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| Contest Mensile Dicembre 2014 « Passato » |
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Ray / 375G ~ vincitore [Prova ottima, com'era lecito aspettarsi. Non spenderò troppe parole per lodare la tua perizia e bravura nello scrivere in generale, non ve n'è bisogno; preferirei invece soffermarmi su alcuni aspetti più specifici che ho particolarmente apprezzato. Innanzitutto la maestria con cui in poche e rapide pennellate riesce a delineare perfettamente due personaggi pur minori, in fin dei conti mere comparse, come Lucian e Maxwell, e a farli sembrare vivi, reali e concreti nel giro di poche righe tramite una serie di espedienti: i dialoghi e le espressioni credibili (vedasi l'azzeccata metafora "dei polli", che appare davvero calzante al mondo popolare e contadino dei protagonisti); il reciproco confronto che ne delinea le psicologie in fieri agli occhi del lettore, nel corso della scena; i brevi ma puntuali riferimenti ai tratti caratteriali e alle loro storie, e così via. Altra menzione speciale per l'uso suggestivo di alcune immagini, quasi poetiche, specie nello descrivere il carattere selvaggio della montagna, l'immensità della natura in confronto alla piccolezza dei due uomini, non solo in senso spaziale ma anche temporale, alla prese con un luogo dove si respirano gli echi di un maestoso passato. E proprio il passato, tema del contest, è presente nella lunga prima parte del testo, in maniera non evidente ma quasi in funzione di sfondo, di ambientazione in cui si muovono i due, nascosto fra le pieghe del narrato, sottinteso: il lettore è come immerso in un'atmosfera in bilico fra oggi e ieri e procede sospeso fra le due dimensioni che si sostanziano l'una dalla descrizione delle vicende in corso, l'altra dai riferimenti alle storie e i racconti dell'infanzia o comunque di un tempo che non c'è più. In quest'ultima direzione spingono quei riferimenti che a volte si riducono a meri accenni (l'arco vecchissimo, ora quasi inutilizzabile ma che - chissà - forse una volta servì proprio contro uno di quei draghi di cui parlano le leggende di Lucian) altre ad affreschi più estesi, come lo sperone roccioso con la sua torre diroccata, sommersa tanto dalle frane quanto dallo scorrere del tempo. La lunghezza di questa sezione rischierebbe di annacquare però il tema, che pure è chiamato a ricoprire un ruolo centrale dalla tipologia stessa della giocata, se non fosse che tutta quest'ampia digressione serve per delineare al meglio il confronto successivo con Venatrix e la sua concezione del passato: dove per i due compagni quelle storie rappresentano semplici dicerie o poco più, per il drago costituiscono la sua stessa esistenza e vicenda personale, e sono dunque ammantate da una soggettività che i primi non possono comprendere. Infatti, nonostante il protrarsi della loro conversazione, rimarrà sempre una distanza fra le due parti, invisibile ma incolmabile. Emblematico il riferimento alla torre vecchia di un secolo dell'apparentemente giovane Rubio come propria casa, che tuttavia i due, per quanto esplicito, non colgono, distorcendolo invece per interpretarlo secondo la propria preesistente forma mentis. In seguito all'episodio con Iulia, il tema del passato acquista una forte carica emotiva, malinconica, di amara nostalgia, fino a farsi quasi soverchiante nel monologo finale, col suo peso eccessivo carico dei millenni trascorsi, dei giorni perduti, degli affetti scomparsi, legato intimamente all'amore come in un sinodo inscindibile. Eppure, alla fine, il ribaltamento inatteso: Amore che da carnefice senza scrupoli diventa egli stesso vittima di nessun altro che della propria natura, se ho ben interpretato, intrappolato in un'epoca ormai scomparsa. Per concludere, poche le cose che ho da "rimproverare" a questa prova esemplare, in realtà riguardanti sottigliezze o gusti personali. Ad esempio, mi ha colto alla sprovvista la seguente descrizione di Iulia: Era alta e snella e il suo viso era segnato da una stanchezza incomprensibile, che ne addolciva i tratti altrimenti infantili. Mi pare più ragionevole il contrario: i segni della stanchezza - che sembra più di una semplice spossatezza fisica - dovrebbero contribuire a inasprirne i lineamenti rendendoli per questo motivo meno fanciulleschi, e non perchè invece li addolcisca. La canzone di Mika, poi, per quanto possa essere calzante nelle parole, mi dà la sensazione di stonare, di risultare - come dire - un po' troppo pop nel contesto drammatico e nell'ambientazione in generale.]
