuno rispose. Mentre avanzava, i suoi passi rimbombavano sulla pietra di quella sala buia e vuota, così che non poté sentire il pianto fino a quando non si trovò a pochi metri di distanza dal suo luogo d'origine.
« Chi piange? » chiese senza mezze misure, assumendo immediatamente un tono accalorato. « Cos'è successo?! »
I singhiozzi si fecero più distinti ed Ettore ne raggiunse immediatamente la fonte:

Alcmena, la vestale dalla pelle e dagli occhi scuri, era china in lacrime sul corpo dell'amica Rea, senza vita e lacerato da una profonda ferita da arma bianca.
« Ma che...? »
« Tu! » gridò la donna non appena lo ebbe visto, alzandosi di scatto ed estraendo un pugnale dalla cintola. Lo teneva con entrambe le mani, tremanti, davanti a sé, alzandone una di tanto in tanto per asciugarsi il viso dalle lacrime. « Sei stato tu! »
« Volevi che ce ne andassimo, e alla fine hai agito come il bruto che sei! Ci hai teso una trappola! »
Ettore realizzò quanto la situazione stava precipitando rapidamente, ma ciò non gli impedì di riscaldarsi. « Che cosa?! Come osi...? » urlò, arrovellandosi per trovare una spiegazione. « Non centro nulla! Sono giunto qui soltanto perché ero di pattuglia e... » « Taci! » lo interruppe l'altra. « Le tue scuse non ti salveranno! »

Calmare Alcmena fu molto difficile. Ettore fu costretto a chiamare le guardie all'esterno e a farle intervenire con la forza perché le impedissero di lanciarsi contro di lui. E naturalmente per allora le urla di lei non avevano mancato di attirare una folla di curiosi intorno all'edificio che non si era lasciata intimare di allontanarsi.
Il giorno dopo tutti erano a conoscenza dell'avvenimento e partì immediatamente una caccia all'uomo alla ricerca del colpevole: chiunque si fosse fatto notare negli ultimi giorni venne sospettato di aver compiuto l'assassinio, così come Nereo si mise a raccogliere le testimonianze di ogni singolo cittadino che affermava di aver visto qualcosa.
Secondo la tradizione di Taanach, un grande processo pubblico si sarebbe presto tenuto nella piazza principale della città, a cui nessun abitante sarebbe mancato.



CITAZIONE
Proseguiamo; la situazione precipita come descritto nel post! (la prima parte sono riflessioni dell'Ahriman, come al solito, legate al contesto e alle trame più generali di Fetiales.)
Prima, una mini valutazione del vostro operato nel precedente post. Vi darò un punteggio da 1 a 3 a seconda delle vostre azioni, che determinerà il salvataggio o la distruzione di Lamia sul finale, come avevo preannunciato.

miky1992: azioni concrete e misurate ti permettono di difendere i cittadini sia sul piano politico che sul piano reale. Ottimo, direi. 3 punti per il salvataggio.
Lucious: andare a colpire uno delle principali questioni spinose proposte a Lamia è stata una mossa saggia che ho apprezzato, anche se sono sicuro che avresti potuto fare molto di più, se solo il tuo personaggio lo desiderasse realmente. 2 punti per la corruzione.
Ul†ima: diciamo che c'è una netta differenza tra l'operato di Rayleigh e quello di Sheila X'D la seconda riesce nel suo intento; il primo lede quasi alla pace comune con il suo "estremismo". 2 punti per il salvataggio.
Misato Kojima: nel tuo post manca completamente la parte decisa in confronto! Non ho capito perché non l'hai inserita (ero stato io stesso a chiedervi di essere autoconclusivi, in questo caso), ma così facendo è come se non fosse mai avvenuta :\ 1 punto per la corruzione.

Quindi in questo momento siamo 5 a 3 per il salvataggio della città, contro la sua corruzione.

Ciò non significa che la situazione migliori, però, siccome questa cosa determinerà soltanto il finale. Infatti, Rea viene assassinata nella notte del secondo giorno da una mano sconosciuta. Tutti si mobilitano per cercare il colpevole, coinvolgendo anche i vostri personaggi:

• Chi è contro i demoni dovrà presentarsi per discolparsi dall'accaduto, poiché sospettato (ha attirato l'attenzione negli ultimi giorni e nessuno sa chi sia, in fondo)
• Chi è dalla parte dei demoni dovrà invece testimoniare, cercando di portare più zizzania possibile con la propria testimonianza

Il post si svolge durante il processo pubblico, durante il quale i vostri personaggi saranno chiamati a difendersi o a testimoniare. Tale processo si svolgerà nella piazza di Lamia: uno spazio molto ampio, pavimentato con piastrelle bianche e pieno di panche e colonne dello stesso materiale. Saranno ovviamente presenti anche Nereo (confuso e preoccupato), Alcmena (in lacrime e disperata) ed Ettore (più arrabbiato che mai). Nessuno sa chi sia stato il reale colpevole e ovviamente tutti accusano tutti: alcuni dicono che sia stato Ettore per ovvie ragioni, altri Nereo perché non sopportava che le vestali fossero più prestigiose di lui, altri Alcmena stessa per un litigio privato; ovviamente sono accusati anche Stig, Rayleigh e Shelia, con diverse motivazioni (di essere dei caduti, di voler prendere il posto di Nereo, di essere eretici, ecc.). Le persone presenti al processo sono molto agitate e ascoltano con attenzione qualsiasi cosa diciate; potete utilizzare qualsiasi tecnica per supportare le vostre difese/testimonianze, ma non siate autoconclusivi nel farlo!
Se avete qualsiasi domanda in particolare, ponetemela pure in confronto. 5 giorni di tempo, questa volta!



Edited by Ray~ - 12/8/2015, 19:35
 
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Ul†ima
view post Posted on 15/8/2015, 00:00





Day 3 ~ the Trial


Era un bella giornata nel villaggio: il sole splendeva caldo, annunciando la primavera che aveva cominciato a sciogliere le nevi del rigido inverno nordico; l'aria profumava di gelso e lavanda. Una voce la chiamava, cavernosa e imponente, annunciando il ritorno di Marko dalla caccia, solo che invece di reggere la carcassa di qualche cerbiatto portava in mano un grosso lupo nero decorato da gigli bianchi. Le si fece incontro sorridente, annunciando felicemente: "Ho trovato Rayleigh! Era svenuto dietro un angolo." alché la bestia si rizzò sulle zampe e la leccò su una guancia. Trovò tutta quella scena estremamente irreale ma piacevolmente divertente; finché un gruppo di soldati non spuntò all'improvviso dalle tende dell'accampamento, cominciando a marciare rumorosamente attorno a loro: clang! clang! clang...
clang!
Si svegliò di soprassalto, ritrovandosi nel solito letto della locanda, disturbata da un ritmico rumore metallico proveniente dal piano di sotto. La branda di Rayleigh era vuota, quasi neanche disfatta, e non c'era traccia di lui nella stanza; immaginò fosse sceso per colazione prima di lei, quindi si costrinse ad alzarsi e fare altrettanto.
A metà delle scale si accorse che qualcosa non andava: diversi soldati in armi e corazza occupavano la sala comune, circondando la figura di Rayleigh che se ne stava ritto in piedi a conversare con uno di loro. Appena notarono l'elfa subito qualcuno esclamò «E' lei.» e le fecero un cenno secco, intimandola di avvicinarsi. Sheila immediatamente si irrigidì confusa dalla situazione, ma si costrinse alla calma compiendo gli ultimi gradini; fece qualche passo verso il centro, affiancandosi al Cacciatore, che le lanciò solo un breve sguardo da sopra la spalla. Era visibilmente contrariato.
«Come stavamo riferendo al suo compagno, siete entrambi chiamati sotto accusa al processo pubblico che si terrà questo pomeriggio nella piazza cittadina. Ieri sera la Vestale Rea è stata assassinata da ignoti e tutti i possibili sospettati dell'accaduto sono invitati a testimoniare davanti al popolo. Ognuno di voi si presenterà nel foro e potrà condurre la propria difesa con la modalità che più preferisce: com'è antica tradizione di Lamia sarà la popolazione a decretare la vostra innocenza o colpevolezza. Se vi rifiuterete di presenziare allora le guardie saranno tenute ad arrestarvi.»
A parlare fu un uomo dalla pelle bruna, bel calcato nella sua armatura dorata, un viso duro e implacabile.
La ragazza non seppe cosa dire, congelata dallo shock: una Vestale uccisa? La stessa con cui aveva conversato due giorni fa? Perché, perché qualcuno avrebbe dovuto fare questo?!
«Non c'è bisogno, ci saremo.»
Con severità Rayleigh rispose per entrambi, sostenendo lo sguardo del soldato con uno altrettanto glaciale. Il nunzio diede un cenno col capo, poi fece segno ai commilitoni di muoversi conducendo la marcia fuori dall'ostello.
Sheila riuscì a scuotersi dal torpore solo quando l'ultimo mantello scomparve alla sua vista, si volse visibilmente preoccupata verso l'uomo.
«Cosa sta succedendo?» Qualcosa la spaventava, ma non riusciva ancora a identificare la causa.
Il Lupo stette in silenzio per diverso tempo: gli occhi ancora fissi alla porta, persi nel vortice di pensieri.
«Succede che la battaglia per Lamia è cominciata.»


[...]

F5IqOVT
La piazza principale era gremita: diverse panche erano state posizionate in modo concentrico, lasciando solo un ampio quadrato libero nel mezzo. Sotto i portici colonnati stavano ritti gli sfortunati che non erano riusciti a trovare un posto a sedere, mentre qualcuno era addirittura riuscito ad occupare qualche alcova degli spalti laterali, in modo da godersi la vista panoramica. Svariate guardie armate di spade e picche stavano di vedetta sparse in mezzo alla folla e lungo il perimetro, delimitando con la loro presenza l'unico corridoio libero per l'ingresso degli accusati. Al centro dell'arena tre scranni, su cui avevano preso posto le figure principali della città: Ettore, Nereo e Alcmena più lontano.
Ogni presente concentrato sulle loro mosse.

I primi ad essere scortati fino all'anello mediano della piazza furono Rayleigh e Sheila appena dietro di lui. Le guardie incolonnate si aprirono sui lati dando loro spazio per passare, accompagnati dal brusio della folla in fermento che li fissava e indicava quasi fossero animali da esibizione.
Tutti quegli occhi puntati contro lo mettevano in soggezione, lasciandolo spiacevolmente innervosito. La notizia che una Vestale fosse stata assassinata era una ragione più che sufficiente per rovinargli la giornata, e quel processo pubblico non faceva altro che infastidirlo anche di più. In cuor suo era convinto che quella massa di popolani non volesse altro che una vittima sacrificale, un capro espiatorio su cui addossare la colpa del loro sconforto; poco importava che quel qualcuno fosse innocente, fintanto che un colpevole veniva decretato. Oh ma non era questa prospettiva a preoccuparlo, no: era il timore che il vero assassino restasse a piede libero a impensierirlo. Non c'era dubbio che gli eventi di quella notte fossero da imputare a qualcuno che cercava di rompere il delicato equilibrio della città, dando modo all'Ahriman di stringere la sua morsa su Lamia.
Per questo Rayleigh si era offerto come primo volontario a testimoniare, perché voleva apprendere la verità ancora incontaminata sulla situazione, e magari portare i cittadini a riflettere sulle loro condizioni. Lo status quo doveva essere ripristinato al più presto.
Stava per farsi avanti al centro quando Sheila gli prese un braccio.
«Buona fortuna.»
Il tono dell'elfa era genuinamente teso, come raramente accadeva: era la prima volta che la vedeva realmente agitata. Non se la sentì di ignorare quell'augurio come normalmente avrebbe fatto, ricevendolo con un accenno del capo ed una strizzata d'occhio. Quindi procedette in mezzo al lastricato.

