Asgradel - Gioco di Ruolo Forum GDR Fantasy

Il drago nero

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view post Posted on 21/1/2019, 23:47
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U5zdy1s

« A L L S H A L L C O M E T O F E A R M E »

il depresso è un'anima instabile, luttuosa, morta. non ci vuole molto per essere depressi. basta un po' di luna storta, un vento che non è gradevole, una donna non sincera, qualche colpo di sfortuna. il depresso è cavilloso, anomalo, iettatore. fa finta di cantare ma in effetti si lamenta. il depresso può anche avere un amico, un poveraccio incolpevole, che da un gran d'affare per vederlo sorridere. ma il depresso no, non ride, e l'amico volenteroso finisce per morire sconfitto. il depresso è come un vigile urbano sempre fermo sulla sua catastrofe. si comincia da bimbi a essere depressi. da grandi si diventa perfidi. il depresso non se ne accorge e intorno a lui muoiono persone che tentano di salvarlo e finalmente, dopo aver distrutto un intero mondo di eroi, il depresso rimane felice: è finalmente libero.

il depresso ti annienta, ti uccide
ma finalmente ride.



l'inverno più lungo sacramento di unica vera fede la tempra e l'equilibrio nello stern leviathan leviathan populus deus le ultime note del valzer reunion dragonheart behind enemy lines die soldaat getye grain of sand defensor fidei il giusto e lo sbagliato leviathan vox populi visioni del futuro tradimento polvere d'ossa il destino dei re corvi leici serpe il trono che non trema la tempesta sbagliata avidità il male più grande la rana e lo scorpione cenere alla cenere terra bruciata la fine del mondo apologia di raymond lancaster

inumano | negromante | eremita | fascia nera | pericolosità fuori scala
nobile, denutrito e consumato | cupo, vendicativo e disilluso
C: 100% | M: 75% | E: 125%


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CHE COS'È UN UOMO?
UNA MISERABILE E SPORCA PILA DI BUGIE.

le lingue di chi insulta il dono del verbo, le grazie mondate sulle ossa degli altri, le parole temprate nella presunzione, le voci di chi deve parlare per forza, le dita di chi scrive senza criterio, gli orecchi di chi non ascolta. alla mia amata terra io porterò in dono la giustizia, il silenzio, la pace.


ITjaRst


« spesso il male di vivere ho incontrato: »
era il rivo strozzato che gorgolia | era l'incartocciarsi della foglia | riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio | che schiude la divina indifferenza: | era la statua nella sonnolenza | del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

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Se mangiato troppo a lungo, il frutto acerbo e denutrito dell'amore per la vita è in grado di mortificare anche il bene più sincero. Persino dell'anima di Raymond Lancaster, che era candida come la neve, non resta che una carta straccia sollevata dal vento di un randagio temporale. Lui che da bambino era stato educato a biasimarsi piuttosto che a correggersi; che ha cercato il proprio balsamo nei libri; che non era di cattivo aspetto né di rozzo intelletto, ma la cui orrida bruttezza dell'animo allontanava da sé chiunque altro. Il drago nero è stato l'eroe di un mondo infettato dal cancro degli sproloqui altrui: un portatore sano di attenzione, destinato non a salvare Theras, ma a rimanere in silenzio a osservarla morire.

« se ami qualcosa, uccidilo. »

Nessuno aveva mai creduto che in Raymond Lancaster si nascondesse qualcosa di più del secondogenito dei Lancaster, una famiglia il cui blasone - un drago grigio in campo rosso - salì alla ribalta del palcoscenico delle vicende del Dortan con la rapidità di una cometa, e similmente svanì. Egli non era che l'ombra di suo fratello maggiore Athelstan, il più rinomato cavaliere di quelli che furono i Quattro Regni, eppure tra loro non correva alcuna rivalità: il minore non desiderava il ruolo dell'altro, che a sua volta non gravava le proprie virtù su di lui.
I due furono cresciuti severamente da Aedh, un padre ossessionato dall'ambizione e incapace di vedere quanto i suoi principi avrebbero sagomato i figli. Così Raymond camminò mano nella mano con la colpa e Athelstan conobbe per nome tutte le aspettative.

Athelstan aveva un segreto.
Dietro allo sguardo di platino che l'avevano indotto a costruirsi, celava un amore inammissibile per suo fratello Raymond. Una fiamma che arse nel suo petto per anni, come un'inestinguibile brace, fino a soffocarne la disciplina. Quando volle mettere alla prova il proprio sesso - e i diritti da erede che avrebbe perso irreparabilmente con esso - si scelse una puttana qualunque, una triste allegoria del controllo che deteneva sulla sua squallida esistenza, e finì col metterla in cinta.
Chiese a Raymond di prendersi la colpa del bambino e lui, seguendo passo passo un copione scritto dall'educazione di loro padre, accettò.