Orto33 / 300G [Devo ammettere che la prima reazione alla vista della lunghezza del post è stata quella di predisporsi a una lettura che mi aspettavo pesante e infinita - ma fortunatamente sono stato smentito. Nonostante la sua estensione, infatti, il contest si fa leggere con piacere, grazie alla maestria di cui ormai hai dato ampiamente prova nell'arte della narrazione. Le descrizioni sono sempre ricche e affrescano in maniera vivida il paesaggio e il mondo che racconti, i dialoghi sono vivaci e non banali, il lessico adeguato; in particolare ho apprezzato il modo in cui sei in grado di calare il lettore nella specifica atmosfera medio orientale, con termini ed immagini che rimandano espressamente a tale ambientazione. Similmente, il racconto dell'assedio è impreziosito da tutta una serie di tecnicismi e vocaboli propri del contesto bellico - i nomi delle armi e dei corpi militari, i popoli coinvolti, le diverse fasi e manovre della guerra - che creano la sensazione di sentir parlare qualcuno che ha davvero vissuto quelle esperienze in prima persona, e non semplicemente un personaggio mosso da un autore che si limita a descrivere la battaglia in termini generici. C'è qualche errore ortografico sparso qua e là, forse dovuto al poco tempo in cui hai redatto il testo, tuttavia comprensibile vista l'ampiezza dello stesso: avrei giurato che e avrebbe potuto facilmente sfracellarmi la testa con un pungo; un’audace progetto; mi a protetto; li avrebbe scambianti sicuramente per folli - fra quelli che mi sono saltati più all'occhio. In generale però il testo è corretto, la scena appassionante, la scrittura encomiabile. Un appunto che posso farti riguarda la lunga sezione centrale in cui Tigran racconta l'assedio: a parte gli sporadici interventi di Elenie è un flusso ininterrotto di parole della durata considerevole, senza alcuno stacco, senza annotazioni esterne che spezzino il discorso: capisco che ciò era quello che avevi in mente di fare, ma a livello narrativo è alquanto strano che l'uomo non debba quasi mai interrompersi, anche solo per riprendere fiato o perchè distratto da qualche altra interferenza. Ad ogni modo, il tema del passato è ben presente lungo tutto il post, elemento non scontato tenuto conto della sua lunghezza. Fin dall'inizio si respira una sensazione di antichità, dello scorrere implacabile del tempo, anche grazie all'ambientazione del deserto che ben si presta a conseguire tale scopo: le rovine erose dalla sabbia, la vecchia strada ormai scomparsa, e così via. Naturalmente la parte della rievocazione di Tigran è tutta proiettata nel passato, ma non nego che se la tua interpretazione del tema si fosse limitato a questo - racconto di un evento ormai alle spalle - ne sarei rimasto un po' deluso. Invece, la trovata finale dà tutto un altro senso alla scena, ed ecco allora che il passato assume la forma di un qualcosa di non risolto che si riflette nel presente, che sebbene si pensasse lontano e superato ha ancora ripercussioni sull'oggi e il quotidiano. Tigran, per quanto abbia tentato di nasconderlo e negarlo - forse anche a se stesso - non è mai davvero riuscito a mettere da parte quel fallimento, a dimenticarselo una volta per tutte e andare oltre; simbolo di questa lunga ombra che si estende attraverso gli anni è il teschio del soldato ucciso, uno dei tanti, che ancora aspetta fra le sabbie del tempo di trovare un senso al suo sacrificio. Ma adesso, finalmente, il cerchio si chiude, il passato trova compimento nel presente tramite il rituale catartico e paradossale della conquista del forte abbandonato, un gioco scherzoso contrapposto alla guerra drammatica che fu, e anche la silente sentinella può finalmente godersi il proprio meritato, eterno riposo.]