Per qualche secondo il brusio del popolo si fece più forte e fitto, fino a calare lentamente nel silenzio assoluto: ora tutti attendevano la sua parola.
Diede uno sguardo d'intorno, come a formare un contatto visivo con ogni singolo dei presenti, restando quasi senza fiato nel realizzare il peso di quei volti rivolti esclusivamente a lui. Non si era mai ritenuto un oratore... o una persona dotata di capacità sociali, se per questo, ma la situazione lo costringeva a rivolgersi a quel pubblico di sconosciuti in cerca di ascolto, approvazione e comprensione. Il terrore attanagliava le sue membra, facendogli battere il cuore con la forza di mille tamburi: si sentiva come prima di uno scontro, impaurito ed eccitato, con l'adrenalina che gli annebbiava la mente e gli scioglieva la lingua. "Beh, non sembra così male" pensò prima di cominciare.
«CITTADINI DI LAMIA!» Richiamò subito la loro attenzione con voce possente. «Il mio nome è Rayleigh, provengo dalle fredde lande dell'Edhel, a nord, ed è da 15 anni che svolgo la professione di cacciatore di mostri, demoni e orrori in generale. Le cicatrici del mio corpo possono testimoniarvi il mio passato.»
Quindi fece un giro su se stesso a braccia spalancate, prestando il petto agli astanti.
«Sono giunto in questa città tre giorni fa assieme alla mia compagna: per aiutare, per combattere, per far sì che quando l'Ahriman avesse messo il muso fuori dal Baathos noi saremmo stati lì a ricacciarlo nelle viscere abissali che l'hanno sputato!» Voleva che il suo odio per quella razza impura divenisse chiaro a tutti. «Quando però siamo arrivati abbiamo trovato una società stanca e preoccupata: il vostro culto era messo al bando; i campi minacciati dai demoni e il raccolto povero; la presenza di soldati che non rispettavano i cittadini o i loro costumi non giovava alla convivenza forzata, ma soprattutto la frustrazione nel fatto che la vostra voce non venisse ascoltata dagli organi di governo.»
Il suo tono era severo, fermo, a sottolineare l'importanza degli argomenti di cui stava trattando. Ogni tanto adocchiava le tre figure sedute nel centro di fronte a lui, ma perlopiù concentrava l'attenzione ai cittadini, poiché era a loro che ora si rivolgeva.
«Al mio arrivo ho sperato l'attenzione del tribuno Ettore in favore del popolo, cercando una soluzione ai mali che lo affliggevano, e appena ieri ho preso personalmente in mano la questione, cercando il sostegno di quelle persone maggiormente penalizzate dalla presenza militare. Non dubito che alcune di loro siano qui in mezzo alla folla: Elena, la cameriera da troppo tempo insidiata dai soldati della locanda, o forse Meristeo, che si era rifiutato di cedere il passo ed era per questo stata maltrattato. Persone come loro, persone come voi! Si erano offerte di testimoniare a mio fianco di questi abusi, proprio oggi, all'attenzione dell'ex-governatore Nereo.»
Fece una pausa, lasciando che le sue parole si scolpissero nelle menti degli ascoltatori: affermazioni che lo portavano dalla parte del popolo, difensore dei cittadini stessi. Onestamente non gli importava di diventare un eroe della gente, di essere osannato dalla folla e neppure di essere apprezzato da loro: ciò che desiderava era semplicemente far valere le proprie ragioni. Se fosse stato considerato colpevole tutto il suo discorso non sarebbe valso a nulla, poiché sarebbe stato etichettato come un "bugiardo" ed un "agitatore", ed era dunque essenziale che la sua immagine fosse pulita dall'accusa.
Riprese con tono più greve, quasi pensieroso.
«E tuttavia oggi siamo qui, in questa piazza, riuniti per cercare il colpevole di un delitto che rischia di far cadere l'equilibrio che con tanta fatica abbiamo cercato di proteggere: l'assassinio della Vestale Rea!» Ancora lasciò assaporare all'audience quelle parole. «Non ho conosciuto personalmente Rea, ma la mia compagna sì, e ne ha parlato solo il meglio. Io personalmente non sono una persona religiosa, ma do grande importanza al ruolo del Credo per il popolo; la guida spirituale e morale degli uomini ha sempre attinto al meglio delle loro qualità e ora più che mai vi è questa necessità. Affrontiamo un nemico che non ci distruggerà attaccando le nostre mura con legioni di demoni, ma che le frantumerà dall'interno cercando di corrompere gli uomini, di farli cadere affinché la debole struttura che ci tiene legati in questi tempi di guerra non crollerà, lasciando campo libero agli abomini del Baathos!»
Ora la sua voce era quasi un urlo, feroce e graffiante, come se il solo parlare di quella stirpe dannata gli causasse la nausea. Serrava i pugni, violentando quasi l'aria attorno a lui mentre faceva mostra di sé in mezzo al marmoreo quadrilatero che era il suo palcoscenico in quella farsa. I suoi non erano discorsi felici, non erano imbellettati di ottimismo e vaghe menzogne, e perciò neanche il suo tono lo sarebbe stato.
«Non dubito per un momento che l'Ahriman abbia già allungato le sue mani su Lamia, mandando i suoi seguaci a tentare di spandere il disordine per questa città. L'omicidio della Vestale ne è una prova; certo non ho modo di dire che sia stata una spia ad ucciderla, ma intenzionalmente o meno il colpevole ha fatto il volere del demone, seminando il dubbio e la paura.» Abbassò la voce, guardando ognuno dei presenti con fare accusatorio. «Non è per questo che siamo qui, in fondo? Cerchiamo un assassino in mezzo a noi, non sapendo di chi poterci fidare o meno. Voi sospettate di me come di altri, ma vi confesso: anch'io sospetto di voi, di ognuno di voi.» Prese un respiro.
«Io non sono l'assassino, se è questo che volete sapere...» L'occhio gli cadde sull'elfa ritta in mezzo ai soldati, incrociando per un momento il suo sguardo zaffiro; dovette inghiottire un amaro bolo di saliva, prima di continuare. «... questa notte l'ho passata a bere per i locali della città, e successivamente nel letto di una donna. Domandate pure alle lucciole della notte se preferite, non troverete in me alcuna colpa che non sia quella di un uomo da troppo tempo in viaggio.»
V'era una punta di mestizia nel suo tono, poiché sentiva distintamente la presenza della bionda dietro di lui, che però non osò guardare una seconda volta. Il beffardo destino aveva voluto che la sua notte segreta fosse rivelata davanti all'unica persona che desiderava non ne venisse a conoscenza.
Scosse la spiacevole sensazione lungo la schiena, riprendendo un tono più solenne.
«Non sono un assassino, ma vi assicuro che se ne conoscessi l'identità lo ucciderei io stesso. Ho tanto interessa quanto voi nel trovare il responsabile di questo misfatto, poiché chiunque faccia le veci dell'Ahriman è mio nemico; non intendo lasciare che la progenie delle viscere infernali prenda il controllo delle città degli uomini, né ora né mai, credete in questa mia crociata a cui ho dedicato la mia stessa vita!» Una preghiera ed un incitamento. «Questo processo ha lo scopo di giudicare un colpevole, ma non possiamo permetterci di lanciare accuse invano poiché ogni minimo errore lascerebbe il campo libero agli agenti del nemico.»
Socchiuse lo sguardo, fissandosi per la prima volta su un interlocutore ben specifico in fronte a sé.
«Questo mi porta a voi, mia signora Alcmena.» Annunciò facendo cenno alla Vestale, curva sul suo seggio: era visibilmente ancora scossa per la morte della compagna, perciò tentò di utilizzare un tono quanto più rilassato nel parlarle. «Voi eravate l'unica presente durante l'omicidio di Rea, oltre all'assassino: cosa è accaduto ieri sera?»
La domanda aveva uno scopo preciso. Così come lui, dubitava che i cittadini fossero a conoscenza di tutti i fatti di quella notte: probabilmente la storia comune era che Rea fosse stata pugnalata e che Ettore fosse arrivato poco dopo asserendo di essere di pattuglia. Pochi erano probabilmente a conoscenza delle reali dinamiche che sarebbero servite a individuare l'assassino. Pure speculazioni non avrebbero portato avanti delle indagini.

Sentendosi chiamata in causa, la bruna Vestale sobbalzò sconvolta all'attenzione, spalancando gli occhi stanchi in un'espressione dolorante. Probabilmente capì di non essere sotto diretta accusa, ma la semplice idea di dover rivivere le ore dell'omicidio la lasciava senza forze; eppure, nonostante tutto, Alcmena non si tirò indietro, prendendo coraggiosamente fiato e cominciando con voce roca e commossa:
«Ieri sera ero nelle mie stanze: Rea aveva deciso di precedermi nel bagno per rinfrescarsi prima di andare a dormire, così mi ero soffermata a leggere alcuni componimenti di teologia. Quando però mi accorsi che Rea ci stesse mettendo più tempo del normale, uscii per accertarmi che fosse tutto in ordine e.. e...» Un accesso di pianto la interruppe, costringendola a reprimere i singhiozzi prima di continuare. «Lei era lì, in terra, con una daga piantata nel petto. Cercai di chiamarla, di svegliarla, ma perdeva così tanto sangue...»
Qui la Vestale si bloccò nuovamente, tergendo le lacrime con un fazzoletto. Alzò il viso in direzione del tribuno, torcendo il viso in un'espressione di puro disprezzo; la voce prima commossa era piena di astio.
«Il vostro pugnale! Voi l'avete uccisa, voi siete il responsabile!»
Le urla della donna rimbombarono per la piazza, raggiungendo come uno schiaffo le orecchie di Ettore, che con uno scatto di temperamento saltò in piedi, gridando accalorato: «Come osate! Accusare di omicidio il vostro tribuno! Sapete benissimo che io non ero nemmeno presente, voi siete pazza!»
Il comandante frenò fortunatamente il proprio impeto, probabilmente sapendo che una scenata pubblica non avrebbe fatto che scatenare lamentele tra i cittadini, e quindi tornò a sedersi senza però perdere la sua espressione furiosa.
Il Cacciatore quindi si sentì obbligato a seguire le accuse della donna, rivolgendosi conseguentemente al tribuno stesso. Temeva il suo umore instabile, ma pregava che la presenza del popolo bastasse a frenarlo.
«Dunque come rispondete a queste accuse mio signore? Qual è la vostra versione dei fatti?» Ironico, da giudicato si stava trasformando in avvocato.
Il nerboruto uomo non prese felicemente quella domanda - forse perché ancora ricordava il suo spiacevole primo incontro con Rayleigh, ma nondimeno si degnò di rispondere con umiltà, dimostrando che dopotutto neanche lui era al di sopra del tribunale.
«Ieri sera ero uscito di pattuglia per distrarmi, decidendo di passare dal magazzino che dopo diverse pressioni avevo concesso alle sacerdotesse per le loro funzioni, nonostante queste vadano contro gli ordini ufficiali dello Tsar.» Evidentemente era ancora amareggiato da questa questione. «Quando sono arrivato ho chiamato per vedere se ci fosse qualcuno, ma non ricevendo risposta sono entrato ed ho subito sentito qualcuno piangere. Quindi ho trovato Alcmena piegata sul corpo sanguinante della vittima, e subito questa mi si è scagliata contro lanciando accuse infondate. I miei uomini possono confermarlo, loro erano di pattuglia assieme a me.»

Queste dunque erano le versioni dei fatti, ma al solo sentirle Rayleigh capì subito che ci fosse qualcosa che non andava. Non aveva creduto fin dal principio alla colpevolezza di Ettore - nonostante non lo sopportasse - ed ora era più convinto che mai della sua innocenza. Alcmena affermava di aver trovato il cadavere di Rea quando andò a sincerarsi delle sue condizioni, il che significava che non aveva minimamente udito l'assassino uccidere la compagna; non poteva quindi essere stato Ettore, visto che non solo si era annunciato a chiara voce, ma era arrivato evidentemente dopo la morte della sacerdotessa.
Rayleigh decise di dare voce alle sue congetture.
«Dunque! Sembra evidente che il nostro tribuno non sia il responsabile della morte di Rea, giacché questi è arrivato dopo ed afferma di essersi annunciato prima di entrare. Mia signora, dalla vostra testimonianza pare che non aveste idea dell'omicidio finché non avete trovato il corpo della vittima voi stessa, e quindi l'assassino deve essere stato molto silenzioso; avete familiarità con i soldati da queste parti? Tendono ad essere rumorosi.» Una punta di sarcasmo che non riuscì a trattenere.
Tornò dunque a rivolgersi alla folla. «Dopotutto, perché dubitare di Ettore, quando è stato lui stesso a concedere alle Vestali di continuare a professare! Certo, sono innegabili i trascorsi causati dall'editto dello Tsar, ma proprio la mia compagna - con l'intermediazione del governatore Nereo - ha portato il capo militare a vedere ragione! A lui dobbiamo anche la protezione dei campi, da quanto ho udito, eppure alcuni lo mettono ora sotto accusa!» Aveva deciso di difendere la posizione del tribuno fino alla fine, perciò fu onesto nel dire: «Sarò franco con voi. Se io fossi l'Ahriman cercherei di minare come possibile la posizione del comandante militare, poiché è egli ad essere garante della pace, dell'equilibrio e della difesa bellica della città. Non siate dunque precipitosi nell'accusare qualcuno, poiché rischiereste di cadere nella trappola del nemico.»
Prese un lungo fiato. Sentiva la gola secca e cominciava a provare una terribile stanchezza dopo tutto quel tempo speso a parlare; si costrinse però ad un ultimo sforzo, alzando ancora una volta il mento oltre le teste degli astanti.
«In ultimo una preghiera. Non lasciatevi ingannare, non seguite l'istinto, ma la ragione e non permettete al caos di prendere il sopravvento giacché esso è ciò di cui i demoni di nutrono. Ricordatevi degli uomini che siete, ricordatevi della vostra forza, e se la corruzione minaccia la vostra esistenza, ricacciatela nelle viscere della terra a calci in culo!»
Detto questo si volse di scatto, allontanandosi rapidamente dal fulcro dell'attenzione, mentre un gran brusio si alzava per la seconda volta.
Solo un pensiero possedeva la sua mente, un vorticoso pensiero a cui però non avrebbe ancora dato voce: non credeva all'innocenza della Vestale.


[...]


Nel passarle di fianco Sheila non rivolse lo sguardo al Cacciatore, che si fermò poco dietro di lei davanti lo sbarramento di soldati. Era rimasta ammirata dal discorso tenuto dal compagno, ma l'apprendere che quella notte egli fosse uscito a divertirsi lasciandola sola l'aveva messa di malumore; sapeva che fosse tipico di Rayleigh fare di testa sua, ed in fondo non era suo diritto dirgli cosa fare o non fare, ma si sentiva comunque amareggiata per il comportamento dell'uomo.
«Tocca a te.»
Il suo modo di dire "buona fortuna", ma non gli diede la soddisfazione di ricevere alcuna reazione, facendosi avanti a passo seccato.
Era visibilmente nervosa, sotto lo scrutinio di tutti quegli sguardi alieni, visibilmente più del Lupo che si era gettato nel foro con la decisione di un guerriero in battaglia. Lei non possedeva lo stesso temperamento, ma in quanto a determinazione non gli era seconda di certo. Solo il giorno prima si era posta a capo di un movimento che aveva portato nulla di meno che al riconoscimento del ruolo delle Vestali nella città, e perciò non si poteva far vedere inadeguata davanti quella folla. Il coraggio dopotutto non le era mai mancato.
«Io sono Sheila, provengo dal Nord come Rayleigh, e sono giunta a Lamia seguendolo nel suo viaggio.» Niente più timore, niente più agitazione trasparivano, solo la pura onestà di una voce candida. «Anch'io come lui sono venuta per supportare i cittadini di Lamia nella lotta contro i caduti e... ho cercato di fare il possibile negli ultimi tre giorni.»
Il suo sguardo scese sul volto di Alcmena, sciupato e stanco, e nel vederla in quello stato l'elfa stessa si lasciò prendere dalla commozione: «Dopo essermi coricata ieri sera ho dormito per il resto della notte; ho scoperto solo questa mattina della morte di Rea... mi dispiace molto.» Ed era sincera nel dirlo.
«Quando sono arrivata in città Alcmena e Rea sono state tra le prime persone a cui ho parlato. In cuor mio temevo per la situazione in cui versava la città, o meglio, temevo di ciò che sarebbe successo se il popolo avesse perso la sua guida spirituale in un momento così duro e tragico.» Passò lo sguardo sulla popolazione attorno a lei, come a cercare un viso familiare. «Le sacerdotesse hanno accolto subito con parsimonia e coscienza le mie domande e richieste. Sapevano quanto fosse difficile la situazione per gli abitanti di Lamia ed esse non desideravano altro che portare della speranza in una città in guerra! Io stessa mi sono offerta di portare la loro voce, io assieme ad altri fedeli e volontari che mi hanno seguita nel rivolgermi all'ex-governatore Nereo.»
La sua voce era solenne, cristallina, molto diversa da quella dura e severa del suo compagno, e che lasciava trasparire un'innata innocenza e nobiltà d'animo. La verità, però, è che benché trovasse onestamente malinconica la situazione, l'elfa stava volutamente sfruttando la memoria della vestale uccisa, cercando di arrivare ai cuori della gente.
Quella mattina con Rayleigh si erano entrambi detti decisi nell'approfittare del processo pubblico, cercando di far arrivare le loro parole a più gente possibile, e nel frattempo scagionare se stessi dalle accuse che venivano mosse loro. Erano entrambi dei bugiardi, ma finché avessero avuto successo poco importava.
Spostò gli occhi sul corpulento politico accasciato sulla sedia in fronte a lei: aveva sfruttato il suo fascino una volta, poteva farlo di nuovo.
«Nereo ha ascoltato le nostre preghiere: mie, delle Vestali e del popolo. Si è fatto campione della fede, e grazie a lui il tribuno Ettore ha visto ragione, concedendo alle nostre signore di continuare i loro uffizi in sede privata. Non vi nascondo la mia eccitazione quando appresi la notizia... eccitazione che ora si è trasformata in dolore, nel mio cuore.» Si portò una mano al petto per enfatizzare. «Ho conosciuto Rea in prima persona, benché solo per poco, ma non vedo chi mai avrebbe potuto farle del male. Perché a una persona tanto amorevole? Io stessa mi offrirei a voi in catene! Ora, qui! Se questo servisse a portarvi il colpevole di questo delitto, ma purtroppo questo non servirebbe a nulla, perché non ho alcun collegamento con l'assassino.»
Chinò il capo, calando per un attimo il tono di voce: «Non so se sia da imputare l'Ahriman per questo, ma quello che so è che non perdonerò l'omicida, uomo o caduto che sia!» Alzò lo sguardo, rivelando un'espressione di dignità combattiva. «I demoni mi hanno strappato ciò a cui più tenevo: mia padre, mia madre, i miei amici ed il mio villaggio. La mia sola sopravvivenza ora è votata solo alla lotta contro questi nemici, alla salvaguardia dell'unica cosa rimastami: il mio mondo. Non sono una guerriera, non sono una condottiera o un'eroina: sono una persona come voi, con le medesime preoccupazioni, gli stessi obbiettivi e lo stesso cuore!»
Fece un solenne momento di pausa, passando su ogni cittadino, cercando di penetrare nel loro animo riflesso nei suoi occhi.
«Io non posso aggiungere altro a ciò che è stato già detto dal mio amico, da Rayleigh, poiché condivido le sue stesse paure e le stesse speranze. Vi chiedo, vi prego: non perdete di vista il vero nemico. Soprattutto non dimenticate mai gli insegnamenti di Rea, di T'al e siate sempre meglio di voi stessi: amiate, abbiate compassione, prendetevi cura degli altri e fate appello a ciò che ci rende uniti, poiché se dimentichiamo chi siamo, allora l'Ahriman avrà vinto.»
Terminò con un rispettoso inchino al pubblico ed uno più profondo ai tre potenti che aveva di fronte, prima di scendere anche lei da palcoscenico.
Non poté fare a meno di incrociare lo sguardo del Lupo, che se ne stava in piedi a braccia incrociate a fissarla.
Un mezzo sorriso le disse di essersi comportata bene.
 