Venne marchiato come Drago Nero ed esiliato nei Quattro Regni, a malapena sopravvissuti alla vicina follia di Rainier Chevalier. Fu Rubietentia a salvarlo dalla morte - un vero drago - e ad aiutarlo a trovare conforto nella fede a Zoikar. Divenne un cavaliere del regno, servì i Corvi come loro mastino e contribuì più di chiunque altro alla ricostruzione di un impero vigoroso nel Dortan, pagando con due dita quel nuovo incarico. Prima di rendersene conto divenne un eroe per molte di quelle genti che gli era stato insegnato a disprezzare, in un ritorto scherzo del destino che presto e per l'ennesima volta avrebbe ribaltato la sua fortuna.

Quando i Quattro Regni caddero, lo fecero sotto la lama impietosa della Spada senza un Re. Fra i volti di coloro che la impugnavano vi era anche quello di Aedh Lancaster, che non si sarebbe accontentato del solo prestigio nato dalla sconfitta del più potente impero del Dortan, bensì approfittò di quel conflitto per chiedere un ulteriore trofeo: la testa del Drago Nero, per mano del suo primogenito.
Athelstan fu costretto a obbedire.

Ma Raymond non morì.
Miracolosamente sopravvissuto, si nascose dietro lo pseudonimo di Serpe e iniziò a vagare come un reietto per le terre del Dortan, cibandosi di furti e preghiere. I Corvi che aveva servito fedelmente si rifiutarono di dargli asilo, identificandolo come il nemico di Zoikar sino al giorno in cui non si ritrovò a compiere un gesto disperato: trovatosi con le formule di Rainier Chevalier fra le mani, Raymond varcò la soglia dell'Oneiron e bussò alle porte della casa del Sovrano, bramoso di dare una spiegazione a tutte le sue sfortune.
Il suo Dio, però, non gli rispose. Senza proferire parola, calò la spada su di lui fino a ridurlo a una congerie di carne.

Ma Raymond non morì.
Esasperato dalla crudele ironia del Dortan si diresse a nord, fino alle porte di Lithien, dove sperava avrebbe trovato una risposta a quel centro intorno a cui gravitava tutta la sua esistenza: la sfortuna. Sfogliò ogni volume della città alla ricerca di una spiegazione alla sua sopravvivenza, invano. E infine - come l'ultima tessera di un domino che crolla inesorabilmente - quella maledizione parve raggiungerlo anche lì, coinvolgendolo in una sgradita serie di eventi.
Conobbe Leanne Namril, una bambina con cui condivideva l'amore per il silenzio, e la prese sotto la sua ala per proteggerla dagli spietati inquisitori della città, alla ricerca di un misterioso assassino seriale. L'omicida si trattava di Shahryar.
Leanne e Raymond vennero incolpati delle vicende, fuggirono e dovettero combattere con Sharyar.

Raymond non morì - perse solo metà faccia - ma la bambina rimase infettata dal morbo di Shahryar.
Bambina che il drago nero scoprì essere la figlia di Rubietentia, quel migliore amico con cui aveva un debito vitalizio ancora in sospeso.
Rigettato anche da Lithien, Raymond portò il corpo svenuto di Leanne nell'unico luogo dove credeva avrebbe trovato qualcuno disposto a salvarla: a casa, dove Athelstan aveva preso il posto di Aedh sul trono. Non poteva immaginare, però, quante fossero le forze del male pronte ad allungare i propri artigli sulla bambina, né quali e quanti piani stesse portando a compimento con quel gesto.
Prima che i maestri potessero occuparsi di Leanne, infatti, vennero raggiunti da Tiamat - un drago, sorella di Rubietentia e mandante di Shahryar a Lithien - che bruciò ogni cosa: la casa, Athelstan e Raymond.

Ma Raymond non morì, e sebbene non avesse la forza per sconfiggere Tiamat, scoprì di non essere che una pedina della lunga guerra tra draghi e demoni quando Shahryar riapparve per divorare il drago, a discapito della salute di Leanne, nella quale si era nascosto.