Malzhar Rahl / 200G [Contest tutto sommato scritto bene e piacevole da leggere, sostanzialmente corretto a parte qualche svista occasionale. Le descrizioni sono rapide - a volte troppo - ma delineano a sufficienza lo sfondo su cui si muovono i vari personaggi, i cui rapporti reciproci e scambi di vedute costituiscono i veri protagonisti dello scritto. Tuttavia esso appare in certi punti affrettato, sbrigativo, quasi superficiale: le vicende narrate dovrebbero essere cariche di tensione e drammaticità, ma non sempre ti prendi il tempo necessario per costruire, comporre queste sensazioni: il rapido confronto fra fratelli, l'apparizione improvvisa dell'enigmatico individuo, l'immediata accettazione della sua proposta da parte di Roland - dinamiche che si ripetono parzialmente nella seconda parte del post - non lasciano il tempo al lettore di assimilare il significato e gli effetti delle vicende descritte, che non riescono così a coinvolgerlo come dovrebbero. Vari aspetti non sono debitamente approfonditi, come il processo interiore che porta Roland a compiere una decisione di tale importanza, e anzi certe scelte dei personaggi appaiono perfino incoerenti: lo stesso re che fino a poco prima si diceva deciso a non inchinarsi a nessuno e a non abbandonare la sua rocca - pur con la prospettiva ipotizzata dal fratello di mantenere almeno una parvenza di potere e libertà - non ci pensa due volte pochi istanti dopo a farsi servo di una figura misteriosa e inquietante con una promessa pericolosa e a fuggire come un codardo lasciando la sua patria al proprio destino. Contraddittorietà che si ripresentano anche in momenti minori ma che creano comunque estraniamento in chi legge, come quando Siegfried nel giro di una frase - o meglio, per lui, di una riflessione - realizza di non poter fermare in alcun modo il fratello e allo stesso tempo di avere una possibilità di bloccarlo con i dovuti ragionamenti. Altra pecca, un uso non sempre puntuale della punteggiatura, in particolare nella modulazione di pause e intervalli, che poi si ricollega al discorso della carente tensione narrativa, vista l'importanza di tali sospensioni nella formazione di un'atmosfera drammatica. L'idea iniziava a piacergli c'era un ultima importantissima clausola da discutere; Siegfried era Re, poteva salvare la sua gente ma a che prezzo; Vieni fratello, vieni più vicino osserva a cosa ci ha condotti il tuo tradimento!. Queste ed altre proposizioni avrebbero potuto rendere molto di più, ad esempio con un "ma" a metà della prima, una virgola o un punto dopo "gente" nella seconda, stessa cosa a seguito di "più vicino" nell'ultima. Sembrano sottigliezze ma ti assicuro che hanno un ruolo fondamentale nel fornire la giusta enfasi al narrato, senza la quale ne risulta inevitabilmente impoverito. A parte questi difetti, comunque, il contest mi è piaciuto e mi ha incuriosito a dovere circa questi nuovi personaggi e le loro vicende. Il tema del passato è sviluppato in maniera interessante anche se non particolarmente originale - ma del resto non è un argomento che ben si presta a interpretazioni particolarmente variegate - nei suoi rapporti col presente e il futuro, nella sua ineluttabilità e fatalità ma anche nel ruolo che riveste nel determinare ciò che ancora deve verificarsi.] |
| Contest Mensile Gennaio 2015 « Avventura » |
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