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miky1992
view post Posted on 16/8/2015, 08:01




III GIORNO: PER IL BENE COMUNE.



Il bussare mi strappò dal sonno. D'istinto tirai fuori due coltelli, ma poi li riposi: non credo che i caduti si sarebbero presi la briga di bussare prima di entrare. Soffocai uno sbadiglio e rimisi la maschera antigas. Probabilmente è il contadino venuto a dirmi che devo alzare i tacchi, peccato, la paglia è così morbida e calda. Aprii la porta del granaio, l'asino ragliò infastidito e chinò il capo. Nemmeno a me piace essere svegliato nel cuore della notte.
Davanti a me stavano due guardie; una aveva la spada in pugno, la punta rivolta verso terra. L'altra aveva la spada ancora nel fodero. La prima mi fissò con occhi di ghiaccio da dietro la celata dell'elmo. C'è stato un omicidio, Rea, la vestale è stata trovata morta. Gli occhi della guardia si posarono sui miei coltelli da lancio. La ferita è stata indubbiamente causata da un arma bianca, una spada, o un pugnale. Gradiremmo la vostra testimonianza al processo, niente obblighi, ma una eventuale assenza di sicuro non gioverebbe alla vostra causa. Disse e sfiorò l'elsa della spada.
Capisco, sarò puntuale. Feci una smorfia e mi congedai.
A buon intenditore poche parole.
Brutta situazione, quelli mi appenderanno alla forca per le palle. Camminai avanti e indietro, le mani incrociate dietro la schiena. La paglia scricchiolò sotto il mio peso. Se fuggissi? Scossi la testa, non posso, poi mi darebbero la caccia per tutto il continente e io perderei tutto quello che ho ottenuto. Alla fine conclusi che l'unico modo per risolvere la questione era trovare un colpevole, uno vale l'altro.
Posso trovare un vantaggio da questa situazione: Nereo, quell'idiota è perfetto come capro espiatorio. Posso togliermelo di torno, conquistare la fiducia di Ettore e prenderne il posto. Non dovrebbe essere difficile, il movente c'è, devo solo trovare le prove.
Ora sapevo cosa fare.

La città era tranquilla. Mi nascosi nell'ombra dei vicoli, due guardie passarono lungo la via principale. Mi acquattai contro il muro, nell'angolo più oscuro. Un rumore, una vibrazione, un respiro più forte di un sussurro e potrebbero scoprirmi. Una delle due guardie impugnava una torcia, la luce creò ombre tremolanti contro le pareti e la strada in cui mi nascondevo. La luce era a un passo da me, la guardia lanciò un occhiata al vicolo. Il respiro accelerò, il cuore sembrò scoppiarmi nel petto. Le due guardie passarono oltre. Tirai un sospiro di sollievo e procedetti.
Appoggiai la schiena contro il freddo marmo bianco dell'abitazione di Nereo. I miei istinti da predatore mi vennero in aiuto: non avvertii alcuna presenza intorno a me, ero solo. Alzai lo sguardo: c'era un balcone al secondo piano, potevo passare da li. Anche l'ingresso, non doveva essere difficile forzare la porta e entrare nel vestibolo. Scossi la testa, no, se mi avessero beccato a forzare la porta? L'immagine del mio corpo appeso alla forca per il collo mi attraversò la mente.
Decisi di passare per il balcone.
Un piccolo balzo e mi aggrappai alla struttura, con un colpo di reni mi tirai su e mi ritrovai accucciato contro la parete. La stanza al di la della finestra era immersa nell'oscurità. Osservai quel poco che la luna poteva illuminare: un armadio e quella che sembrava un comodino mi fece pensare a una stanza da letto. Le pareti visibili apparivano spoglie. Di Nereo? Non credo, troppo piccola, troppo austera. Una stanza degli ospiti, concludo.
Feci passare la lama del coltello tra le ante, il legno scricchiolò e cedette facendo cadere a terra schegge di legno. Sollevai il gancio con la lama, la finestra si aprì senza un lamento.
Entrai nella stanza e socchiusi la finestra. Il letto era rifatto, l'armadio e il comodino coperti da un sottile strato di polvere. Aprii la porta, ogni cigolio era amplificato nella mia mente, come se qualcuno stesse urlando. Attesi: nessuna reazione dal buio, la casa era ancora tranquilla.
Non dovetti cercare a lungo per trovare quel che cercavo: gli abiti di Nereo erano appesi a un appendiabiti nel corridoio, accanto a un comodino di legno. Su di esso un piccolo sacchetto di pelle: sciolsi il nodo che lo chiudeva e feci cadere quattro pezzi d'oro sul palmo della mano. Sorrisi e riposi l'oro nel sacchetto.
Scivolai fuori dall'abitazione di Nereo e tornai al granaio.
Entrare in casa del contadino fu uno scherzo, una notte di lavoro nei campi si sente e alla peggio potevo sempre dire di aver sentito un rumore. In fondo mi pagano per fare la guardia, è perfettamente normale che indaghi su rumori sospetti. I “rumori sospetti” mi guidano dalla finestra socchiusa, verso la cucina. Il coltello era appoggiato accanto a una tavolozza di legno, buona per tagliare pane e carne a giudicare dalle briciole e dalle gocce di sangue. Scivolai accanto al tavolo, sfiorai una delle sedie e presi il coltello. Mi tremarono le mani: mi avevano tolto le ali, la mia forma. Non hai imparato niente? Scossi la testa, io ero nel giusto, sono sempre stato nel giusto. I sacrifici sono necessari.
Mi allontanai e seppellì coltello e oro in una buca, nel terreno dietro la casa. Prima incisi con la lama del coltello la ferita inferta dal caduto, un po' di sangue per rendere credibile il tutto e buttai la lama nella fossa.
Dopo aver richiuso la buca in modo che fosse impossibile riconoscere il punto esatto, vi misi sopra un piccolo sasso bianco e liscio trovato nel campo, tornai nel granaio, fasciai di nuovo la ferita e tentai invano di dormire.

IL GIUDIZIO DEL POPOLO.



La piazza di Lamia era ghermita di gente. I posti a sedere erano finiti, ma gli abitanti non si facevano scrupolo ad accucciarsi per terra, in mezzo alla polvere e agli escrementi dei cani; oppure rimanevano in piedi, schiacciate le une contro le altre, o contro le colonne. Uno spazio quadrato era lasciato libero per gli accusati e un cordone protetto dalle guardie permetteva agli accusati di raggiungerlo.
La gente si affollava contro le guardie, i loro sguardi carichi di rabbia mista a curiosità mi fecero rivoltare lo stomaco e mi innervosirono. Avevo predisposto ogni cosa al meglio? Sarebbero bastate le prove e la mia testimonianza a togliermi da questa brutta situazione? La notizia di una Vestale assassinata era più che sufficiente a far scoppiare i popolanti al limite dell'esaurimento nervoso. Vogliono una vittima sacrificale? Bene, sono lieto di dargliela. In fondo questa è solo una città, devo calcare la mano per poterla difendere e sopratutto difendere i miei interessi. Una città in mano all'Ahriman è una cosa inammissibile, ogni sacrificio è necessario. Certo, il vero assassino rischia di rimanere a piede libero, ma è così terribile? Forse non farà altre mosse e se le facesse, beh, la corruzione può colpire chiunque.
Presi un profondo respiro e mi tranquillizzai. A quanto pare avrò un bello spettacolo, spero non sia una tragedia. Stetti attento a ogni movimento, a ogni influenza, per fortuna il mio allenamento è stato utile.
Nereo camminava nervosamente avanti e indietro, si mordeva le labbra e farfugliava cose senza senso. In fondo mi spiace per lui, Ettore invece era furioso: aveva il volto rosso, le vene del collo e della fronte erano gonfie all'inverosimile. Credetti che presto sarebbe esploso e avrebbe fatto giustiziare tutti i presenti. Degli altri non mi interessava granché, vidi l'elfa e le lanciai un occhiata distratta. Attesi l'inizio delle anze, il primo fu il compagno dell'elfa, appena si mosse io feci scattare il mio piano.
Mi avvicinai a Ettore, lui nemmeno mi degnò di uno sguardo. Chinai il capo e gli sussurrai all'orecchio, facendo attenzione a non avere nessun altro a portata di orecchio, che nessuno in quel momento badasse a me e fossero concentrati sul primo testimone.
Tribuno, volevo dirle che la notte dell'omicidio ho visto Nereo confabulare con il contadino che mi ospita e allungargli un sacchetto di pelle. Quella stessa notte l'ho sentito armeggiare nel suo terreno, non credo stesse badando alle patate. Mi assicurai di avere l'attenzione del tribuno e che nessuno ci stesse ascoltando. Forse ho visto dove ha scavato, sono pronto a rivelarlo. Prendetevi la gloria e a me datemi il posto di Nereo.
L'uomo si limitò ad annuire impercettibilmente.
Un fitto vociare si levò dalla folla, accompagnò i miei passi verso lo spalto. Appena raggiunsi il palcoscenico il brusio cessò e tutti rimasero a fissarmi. Decisi di evitare di fissarli negli occhi, non volevo distrazioni, non volevo rimorsi. Odio questo tipo di situazioni, essere costretto a difendermi davanti a questo branco di idioti creduloni, eppure le mie parole potrebbero evitare una vittoria per l'Arhiman.
Mi chiamo Stig. nessuno fiatava, tutti mi fissavano. Credo di aver dimostrato più che ampiamente la mia lealtà, ho combattuto i caduti, sono stato ferito da loro. Dissi e misi in mostra la ferita. Nemmeno conoscevo la vittima, ne avevo solo sentito parlare vagamente. Non sapevo che faccia avesse, non avevo niente contro di lei.
feci una pausa ad effetto e mi assicurai di avere l'attenzione unanime del pubblico.
Eppure credo di meritare una parte di colpa.
La notte dell'omicidio ho visto Nereo insieme a uno dei contadini. Dissi e puntai l'indice contro il grasso ex governatore. L'uomo sbarrò gli occhi e spalancò la bocca. L'ho visto mentre allungava un sacchetto di pelle all'uomo, sono sicuro si trattasse di un pagamento. In quel momento non realizzai di cosa si trattasse, nemmeno quando sentii l'uomo misterioso tornare verso la fattoria e armeggiare a tarda notte nel campo. L'ho visto con i miei occhi scavare una fossa e buttarci qualcosa dentro! Prima di accusare me dovreste controllare, sono pronto a giurare su quello che ho detto! conclusi così la mia arringa, il campo del contadino era bello grande, vedendomi andare a colpo sicuro potrebbero insospettirsi, gli indicherò solo l'area e lascerò a Ettore il piacere della scoperta.

STIG
Corpo:100%
Mente:75% - 20% 55%
Energia:125% - 35%+20% 110%
CS:0

Mente gelida. La mente del drago è stata forgiata dalle privazioni subite, ciò lo rende meno suscettibile dagli influssi psionici altrui donandogli una difesa passiva. Numero utilizzi: 1 1 pt

Auspex. Sono in grado di avvertire le auree intorno a me. Numero utilizzi: 1 2 pt

Cacciatore silenzioso. Grazie all'allenamento e alla mia natura di predatore sono in grado di muovermi senza lasciare vibrazioni o traccie al mio passaggio. numero utilizzi: 1 2 pt
 
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view post Posted on 16/8/2015, 11:30
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
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Il giudizio | Ririchiyo | Jean | Statistiche





Fetiales; Arife - Il destino -
Jean era ancora sotto il controllo di Ririchiyo e, almeno da parte sua, pensava stesse facendo un buon lavoro. Purtroppo non era esattamente stato così, infatti non era servito a niente usare il giovane in quella situazione.

”Troppo acerba….troppo immatura…”


”Forse l’Ahriman ha fatto male ad affidarci un simile compito….ad affidarlo a te…”





Era capitato spesso che Lilith e Ririchiyo faticassero a trovarsi d’accordo in qualcosa e spesso era proprio il demone ad avere ragione, in fondo conosceva la loro essenza più di quanto la stessa ragazzina fosse conscia. Però c’era anche una grande differenza: la prima lavorava con tutta la cattiveria di cui era capace mentre la seconda ancora provava a combattere contro quella parte umana che stava cercando di buttarsi alle spalle, che stava cercando di dimenticare per sempre.
Nel buco aveva trovato qualcosa che in superficie aveva cercato a lungo senza risultati, voleva e doveva essere fedele a quella creatura che le aveva offerto un tipo di catena che lei era in grado di accettare e adesso doveva lavorare per lei, doveva distruggere quelle persone per i demoni, per la sua padrona.
Aveva tenuto Jean ancora sotto il suo incanto, sotto le spire del suo potere e il giovane era uscito per cercare di capire cosa stesse accadendo in città mentre la ragazzina era rimasta in casa per poter essere d’aiuto nelle mansioni domestiche e cercare di continuare la sua parte da brava ragazzina. C’erano però delle domande da cui cercava di sfuggire ogni volta.

«Perché tieni sempre il cappuccio in testa?»


Le chiedevano spesso i genitori del giovane.

«Perché è l’unico ricordo che ho della mia defunta madre, separarmene anche solo per un attimo sarebbe un grande dolore.»


<blockquoe>In quanto ragazzina sola sapeva perfettamente quale tipo di potere e quale tipo di compassione poteva suscitare in certe persone e in quella casa stava proprio facendo quel gioco. Imprigionate fra quelle mura di legno.
Mentre erano tutti in cucina Jean arrivò trafelato e spaventato.

«Rea è stata uccisa…ci sarà un grande processo….Ririchiyo dobbiamo andare…»


Lo sguardo preoccupato di quel suo servo la fece quasi sorridere ma cercò di trattenersi. Gli Dei dei suoi avi le avevano forse dato un’altra possibilità per poter rimediare al suo errore? Per poter distruggere quella città?

”Cerca di non commettere errori questa volta, non possiamo deludere la nostra signora.”


No, questa volta ce l’avrebbe messa tutta e avrebbe dato fondo a tutti i suoi poteri.





Fetiales; Arife - L'accusa -
Quando Ririchiyo arrivò trovò la piazza stracolma di gente, persone arrabbiate, persone agitate e, probabilmente, in cerca di un responsabile, di vendetta. L’omicidio di una rappresentante del clero locale era una chiara pugnalata alle spalle dell’intera popolazione dal suo punto di vista e, se fosse stata come lo era qualche tempo addietro, non avrebbe accettato una cosa del genere, come ragazzina sola e senza guida aveva bisogno di qualcuno come Rea ed Alcmena e, forse, poteva puntare su questa cosa anche adesso, in fondo agli occhi delle persone lei non era altro che questo. Sapeva che la gente avrebbe iniziato a parlare e lei voleva ascoltare cos’avevano da dire, prima toccava alla difesa. Il primo a salire fu un uomo dai capelli grigio e gli occhi che avevano il colore delle nuvole prima di un temporale e forse era questo che voleva essere lui: la calma prima della tempesta. La ragazzina sperava davvero che non fosse un grande oratore perché, allora, si sarebbe trovata in grande difficoltà. Per quanto lei avesse scoperto da poco tutto il suo potenziale era solo una ragazzina in un mondo di adulti e l’idea di parlare davanti a quella folla non le piaceva per niente. Si vergognava in un certo modo e aveva paura di non riuscire nel suo intento, come poteva deludere qualcuno che le aveva aperto le porte di casa sua?
Non riuscì però a staccare gli occhi da quell’uomo che non solo trovò parole di grande conforto per potersi difendere ma che aveva anche trovato dei testimoni. Alcmena aveva accusato però Ettore, quasi come se stesse seguendo un copione già scritto ma, alla fine, era una cosa così tremendamente ovvia e la posizione che prese l’uomo lasciò spazio ad una bella accusa a suo avviso, difatti continuò a puntare sul suo alibi ma, in fondo, per un uomo così influente cosa poteva impedirgli di dire a qualcun altro di commettere l’omicidio?