Così Leanne morì, e Raymond fu incapace di accettarlo.
Con le conoscenze di Rainier Chevalier, uccise suo padre per varcare l'Oneiron, e lì uccise Zoikar per varcare la soglia dell'Asgradel. Fu così che lo conobbe, l'Asgradel. Un Dio onnipotente, ma limitato dalla sua ignoranza, che per tutta la vita aveva sperimentato su di lui le misure della sua esistenza: « non pensi che sarebbe magnifico, se ogni uomo avesse il potere di plasmare theras sulla lunghezza del proprio pensiero? io farò di te un uomo nuovo, donandoti questa capacità. l'onnipotenza. la messa in atto del tuo animo e della forma dei tuoi pensieri, nelle tue mani. nessuno si ricorderà di te e ti conosceranno solo come il drago nero. e ti terrò in vita. per ricordarmi di tutto ciò che non dovrei essere.
stai attento a ciò che desideri. perché tu sei già-
»

« il mio desiderio »

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proprio perché mi è stata negata, io anelo l'oscurità. io prego che arrivi la morte. la morte vera. se pensassi che da morto incontrerei le persone che ho conosciuto in vita, non so cosa farei. sarebbe la cosa più orrenda. il colmo della disperazione. se dovessi rincontrare mia madre e ricominciare tutto daccapo, ma stavolta senza la prospettiva della morte a consolarmi... be', quello sarebbe l'incubo finale. io voglio che i morti restino morti. per sempre. e voglio essere uno di loro. sennonché, ovviamente non si può essere uno di loro, perché ciò che non esiste non può formare una comunità. ecco: nessuna comunità. mi si scalda il cuore soltanto all'idea. silenzio. buio. solitudine. pace. e tutto questo, nell'arco di un battito di ciglia. io non considero il mio stato mentale una visione pessimistica del mondo. io lo considero equivalente al mondo così com'è. l'evoluzione non potrà non condurre la vita intelligente alla consapevolezza di una certa cosa sopra tutte le altre, e questa cosa è la futilità. se la gente vedesse il mondo per com'è davvero. se vedesse la propria vita per com'è davvero. senza sogni o illusioni. non credo che trovereste un solo motivo per non scegliere di morire il prima possibile. io non ci credo nell'aldilà. guardatevi intorno. non lo vedete? il frastuono e le grida della gente che soffre saranno musica per le orecchie dell'asgradel. e io rifuggo queste discussioni. il discorso dell'ateo del villaggio che ha come unica passione quella di vilipendere dalla mattina alla sera qualcosa di cui nega innanzitutto l'esistenza. la comunanza fra gli uomini è basata solo e soltanto sul dolore. e se quel dolore fosse veramente collettivo invece che soltanto ripetitivo, il suo peso basterebbe a staccare theras dalle pareti dell'universo e a farla precipitare in fiamme in mezzo a quel po' di notte che saprebbe ancora generare prima di ridursi a un nulla che non è neppure cenere. e la giustizia? la fratellanza? la vita eterna? santo cielo. mostratemi una religione che prepari l'uomo alla morte. al nulla. quella sarebbe una chiesa in cui potrei entrare. le vostre preparano solamente ad altra vita. ad altri sogni, illusioni e bugie. se si potesse bandire la paura della morte dal cuore degli uomini, non vivrebbero che un giorno di più. chi sarebbe disposto a sopportare questo incubo, se non per paura dell'incubo che lo seguirà? sopra ogni gioia pende l'ombra dell'ascia. ogni strada porta alla morte. o peggio. ogni amicizia. ogni amore. tormenti, tradimenti, lutti, sofferenza, dolore, vecchiaia, umiliazione, malattie orrende e lunghissime. e alla fine di tutto una sola conclusione. per voi ogni persona e ogni cosa a cui avete scelto di legarvi. ecco la vera fratellanza. la vera comunità. di cui tutti sono membri a vita. e voi mi venite a dire che nel mio fratello sta la mia salvezza? la mia salvezza? be', allora lo maledico. lo maledico sotto ogni forma e sembianza. mi ci rivedo, in lui? sì che mi ci rivedo. e quello che vedo mi disgusta. capite? riuscite a capirmi?

La rabbia, di fatto, la provo solo nei giorni migliori. ma in verità non me n'è rimasta molta. in verità le forme che vedo si sono andate pian piano svuotando. non hanno più nessun contenuto. sono soltanto figure. una spada, un muro, un mondo. o un uomo. una cosa che penzola con le sue espressioni insensate in mezzo a un vuoto ululante. senza che ci sia alcun significato nella sua vita. nelle sue parole. perché dovrei cercare la compagnia di una cosa del genere? perché?
l'asgradel a un certo punto si è trovato in un'alba di infinite possibilità, e ne ha tirato fuori questo. e adesso sta arrivando il finale. voi dite che io voglio l'amore. non è vero. forse voglio il perdono, ma non ho nessuno a cui chiederlo. e non posso tornare indietro. non posso rimettere le cose a posto. magari una volta. ma adesso no. adesso mi resta solo la speranza del nulla. e a quella mi aggrappo.

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{ Raymond, il drago nero }

 
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