”Si Ririchiyo, continua a insinuare il seme del dubbio…”





”…niente crea più zizzania di un omicidio commesso proprio da uno di quelli che dovrebbe proteggerli….”





”…fagli capire che quell’uomo non è più degno di fiducia!”


Il problema era però che la parte umana di Ririchiyo si fidava di Ettore, nei suoi occhi vedeva una luce strana, una luce diversa però non era lì per lei, era lì per l’Ahriman e voleva assolutamente dimostrare di non essere la ragazzina sprovveduta che si sentiva. Avrebbe tanto desiderato mandare Lilith al suo posto inoltre aveva sempre due piccoli problemi sul capo. La gente si sarebbe fidata di una stupida ragazzina incappucciata? Partiva terribilmente svantaggiata e non solo per la sua età ma anche per il suo aspetto.

”Maledizione!”


Pensò, digrignando i denti mentre il posto di quell’uomo affascinante veniva preso da qualcun altro.
Questa volta non toccò a qualcuno di particolarmente bello anzi, per un attimo la ragazzina dubitò anche che fosse un reale essere umano. Storse il naso mentre questo iniziava a parlare per difendere la propria posizione e, alla fine, sorrise. Nessuna di queste persone si era accorta che per poter difendere la propria posizione avevano anche accusato qualcun altro. Il sorriso del demone si allargò nella sua anima nera e ridacchiò appena facendo vibrare il suo cuore.

”Troppo facile…”


”…se non ce la fai adesso sei proprio una schiappa.”


Nelle sue vesti un po’ intimidite da ragazzina e con il capo ben coperto, lanciò un ultimo sguardo a Jean prima di prendere passo e quindi parola dopo essersi posta davanti all’attenzione di tutti. Si guardò intorno lasciando che i suoi occhi viola viaggiassero fra le persone prima che questa liberasse le braccia dal suo mantello viola a si schiarisse la voce.

«Probabilmente nessuno di voi mi conoscerà ma io mi chiamo Ririchiyo Shirakiin, sono una giovane ragazza del Dortan rimasta orfana a causa dei demoni, questi infatti hanno ucciso la mia povera madre donandole un destino che non si meritava…»


Cominciò a sussurrare provando a recitare bene, così bene che anche le labbra presero a tremare appena e riuscì a far diventare gli occhi lucidi.

«Al mondo penso che non ci sia nulla che io possa odiare più di queste creature, inoltre ero abbastanza grande per vedere come avevano agito nel mio villaggio. Loro mentono, loro si nascondo e guarda caso, proprio qui a Lamia, è morta una donna che per questo popolo aveva fatto tanto, una donna che era pronta a dare il proprio conforto a chiunque ne avesse bisogno.»


Quelle finte lacrime vennero ben presto sostituite da uno sguardo colmo di determinazione, da una nuova lotta. Voltò quei suoi occhi di fuoco su Ettore, additandolo.

«Come molti di voi sanno quest’uomo ha cercato di mandarle vie fingendosi alla fine anche magnanimo e lasciandole rimanere fino alla fine dei loro uffizi ma voi davvero credete che gente come lui o come Nereo facciano le cose senza un proprio tornaconto? Io ho sentito dalle sacerdotesse che i demoni avevano preso possesso di uomini che ricoprivano alte cariche, chi vi dice che anche questo non sia il caso?»


Chiese alla fine, abbassando il braccio ma tenendo alto davanti a sé il suo sguardo duro. Questa volta lo lasciò scivolare sulla folla alla ricerca di Jean che era in giro proprio per cercare di completare il suo lavoro, quello per cui lei l’aveva ammaliato, quello per cui lei l’aveva trasformato in un suo servo.

«Voi pensate davvero che Nereo sia uomo di così grande intelletto da poter ordire un piano del genere da solo? Sicuramente è stato fatto in combutta con Ettore, decisamente guerriero dall’aria più astuta ma più furba. Di certo non poteva mostrarsi in pubblico, di certo non poteva andare lui stesso da quel contadino ma una cosa è certa, sono sicura che c’è anche il suo zampino. Da quando i potenti agiscono per il bene del proprio popolo? Io dico che invece è ora di riprendere in mano questa città. È vostra, perché devono comandarla loro? È gente di cui vi potete fidare? Si sa molto bene che il potere corrompe il cuore degli uomini e, a mio parere, qui c’è anche lo zampino dei demoni. Certo, dobbiamo distruggere quelle immonde creature, dobbiamo ucciderle e mandarle vie dalla nostra terra rimandandole in quell’inferno dal quale sono state sputate fuori però dobbiamo anche proteggersi e, signori, questi potenti non meritano la vostra fiducia…»


Fece una breve pausa per poter voltare il suo sguardo su Ettore e guardarlo con profondo disgusto.

«…non merita proprio la fiducia di nessuno.»


Rimase quindi ferma per un lungo istante tenendo alto lo sguardo in quello dell’uomo che aveva accusato e, alla fine se ne andò, esattamente com’era venuta. Andando alla ricerca di Jean, andando alla ricerca del suo servo per poterlo tenere sotto controllo.

”…ma come sei stata brava…”


”…hai quasi convinto anche me…”







Fetiales; Arife - Il servo del demone -


Jean era rimasto fermo ad ascoltare ma non a pensare. Qualsiasi cosa gli avesse ordinato la sua padrone lei lo avrebbe fatto e l’ordine, prima di uscire dalla casa dei suoi genitori, era stato decisamente chiaro: cercare di sobillare la folla e metterla a tutti i costi contro i propri politici. Non doveva risultare difficile giusto? Appena giunti aveva atteso con ansia il momento in cui Ririchiyo fosse andata a parlare e quando questo arrivò si staccò da lei iniziando a camminare per la folla cercando quasi un punto strategico proprio in mezzo ad esso. Rimase in silenzio finchè le flebile voce della giovane, che si faceva sempre più grossa in quel mondo di adulti, non arrivò alle sue orecchie. Era giunto il momento, quello era un segnale per lui che lo spettacolo poteva anche iniziare. Diede una gomitata ad uno dei suoi vicini prima di ridacchiare.

«È da una vita che ve lo dico anche io, dovremmo proprio farlo, dovremmo buttarli fuori. Io non mi sono mai fidato di gente come loro, solo chi è posseduto da un demone non ha fede e loro non ne hanno. Sono addirittura arrivati ad ucciderne una…io dico che dovremmo far assaggiare loro la stessa moneta con cui ci pagano ogni giorno: inganno e omicidio. E partirei proprio da Ettore.»


Unite alle parole della ragazzina riuscirono almeno a far riflettere quelli intorno a lui che, effettivamente erano perfettamente d’accordo. Distruggere Ettore e Nereo poteva essere una soluzione, riprendersi la loro città.
Il demone avrebbe raggiunto il suo scopo? Sarebbe riuscito a mandare in subbuglio quella città? Forse…





CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico: Indenne
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 125/125 %


    Mente 125/125%


    Corpo 50/50 %



»Equipaggiamento:
    -Arco
    -Naginata
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare 3/6
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

Passive attive
Affascinare:
    » Gli ammaliatori hanno sviluppato naturalmente un'influenza tale sugli altri da essere in grado di condizionarne la volontà semplicemente con la loro presenza. Essi potranno emanare un'aura attorno a loro influenzando qualunque persona sia presente nei dintorni, inducendoli a non contraddire l'ammaliatore o a seguirlo, o ancora a temerlo. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, dunque, l'Ammaliatore sarà in grado di emanare un'aura di ammaliamento che conta come un'influenza psionica passiva con effetto da personalizzare liberamente, purché non si discosti troppo dai principi enunciati.«


Specchietto riassuntivo
Mantiene la sua passiva su Jean che cerca di nuovo di provare a far valere le idee della ragazzina aiutandola in mezzo alla folla.




code by Misato Kojima ♥ don't copy

 
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view post Posted on 16/8/2015, 14:13
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Sürgün-zemat - Lamia
«Due Giorni per Morire»

Un risveglio familiare, una sorta di dejavù. I caldi raggi del sola filtrano dalla finestra, rendendo visibile la polvere presente all'interno della stanza. Davvero piccola nelle sue dimensioni, ma calda ed accogliente nella sua semplicità. Un paio di mensole su cui ci sono poggiate delle piccole statuette di soldati, ben disposte in ordine di grandezza e importanza a giudicare dalla corazze. Poi mi accorgo di qualcosa, uno strano peso sul mio ventre che mi da qualche problema a respirare. Sono un po sorpresa nel trovare Kamelya, addormentata su di me come un angioletto, una leggera smorfia di preoccupazione dipinta sul suo volto anche mentre si trova persa nei meandri dei suoi stessi sogni. Le piccole mani strette sulla coperta di stoffa come cercasse di tenermi qui prima che una mano oscura potesse portarmi via. Poi li vedo, i miei vestiti, poggiati su una delle mensole. Sono stati piegati con estrema cura, da mani che forse riconoscono la qualità dei tessuti usati nel produrli. Poi mi ricordo cosa è successo la sera precedente, e tutto inizia ad aver senso. Dopo essere svenuta gli orfani devono essersi spaventati a morte, probabilmente hanno chiamato una delle sacerdotesse così da potersi prendere cura di me, usando una delle loro stanze per farmi riposare. Allungo una mano verso Kamelya, carezzandole i capelli con fare gentile, facendo scorrere le dita lungo la folta chioma corvina. Il suo volto preoccupato assume i connotati di un sorriso, pacifico e spensierato, di chi non ha nulla da temere. Per un attimo sembra aprire la bocca, come per voler bisbigliare qualcosa, ma le labbra si muovono senza proferir parole alcuna. Il suono di una porta che sbatte mi fa sussultare, interrompendo il pacifico riposo del mio angelo custode. Era Funda, spavalda e irruente come suo solito, portava con se una grossa bottiglia d'acqua insieme a dei bicchieri di legno.



« Ci hai fatto preoccupare un sacco, lo sai?! » Esordisce con parole gridate quasi al pari di un ruggito, guardandomi con fare iracondo e preoccupato. Kamelya dal canto suo non sembra spaventata dal gesto dir abbia della sorella, forse avrà finito col farci l'abitudine. « Pensavi veramente che non ce ne saremmo accorti?! »

« Accorti?-... Io-... » Mi hanno scoperto? Di già? Possibile che sia bastato così poco a rivelare la natura della mia malattia? Forse dovrei cercare di scappare finché posso? « Ecco-... vedi... io... »

« Gli elfi non hanno una pelle così pallida, è chiaro che tu sia malata! » Sbatté violentemente la bottiglia ed i bicchieri sul tavolino situato tra i due letti, pronta a proseguire con la sua raffica di rimproveri mentre io ero ancora troppo stanca per controbattere. « Giocare tutta ieri con noi ti ha fatto sicuramente male, avresti potuto morire, sai?! »

« Mi dispiace, non volevo farti preoccupare... » Faccio scorrere lo sguardo sulel vuote mura alla mai sinsitra, carezzandomi il collo con fare imbarazzato prima di affrontare nuovamente lo sguardo di Funda. « Era da tanto che non mi divertivo un po, pensavo che non mi sarebbe successo niente per un semplice pomeriggio di divertimento... »



Funda mi fisso intensamente con i suoi occhi verde smeraldo, lo sguardo furibondo inamovibile dal suo volto per quelli che sembrarono interminabili secondi. Poi, con una calma pescata quasi per caso dai mari tempestosi della sua rabbia, comincia a riempire i bicchieri e me ne allunga rapidamente uno. Ritorno a cercare sicurezza nella vuotezza del muro , sorseggiando l'acqua con calma. Sembra essere fresca, probabilmente è corsa fino in piazza per riempire la bottiglia e poi è ritornata qui abbastanza in fretta da non farla scaldare. Ed è solo nel ritrovare completamente la mia lucidità che comprendo i suoi gesti. La sua non è rabbia, probabilmente è preoccupata tanto quanto sua sorella. Solo ha un modo molto diverso di esprimere le sue emozioni, colpa qualunque cosa gli sia accaduta prima di divenire orfana. Rivolgo nuovamente il suo sguardo verso di lei, corrugando le labbra in un sorriso un po imbarazzato per tutte le attenzioni ricevute sino a quel momento. Dal canto suo Fana tira un sospiro di sollievo, incrociando lo sguardo di Kamelya mentre questa la fissava con fare divertito. Ed in quel momento tutta quell'insolita situazione sembro prendere un'insolita nota di comicità, tant'è che di punto in bianco inizializzammo tutte a ridere come se un uomo invisibile avesse appena detto la barzelletta più divertente di tutta l'Akeran. La verità era che, dopo tanto tempo, mi sentivo di nuovo felice. Non riesco nemmeno a ricordare l'ultima volta in cui avevo riso perché volessi farlo, senza dover fingere di essere una bambina spensierata e senza preoccupazioni. Una felicità destinata, ahimè, ad avere vita breve. Era Günfer, entrò di corsa con gli occhi zuppi di lacrime, facendosi coraggio mentre tirava su col naso. Quello che seguì demolì completamente la gioia negli occhi di Kamelya e Funa. Rea, una delle sacerdotesse che per tutto quel tempo si era presa cura di loro, era stata assassinata. Un processo avrebbe seguito a breve. Ed io sarei stata li. Perché, per qualche strano e al contempo familiare motivo, vedere quei visi tanto innocenti trafitti da un dolore tanto adulto per la seconda volta faceva ribollire il freddo sangue nelle mie vene. Ed io potevo trovare la vera mano alle spalle del suo assassinio.



[...]



La piazza centrale era ghermita di gente di ogni sorta e rango sociale. mercanti e contadini, guardie e cortigiane, tutti presenti in quello spiazzo con un desiderio comune che li unificava tutti. Giustizia, per la sacerdotessa che contrastando ogni legge ed editto aveva continuato a rinfrancare gli spiriti di ogni anima che si sentisse persa nel caos di quell'immondo conflitto. Condanna, per l'uomo o la donna tanto scellerati e marci dal desiderare la morte di una creatura tanto coraggiosa e giusta. Ed un nemico che avrebbe fatto di tutto per sfruttare tale situazione a suo vantaggio, per corrompere gli animi già tormentati delle persone presenti all'interno di quella piazza. Un nemico che probabilmente aveva fatto di tutto per far si che tale situazione si presentasse sin dal principio, per poi manipolarla a suo vantaggio quando i tempi fossero stati maturi. Il mio nemico, un nemico per cui ho scelto volentieri la morte piuttosto che la servitù. Un nemico che si crede invincibile, che si nasconde dietro un muro costruito su una logica fallata. Perché in fondo non tutti gli atti di bene sono dettati dalla saggezza, come non tutti gli atti di malvagità siano dettati dalla follia. Ma, nel mio piccolo, io sceglierò sempre di perseguire il bene al di sopra di ogni cosa. Con l'arrivo del tribuno e del curioso triumvirato che guida questa città, ogni voce o bisbiglio cade mentre uno ad uno ogni individuo esprime la propria opinione in merito all'assassino della sacerdotessa. Ed è in quel susseguirsi di dichiarazioni ed accuse che una voce familiare sembra farmi trasalire dal mio sogno ad occhi aperti, una voce che riaccende un ricordo poi così lontano nella mia mente. Ed era li, nel mezzo della folla, sotto lo sguardo di tutti i presenti. Non ci voleva un genio per capire che un uomo come Ettore non era il mandante di un tale atto di crudeltà, che sotto la sua scorza da duro combattente provato da mille battaglia si nascondeva un uomo. Forse un po tonto, ma essenzialmente buono nel suo desiderio di aiutare gli altri. Ma a lei non importava, lei aveva fatto la sua scelta. Poteva faticare, guadagnarsi la fiducia delle persone un passo alla volta. Non sarebbe stata una strada semplice, ma alla fine avrebbe potuto provare a tutti che lei non era un demone, che sotto sotto la sua umanità poteva vincere quello scontro. Ed invece ha scelto la strada facile, la via delle legioni demoniache, decidendo che il suo bene alla fine non valeva quello di un'intera città. Che i sacrifici compiuti da quella povera anima che si era sforzata così tanto nel renderla umana, alla fine non valevano niente. Lei ha fatto la sua scelta. Ed io ho fatto la mia.



« Io l'ho già vista, quella li. » Mi rivolgo agli altri cinque, fino ad allora intenti a fissare il palco. Mossero tutti lo sguardo su di me, quasi all'unisono, chiedendosi a cosa potessi riferirmi. « Quella ragazza, lei... è un demone. »

« C-cosa? » Funda è la prima a prendere parola, fissando la figura incappucciata con fare astioso. L'idea che lei fosse l'artefice dell'omicidio non era poi così insensata. Se non lei, qualcuno disposto a farsi abbindolare da lei, comunque. « Ne sei sicura? »

« Si, ora non puoi vederlo ma ha un grazioso paio di corna caprine sotto il suo cappuccio. » Ed in un attimo al soluzione al mio problema sembra essere talmente ovvia dallo sconfinare nell'esilarante. Da sola e sotto gli occhi di tutti, senza nessuno che possa proteggerla. « Le taglierò via il cappuccio, la mamma mi ha insegnato quella magia che ti fa diventare invisibile. »

« Sei una mag-... no! Non se ne parla, finiresti col sentirti di nuovo male! » La preoccupazione nei suoi occhi era lampante, quasi opprimente nel suo semplice istinto materno, in quella necessità di tenera l sicuro le persone che la circondano. « Anche se lei... »

« Funda... » Prendo il suo volto tra le mie fredde mani, facendola irrigidire di colpo al contato con quella pelle tanto gelida ed innaturale. I miei occhi si rispecchiavano nei suoi, mentre con poche semplici parole diedi inizio ad un semplice ma funzionale piano per smascherare chi faceva della sua umanità uno strumento d'odio. « Appena le leverò il cappuccio, voglio che tu e gli altri siate pronti ad additarla. Urlate, usate ogni nomignolo che vi viene in mente, ma l'assassinio di Rea non deve rimanere impunito, va bene? »



Avrebbe voluto controbattere, glie se lo leggeva negli occhi. ma non le diedi il tempo per farlo, svanii nel nulla come se fossi divenuta tutt'uno con il vento. Mi mossi rapidamente tra la calca di gente, i loro sguardi concentrati a divorare con fare avido le puerili menzogne della monachetta demoniaca. E ad ogni passo privo di suono, ad ogni impronta mai lasciata sul terreno, la mia mente non smetteva di galoppare. Sarei strisciata alle sue spalle come un serpente, tirando di netto il cappuccio per poi reciderlo con un netto colpo d'artigli. Il lembo sarebbe svanito insieme a me, come per incanto, lasciandola al centro di quella folla con la sua vera natura rivelata agli occhi di tutti. L'avrebbero insultata, attaccata, derisa e con ogni probabilità uccisa. Le avrebbero fatto ogni male umanamente possibile, facendole pagare le colpe di ogni demone che in tutti quei mesi aveva distrutto e dilaniato le famiglie e la felicità di ognuna di quelle anime. Vorrei dire di essere felice per quanto sta per accadere, di provare conforto in quella che alla fine si potrebbe definire come semplice vendetta. Eppure, non c'è alcuna gioia o sollievo in quello che sto per fare. Perché nei suoi occhi c'è lo stesso sguardo di chi, scansato e deriso per anni, ha avuto la sola solitudine come sua compagnia. Di chi ha perso tutto, senza ricevere nulla in cambio se non un mondo di dolore. Di come quel veleno che è la malvagità umana l'abbia corrotta, molto prima di quanto l'Ahriman non avesse fatto. Di come se qualcuno l'avesse incontrata, mostrandole anche solo un briciolo di compassione ed amore, lei ora potrebbe trovarsi in tutt'altro luogo. Facendo fatica a vivere in una società così discriminatoria, ma comunque, felice. Ed anche nella consapevolezza che nessuno possa udire le mie parole, mascherate nel silenzio della mia magia, non posso fare altro che esprimere il mio rammarico in quanto sto per fare.



« Mi dispiace, petite Ririchiyo. » Per un attimo la mia mano esita, mentre il mio sguardo scorre verso la folla, immaginando la loro reazione quando capiranno chi in realtà stessa accusando il povero Ettore. Mentre lei potrà solo vivere quel medesimo dolore che l'a tormentata per tutti questi anni. Ancora una volta. « Mi dispiace... di non averti incontrata prima. Forse, se così fosse stato, avrei potuto salvarti... »



Poi, senza alcun ripensamento, mi sarei voltata verso la folla. Avrei corso facendomi strada tra la miriade di persone presenti, per ritrovare quello sparuto gruppo di orfani. Orfani che senza sapere davvero chi io fossi, o che cosa mi avesse portato davvero in quella città, avevano deciso di accogliermi tra di loro. Per farmi provare, anche se per poco, quel calore che riscalda il cuore, che ti fa sentire parte di una famiglia. Ed il dolore nel vedere quella famiglia afflitta dal dolore della perdita, un tormento causato da un male con cui sono fin troppo familiare. Ed eccoli li, pronti ad additare quel demone brutto e cattivo che, forse, aveva contribuito alla morte della povera Rea. Ed è allora che noto l'incantesimo svanire prima del tempo, i loro sguardi di colpo si fanno preoccupati mentre si muovono ancora una volta verso di me. poi un dolore fin troppo familiare mi trafigge da parte a parte come una lancia infuocata, facendomi rimettere al suolo abbastanza sangue da riempire il secchio di un pozzo. Ed avrei voluto avere la forza per dire a Funda che forse aveva ragione. Forse non avrei dovuto rischiare tanto, visto lo stato in cui mi trovavo, Forse avrei dovuto semplicemente lasciar perdere, sperare che qualcun'altro la smascherasse al posto mio. Ma io sono testarda, non mi piace che una persona come lei possa causare tanto dolore ad un uomo buono, il cui unico desiderio è in fondo quello di proteggere questa città, pur nella sua impacciatine. Poi, ancora una volta, tutto intorno a me si fa buio, Domani è un altro giorno. Forse io non sarà li per vederlo.






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {Gravemente Ferita - 25%} ~ Mente {Emicrania - 25%} ~ Energie {130%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (4/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (4/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (4/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (4/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (4/6)


Attive:

Occultamento: La mia istruzione nelle arti magiche è stato altrettanto esemplare. In molti non lo sanno ma il vampirismo ha una natura strettamente legata alla magia, permettendo verosimilmente ad ogni vampiro di apprendere le arti magiche con grande rapidità e semplicità rispetto ad un essere umano o a qualunque appartenente alle razze comuni del Thedas. La magia si suddivide in varie scuole e la mia preferita è senza ombra di dubbio quella dell'Illusione. La prima capacità che io abbia mai appreso è stata quella di divenire completamente invisibile, e vi assicuro che la cosa non è semplice come sembra! Ci vogliono settimane di pratica, senza contare il fatto che il corpo all'inizio non riesce ad orientarsi se non riesce a vedersi. Può suonare strano ma è la pura e semplice verità! Certo la fatica è remunerativa quando puoi semplicemente sparire in un battito di ciglio e lasciare il tuo nemico li, imbambolato come un babbeo.
La pergamena è una tecnica di invisibilità di natura magica che rende il caster invisibile per l'intero turno in cui viene utilizzata. Questa però non è in grado di annullare un qualunque suono prodotto dal proprio corpo o le tracce lasciate dal proprio passaggio. [Media]






Quindi, il giorno del processo, Odette va li insieme agli orfani. Gli orfani sono particolarmente rattristati o arrabbiati per quanto successo, visto e considerato che erano le due sacerdotesse a prendersi cura di loro. Quando Rici si mette in mezzo per fare l'arringa, Odette la riconosce e con l'aiuto degli orfani combinato alla sua capacità di rendersi invisibile (pergamena) e di non lasciare traccia alcuna (Passive del ladro) si avvicina a lei non appena ha concluso il suo discorso, cercando ti strapparle di dosso il cappuccio con una tirata ed un colpo d'artiglio. Che la cosa abbia successo o meno, Odette poi si ritirerebbe nuovamente verso gli orfani, solo per vedere l'effetto del veleno e la corruzzione causarle un danno totale del 3'% sul corpo e sulla mente. Questo perchè, alla fine, Odette ha deciso di andare contro quelli che erano i suoi ordini, decidendo di rischiare la vita piuttosto che causare altro dolore alle genti di quella città. Ragion per cui la corruzzione presente nel suo sangue ha reagito alla sua bontà di cuore causandole un danno ulteriore al 10% del veleno.

Odette sviene ai bordi della folla, davanti agli orfani, da li qualunque cosa le accada è a tua completa discrezione, Ray :sisi:




Edited by Lucious - 17/8/2015, 21:52
 
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Mercuzio strinse il pomello della porta e lo tirò due volte, sentendolo sussultare tra gli infissi. Raggiunse la finestra e poggiò il viso contro le veneziane abbassate, stirando lo sguardo verso il basso per guardare attraverso gli spazi aperti.
« Chi credi che possa essere stato? » dissero due paia di gambe che vide muoversi verso la piazza cittadina. « Rea non aveva fatto niente di male... »
La luce del sole gli impediva di mettere a fuoco i passanti, dunque si ritirò dal palchetto sotto l'apertura e raggiunse l'altro capo della stanza. Teneva le mani strette insieme e continuava a sfregarle tra di loro come se con quel movimento potesse lavarle dai suoi peccati, o produrre una soluzione che lo facesse sparire nel nulla senza attirare l'attenzione di nessuno. La lama tagliente della daga lo fissava con severo scintillio da sotto il panno in cui era stata nascosta, rammentandogli l'atrocità che aveva compiuto la sera prima. Lui le rispose mordendosi le labbra e affossando il collo nelle spalle, sentendo scolpiti nella propria memoria gli occhi sgranati della vestale prima che le sue gambe cedettero, la sua voce si spegnesse e la ferita la costringesse a terra.
Se qualcuno avesse chiesto a Lamia "conosci il buon Mercuzio?" in pochi avrebbero saputo rispondergli; e non perché nessuno si sentisse intimo con lui a sufficienza da potersi chiamare suo amico, bensì a causa della segreta vergogna che chiunque aveva provato nel mostrarsi accompagnato a lui. Nel dover nascondere la sua barba e capelli unti. Nel doverne ignorare l'odore d'abbandono. Nel dover evitare di chiedere "come va?" per sentirsi sbaragliato da un fitto esercito di lamentele che spaziavano dalla mancanza di cibo a quella di un tetto dove dormire.
Tutti conoscevano Mercuzio, almeno di vista, ma nessuno avrebbe mai confessato di conoscerlo. Ciò lo rendeva un perfetto caduto.

La corruzione agisce in modi misteriosi: la borsa d'oro che gli venne consegnata in cambio di quel favore sarebbe potuta provenire tanto da Alcmena, Ettore e Nereo, quanto da un qualsiasi altro abitante di Lamia erettosi a vigilante. Ora le monete bruciavano nelle sue mani come carboni ardenti, al punto tale che le lasciò cadere in terra, lasciandosi sfuggire un gemito che venne seguito dal loro tintinnio di campanelle, e dovette sdraiarsi su una panca col viso nascosto tra le mani.
Una voce femminile si faceva spazio tra i suoi rantoli e pensieri. « Ti sei comportato bene. » gli sussurrava all'orecchio, e lui strisciava la testa nel cuscino nel tentativo di scacciarla. « Ora lasciati andare. » Le guance gli dolevano come se la carne stesse per strapparglisi dal viso, e il solco lasciato dalle sue lacrime era come un fiume di acqua purificatrice che si alzava e ritirava di continuo, senza dargli alcun conforto.
La trasformazione in demone era iniziata.



WuHpERx



« Signore, è come dice il forestiero. » nella piazza di Lamia, un soldato si avvicinò all'orecchio di Ettore e alzò una mano accanto alle labbra. « Abbiamo trovato una daga insanguinata seppellita nel terreno dietro la casa di Nereo. »
« È così! » sbottò il tribuno, sollevandosi in piedi e interrompendo la testimonianza di un cittadino. « Concludiamo questa farsa! I miei uomini hanno accertato la veridicità delle accuse mosse contro di te, Nereo, dunque tutto questo processo non è più necessario. Cos'hai da dire? » « I-io... » tentennò l'altro, a un capo della piazza, dondolandosi sulle gambe grasse. « È... è una calunnia! »
« Non nascondere le tue colpe dietro all'inettitudine di un uomo, Ettore! » si alzò Alcmena, indicando il tribuno con una mano e tenendo stretta la toga intorno al corpo con l'altra. « Nereo non aveva motivo di volere Rea morta, ma tu... tu... »
« Io ho sempre voluto il meglio per la mia città! » mentre parlava, gli strati di grasso del governatore oscillavano con fare ipnotico, imperlati da uno scintillio di gocce di sudore. « Non... non accetterò che mi si accusi in questo modo! All'ora dell'assassinio sta-stavo riposando; bisognerebbe puntare il dito contro chi era nelle vicinanze del luogo del delitto, piuttosto! E-e poi perché mai avrei dovuto nascondere l'arma proprio sotto casa mia? Questo è chiaramente un tentativo di dif-diffamarmi! »
« Quindi accuseresti me? » si scaldò Nereo. « E con ragione! » seguì Alcmena. Il dibattito si profuse da lì in una serie incontrollata di insulti, calunnie e strepitii; i cittadini presero ad agitarsi e a litigare tra loro, fomentati dalle precedenti testimonianze, e la piazza cittadina si trasformò ben presto in una fattoria di animali fuori controllo, che saltavano da parte a parte, chiocciavano, nitrivano, abbaiavano e grugnivano, pestandosi i piedi e azzannandosi a vicenda.
Fu un grido distinto di paura a cessare quella follia.
« Demone! »
Un uomo stava indicando il palco dei testimoni, dove si trovava ancora l'ultima ragazza ad essersi espressa: una giovane coi capelli lisci e il viso da bambina, tutta imbacuccata in una veste che ne lasciava intravedere soltanto parte del viso. Il suo cappuccio era stato abbassato da un colpo di vento, rivelando un paio di corna taurine che calamitarono l'attenzione della cittadinanza: Ettore estrasse la spada, Alcmena chiamò T'al a proteggerla e Nereo alzò le mani sopra la testa, curvando la schiena. « Prendetela! » urlò qualcuno, ma prima che chiunque potesse muoversi, provenne dalle case poco distanti il suono di quattro pareti che crollano, e nell'aria si diffuse una nube di sabbia e polvere color ocra. « Non si vede nulla! » annaspò la popolazione nel caos generale. « Cosa sta succedendo?! »

A qualche decina di metri di distanza, la trasformazione di Mercuzio era giunta al termine. Il vagabondo aveva assunto le fattezze di un caduto, e ora il suo corpo si stagliava su Lamia da un'altezza superiore a quella dei suoi edifici più alti. La sua pelle era bianca come ossa e grinzosa come la corteccia di un albero; le sue membra erano rachitiche e tra le dita artigliate stringeva il nodoso ramo di un albero culminante nella lama di una falce. Un rosso drappo stracciato gli copriva il viso, che altrimenti avrebbe rivelato lunghe fila di denti affilati, occhi ciechi e tratti del viso scalpellati appena da uno scultore maldestro.

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« Uomini! » si sentì urlare la voce imperiosa di Ettore, da qualche parte nel nugolo di polvere. « Mano alle armi! »
A parte Mercuzio, gli abitanti di Lamia erano divenuti ombre che si scontravano di loro nella sabbia sollevata dal crollo della casa, e correvano da parte a parte inciampando nei loro stessi piedi e gridando ai quattro venti. Ririchiyo venne dimenticata, e con lei si persero anche le figure di Alcmena, Ettore e Nereo. Un caos più grande era sopraggiunto su Lamia; un caos che non poteva essere ignorato.



CITAZIONE
Bum! La situazione degenera velocemente, come potete notare. L'assassino di Rea (un vagabondo di nome Mercuzio, il cui mandante è sconosciuto), lontano dalla piazza del processo, cede alla corruzione, trasformandosi in un caduto che ha un aspetto vagamente simile a quello di un "grim reaper" mediterraneo. Questo fatto ovviamente interrompe il processo e attira l'attenzione di tutti.
Piccola valutazione prima di darvi le istruzioni per il prossimo post:
Ul†ima: Difendere te stesso sicuramente ha aiutato a calmare la popolazione; fare l'avvocato non ha fatto altro che metterli ancora di più l'uno contro l'altro, però. Avevi avuto l'intuizione giusta: l'assassino non era nessuno di loro tre. Avresti dovuto insistere su quella strada per evitare che si mettessero a litigare tra loro! 2 punti per la salvezza
miky1992: Mi è piaciuto un casino quello che hai fatto... ma non è stata affatto una situazione da salvatore del popolo; anzi, lol, è stato come vedere uno dei migliori caduti in azione a diffondere zizzania. Seminare prove false non ha fatto altro che causare più dissapori, per quanto abbia scagionato assolutamente il tuo personaggio da qualsiasi sospetto. 3 punti per la corruzione
Misato Kojima: il lavoro doppio di testimonianza tua e di Jean funziona molto bene, anche se avrei preferito vederti assemblare delle accuse/prove più concrete a carico dei sospettati, come ha fatto miky. 2 punti per la corruzione.
Lucious: tu invece hai fatto l'opposto di cui sopra: azioni concrete, ma nessuna voce a sottolinearle. Sarebbe bastato fare un minimo di discorso dopo aver tolto il cappuccio di Ririchiyo per aggravare molto la situazione. 2 punti per la corruzione.
Appunto: Ci tengo a sottolineare che sto valutando solamente le vostre azioni compiute in quest e non la qualità di come scrivete, cosa scrivete e com giocate. Per quello ci sarà il giudizio finale della quest :sisi: questi punti non sono un riflesso di quanto siete bravi, ma solamente una misura per decidere in che direzione portare il finale della quest, tenetelo a mente e non abbattetevi/fatevi troppe illusioni!
Appunto II, la vendetta: in questo caso, miky ha dato punti alla fazione della corruzione con il suo comportamento. Va benissimo! Tenete a mente che non ci sono confini netti e questa cosa vale anche per coloro che patteggiano per i caduti: casomai volessero smettere di provocare caos e tentassero invece di salvare Lamia, le loro azioni darebbero punti al salvataggio della città. Comportatevi come farebbero i vostri personaggi, e non sulla base di uno schieramento deciso nel bando, ricordatelo!

Somma finale: devo fare le mie più profonde scuse a Misato. Sono stato uno sciocco e non ho capito come leggere i suoi post, quindi ho dovuto recuperare il precedente e rivalutarlo per due terzi. Alla luce di ciò, la valutazione che ho fatto di lei nel precedente post è totalmente incorretta e ingiusta: il suo testo raccontava bene e si comportava da perfetta Caduta! Le assegno quindi un punto in più per la corruzione, che porta il totale a 11 a 7 per la corruzione. ancora ribaltabile.

In questo post venite attaccati da Mercuzio e potete comportarvi come meglio preferite: attaccarlo in risposta, fuggire, difendere la popolazione, attaccare/salvare png specifici... sentitevi liberi di comportarvi come meglio crediate e come farebbero i vostri personaggi. L'importante è che non siate autoconclusivi con niente e nessuno, in questo caso! Dovete descrivere soltanto le reazioni all'attacco.
Mercuzio compie due attacchi distinti, più un'azione di supporto:

• Il primo è il polverone di sabbia alzatosi dal crollo della casa in cui si era nascosto. Va considerato come una tecnica di natura fisica che, nel caso in cui non vi difendiate, vi priva della vista per un turno (siete accecati dalla sabbia) senza provocarvi alcun danno.
• Il secondo è una tecnica psionica Alta ad area (Media su ciascuno di voi): un ammaliamento che provoca il panico. I cittadini lo subiscono tutti e iniziano a gridare e scappare caoticamente in giro. Alcmena ed Ettore sembrano resistergli (forse anche Nereo, che però è già spaventato di suo). Se subite la tecnica, vi provoca un danno medio da paura alla mente.
• Il terzo è un attacco fisico portato con la falce, abbastanza grossa da colpirvi tutti (Mercuzio è enorme dopo la trasformazione, alto tra i 4 e i 5 metri). L'attacco è una spazzata che tenta di colpire tutti coloro che sono nella piazza, portato consumando 8CS in forza fisica.

Avete 5 giorni di tempo per rispondere; per qualsiasi dubbio chiedete pure in confronto. A voi la tastiera!
 
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view post Posted on 17/8/2015, 23:57
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Time Lost Centurion (3dh Economic Crisis Edition)
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Sürgün-zemat - Lamia
«Due Giorni per Morire»

Il sonno è forse una delle sensazioni più piacevoli in cui possa rifugiarmi, una delle poche oasi sicure in cui cercare un momento di pace. All'inizio c'è solo il silenzio ed il buio più totale, il vuoto assoluto. Poi il buio prende forma, il silenzio esplode in una miriade di suoni ed il mondo intorno a me comincia a prendere vita. Sogni, di solito. A volte anche qualcosa di più. Il sonno è l'unico momento in cui le persone normali possono avvicinarsi ai reami eterni dell'Onerion. Molti ci vedono i tormenti del passato, alcuni le preoccupazioni del presente. Pochi eletti, si dice, persino cosa prospetta il futuro stesso. Dal canto mio il passato sembra essere un amico comune durante i miei riposini, visioni a volte tormentate, ma spesso calde e confortevoli. Ed esse perdurano nelle ore, mi accolgono e mi cullano nel loro fittizio abbraccio, lontana dalla tremenda realtà. Poi sento qualcosa, troppo reale e diretto per essere un mero sogno. Uno strattone. forte abbastanza dal farmi trasalire. Da li il dolore lancinante che mi incendia il petto, misto ai tormenti della mia mente sono in grado di farmi ritornare alla realtà. L'aria si è fatta densa, pesante, quasi irrespirabile. Apro gli occhi solo per trovarmi nel mezzo di una tempesta di sabbia. Una tempesta di sabbia, nel centro di una città? No, siamo fin troppo lontani dal deserto più vicino ed inoltre le mura dovrebbero essere in grado di fermarne una se questa dovesse mostrarsi. Però la noto, Funda. Le sue mani strette come ganasce sulla mia camicia, strapazzandomi come un uovo finché la certezza del mio risveglio la spinse a fermarsi. Le sue parole rimbombavano nelle mie orecchie senza senso alcuno, mescolate nel caotico scalpitare della folla e nella confusione della mia mente. Solo quando riacquisto lucidità sufficiente le sue parole cominciano ad avere un senso. Anzi, non parole. Grida, cariche di terrore, lo sguardo di Kamelya fisso verso il lato opposto della piazza, come se fino ad un attimo fa stesse guardando negli occhi un demonio immondo.



« Odette, alzati! Dobbiamo andarcene! Il M-... » Le sue parole vengono tagliate bruscamente, le mani scattano sulle orecchie come se un grido invisibile l'avesse scossa fin nelle profondità più recondite della sua anima. « No no no no no no no-... »

« Funda-... cosa?... » Il motivo del terrore negli occhi di Funda e di Kamelya si fa chiaro quando una sensazione familiare, simile ad un brivido, si fa strada nella mia mente. Qualcuno o qualcosa deve aver provato a dilaniare le menti dei presenti con l'utilizzo di magia nera. Posso solo essere grata agli insegnamenti di mia madre per non esser caduta vittima di questo tormento. « Uh?... Funda, Kamelya, state giù! »



Lo spostamento dell'aria investe i miei timpani in pieno, un'ombra sembra passare brevemente nella fitta sabbia mentre qualcosa di veramente grande sembra innalzarsi appena sopra di noi. Non so cosa sia, non so quale demonio si sia abbattuto su questa città. Di una cosa sola sono certa, qualunque cosa sia si sta avvicinando verso di noi, velocemente. Non mi sembra di riuscire a notare nessuno dei maschietti, forse sono scappati ai primi segni di pericolo. Scatto rapidamente verso le due sorelle, stringendole in un abbraccio per mandarle rapidamente al suolo. Qualcosa sferza l'aria dietro di me, e non solo quella. Una sensazione lancinante, il rumore chiaro della carne che si dilania sotto il colpo di una grossa lama. La mia schiena, squarciata da un colpo tremendo. L'unica cosa che segue il colpo è un grido straziato mentre la sensibilità dei miei arti viene meno. Per un attimo sono quasi certa di aver udito un grido, non il mio. Qualcuno ha chiamato il mio nome, credo. Sono davvero stanca, le palpebre si fanno pesanti. Voglio... voglio solo dormire. Ho sonno.



[...]



Dal giorno in cui è arrivata, Odette ha sempre avuto qualcosa di insolito. Io ne ho visti di elfi, davvero tanti, e nessuno di loro aveva degli occhi così strani. Poi quando è svenuta nell'orfanotrofio ho visto i suoi denti. Lunghi ed affilati come quelli di un gattaccio di strada, ma bianchi come le pietre su cui è stata costruita Lamia. Mia sorella Kamelya però sembra fidarsi di lei, nonostante le sue tante stranezze. Da quando mamma e papà sono stati uccisi dai demoni lei non ha più parlato, non una parola, nemmeno un mugugnio. Però non ha mai smesso di sorridere. Anche quando piangevo, sola, lontana da tutti gli altri. Lei era sempre li, come un'ombra, pronta a sorreggermi ogni volta che il mio spirito veniva meno. Se lei si fidava di Odette, allora tanto bastava a me per fidarmi. Per tutta la notte è rimasta al suo fianco, assicurandosi che nulla di male potesse accaderle. Ed era felice di trovarsi al suo fianco, vicina a questa strana bambina del nord dalla pelle bianca come la luna piena. Quando, durante il processo, ha smascherato la ragazza con le corna usando la sua magia, mi ha lasciato meravigliata delle cose che gli abitanti del nord insegnano. Vederla crollare al suolo mentre vomitava sangue, mi ha fatto fermare il cuore. Stava soffrendo, glie lo si leggeva negli occhi. Eppure, proprio come Kamelya, continuava a sorridere. Non voleva che ci preoccupassimo per lei, ma lei si è sempre preoccupata per noi, nel suo piccolo. Ed anche adesso, mentre quel mostro deforme si eleva al cielo per ferirci, spaventandoci a tal punto dal paralizzarci con memorie dolorose e talmente reali dal farci cadere in ginocchio, lei non desiste. Ci salta addosso, facendoci rovinare entrambe al suolo mentre qualcosa spazza l'aria vicino a noi. All'inizio non so nemmeno da cosa abbia cercato di proteggerci, poi lo vedo, sulla sua schiena. Un taglio profondo che la passa in maniera obliqua, sanguinando copiosamente. Il dolore è stato talmente intenso dal farla svenire di nuovo. Non c'è tempo, di questo passo finirà col morire!



« Kamelya! Kamelya! » Mia sorella era ancora terrorizzata, gli occhi chiusi e il capo chino al suolo. Devo costringerla a rialzarsi, facendole notare la ferita sulla schiena di Odette per farle ritrovare il coraggio necessario a muoversi di nuovo. « La casa del curatore non è lontana, dobbiamo portarla li, adesso! »

« E non mi importa se lui non è li, ci arrangeremo noi, useremo le sue medicine! » Kamelya annuisce, prendendo Odette per un braccio e caricandola su una spalla mentre io faccio altrettanto. Nonostante la sabbia, le urla ed il caos causato dal mostro, non possiamo lasciarla qui. Lei ci ha aiutato, ha messo in secondo piano la sua salute per proteggerci, per proteggere tutti quanti di quella brutta ragazza demoniaca. E non mi importa se le guardie ci tratteranno come ladre per aver usato le erbe del curatore senza il suo permesso. Noi la salveremo. « Andiamo, veloce! Quel brutto coso finirà col vederci se non ci sbrighiamo! »






¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯ ¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯¯
Riassunto

CS { 0 }

Fisico {Morente - 15%} ~ Mente {Emicrania - 25%} ~ Energie {110%}




Passive:

» Amuleto dell'Auspex: (4/6)
» Passiva Razziale - Scurovisione: (5/6)
» Passiva Razziale - Sensi Migliorati: (3/6)
» Passiva Razziale - Mira precisa: (5/6)
» Passiva Acrobata - Funanbolo: (6/6)
» Passiva Acrobata - Caduta Lenta: (6/6)
» Passiva Acrobata - Scalatore: (6/6)
» Passiva Acrobata - Contorsionista: (6/6)
» Passiva Ladro - Celarsi: (4/6)
» Passiva Ladro - Velo Sonoro: (4/6)
» Passiva Ladro - Velo d'Ombra: (4/6)


Attive:

Corpo Sfuggente: Poi, beh, forse sto solo sottolineando l'ovvio ma molti vampiri sono tendenzialmente ben più rapidi delle comuni razze mortali. Oh ci sono sempre i cavalieri pronti a votarsi alla pura forza bruta, ma i più furbi sanno che la velocità è alla base di ogni scontro. Qual'è il miglior modo per difendersi? Non farsi colpire, ovvio! Il cavarsi d'impiccio è un'arte a se stante, a dirla tutta. Ho speso qualche decennio di vita nella vecchia Tanaach e li ho conosciuto un ragazzino, uno dei molti orfani mendicanti che si trovano li. Mi ha insegnato un sacco di cose interessanti. Sfilare soldi dalle borse altrui, scassinare porte e divincolarsi dalle manette della guardia cittadina. Ahhhh... quelli si che erano bei tempi.
Odette è in grado di schivare o eludere la maggioranza degli attacchi di natura Fisica e magiche con un consumo pari al danno inflitto. A consumo Nullo la tecnica può essere usata per scassinare serrature e forzare manette che non siano protette da incantesimi o effetti specifici. [Consumo Energetico Medio]

Mente Sfuggente: Ci sono molti luoghi comuni sulla mia razza, ed uno è forse più vero di molti altri. Un Vampiro è in grado di esercitare la sua influenza mentale sulle menti deboli o comunque incapaci di resistere al suo potere. Che un Vampiro cerchi di soggiogarne altri non è poi una cosa così rara, i più giovani soprattutto sanno essere incredibilmente prepotenti. Per questo alcuni dei Vampiri anziani hanno sviluppato un semplice esercizio mentale in grado di proteggere la mente dalle invasive presenza altrui, che il più delle volte non si limitano certo ai soli membri della mia stirpe. In un mondo pieno di ciarlatani e sedicenti eroi è sempre bene non lasciarsi influenzare dai loro paroloni o da qualsivoglia falsa promessa cerchino di propinarti.
Spendendo un prezzo in Energia pari al danno in arrivo, Odette sarà in grado di schermare qualunque offensiva di natura mentale rivolta verso di lei. A consumo nullo Odette sarà in grado di proteggersi da una singola influenza psionica passiva rivolta verso di lei. [Consumo Energetico Medio]






Odette non è in grado di difendersi dalla fisica di cecità, ma riesce a proteggersi dall'attacco psionico ad area e non cade in preda alla paura. Facendo appello a tutte le sue forze si scaglia contro le due gemelle, riuscendo a proteggerle completamente dal colpo di falce, ma incassando comunque un danno medio alla schiena per essersi posta sopra di loro. Il post si conclude dal punto di vista di Funda che, con l'aiuto della sorella, cercano di trascinare via Odette per dirigersi verso la casa del curatore.


 
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Ul†ima
view post Posted on 20/8/2015, 15:33




Fetiales; Arife ~ Devil Inside
Day 3


png


Era soddisfatto del suo ruolo in quel processo. Per un momento si era potuto illudere che le parole sue e della sua compagna avessero avuto un impatto positivo sulla folla, che l'ordine sarebbe potuto essere ripristinato. Questo finché sul palco non salì un misterioso figuro mascherato - che l'elfa fu rapida a presentargli come l'uomo conosciuto il giorno prima; questi imbastì ad arte la sua farsa, presentando veementi accuse sulla figura di Nereo, che affermò di aver visto cospirare il giorno prima con dei contadini. Che questo fosse vero o meno non aveva importanza, poiché la sola menzione di un simile accaduto bastò a fomentare il popolo, instillando sospetto e caos.
Non contribuì positivamente la testimonianza che seguì: quella di una ragazzina in tenera età, che fu lesta a sputar veleno sul governatore e il tribuno. Incitavano insomma alla rivoluzione, screditando le figure di potere come meglio riuscisse loro, noncuranti del fatto che solo un'adeguata collaborazione degli organi politici avrebbe potuto sostenere la città in tempi di guerra.
Quando poi i tre vertici di Lamia seguirono nel battibeccare fra loro, accusandosi l'un con l'altro e agitando ancora più la folla con le loro discussioni, Rayleigh capì che ancora una volta i suoi piani erano andati in fumo. Avrebbe voluto intervenire, dividere quegli idioti persi nelle loro confabulazioni, ma qualcosa dentro di lui glielo impediva: era la realizzazione che forse quella città non ne valeva la pena, che per quanto avesse fatto correre la lingua non sarebbe riuscito a far nulla per sanare il disordine, poiché semplicemente non ne aveva il potere. Che senso aveva aiutare qualcuno che evidentemente non voleva essere aiutato?

«Demone!»
Il grido di un uomo portò tutti al silenzio.
In mezzo alla piazza stava la giovinetta che per ultima si era rivolta alla comunità, ma il cappuccio che prima le celava il capo era stato strappato via, rivelando un evidente paio di corna. Chiaro come il sole un agente dell'Ahriman stava di fronte a loro. Una delle spie di cui Rayleigh aveva sospettato la presenza era stata rivelata, ed era imperativo non lasciarsela sfuggire.
Ettore sguainò la spada, qualcuno invocò T'al e il Lupo stesso si preparò per lanciarsi alla cattura. Non diede peso al fatto di essere disarmato, giacché la pura realizzazione di avere tra le mani il possibile colpevole dell'omicidio era sufficiente a renderlo euforico. La folla avrebbe avuto il suo capro espiatorio, ed una volta che Ettore, Nereo ed Alcmena avessero realizzato chi fosse il nemico comune, magari avrebbero finalmente collaborato per il bene della città.
Purtroppo però le cose non sarebbero andate tanto lisce.

Prima che qualcuno potesse muovere un muscolo un palazzo poco lontano esplose in una nube di polvere e detriti, che si riversarono come una tempesta sul foro. D'istinto il corpo di Rayleigh si tese come una corda di violino, lasciando straripare una densa concentrazione di Corruzione che lo avvolse come un velo sanguigno, proteggendolo dall'onda d'urto. Il resto dei presenti restò accecato e pietrificato dall'inattesa deflagrazione, che in questione di attimi provocò lo spandersi di un panico generalizzato.
Tossì cercando di liberare gli alveoli dal pulviscolo, guardandosi attentamente intorno per capire cosa stesse succedendo. Fu allora che lo vide, ergersi da sopra la nube sabbiosa, il profilo di uno spaventoso colosso: era il Caduto più imponente che avesse mai incontrato, alto più di quattro metri; i suoi scheletrici arti sorreggevano una mastodontica falce intagliata, ed i suoi occhi privi di vita facevano capolino in mezzo ad un cranio deforme. Il solo strepito della creatura fu sufficiente a ferirgli le tempie, lasciandolo attonito e confuso. Il cuore gli salì alla gola e la ventilazione accelerò regalandogli un'ebbrezza di ossigeno: era spaventato, genuinamente indifeso quanto un bambino posto in fronte al suo incubo peggiore.
«Ray! Ray!»
Le grida di soccorso lo risvegliarono dalla stasi; dietro di lui Sheila tastava ciecamente l'aria, tentando di raccapezzarsi in mezzo al caos e il fumo. Il gemito della bestia aveva provocato una psicosi generale dove uomini e donne correvano senza verso o direzione, scapicollandosi uno sull'altro urlando in preda al panico. La fine del mondo era giunta.
Rayleigh allungò una mano, afferrando l'elfa che rapace gli si aggrappò contro in tutta fretta. Poteva sentire i suoi muscoli tremare, il passo instabile mentre la giovane si stringeva al suo corpo, affannandosi e tossendo: avrebbe voluto provare compassione per quell'esile e bella figura colta dal terrore e confusione, ma ora non poteva permettersi alcuna tenerezza.
«Stai giù in terra e non ti muovere. Appena puoi fuggi e cerca riparo, capito?!»
Aveva fiducia, conosceva più di chiunque altro il fegato della ragazza, perciò sapeva che sarebbe riuscita a cavarsela anche senza di lui. Non ci fu bisogno di risposta, solo il distacco della presa che gli diede il permesso di agire.

Una seconda volta pose lo sguardo sul demone, ma ora con rinnovata determinazione: era suo compito fermare l'abominio e la paura non l'avrebbe certo fermato. Per anni era stato spaventato: ad ogni scontro, in ogni momento della caccia, perfino quando la sua lama trapassava il cuore della preda; l'angoscia faceva parte della sua vita. Viveva per la paura, per il brivido del terrore lungo la propria spina dorsale.
Innanzitutto però gli servivano delle armi per affrontare il colosso, perciò non esitò a sferrare una gomitata ad uno dei soldati colti in fallo dalla comparsa del mostro, rendendolo incosciente. Stava raccogliendo la sciabola e lo scudo dal corpo di questi, quando una sagoma familiare gli si fece incontro: riconobbe subito l'uomo mascherato che aveva lanciato le sue accuse su Nereo. Come si chiamava? ... Stig, forse.
«Ehi! Mi serve una mano con quel demone, ma prima dovremmo portare in salvo i cittadini!»
Quel tipo non gli stava affatto simpatico per più di una ragione, ma certo non si sarebbe fatto scrupoli ad accettare il suo aiuto nell'occuparsi del Caduto. Non era però della stessa idea riguardo al proteggere la popolazione: a quella avrebbero pensato le guardie, più importante era aiutare Ettore, Alcmena e Nereo; quei tre erano le figure più importanti e influenti di Lamia, e se qualcosa fosse successo loro ogni possibilità di ristabilire l'equilibrio sarebbe andata perduta.
«No! Queste persone sono al di là del nostro aiuto! Dobbiamo dare priorità alla salvezza del triumvirato e al fermare i demoni! Magari potremmo fare da esc-»
Ma il suo discorso fu interrotto dal sibilo dell'aria sferzata dalla falce sollevata sopra le testa del corrotto. Era evidente che si stesse preparando a vibrare un colpo che probabilmente avrebbe spazzato l'intera piazza, facendo scempio di chiunque si fosse trovato nella traiettoria della gigantesca lama ebano.
«STATE GIU'!!!!»
Un latrato quasi disumano mentre il Lupo si lanciava in avanti con furioso impeto. Sentì la Corruzione corrergli lungo gli arti, dilaniandogli i muscoli tesi al massimo della loro capacità; calciò rabbiosamente il terreno, fendendo la nebbia polverosa a grande velocità. In un attimo era al fianco della Vestale indifesa, giusto in tempo per intercettare la spietata ronca del nemico, che sfregiò l'aria con impietosa violenza.
Rayleigh si servì di tutta la sua forza per deviare il colpo: lasciò che il filo assassino corresse lungo il dorso della scimitarra e dello scudo, cercando di spingere quanto più verso l'alto l'impressionante lama, così che passasse sopra le testa incolumi dei presenti. Un ringhio animalesco lasciò le sue labbra contratte nello sforzo, riecheggiando sopra il piazzale abbandonato alla confusione.
La sopravvivenza dell'interà città era in gioco.


Risorse: Energia 85% | Corpo 100% | Mente 65%

Passive:

- Riflessi istantanei contro offensive non tecnica (5/6)
- Forza straordinaria (6/6)
- Auspex sensoriale (1/2)
- L'uso delle abilità magiche è istantaneo (2/3)
- Insensibilità alle sofferenze corporali (6/6)
- Quando l'avversario aumenta i propri CS, Rayleigh guadagna 1 CS in Forza (6/6)
- Nella modalità ibrida le offensive di natura Fisica causano danni sia al Corpo che all'Energia pari alla loro potenza, di fatto raddoppiando i danni totali, ma Rayleigh stesso subisce danni raddoppiati da qualsiasi abilità diretta alla sua Mente (2/2)
- Quando Rayleigh utilizza un'abilità a consumo può aggiungere 1 CS alla Forza (3/4)
- Quando una sua offensiva non tecnica va a segno può aggiungere 1 CS alla Velocità (4/4)

Attive:

CITAZIONE
I ẄσN'ƫ ƁrĒⱥḵ Regola numero uno del Cacciatore: non farsi ammazzare. Rayleigh non disprezza un buono scontro e sopporta bene gli insulti fisici mirati al suo corpo - come le sue cicatrici dimostrano, ma ci sono occasioni in cui venire colpiti è seriamente pericoloso o comunque molto irritante; per certe situazioni, contare solo sulla propria abilità e capacità fisiche non è sufficiente, ed è qui che il potere del Metaumano entra in gioco. Rivestendosi di uno strato di Corruzione, Rayleigh è in grado di proteggersi da un gran numero di insulti di natura fisica, vanificandoli. Questa stessa energia scaturita dal corpo, viene poi reincanalata per rafforzare il fisico, rafforzandolo in vista di una rapida controffensiva punitiva. Il forzato reindirizzamento dell'energia attraverso il corpo, tuttavia, finisce inesorabilmente per danneggiarlo a sua volta. {Difensiva/Supporto Personale (8/25) | Natura Magica - Consuma Energia (10%) e Corpo (10%) | Rivestendosi di Corruzione Rayleigh blocca offensive di natura Fisica di potenza Media o inferiore; aggiunge 2 CS in Forza e 2 CS in Velocità alla propria riserva}

CITAZIONE
ИaƦdєr, ҒαϩteЯ, SŧʀoƝḡƹr Va bene divertirsi durante uno scontro, evitare di mostrare subito tutte le proprie capacità in modo da lasciarsi qualche asso nella manica in caso di bisogno, o con lo specifico intento di prolungare lo scontro per evitare di finire troppo in fretta. Quando necessario, però, è il caso di fare sul serio, evitando errori da novellino quali sottovalutare la pericolosità del nemico. Va bene divertirsi nel combattere, ma quando è necessario porre la parola "fine" allo scontro è il caso di essere implacabili, più rapidi, forti e letali. {Supporto Pergamena Guerriero "Fortificazione superiore" | Natura Fisica - Consuma Energia (20%) | Rayleigh guadagna 4 CS in Forza e 4 CS in Velocità}

CS usati: 7 Forza, 6 Velocità (13)
CS in riserva: 0

Sinossi: Rayleigh si difende dall'ondata di sabbia con una tenica Alta di potenza difensiva Media e che gli concede 2 CS in Forza e 2 in Velocità. Accusa attacco psionico di potenza Media. Ruba una spada e uno scudo ad una guardia, dopodiché si lancia in difesa di Alcmena, Nereo ed Ettore, percependo tramite auspex la loro posizione e i movimenti del nemico. Utilizza un power-up Alto di 4 CS in Forza e 4 in Velocità + 1 CS bonus in Forza per la passiva; sfrutta quindi un totale di 13 CS per difendere se stesso dall'attacco del demone e cercare di deviarne la falce per evitare che colpisca i tre PNG.
Sheila è del tutto messa fuori gioco dalla sabbia e dalla paura, perciò si limiterà a seguire gli ordini di Rayleigh. Se l'arma la colpisce accuserà probabilmente dei danni non letali.
 
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miky1992
view post Posted on 21/8/2015, 19:52




Grossomodo il processo si stava svolgendo secondo il copione che avevo previsto: la folla si stava giustamente accanendo contro gli accusati, la testimonianza del tipo conosciuto qualche giorno prima era stata controproducente per ciò che volevo fare, ma le prove che avevo seminato erano più che schiaccianti, chi avrebbe mai potuto credere a Nereo? Insomma tutto quello che poteva fare era blaterare patetiche scuse, e quello doveva fare, perché quello era il ruolo che avevo previsto per lui. No, non mi dispiace per lui, non può dispiacermi. Il loro ordine è marcio, corrotto, inutile. La gente di Lamia merita qualcosa di più. Queste razze inferiori non hanno mai capito cos'è il bene, sono corrotte, deboli. Forse ho portato il caos, ma il caos non è sempre negativo. I cambiamenti non sono mai indolore, certi sacrifici sono necessari.
La testimonianza che seguì, quella di una ragazzina poco più che bambina invece, fu molto più interessante. Una bambina dalla lingua avvelenata che sputò accuse contro il governatore e il tribuno. Che si toccasse Ettore mi infastidiva, ma aggravare la posizione di Nereo per me era una gran cosa e un favore per me. Però i suoi discorsi erano pericolosi: forse l'ingenuità della tener età, ho un chiaro intento di seminar zizzagna, però quelle incitazioni alla rivolta non mi piacevano. Il potere di questo posto mi piace, non voglio che sia distrutto, deve solo essere rafforzato. Togliere l'anello debole e sostituirmi ad esso.
La patetica scena dei tre vertici che litigavano tra loro, lanciandosi stupide accuse fu un immagine disgustosa e vergognosa. Ottennero solo di far infervorare la folla già calda, la situazione rischiava di scappare di mano e allora tutto il mio lavoro sarebbe andato a rotoli. Cosa dovevo fare? Intervenire? Restarmene in disparte e prendermi ciò che mi spettava al momento opportuno? Quegli idioti senza cervello erano troppo coinvolti, non erano degni di governare. Ma quelle creature non lo sono mai. Alla fine non era così importante, se tutto fosse andato in pezzi me ne sarei andato, una città in più, una città in meno, che differenza fa per me?
La risposta arrivò chiara e precisa: Nulla.

Il grido della folla mi strappò dai miei pensieri. La giovane che per ultima si era rivolta alla folla stava ancora sul palco, ma il cappuccio che la proteggeva era stato strappato via, le due corna erano ora in bella vista. Merda questa non ci voleva, se è stata lei ad ammazzarlo? Manderà a monte il mio piano!
Era un agente dell'Ahriman? Forse si, forse no. Probabilmente si. Preferirei fosse Ettore ad ammazzarla, un po' di gloria per il buon tribuno... io, ecco! Posso dire che è stata mandata a provocarci, a sviare i sospetti. Si, può essere, gli sgherri nemici devono aver saputo del processo e devono aver deciso di approfittarne, il discorso fila. Quindi mi limitai a rimanermene fermo, a fissare l'agente ell'Ahriman, se Ettore e gli altri fossero stati in difficoltà sarei intervenuto. Forse dovrei ammazzarla prima di permetterle di parlare. Scossi la testa, no, non era il caso. Lasciamo che Ettore elimini il nemico comune e che così la folla capisca contro chi deve rivolgere il proprio odio.
Purtroppo però le cose non erano mai semplici.
Prima che qualcuno avesse il tempo materiale di fare qualcosa, un palazzo poco distante dalla piazza esplose in una miriade di schegge di ogni forma e dimensione che investirono la piazza: D'istinto creai uno scudo davanti a me, creando un cono protettivo nella nube per proteggermi da quelle pericolose schegge, la folla urlava accecata e disorientata, in preda a un terrore folle. Si accalcavano gli uni sugli altri alla ricerca di riparo.
Un po' di polvere mi sporcò le lenti della maschera e le pulii con il dorso della mano. Mi guardai attorno per capire cosa stesse succedendo. Allora vidi la causa di quell'esplosione emergere dalla nube che andava diradandosi. Era un essere gigantesco, più grande dell'edificio che lo conteneva, i suoi arti scheletrici brandivano una falce. Il pensiero di quell'arma che mi tranciava in due mi attraversò la mente. Gli occhi vitrei puntarono la folla, o almeno così mi sembrò. In quel momento, assieme alla nube una strana sensazione si impadronì di me: cominciai a tremare, senza rendermene conto mi ritrovai in ginocchio, a fissarmi le mani tremanti. Piangevo. L'immagine riaffiorò alla mente per un momento, la cesoia rovente, mi incise la carne, un fiotto di sangue colò lungo la spalla e l'ala esplose nel dolore.
Sta calmo, sta calmo!
L'allenamento mi permise di tornare padrone di me, mi alzai e tornai a fissare il caduto. La folla purtroppo non fu così fortunata, il caos era aumentato, balzavi verso un paio di bambini e diedi una spinta a un uomo che rischiava di schiacciarli a morte nella fuga. L'uomo cadde a terra, sembrava non rendersi nemmeno conto di ciò che stava succedendo. Afferrai il più grande, un ragazzo di dodici anni, sentivo i suoi muscoli tesi, gli mollai uno schiaffone e questo parve farlo rinvenire.
Statemi dietro, muovetevi dietro di me e trovatevi un riparo!
Non volevo che qualche innocente morisse inutilmente, senza scopo. Li avrei protetti, li ho sempre protetti.

Avevo paura, ma non di lui. Avevo paura di ciò che mi aveva fatto vedere, ma ancora di più avevo paura di non poter più riavere ciò che mi era stato strappato. Ho vissuto per anni con quella paura, non posso liberamene, ma non posso nemmeno permettere a questo mostro di approfittarne.
Non mi servivano armi, potevo richiamare la lama. Feci cenno ai due ragazzi di ripararsi dietro una colonna e io mi avvicinai al demone, in quel momento vidi l'uomo accompagnato all'elfa intento a prendere un arma a una delle guardie sconfitte dalla paura. Ehi mi serve una mano con quel demone, ma prima dovremmo portare in salvo i cittadini!
Mi aspettavo, dopo quello che aveva detto al processo che mi avrebbe dato una mano.
«No! Queste persone sono al di là del nostro aiuto! Dobbiamo dare priorità alla salvezza del triumvirato e al fermare i demoni! Magari potremmo fare da esc-»
Avrei voluto prendere a pugni quell'idiota, l'ordine si è già disgregato! Bisogna salvare la folla! Il sibilo della falce sollevata mi fece capire di avere poco tempo: individuai davanti a me tre persone rannicchiate le une contro le altre, una si reggeva la gamba. Balzavi verso di esse mentre la falce calava e richiamai di nuovo il mio scudo frapponendolo tra me e i tre paesani e la traiettoria della mostruosa falce.
A TERRA!!!!
l'urlo mi lacerò la gola e pregai che lo scudo reggesse.

STIG
Corpo:100%
Mente:75% - 20% 55% - 10% attacco di Mercuzio 45%
Energia:125% - 35%+20% 110% -20% due scudi 90%
CS:0» Studioso Magico: Gli Arcanisti sono maestri della magia, studiosi e discepoli delle arti magiche in grado di sviscerare ogni segreto della dottrina. Tale è la loro dedizione, infatti, che sono in grado di richiamare ed esercitare la magia in maniera istantanea, senza tempi di preparazione o di utilizzo delle abilità. Con il consumo di un utilizzo di questa passiva, l'Arcanista sarà in grado di utilizzare qualsiasi abilità di natura magica in tempi nulli, senza preparazioni di sorta o rituali specifici. (Numero di utilizzi: 2)

Scudo di diamante. Con questa tecnica creo uno scudo grande quanto me di forma esagonale e trasparente come un diamante, posso manovrarlo a seconda della mia volontà per proteggermi dai colpi nemici. Ha consumo medio e dura due turni. Questa tecnica ha natura magica, produce una difesa bassa a turno 2 pt. consuma energia PROTEGGE DA DANNI FISICI x 2

in pratica mi difendo dal primo e dal terzo attacco con lo scudo.
 
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view post Posted on 21/8/2015, 23:33
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♥ Non piangere Nishimiya sai poco fa ti ho parlato in un sogno, mi sembrava di aver rinunciato a molte cose, ma non è così. Ho sempre pensato come te Nishimiya...♥
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Ririchiyo | Lilith | Statistiche





Fetiales; Arife - Scoperta -
Era sicura che il suo discorso avrebbe fatto scalpore, in fondo quelle persone, pur di difendersi, si erano attaccati fra di loro. Spostare il sospetto da sé stessi per poter colpire qualcun altro, l’avevano soltanto aiutata e per questo doveva solo ringraziarli. Purtroppo non ebbe il tempo di fare nulla, mentre con gli occhi cercava di seguire il suo fedele servo rimase ferma, concentrata. Sia lei e il demone aveva abbassato forse troppo le sue difese per accorgersi delle parole che aleggiavano inascoltabili nel vento come monito, oppure un paio di mani invisibili che si stavano avvicinando a lei, al suo fedele cappuccio, alla sua maschera. Senza che nemmeno avesse il tempo di accorgersi rimase a capo scoperto, con le sue corna in bella vista. Quella che aveva avuto era la stessa sensazione di una folata di vento ma poteva mai essere così? No di certo, una cosa così semplice non poteva certo fregarla in quella maniera. Spalancò gli occhi mentre si guardava in giro e mentre sentiva pesanti sguardi appoggiarsi su di lei e strinse i denti.

”E adesso cosa facciamo Lilith? Non si mette bene per noi…”


Pensò raggiungendo la coscienza del demone che risiedeva nella sua anima e facendo qualche passo indietro e continuando a fissare quella gente che, sicuramente, avrebbe iniziato ad additarla e a cercare di ucciderla. Lo stesso copione come ogni volta. Lei era il mostro? Bene, si sarebbe comportata come tale, ormai di quelle insignificanti creature non le fregava assolutamente niente.

”Cogli l’attimo Ririchiyo, quuesto è il momento perfetto per mostrarsi….”


”Lasciami il posto….ci penso io a mostrarti come si comportano quelli come noi con simili scarafaggi…”



Non poteva fare altro, non poteva pensare ad un altro modo per venire fuori da quella situazione, si poteva risolvere solo con la sua venuta, solo con l’ascesa del demone nel suo cuore. Sorrise, maligna, mentre la mano sinistra scivolava al suo fianco per poter afferrare quella vecchia maschera, quella che apparteneva allo stregone e alzarla fino al suo viso.

«Quanti demoni ci sono in questa città….chi sa chi lo è e chi no…»


Ridacchiò in modo infantile mentre la maschera calava sul suo volto e, alla fine, dietro a quel velo bianco, i suoi occhi presero ad illuminarsi, come due piccoli fari ametista a fare luce su quella piccola città che stava per essere loro, ne era sicura, ora non potevano perdere perché c’era troppa paura, troppe accuse, troppo odio. Ne era sicura, gli esseri umani non erano in grado di sopportare tutti quei sentimenti negativi, i loro animi potevano solo esserne divorati. Lanciò per l’ultima volta uno sguardo a Jean, ancora immerso nella folla, che la fissava con il suo sguardo color cielo, con un terrore e un orrore sempre crescente. La sua magia stava lentamente perdendo effetto e lui ora la stava guardando nello stesso modo in cui facevano sempre tutti.

”Sono un mostro. Nessuno potrà mai guardarmi in maniera diversa.”


Pensò mentre sentiva il potere di Lilith farsi sempre più forte e i suoi occhi sempre più luminosi. In passato forse avrebbe anche potuto soffrire per questa cosa ma non ora, non ora che aveva deciso chi doveva essere e che aveva trovato uno scopo, qualcuno che non le avrebbe mai dato del mostro e si sarebbe battuta fino al suo ultimo respiro per quella persona….anzi, per quel demone.
Una maschera bianca due fari ametista che vi si nascondevano dietro. Furono le ultime cose che le persone poterono vedere prima che un alone nero la avvolgesse sotto quei caldi raggi di sole prima di rivelare la sua vera natura, il suo vero io: Lilith.






Fetiales; Arife - Una sorpresa inaspettata -

Era libera. Certo, non era la prima volta che era riuscita a farsi valere o a farsi cedere il posto ma mai in pieno giorno, mai sotto i raggi di sole, forse era successo una volta ma era stato un episodio così isolato che si era subito dimenticata la sensazione. Dentro la sua nuvola nera poteva sentire i pigri raggi tentare di penetrarla e di colpirla ma lei era l’oscurità: avrebbe spento quella stupida stella. Aprì le braccia facendo dissolvere la nebbia che l’avvolgeva e aprendo le sue enormi ali su quel piazzale dove poco prima la sua alter ego aveva tenuto quel meraviglioso discorso. Certo, Lilith non era brava con le parole ma Ririchiyo, almeno a suo parere, sarebbe potuta diventare una grande oratrice…però tutti dovevano dimenticare il suo volto. Tutti dovevano morire. I suoi occhi erano dello stesso colore della ragazzina ma brillavano perennemente di una fioca luce ametista che illuminava tutto ciò che poteva capitare sotto il suo sguardo. Proprio in quel momento, però, si accorse che non era presente solo la sua nebbia ma anche qualcos’altro, qualcuno come lei era presente e solo ora era riuscito a vederlo chiaramente: era enorme, era scuro e il suo cuore era stato ghermito da qualcuno di potente, poteva percepirlo o poteva anche solo immaginarlo dal momento che aveva avuto il coraggio di rivelarsi senza essere scovato. Non le importava chi lui fosse, l’unica cosa che contava era che fosse dalla sua parte.
Gli attacchi di quel demone cieco, però, sembrarono non volerla risparmiare. Mentre gli uomini di Ettore si preparavano a dare battaglia lei sfoderò il suo bastone pronta a qualsiasi evenienza. Non aveva intenzione di farsi fregare, non ora che aveva la sua possibilità di mostrare a Ririchiyo che era più astuta di lei.

”Non mi devi mostrare nulla…pensa solo a fare il tuo lavoro senza farci ammazzare.”


”Mi fido di te…non farmene pentire.”


Ridacchiò mentre vedeva i detriti della casa spargersi nell’aria e colpire indistintamente amici o nemici. Senza pensarci due volte alzò il suo bastone facendolo roteare davanti a lei come un piccolo mulinello per far allontanare quei granelli dal suo volto, solo dopo vide realmente quella figura oscura che si stava presentando ai suoi occhi ne rimase quasi affascinata. Certo, poteva distruggere un intera città e un intero esercito ma da solo? Anche lei voleva i meriti di quella missione. Lui non era nero come se lo era immaginato dall’aurea che aveva sentito, era bianco, il caduto perfetto e, a suo parere, quasi una beffa al destino. Tutti pensavano che i demoni fossero cattivi, corrotti, e una cosa bianca non poteva certo esserlo, era puro, esattamente come l’ahriman aveva spiegato a Ririchiyo, le loro intenzioni erano solo quelle di sopravvivere, di essere libera, di non essere inferiore a nessuno e sebbene alcuni difendessero la loro vita e la loro individualità con la stessa cattiveria di Lilith, molti ci avevano provato con la purezza della ragazzina con la quale condivideva il corpo…che anche lui fosse come lei?
Non aveva certo tempo perché qualcosa sembrò impossessarsi della sua mente e subito immagini di distruzione verso il suo buco, verso la sua ragazzina con le corna incorniciate dai fiori, la colpirono come un pugno in pieno stomaco. Erano troppi uomini e lei sarebbe sicuramente morta e non avrebbe portato a termine quello che si era prefissata.

”Smettila è un incantesimo.”


Spaventata non riuscì a vedere l’attacco seguente che quel demone portò con la sua enorme falce che riuscì a colpire molte delle persone presente e, soprattutto, quelli come lei che erano in prima fila. Sentì quell’attacco colpirla allo stomaco con la stessa forza di un uragano e si lasciò cadere a terra terrorizzata da quello che stava succedendo.

”Riprenditi!”


”Ti supplico!”


”Riprenditi!”


La voce di Ririhiyo riecheggiava nella sua mente e nel suo cuore ma questo stava riuscendo solo ad aumentare la sua paura. Si rialzò ammaccata e cercò con lo sguardo la folla. Doveva distruggerli prima che loro la uccidessero. Il primo a cadere doveva essere assolutamente Ettore, era lui che dava gli ordini e senza una guida si sarebbero tutti trovati ancora più disorientati.
La paura rendeva Lilith aggressiva. La paura la rendeva come un animale selvatico ferito. La paura, forse, era in grado di renderla ancora più pericolosa.
Senza nemmeno pensarci troppo spostò velocemente il bastone dalla destra alla sinistra per poter così creare nella sua mano libera una lincia oscura, fatta del suo potere demoniaco e, alla fine, lanciarla proprio contro Ettore, cercando di colpire il suo cuore, cercando di colpire l’anima di quella città che senza di lui poteva solo cadere e rimanere senza alcuna guida.





CITAZIONE

RIRICHIYO


Basso: 5% - Medio: 10% - Alto: 20% - Critico: 40%


»Stato fisico: medio da paura
»Stato mentale: Indenne
»Sinossi: Egoista, indipendente e irascibile; coriacea, corna e occhi viola
»Energia:
    Energia 115/125 %


    Mente 105/125%


    Corpo 25/50 %



»Equipaggiamento:
    -Bastone
    -Armatura naturale

»Oggetti:
    -Cristallo del talento
    -Amuleto lunare

»Talenti:
    -Affascinare 3/6
    -Maledire
    -Focalizzare
    -Trasmissione

Difesa
[スピード] “Supiido”:
    »Ne corso degli anni di caccia Ririchiyo ha imparato a muoversi sempre più veloce e ora, con anche l’aiuto del demone, i suoi movimenti sono più fluidi e più leggiadri riuscendo a schivare senza alcun problema gli attacchi dei nemici ed ha natura fisica.«
    Consumo di energia: Basso corpo



Attacco
[爆発] “Bakuhatsu”
    »Ogni volta che usa il suo arco, Ririchiyo è in grado di imprimere nella sua freccia il potere del demone che è in grado di condividere con Lilith, aumentando così il suo potere e facendo esplodere l’obiettivo; se invece la utilizza in forma di demone Lilith non avrà alcun bisogno di utilizzare armi vere e proprie ma si creerà una lancia col suo potere demoniaco ed è di natura magica.
    Se il colpo va a segno, in entrambi i casi, causerà un danno alto al singolo bersaglio e sarà sempre riconoscibile come “fonte” del danno. Se portata a segno causa un alto al corpo.«
    consumo: medio energia, medio mente



Specchietto riassuntivo

-Scalo il danno medio alla mente per il panico
-Scalo basso al corpo per la difesa
-Scalo medio alla mente e all’energia per l’attacco
-Scalo un alto per le 8 CS.
Si difende dalla caduta della polvere per non rimanere accecata e utilizza poi il suo attacco per cercare di uccidere Ettore pensando che senza di esso il popolo potrebbe rimanere senza alcuna guida.




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